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giovedì 16 ottobre 2025

La macchina da scrivere [Mario Landi, 1971]


16 – 12 – 1948
Caro Cugino,
Rispondo la vostra
Lettera, e mi dispiace molto che quest’anno per la grande Solennità Cristiana, non riceverete i miei auguri, come nemmeno io ne ho voglia di riceverne. Spero che un altro anno si sia alquanto rimarginato il vostro dolore e ci scambieremo di nuovo gli auguri. Del resto, non possiamo andare contro le Leggi Divine.
Il nostro caro congiunto mi aveva assicurato, che ogni giorno pregava per me nel Santo Sacrificio della Messa.
Spero che ora mio cugino vorrà fare le sue veci, e pregare per me quando Celebra il Sacrificio della Messa, che ne ho tanto bisogno.
Voi non sapete quanta pena mi è rimasta che non ho risposto la Sua lettera. Non me lo credeva affatto ch’era prossima la sua fine.
Ora non ci rimane altro che pregare per il riposo della Sua Benedetta anima, invocando la sua protizione per la nostra lotta quotidiana.
Riguardo come dite di scusarvi che avete scritto a macchina, solo mi dispiace della vostra indisposizione. Come sapete ora in America non si usa più questa etichetta. Tutto si scrive a macchina, tanto per fatti commerciali e tanto per intimità. E se non fosse di moda, per me era lo stesso.
Scrivetemi come meglio vi aggrada. Mi dispiace che io non mi sono mai interessata di questa macchina, che le mie occupazioni giornaliere non mi permettevano. Le mie figlie quando erano a casa, ne facevano assai uso, ora di questi che sono rimasti qui con noi, solo Michele la sa maneggiare, ma noi lo vediamo a casa solo quando è l’ora della tavola. Il resto della sua giornata dopo ritorna dall’ufficio appartiene agli sport e due ore al giorno deve studiare che fra due o tre anni dovrò avere il diploma di ingegnere industriale, e per miracolo se qualche voltami può scrivere una direzione. Questa settimana la Compagnia ha fatto un Bollettino di tutti gli uffici. Abbiamo tagliato questo pezzettino del suo ufficio lui è al primo seduto. Spero che a quest’ora avete ricevuto i due pacchi che vi ho mandati. Il primo fu spedito il giorno 20 di ottobre, ed il secondo dopo siamo ritornati da New York nel mese di novembre. Nel secondo pacco ci stanno abiti nere, che le mie ragazze quando hanno inteso la ferale notizia, me li hanno dati per le vostre figlie. Qui, il nero, si usa per gala più di ogni altro colore, e speriamo che non serve sempre per lutto. Ancora me ne sono rimaste un poco se le ragazze vostre le vogliono li posso mandare in un altro pacco, che mi sono rimaste scarpe pure in ottime condizioni. Veramente il mio piacere sarebbe di comprarle nuove, ma voi vi regolate, che una famiglia numerosa non può disporre di quello che vuole. Ancora vi faccio una domanda. Se ci vuole qualche cosa per la cugina Serafina, tengo un abito di velluto nero ed un cappotto nero che posso mandare per essa. Per la cugina vostra moglie ho l’idea di comprare un pezzo di stoffa nera. Vi ripeto ancora quando non potete scrivere voi, i vostri figli faranno le vostre veci, e non badate a convenienze, fate a come vi rende più comodo. Vi ricevete tanti saluti dalla mia famiglia, estensibile alla vostra famiglia. Inviandovi i miei più affettuosi saluti mi dico vostra aff.ma cugina
Bettina


Bettina Gliozzi in realtà si chiamava Maria ed era nata a Platì il 22 giugno 1886 da Michelangelo di anni trentatre, vaticale, e dalla sua unione con donna non maritata non parente né affine con lui nei gradi che ostano al riconoscimento. Studiò e divenne maestra di scuola. A Platì il 2 febbraio 1907 sposò Pasquale Romeo di Antonio e Francesca Papalia di anni 29 e con lui un anno più tardi emigrò in America e precisamente a Massena NY dove vissero. Bettina morì il 9 marzo 1968. Il cugino della lettera era Luigi Gliozzi figlio di Francesco e Rosa Fera. Michelangelo e Francesco erano figli di Domenico ed Elisabetta Gliozzi. L'altro cugino di cui lamenta l'improvvisa perdita Bettina era il sacerdote e poeta Ernesto Gliozzi il vecchio (1883-1948), fratello di Luigi e Serafina. Nella foto d'apertura Michele [Mike] il figlio ingegnere industriale è il primo a partire da sinistra.

La precedente lettera di condoglianze è qui: https://iloveplati.blogspot.com/2020/11/un-dolore-improvviso-di-ubaldo-maria.html






 

lunedì 9 giugno 2025

Zangiku Monogatari (残菊物語) Storia dell’ultimo crisantemo [Kenji Mizoguchi, 1939]


Signori,

Oggi, la riconoscente Samo di Calabria, è in lutto per la morte del Cavaliere Don Giulio Mezzatesta.
L’imponente corteo mi dice che scende nella tomba un uomo dabbene. Oh, il fascino irresistibile della carità di Cristo! Un uomo che possegga tutte le lingue, un dotto e arcigno, un uomo insomma, per così dire, di lettere - senza la carità - non è altro se non un cembalo, un campanello squillante... e ce lo dice San Paolo.
Veramente, ai giorni nostri, gli sguardi delle masse si fermano meglio sopra i cuori che amano, anziché sulle teste che pensano.
La carità è tutto: è il sole che illumina, rianima, riscalda tutte le creature vive; e l’astro maggiore dell’universo: cieco chi non vede! Quando un uomo, da cui emana questo sole di carità, si oscura o si ecclissa, si sente come un sintomo di freddo nelle ossa, si vedono grandi ombre proiettarsi sui vicini e sui lontani, un sentimento di malinconia e di malessere invade tutti. Ecco - dicono i superstiti - era pur buono! e piangono ...
Il pianto che fu dato all’uomo per distinguerlo dai bruti; il pianto che esalta le creature umane sino a renderle divine; il pianto non e l’esponente dei cuori deboli e fiacchi, ma dei cuori nobili e forti.
Voi piangete, o popolo di quattro comuni riuniti, voi siete grandi e civili.
Ma perché piangete? Forse, perché un signore, avanzato negli anni, scende nella tomba, assistito da una siepe di parenti e munito dei conforti della nostra santa religione? 0, non pure perché quest’uomo era il padre del nostro Podestà, la figura magnifica, la più nobile e rappresentativa di Samo di Calabria?
Non è per questo, mi dite. Ah, comprendo! Qualche cosa ci viene dunque a mancare, qualche cosa a cui ci eravamo abituati per lunga teoria di anni, che ci arrecava un sollievo, senza che noi lo sapessimo!
Questa esistenza che s‘inabissa, o meglio, che passa dalle tenebre per camminare nella perpetua luce - questa esistenza era come un faro che risplendeva di luce propria. Chi si avvicinava a lui, scorgeva in quell'anima come una lampada quieta, serena, ardente - e questa lampada era la sua bontà.
Quella bontà non negativa, ma fattiva; bontà fatta di disinteresse, di amore vero per tutti, di beneficenza occulta, di compiacimento per il bene degli altri, una bontà schietta, senza infingimenti, senza sottintesi, senza ombre.... ecco quello che brillava in lui e faceva del nostro amico un uomo buono val quanto dire un galantuomo.
«Ma vale proprio la pena» mi dirà qualcuno «venirci a dire che Don Giulio era un uomo buono; sia pure un uomo santo ... quasiché la bontà, la santità non dovesse formare per un gentiluomo che si rispetta, la parte integrale del suo galantomismo?»
«Si, basta» rispondo io «quando la bontà è tutta di un pezzo, il galantomismo é a tutta prova ed una vita intemerata sia coronata da una morte edificante.»
Voi conoscete bene la sua vita - io conosco bene la sua anima. - Quell‘uomo pacifico, buono, sereno, sorridente - galantuomo del vecchio stampo – che aveva sempre un consiglio, o un sorriso da regalare - amava la Religione e la Patria, credetemi. Anni fa venne tra voi un missionario zelante. Non ricordo il nome, né l’ordine a cui il buon padre apparteneva; questo ricordo: che il nostro Cavaliere Don Giulio Mezzatesta era in quei giorni animato di giovanile e santo entusiasmo. Seguiva le prediche con desiderio crescente, con gioia di sentire le bellezze ed i trionfi della fede e serrava nell’anima l’augurio che la missione fosse apportatrice di un miglioramento civile, morale e religioso di un popolo affidato alle cure del suo diletto figliuolo.
Non so se ne sia rimasto deluso.
A me, qualche volta, è riuscito pure di sondare la sua bell’anima, materiata di religiosità. Avrebbe voluto che non ci fossero il fariseismo e neppure il rispetto umano - cose d’altronde che spiacciono.
Dall’amore di Dio scaturisce l’amore della famiglia e della Patria. Non credete a coloro che asseriscono e dicono di praticare il contrario.
Giulio Mezzatesta oltre che il sangue purpureo, sgorgato dalle ferite del figlio Capitano Rocco (minorato di guerra) offrì alla grande causa della libertà dei popoli il suo censo e il suo consenso.
Mi fu detto con quale ansia seguiva le notizie dei giornali, in quegli anni di guerra; le tappe gloriose dei nostri eroici fanti nella conquista immancabile dei naturali confini.
E mentre - altrove - i disfattisti, i Graiano d’Asti*, gioivano alle notizie funeste dopo Caporetto - il Cavaliere Don Giulio Mezzatesta non disperò, non cadde, ma ebbe a dire solamente «Noi vinceremo lo stesso!» Vennero poi le giornate del Piave e di Vittorio Veneto, venne pure il bolscevismo controbattuto dalla costituzione dei fasci; venne infine l’ordine, mantenuto da una muraglia di camicie nere - e quella di Don Giulio - lo sapete - fu una delle prime.
Oggi è morto!
Non resta. di lui che la mortale spoglia – contesa alle braccia affettuose delle figlie, del figlio, della moglie e d’ una siepe di parenti, che si stringono intorno alla bara come un mucchio di naufraghi.
L’anima è volata via, verso il cielo, verso altri orizzonti, verso la patria dei buoni.
Che Dio l’ammetta nella perpetua luce!
Pregate!
Ma intanto, dinanzi a salma di questo galantuomo emerito, di questo padre affettuoso, di questo cittadino integerrimo, scopriamoci riverenti, gettiamo sopra di lui i fiori del nostro affetto, l’edera della nostra riconoscenza perenne ed i crisantemi pallidi del nostro dolore sincero.

Signori,

Possiamo dire che un accompagnamento simile, difficilmente si ottiene e scarsamente si merita.
Ha dovuto seminare il Morto grande copia di bene se raccoglie - in questo giorno - si grande messe di lacrime.

Inchiniamoci!

Ed alta echeggi per Lui la voce possente di tutto un popolo, la voce rotta dai singhiozzi della famiglia addolorata, la voce dei sacerdoti, nella preghiera cristiana dicente: «Riposo eterno dona a Lui, o Signore: Requiem aeternam dona ei, Domine.»
Arciprete ERNESTO GLIOZZI

*Grajan d’Aste partecipò alla Disfida di Barletta (1503) e fu ritenuto da Massimo d’Azeglio, un traditore, accusa recepita nel ventennio fascista e da Alessandro Blasetti nel film Ettore Fieramosca (1938). 

Il testo dello zio Ernesto il vecchio con tutta la sua drammaturgia, letto oggi suscita, nei più, ilarità, tuttavia esso è una testimonianza di un'epoca difficile da rimuovere.





 

martedì 6 maggio 2025

L'ascesa [Larisa Shepitko, 1977]

Ecco, Luigi. Ho terminato la traduzione e la sottopongo alla sua attenzione. L'architettura formale è molto complessa e lo stile involuto, quasi enigmatico, ben si attaglia all'argomento: l'elogio è sottile e oscuro, evidentemente riservato a spiriti eletti, in grado di cogliere il senso riposto dei riferimenti sottesi. Nella resa ho cercato di mantenere la massima fedeltà nei confronti del'originale, anche a costo di risultare a mia volta poco chiaro



Ode

Salve, Divinità del Tevere, creata

In questo giorno, mai ricordato, in cui

Vedi gli anni di Pietro, e salve ancora,

O Sommo dei Devoti!

I popoli che vedono questo giorno esultano,

Poiché credono che proprio allora per Te

Trasformi le lacrime in riso, e in alma

Pace la guerra.

Tu per cinque lustri illimitate,

Barbaramente preparate contro tanti figli,

Nel corpo a malincuore sopportasti tollerante

Nel cuore fatiche.

Donde tanti eventi, se non per il fatto che fosti

L’integro custode delle Tradizioni e della Fede?...

Che tu insegni con la tua parola e la tua penna accorte,

Con la morte proteggi!...

Di qua ferve la Potenza di questo secolo putrido,

E ferve il Principe che giace nelle Tenebre,

Stridono con i denti e stolti tentano

Di rovinare il Sacro[1]!

Ma contro la Fede potranno pochissimo

Le porte degli Inferi, come un’alta canna,

Subito, anzi, spezzate periranno,

Testimone il Maestro.

Come il cane morde la pietra gettata,

Quando, rabbioso, non può mordere la mano di chi gliela scaglia,

Così fanno anche quelli che vedono il dono della Fede,

Ma non possono toccarlo.

I perfidi insultano il trono di Pietro e quella

Che in tutto il mondo è venerata con pia devozione,

La tua vecchiaia, la insultano tra la gente,

Dicendo il falso!...

E Dio stesso, per confondere gli ingiusti,

E garantirti di nuovo cari fedeli,

Questo Sole con nuova e insolita luce

Fece sorgere.

L’ascesa al soglio in questo giorno manifesta al Mondo

Che regni col cuore, con l’anima, sui tuoi,

Che s’impegnano tutti insieme per pagare il tributo

D’un tenero amore.

Da qui celebrano felici la tua vecchiaia,

Ti salutano a gran voce, con le mani piene

Di corone il seggio reale del duplice diritto[2]

Ornano di fiori.

Testimonino la loro gratitudine per un favore così grande,

Di qui si dirigono in chiesa e chiedono calorosamente

Che il Signore almeno fino a un secolo di vita

Ti protragga gli anni.

Li protrarrà!... verrà il tempo in cui i ribelli

Tristi vedrai coi tuoi occhi

Implorare il perdono ai tuoi piedi, con la fronte

Cosparsa di polvere.

O Padre benevolo, gioisci di una grande felicità,

Dio prepara allori trionfali[3]

Per la nave dei misteri e per te che la governi,

Percossi i flutti[4].

Allora la gioia sarà piena per il popolo e per Te,

Che l’avrete ottenuta, con lo stupore delle persone,

Allora “PIO NONO” e “salve” ripeteranno

Entrambi i Mondi!

………………………………………………………………………………………………………………......

Vincenzo Fragomeni, Canonico Penitenziario della Chiesa Cattedrale di Gerace

 

Il celeberrimo Don Antonio Pujia, Arcipresbitero di Filadelfia, una volta che ebbe letta quest’Ode, onorò molto l’autore, che era un suo Amico, con i seguenti versi, composti secondo lo stesso schema metrico:

Modulando la strofe saffica, o amico,

Prepari innumerevoli allori,

Oh! voglia il cielo rendere realizzati

 Gli auspici formulati.

La Volontà della Provvidenza divina, del Vecchietto sacro che indossa l’emblema della dignità sacerdotale,

Che conserva le chiavi del fedele Pietro,

Finché supererà i colpi ostili

Protrarrà l’esistenza[5].



[1] Il punto dopo Sacra andrebbe eliminato per recuperare il senso del periodo, che così torna (stolidi, nominativo plurale maschile, si riferisce sia a Potestas che a Princeps e la concordanza viene rispettata). Un’ipotesi più indolore potrebbe essere quella di tramutare il punto in virgola, anche se in linea di principio qualsiasi modifica al testo tràdito per me risulta sempre dolorosa. Notevole la frequenza delle iniziali maiuscole, che ho cercato di mantenere, compatibilmente con le esigenze della traduzione.

[2] Chiaramente umano e divino.

[3] Endiadi.

[4] Le virgole nel testo sono un po’ libere, ma questo è il caso più particolare: nell’ablativo assoluto fluctibus ictis, stando almeno a questa dispositio verborum, non dovrebbe esserci alcun elemento separatorio.

[5] Ho mantenuto la disposizione dell’originale latino, ma in realtà il periodo andrebbe riordinato nel seguente modo, per una sua migliore fruibilità: «La Volontà della Provvidenza divina protrarrà l’esistenza del Vecchietto sacro che indossa l’emblema della dignità sacerdotale e conserva le chiavi del fedele Pietro, finché supererà i colpi dei nemici».


La traduzione, le note, come l'epigrafe iniziale, sono del Prof. Arduino Maiuri docente di latino e greco presso il Liceo Classico Cornelio Tacito di Roma e dottore di ricerca in Filologia greca e latina e Storia religiosa presso la Sapienza Università di Roma.

Il Canonico Vincenzo Fragomeni (16 dicembre 1814 - 10 maggio 1884), geracese, compose l'ode in occasione del faustissimo giorno 23 agosto 1871 in cui Pio IX raggiunse gli anni ed i giorni del supremo pontificato di San Pietro in Roma.

Don Antonio Pujia (Filadelfia, 1818 -1886), fu arciprete di Filadelfia (VV)

Il documento originale apparteneva al sacerdote Prof. Rosario Oliva di Platì, ceduto dallo stesso ad Ernesto Gliozzi il vecchio.

Questo post è un'occasione per ricordare Larisa Yefimovna Shepitko (1938 - 1979) "one of the most prominent Soviet filmmakers".
 

mercoledì 23 novembre 2022

Ho pianto per te [di Gino Rippo - 1954]

 With nothing on my tongue but Hallelujah” Leonard Cohen


Per portare a termine il tour intorno a “Morte e Pianto Rituale” nel nostro paese torniamo da dove eravamo partiti: Ernesto Gliozzi il vecchio! Gli stessi tributi resi agli altri li ebbe lui con il primo reportage fotografico fatto in paese su un evento luttuoso, divenendo così Storia di Platì, seppur negata come tante altre storie più vicine a noi.

1 – Il Messaggero

https://iloveplati.blogspot.com/2016/09/giglio-infranto-reg-david-wark-griffith.html

2 – Domenico Marando

https://iloveplati.blogspot.com/2016/09/giglio-infranto-pt2.html

3 – Giovanni Andrea Oliva

https://iloveplati.blogspot.com/2016/09/giglio-infranto-pt-3.html

4 – Il padre dei Luigini

https://iloveplati.blogspot.com/2016/09/giglio-infranto-fine.html

5 – Cordoglio e “ccuppagnamentu

https://iloveplati.blogspot.com/2011/10/quattro-matrimoni-e-un-funerale-reg.html

lunedì 21 novembre 2022

ERNESTO GLIOZZI IL VECCHIO - GREATEST HITS

“Già gli apocrifi Atti di Pietro e Atti di Andrea mostrano come la mentalità cristiana fosse orientata verso l’orazione funebre quale parte integrante del funerale: ma soltanto col quarto secolo, con la vittoria della Chiesa e la conquista della sua libertà, ha inizio la classica età delle orazioni funebri cristiane, con i massimi elaboratori di tale genere che furono Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nizza in Oriente e Ambrogio in Occidente”. Ernesto De Martino, Morte e pianto rituale nel mondo antico: dal lamento al pianto di Maria, 1958 

1883 - 1948 

Quelle che seguono sono le orazioni funebri scritte e recitate da Ernesto Gliozzi il vecchio per le persone ricordate accanto al titolo. Vano è illudersi che saranno oggetto dello studio che meritano e di cui parte hanno rivisto la luce tra le pagine di I Love Platì, il libro. Le orazioni funebri come il pianto rituale ed il pianto delle prefiche erano eseguite su commissione da parte delle famiglie più agiate e per questo retribuite dai committenti. Non escludo che anche lo zio Ernesto il vecchio fosse stato compensato per i suoi interventi, che gli venivano anche da altri luoghi della locride, attraverso lo sfoggio della sua formazione umanistica, onde attirare l’attenzione del numeroso pubblico che in quelle occasioni dolorose partecipava numeroso. I tempi in cui visse lo zio sono passati come acque pluviali dentro una gronda, e le donne che si buttavano nel pianto, con o senza compensi, talvolta strappandosi i capelli, anche esse hanno fatto la loro epoca, come quelle precedenti di cui si è occupato il professor De Martino nel lavoro citato in apertura. 

1 – Storia dell’ultimo crisantemo – Giuseppina Oliva
https://iloveplati.blogspot.com/2018/05/storia-dellultimo-crisantemo-di-kenji.html

10 – Il crepuscolo degli eroi – Mittiga Domenico
https://iloveplati.blogspot.com/2014/10/il-crepuscolo-degli-eroi-reg-john.html

11 – Corpo celeste – Don Saverio Oliva
https://iloveplati.blogspot.com/2013/04/corpo-celeste-pt2.html

13 – Mater dolorosa – Maria dolente

14 – Il dolore e la pietà – A la santa memoria di mia madre
https://iloveplati.blogspot.com/2012/03/il-dolore-e-la-pieta-reg-max-ophuls.html

mercoledì 28 settembre 2022

Qualcosa di personale - umiltà .... mansuetudine

 

Pur sempre umiltà e mansuetudine conquistano i cuori
Aff. Canonico F(elice) Galluzzo

Il canonico Felice Galluzzo è apparso di già qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2013/10/corpoceleste-pt6.html

- Immagine e testo contenuti nell'album personale di Ernesto Gliozzi il vecchio.

mercoledì 27 luglio 2022

In vino veritas [di Mark Gentile, 2019]


 

La musica è un’altra vita nella vita; ma la vita è il vino
Platì 3 – 4 – 1921
L’astemio 
Rosario Zappia Oliva
 

venerdì 24 giugno 2022

Di padre in figlio [di Vittorio e Alessandro Gassman 1971]




Storia del fondo Sfalassi
(secondo don Luigi Gliozzi)
 
Per testamento di Gliozzi Arciprete Filippo venne lasciato a Gliozzi Francesco fu Domenico ed Arcuri Filippo. Per divisione fondiaria l’intiero fondo spettò a Gliozzi Francesco fu Domenico.
Per donazione fatta da Gliozzi Francesco fu Domenico ai figli Serafina, Luigi ed Ernesto atto (notaio) Febbo 21 – 4 – 1899. Per divisione atto Febbo 12 – 7 – 1904 l’intiero fondo spetta a Gliozzi Ernesto fu Francesco*. Per divisione 26 novembre 1933 atto “Petroli” Gliozzi Ernesto fu Francesco donava al nipote Gliozzi Francesco di Luigi l’intiero fondo Bianco 4 dicemmbre 1933 trascritto addì 2 dicembre … Ardore 21 maggio 1935 riportato al n° del Catasto 4353 Sez C n. 624 – 325 – 626 £ 7 . 74
Per vendita notar Barillaro 4 giugno 1935 Gliozzi Francesco di Luigi vendeva a Gliozzi Luigi fu Francesco vendeva un apprezzamento di are sei limitato dallo stesso venditore tanto in presso della Strada Nazionale per £ 400 “aratoria”.
Registrato a …? Il 5 giugno 1939
Trasmesso a Reggio Cal. Il 6 giugno 1939 in apertura

*https://iloveplati.blogspot.com/2022/05/il-mio-domani-di-marina-spada-2011.html


in apertura i fedeli accolgono mons. Michele Arduino con Antonio Delfino, lo zio Ciccillo e l'arciprete Minniti


domenica 29 maggio 2022

Le pillole del farmacista [di Franz Antel, 1972]


 Il libretto da cui l'immagine era custodita da Ernesto Gliozzi il vecchio

venerdì 27 maggio 2022

Il mio domani [di Marina Spada, 2011]

 
 

L’anno del Signore 1904 il giorno 22 del mese di Febbraio in Platì’. Io Saverio Arciprete Oliva Vicario Foraneo, giusto l’editto del 16 corrente mese, della Rev.ma Curia Vescovile di Gerace per il quale sono stato delegato di accertare il valore del fondo Sfalasi costituito in Sacro Patrimonio dall’Accolito Ernesto Gliozzi, in base dell’atto di donazione già fatta dal di lui padre D. Francesco Gliozzi, mi sono portato nel fondo sudetto in compagnia di Giuseppe Mittiga fu Francesco e di Antonio Mantegna fu Francesco ambidue di questo comune sudetto esperti di campagna, i quali avendo prestato il giuramento di rito, e dopo un coscenzioso esame mi riferirono il seguente risultato: cioè_
Terra acquistabile tomolate 10     £ 2000
Olivi salme                                 7       £ 1550
Gelsi sicomi                                         £ 0800
Querce                                                  £ 0340
Peri                                                        £ 0200
Fichi                                                       £ 0100
Viti                                                          £ 0010
Case rurali                                           £ 0500
                                                          ______
                                                 Totale    £ 5500
Data lettura del presente a’ i sudetti esperti sottoscrivono il presente con me
Platì 22 febbraio 1904
Mittiga Giuseppe perito
Antonio Mantegna
Saverio Arciprete Oliva Vicario Foraneo

 

Il documento riportato, gentilmente concesso, è custodito presso:
Archivio Storico Diocesano “Mons. Vincenzo Nadile”
Diocesi di Locri – Gerace
ASDLG
 

Con la stima dei terreni dati in dote ad Ernesto Gliozzi (1883-1948) di Francesco onde costituire il suo sacro patrimonio* da esibire prima della consacrazione a ministro di Dio, l’arciprete Don Saverio Oliva (1835-1919) si rivela una persona preparata nell'esercizio delle funzioni a lui demandate, nella fattispecie di rilevatore di terreni onde attribuire un valore del tutto secolare. In questa sua stima, aiutato dai periti Giuseppe Mittiga e Antonio Mantegna, egli si rifà ai canoni classici rintracciabili nei Catasti Onciari platiesi del 1746 e 1754. Le stesse figure del rilevatore e degli apprezzatori, il giuramento prestato da questultimi derivano da quelle epiche epoche. In avvenire l'identico Sacro Patrimonio verrà riciclato in favore dello zio Ciccillo. Allo zio Ernesto il giovane nulla toccherà, essendosi nel frattempo dissolta quell'Istituzione, seppur Sacra, del tardo medioevo.

*La dote economica assegnata ad un chierico e futuro sacerdote secolare onde garantirgli una rendita e di conseguenza il mantenimento.

 



domenica 8 maggio 2022

Qualcosa di personale - ideali supremi

 

Dio e amore sono i miei ideali! Dio, come, amore supremo che si libra su tutto il creato si estolle sui più alti pinnacoli come nei più remoti recessi s’immette ed attira a Sé le sue creature come il sole i mondi rutilanti di luce del sistema planetario; e l’amore … non il sensuale … ma l’idilliaco che divinizza la donna e raddolcisce come oasi del deserto le brume dolorose di questo basso mondo, formato di odii, di viltà, di egoismo.
Dio, essere supremo; la donna creatura di Lui, ecco i miei ideali.
Platì 2 del 1914
                                            Gigi Frascà

- Da un atto processuale Luigi Frascà di Giuseppe era di Ardore e doveva essere certamente più avanti con gli anni rispetto al dedicatario del manoscritto sopra riportato.

- Immagine e testo contenuti nell'album personale di Ernesto Gliozzi il vecchio.

giovedì 21 aprile 2022

La guerra continua [di Leopoldo Savona - 1962]



Perdimmu la guerra cu’ li nglesi
ora simu tutti disarmati;
eppuru Mussulini accussi dici
disarmau li greci e l’arbanesi
e si pigghiau puru li spiti.
Vi pregu amici mei non v’affriggiti
ca cu lu parmu chi misuramu simu misurati;
lu merlu e la marvizza chi dici?
Ora cazzi ca mi sparati:
mi mangiu ‘a livi e nenti mi faciti.
Puru lu lepru cu’ li ricchi tisi
ora li poti levari smandalati.
Oramai lu popolu borghisi
si trovanu tutti quanti disarmati
se lu ppura la gurpi apoi viditi
li gajini sunnu tutti sterminati.
La gurpi é latra, chi vui lu sapiti,
si fa patruna di li cerdinati.
Se lu ’ppura lu lupu chi diciti
si mangia li pecuri e puru li crapi.
E li pasturi vogghiu mu avvertiti
nt’e casetti nommu dorminu squatati.

Il testo riportato è conservato, senza titolo, nell’archivio personale di Ernesto Gliozzi il vecchio. Mimmo Marando sulla rivista PLATI’, gennaio ’98, lo attribuisce ad un anonimo platiese, anno 1943 e con il titolo Storia d’i scupetti (1945), un po' diverso nell’incipit e senza nessun commento. È probabile che, come molti altri testi pubblicati da Mimmo, fosse appartenuto alla famiglia di Michele Fera. Secondo un esperto di poesia calabrese a cui è stato inoltrato, il carattere cantilenante dell’opera è tipico dei primi anni del millenovecento nella poesia dialettale calabrese.

In apertura la Valle del Bonamico con sullo sfondo Pietra Cappa in uno scatto di Giuseppino, dottor, Mittiga, dei primi anni ‘20 

martedì 12 aprile 2022

La vita è un sogno [di Richard Linklater - 1993]

"Somehow I got to carry on, Lordy" Van Zant, Collins


La vie est un songe: la fortune est leurre, la gloire une illusion, rien ne demeure* que le bien fait aux âmes, la paix jetée** et acquis par le sacrifice***, et le bonheur conquis à l'encontre de l'égoïsme. 
D. Anselm Moreac Benectin de Vallonheur
Professeur au college S George de Constantinopli
Gerace 13 Javier 1904
 
* "rien ne demeure" o "ici ne demeure" non siamo sicuri ma il senso non cambia.
** abbastanza sicuri ma non al 100%
*** qui proprio non si capisce cosa sia scritto ... ho ipotizzato dal senso della frase
 
La vita è un sogno: la fortuna è un'illusione, la gloria un diversivo, non resta altro che il bene fatto alle anime, la pace seminata e raccolta con il sacrificio, e la felicità conquistata contro l'egoismo (o meglio "la felicità conquistata a discapito dell'egoismo").
 
Hanno collaborato per la stesura, difficile per me, del testo:
Maria Rosaria Venezia, Loris Messina &, novissima autem non minimus, Valentina Valcic. 

Immagine e testo contenuti nell'album personale di Ernesto Gliozzi il vecchio, altrimenti publicato come Qualcosa di personale..

Rubata al film in questione: