lunedì 30 settembre 2024
Composition Class [Kajiro Yamamoto, 1938]
mercoledì 15 marzo 2023
LE PERLE DELLA CORONA [di Sacha Guitry, 1937]
1 -I gioielli della corona
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2 – The Artist
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3 – Un mondo perfetto
https://iloveplati.blogspot.com/2017/04/un-mondo-perfetto-reg-cint-eastwood-1993.html
4 - Consuntivi
https://iloveplati.blogspot.com/2017/04/i-gioielli-della-corona-consuntivi.html
5 - Sanctuary
https://iloveplati.blogspot.com/2017/04/sanctuary-reg-tony-richardson-1961.html
6 – Orizzonti di gloria
https://iloveplati.blogspot.com/2017/04/orizzonti-di-gloria-reg-stanley-kubrick.html
https://iloveplati.blogspot.com/2017/04/orizzonti-di-gloria-fede-e-devozione.html
https://iloveplati.blogspot.com/2017/04/orizzonti-di-gloria-la-festa.html
7 – Grandi speranze
https://iloveplati.blogspot.com/2017/04/grandi-speranze-reg-david-lean-1946.html
8 – La sera della prima
https://iloveplati.blogspot.com/2018/04/la-sera-della-prima-di-john-cassavetes.html
mercoledì 18 maggio 2022
Una montagna di colori [di Luis Trenker - 1929]
Io vivendo nell’Aspromonte lo conosco molto bene. Le montagne cambiano colore in base alla stagione come gli alberi in inverno, se si va in montagna gli alberi non hanno foglie, invece se si va in primavera o in estate gli alberi sono tutti verdi e alcuni anche fioriti: Mia nonna mi ha raccontato che una volta per andare in montagna non c’era la macchina ma gli asini; gli uomini caricavano le cose sugli asini e facevano portare le cose a loro. Le donne invece portavano le cose in testa e per non farsi male si facevano le corone con le trecce. Quando arrivavano si sedevano per terra sull’erba con una tovaglia sotto o si sedevano nei tavoli di legno che c’erano tra gli alberi; poi la sera prima che facesse buio tornavano a casa. Quando andiamo in montagna io e mia sorella ci divertiamo a stare immerse in quel verde e a giocare con il pallone che non usiamo mai perché siamo troppo prese dal telefono e per questo spesso non ci accorgiamo di quello che abbiamo intorno e del bel paesaggio che abbiamo l’Aspromonte.
PISTO ELISA LUCIA
1° D
Cirella
27/05/2021
domenica 3 aprile 2022
Piccole storie [di Carlos Sorin - 1975]
Raccontano che c’era questo paesino e che alcuna gente è riuscita a salvare scappando, altri invece sono morti, dicono che una vecchietta era uscita di casa quando ha sentito il terremoto, però è ritornata indietro a recuperare qualche oggetto, dicono un pettine e purtroppo è morta sotto le macerie. Ma la cosa straordinaria è che dopo tanti anni un contadino platiese lavorando con l’aratro e i buoi hanno trovato un quadro sotterrato: era il quadro della Madonna delle Grazie che era nella chiesa di Panduri, si racconta che i buoi appena hanno visto l’immagine della Madonna si inginocchiarono davanti al quadro come se pregassero. Tanti anni fa, più o meno quindici anni, con la partecipazione anche del vescovo hanno detto la messa ai piedi delle mura del paesino.
La gente era disperata perché avevano paura degli caccia aerei che buttavano le bombe in montagna.
Poi c’era un ponte pieno di mine lo chiamavano il “ponte minato” e la gente mentre andava in sella agli asini esplodevano.
Sembrano storie come i film che oggi vediamo, ma sono storie vere e vissute realmente, e chi è sopravvissuto li ha raccontato.
MARZANO FRANCESCO
CL 4° PLESSO CIRELLA
IST. COMP. DI PLATI’
domenica 16 gennaio 2022
Le cinque rose di Jennifer [di Tomaso Sherman - 1989]
Ciao … Mi chiamo
Jennifer frequento la classe 4a,
ho 10 anni e vivo a Cirella, un paesino ai piedi dell’Aspromonte. Io se mi
affaccio dalla finestra posso ammirare il fascino dell’Aspromonte ma posso
ammirare Pietra Cappa. Pietra Cappa è il monolite più alto d’Europa, è alta 140
metri e occupa 4 ettari di terreno, a pensare che tanti turisti partono da
lontano per visitare l’Aspromonte mi fa sentire fortunata. Nella montagna
Aspromonte si possono trovare diversi animali tra cui: il cinghiale, il lupo,
la volpe, invece tra i rettili la più diffusa è la vipera e tante altre specie.
Nella flora troviamo principalmente il faggio, abeti, il castagno, la quercia
mail più diffuso nelle colline Aspromontane è l’ulivo.
Mio nonno nel
piccolo paese di Cirella ha fondato il Frantoio Perre dal 1964 ad oggi, con
molti sacrifici ha iniziato a comprare sempre più terreni, abbiamo circa 170
ettari di terreni ai piedi dell’Aspromonte. Nonno era papà di 8 figli e voleva
inventare qualcosa per dare un futuro ai suoi figli, ha iniziato con un piccolo
frantoio che aveva la macina in pietra stiamo parlando del 1964. E man mano che
gli anni passavano i figli maschi che tutt’ora sono eredi, tra cui mio padre e
due miei zii, si sono innovati con la tecnologia moderna e macchinari di ultima
generazione. Abbiamo un imbottigliamento, cosa che una volta non c’era.
Esportiamo il nostro olio a livello intercontinentale, negli Stati Uniti, in
Canada, in Francia, Germania e in tutta Italia. Oh!!! Dimenticavo a dire una
cosa molto importante, il nostro olio arriva direttamente dalle colline ed è
tutto certificato bio, senza conservanti e le nostre piante non hanno alcun
trattamento chimico. La macinatura delle olive viene lavorata a freddo nella stessa
giornata della raccolta perciò l’olio è super buono; la raccolta ha inizio in
ottobre e finisce a marzo. Io abito sopra al frantoio sin da quando ero
piccolina, per me svegliarsi col profumo di olio appena macinato è una cosa che
se non si sente non si può spiegare a parole. Io appena posso vado ad ammirare
come avvengono i procedimenti della macinatura. Con il primo olio di ogni
stagione, mi vado a fare direttamente la bruschetta giù insieme a tutta la
famiglia.
Infine, più di
una volta tutta la mia scuola è venuta a visitare la mia azienda, i miei
compagni sono rimasti meravigliati, pur essendo dello stesso paese non avevano
mai visto tutta la procedura che avviene, da piccoli ulivi a olio direttamente
in bottiglia. Io sono molto fiera che mio nonno ci ha lasciato questa
bellissima eredità, mi auguro che noi nipoti riusciremo a tramandare questa
attività perché è una tradizione di famiglia e siamo fieri di averla.
Nonna mi racconta
che nei paesi Aspromontani sino a non molto tempo fa le persone conducevano una
vita sicuramente più dura e molto diversa specialmente le famiglie contadine.
I contadini
Aspromontani passavano la giornata nei campi a coltivare e allevare il
bestiame. Però la sera si radunavano nelle stradine o davanti un camino a raccontare
storie successe realmente.
I miei nonni da
bambini hanno vissuto la guerra del 1943. Nonna mi racconta che l’8 settembre
ci fu una guerra tra forze armate italiane e gli alleati. La guerra si svolse
in pieno Aspromonte (tra le montagne di Platì e Oppido Mamertina) Ci furono
molti morti e prigionieri ma quella fu l’ultima guerra. Loro vivevano nella
paura perché saccheggiavano le case.
L’Aspromonte è
una terra meravigliosa e ricca di risorse, Aspromonte vuol dire “Monte aspro”,
io sono contenta delle mie origini e tradizioni e orgogliosa di essere
Aspromontana.
Jennifer
Perre classe
4a primaria
Plesso Cirella
istituto Platì
Testo partecipante al Premio "E. Gliozzi" organizzato
dall'Associazione Etno- Culturale Santa Pulinara, edizione 2021.
A dieci anni Jennifer Perre oltre che essere “contenta delle mie origini e tradizioni e orgogliosa di essere Aspromontana”, ha già una prosa sciolta e sicura e con il suo nome e cognome promette anche di finire sulle copertine dei libri. È una speranza, solamente nostra, come poche altre, anche perché la Calabria ha una letteratura tutta maschile. Per ora le possiamo consegnare solo un virtuale olivo d’oro.
sabato 4 dicembre 2021
I bambini ci amano - Il paese disegnato
giovedì 18 novembre 2021
Il nostro pane quotidiano [di Friedrich Wilhelm Murnau - 1930]
LA TRADIZIONE DEL
PANE DI PLATI’
Nel mio paese c’è
un’antica tradizione: si fa il pane in casa con il lievito madre. Si comprano due
tipi di farina che viene mischiata con l’acqua e poi viene montata a mano. Io
l’ho visto fare a mia nonna nel forno a legna. Il pane è molto buono e si
mantiene anche diversi giorni. Per questo il pane di Platì è molto richiesto
nei paesi vicini e lontani. Si mangia con sale e origano oppure con acciughe e
peperoncino calabrese può essere impiegato anche per realizzare gustose
bruschette e può essere inzuppato nelle minestre dopo averlo abbrustolito.
NATALE AGRESTA
Il mio paese si
chiama Platì, e si trova a i piedi dell’Aspromonte. Il pane di Platì è un
elemento molto conosciuto nella Locride e nella provincia di RC. Per farlo
occorre usare farina di grani antichi locali, con acqua, sale lievito madre che
viene preparato dal giorno prima; Il giorno dopo si impasta a mano con molta
forza insieme con acqua, farina e sale, fino a che l’impasto diviene liscio ed elastico.
Dopo si formano i panetti e si mettono a lievitare sotto le coperte per circa 2
ore nel frattempo si prepara il forno, si riempie di legna e si accende il
fuoco quando la temperatura è giusta si usa un tubo di ferro con attaccato un
panno di cotone bagnato con l’acqua che si chiama “cajipo” e si usa per pulire
il forno prima di infornare il pane, dopo di che si poggia su una pala di legno
e una alla volta si mette nel forno per circa 1 ora dopo che il pane è pronto
si mantiene per alcuni giorni. È ottimo da gustare caldo condito con olio sale
e origano o con acciuga e peperoncino calabrese.
DOMENICO CALABRIA
4B
Il pane di Platì
è molto buono. Infatti il nostro piccolo paesino e molto famoso. Il nostro pane
è di un colore dorato. È fatto da ingredienti genuini e sono solo 3: acqua,
farina e lievito madre, non bisogna fare molto, basta solo: impastare acqua e
farina e aggiungere il lievito e mescolare finché l’impasto non sia liscio e
lucido e lasciare lievitare per almeno 2 ore e infornare nel forno a legna. Il
pane può essere mangiato in tanti modi per esempio, con olio, con pomodori. E
si possono creare delle buonissime bruschette!
AURORA
CATANZARITI
A Platì ci sono
tante cose buone ma il più buono e il pane che viene impastato farina acqua
sale e lievito madre poi si forma il pane poi si mette su un tavolo e si lascia
lievitare per circa 2 ore coperto con una coperta. Poi si accende il forno a
legna. Quando il forno è pronto per infornare si lascia cuocere 2 ore.
È così che si fa
il pane di PlatìCATERINA LIGOLI
Fino al momento della lettura del testo di Domenico Calabria non
conoscevo la parola cajipo, il suo significato,
la sua etimologia. Ho chiesto agli amici pulinaroti ma essi riandavano a
quanto scritto allo stesso testo del piccolo scolaro. Memore della profonda
conoscenza del greco antico da parte dello zio Ernesto il giovane e nella mente
il cognome Callipari sono andato a consultare il vocabolario greco – italiano: καλλίπαις callipais bella fanciulla, ma anche, bel volto, è quanto più si
avvicina alla descrizione del piccolo Domenico.
Aurora, Caterina, Domenico e Natale erano nel passato anno scolastico
– 2020/2021 – alunni della 4b delle elementari e partecipavano al premio
letterario “Ernesto Gliozzi”
organizzato dall’Ass. Etno-Culturale SANTA
PULINARA.
L’immagine di apertura è di Natale Agresta
Con questa pubblicazione oggi sono riconoscente anche a Friedrich Wilhelm Murnau ed al suo cinema, il suo AURORA è un capolavoro oggi irraggiungibile.
sabato 13 novembre 2021
Dono d'amore [di Jean Negulesco - 1958]
Il pane e il dono
Nel nostro
piccolo paese, sin dai più remoti racconti … il pane era, e rimane la
specialità che tutt’ora emerge quando si parla di Platì. Quindi Platì è sempre
male come alcuni vorrebbero ma è per noi un bene. Un bene che lo si riconosce
anche attraverso la semplicità di una fetta di pane appena sfornato unto di
solo olio … Gusto che sa di pace e rinascita che non sempre denotano altri
posti, oltre ricchezze a noi molto lontane per molto più povere di quella fetta
di pane che noi cittadini del nostro piccolo paese spesso additato, offriamo
sempre con il cuore anche a chi non conosciamo.
Anche a chi
alcune volte ci maledice.
Questo è anche il
principio e il sapore vero del paese di Platì.
SERGI ROSARIO 4b
Il breve testo di Rosario Sergi ha partecipato all’ultima edizione - 2021 - del premio letterario Ernesto Gliozzi, rivolto agli alunni dell’Istituto Comprensivo “De Amicis” di Platì e promosso dall’Ass. Etno-Culturale Santa Pulinara. Dalla semplicità del breve scritto emerge l’educazione e l’amore ricevuti in seno alla famiglia verso il paese innanzi tutto, e verso gli altri, che siano persone o luoghi. Così una fetta di pane di Platì si estende come una calorosa stretta di mano. Ancora nell'immagine di apertura di Domenico Perre, stessa classe stesso concorso, ritroviamo la stessa sobrietà e la stessa sintesi.
lunedì 10 maggio 2021
Gran Casino [di Luis Buñuel - 1946]
Il 18 ottobre del
1951 a Platì ci fu una grande alluvione. Tre giorni prima iniziò a piovere ma
il 18 fece un gran casino. La fiumara di “Porteia” attraversò le strade fino ad
arrivare in contrada Lacchi; portò via moltissime cose come il mulino che stava
“fora o ponti” lo portò fino a Lacchi, tutti i porcili, le stalle le portò via.
Perfino la fiumara di “Raconi” portò via due buoi mentre stavano tranquilli
nella sua stalla, legati alla mangiatoia. Anche il fiume di “Saneju” portò via
una mandria di 200 capre mentre erano in pascolo con il suo padrone, e queste
capre scomparvero nella acque. Molta gente andò a rifugiarsi nelle scuole
elementari; quelli che stavano in montagna corsero subito in paese da parenti e
amici per ripararsi da quel terribile maltempo.
La gente che stava vicino alla fiumara purtroppo è morta, ma altri si
sono salvati. Raccontano che una volta una donna era incinta e doveva
partorire, ma quel giorno che doveva partorire la fiumara fece un gran casino,
però suo marito l’ha salvata.
Il 19 ottobre la
gente iniziò a lavorare e togliere tutto quel materiale che aveva trasportato
il tempo e a riparare tutti i danni causati dall’alluvione. Degli uomini mentre
stavano scavando si accorsero che c’era una donna sotterrata fino alla pancia
però ancora riusciva a respirare. Questa donna si salvò però il resto della sua
vita lo passò con le gambe storte. Molta gente a causa di questa alluvione
abbandonò il paese, per non avere case e terreno, molte di queste persone emigrarono
per L’Australia, America e altre città
Barbaro Giuseppe
5A
martedì 30 marzo 2021
Buongiorno natura [di Ermanno Olmi - 1955]
La
Natura
Perre
Martina
La
natura è spesso inquinata …
Di
sentire puzza, mi sono stufata
Quando
bruciano l’immondizia
Fanno
solitamente un’ingiustizia.
Quando
non sento alcun odore strano
Esco a
godermi e a dire l’amo
Io amo
la natura che è una cosa bella
Infatti
fa parte anche la brillante stella …
La
luna, le nuvole, il sole
La
rosa, l’ulivo, le viole.
Credo
che la natura è stata la creazione.
Di un
grande autore
Di cui
non serve alcuna citazione.
Composizione partecipante alla Prima edizione - 2017 - del Premio Letterario Ernesto Gliozzi.
lunedì 15 marzo 2021
A Dio piacendo [di Filippo Altadonna - 1996]
Carissimo don Ernesto
Ancora grazie della tua accoglienza fraterna e della possibilità della
magnifica esperienza della missione mariana pasquale di Platì. Mantengo un
ottimo ricordo di quelle giornate e ricordo tutta la comunità parrocchiale
nella preghiera.
Ti restituisco l’Assegno perché la Banca non me l’ha accettato in
quanto non trasferibile.
Ti auguro di ristabilirti completamente in salute. Ci vedremo, a Dio
piacendo, a Posi: sarà una grande gioia per me.
Saluto cordialmente tua sorella Amalia, così brava in tutto, e tutti
gli altri tuoi familiari, così pure le attive e fedeli Suore.
A te un abbraccio fraterno e riconoscente.
Aff.mo P. Stefano De Fiores
Roma, 24 – 4 - 1981
lunedì 1 marzo 2021
La lunga sfida [di Nino Zanchin -1967]
IL
SEMINARIO DI GERACE
RISPOSTA A FRANCESCO PERRI
A
proposito di una lettera dell'autore di "Emigranti" e de "Il discepolo
ignoto", Francesco Perri, pubb1icata di recente su " La voce di Calabria"
(9-10 febbr. 1954), c'è da fare qualche rilievo sia circa l'ispiratore della
lettera (il ben identificabile C puntato) sia circa lo stesso autore.
Circa l'ispiratore
o gli ispiratori della lettera, si rileva come dopo una petizione indirizzata
alla S. Sede, tutta infarcita di buaggini e di argomenti puerili e fatta
firmare o con inganno o con minacce da una buona parte del Clero della Diocesi;
dopo una vile campagna di menzogne e di calunnie condotta da tutto un popolo
contro il suo benefattore, viene ora la lettera dello scrittore, quella che
dovrebbe essere "il suggello ch'ogni uomo sganni", “Roma locuta est" per darla vinta a quei
di lassù. Si ingannano: perché come a nulla son valse quel po' di sciocchezze scritte
maliziosamente e sottoscritte ingenuamente, come non son valse e
non
varranno le calunnie e le minacce degne di tempi ormai tramontati, cosi neanche
la lettera di uno scrittore, per quanto illustre, può dar per vinta una causa
che è molto seria.
Circa l'autore
della lettera è il caso di fermarsi un po' più a lungo.
E ci
vorrà questi consentire, democraticamente, di esporre il nostro pensiero, anche
se Egli siede sull'Olimpo della letteratura e noi ci troviamo le mille miglia
lontani da quello. Perché mentre noi leggiamo con ammirazione e - perché no? - con
orgoglio le bellissime pagine di "Emigranti" o degli altri suoi volumi,
leggendo questa lettera non proviamo altro che una vampata di sdegno per quelle
argomentazioni che egli vuole artificiosamente imbastire.
Ci
parla di dolore e di stupore, il tutto imperniato su sterili sentimentalismi, come
egli stesso ammette. Ci ricorda i suoi studi coronati da successo alla maturità
classica; ma non ci spiega se siano state proprio quelle mura minaccianti
rovina ad ogni soffiar di vento od ondeggiar di terra, o quelle attrezzature
antigieniche a stillargli nella mente il sapere che gli fece onore; se aia
stato il freddo intenso di quei rigidi inverni che faceva scoppiare le mani pei
geloni, se sia stato il trasbordo da una camerata all'altra per ripararsi dalla
pioggia, se quell'acqua allora piovana e che pur si beveva, o se piuttosto le
scorpacciate, fatte alla chetichella, di roba che i buoni papà portavano nelle
capaci bisacce per supplire alla scarsezza di nutrimento, ad aguzzargli l'ingegno.
Ma se il merito è stato non dell'edificio, ma degli uomini che vi abitavano, non
ci spiega neppure se gli ingegni come Francesco Sofia Alessio che tanto decoro
diedero al Seminario in tempi remoti, siano piante esotiche proprietà riservata
di Gerace, e per di più Superiore. Se vuole, il nostro Perri, i ricordi della
sua infanzia li consacri in un libro, ma li tenga esclusivamente per sé, come sopramobili
o anticaglie. Noi abbiamo altri ricordi e non tutti lieti. Ricordiamo le
tragiche Odissee dei nostri genitori quando venivano a trovarci, percorrendo
strade impervie a dorso di mulo e, sorpresi dalla tempesta, a stento
rientravano a casa.
Ci
parla di stupore, quando se mai lo stupore dovrebbe esser nostro per il suo scritto.
Gli potremmo chiedere di lasciare che i fatti nostri ce li vediamo noi; ma non
lo facciamo appunto perché dice di essere e rimanere “notoriamente un uomo di sinistra",
di quella parte, cioè, che decanta di andare contro i ricchi e a favore dei
poveri, salvo poi a scriver lettere con cui si difendono interessi di ... caccia
riservata. Di quella parte, cioè, che accusa la Chiesa di spirito conservatore,
di attaccamento alle tradizioni, salvo poi a consigliare questa Chiesa a
restare attaccata a quattro mura o a diciotto colonne, siano pure pregevolissime,
siano pure del tempio di Persefone; a restare attaccata lì, perché Gerace “possa
vivere del suo Duomo e del suo Episcopio". Di quella parte, cioè, che dice
di andare incontro ai miseri, salvo poi a tentare di farceli dimenticare tanti indigenti,
tanti derelitti, tanti ignoranti che solo la paterna sollecitudine di un
Vescovo in una Diocesi può scoprire per porger loro aiuto; salvo poi a consigliarci
di educare i giovani al sacerdozio in un regno di beatitudine ... solitaria, dove
nulla si ode, nulla si vede di quello che è il gemito di una umanità
sofferente.
Ma
sarebbe troppo ingenuo non pensare che lui, uomo di sinistra, forse questi
consigli vuol dare per tentare di staccare il Clero e i fedeli dal loro Vescovo,
per quella famosa legge romana, che torna di moda in qualche regime: divide et impera;
per far sì che il Vescovo si limiti "ad officiare nella stupenda solennità
dell'antica Cattedrale normanna", pronto a dargli addosso se insieme con il
fasto liturgico egli voglia accoppiare una provvida operosità civica.
Fa
male il Perri a non conoscere il nuovo Vescovo; venga a conoscerlo, magari quando
nella torrida estate egli vorrà deliziarsi della frescura del suo mare Jonio; e
vedrà qual nuovo soffio di rinascita spirituale e materiale aleggia in questa
ancora, purtroppo, infelice Diocesi. Venga con tutti i suoi compagni a vederlo
questo Vescovo, seduto all'altare, che chiama ad una ad una le Parrocchie della
Diocesi, impazienti di offrire il loro obolo, a volte modesto, a volte grandioso
nel sacrificio, per la ricostruzione materiale e morale del Seminario e soprattutto
degli alunni del Seminario. E si persuaderà che non è vero quello che scriveva l'Unità
su pretesi contrasti tra Clero, Azione Cattolica e Vescovo nella Diocesi.
E
sorvolando gli insulti lanciati dal nostro scrittore contro il Clero, tacciato
di inerte, di immorale e di poco spirito evangelico (forse tale perché si formò
in quel seminario che egli decanta e sedette a fianco a fianco con lui), vorremmo
pregarlo di portarci altri solidi argomenti, se ne ha, a favore di Gerace; perché,
come ben dice egli stesso, "con i soli argomenti sentimentali non si
difende una causa".
Doppio
torto arreca al Geracesi che egli vuol difendere perché non adduce validi
argomenti; e perché sapendo di non averne, crede di poter avallare con la sua
rispettabile firma i vani sforzi di un'ignobile
cricca
di sfruttatori.
E. G.
Questa lunga lavata di capo di Ernesto Gliozzi il giovane allo lo scrittore di Careri ebbe un
seguito molti anni dopo, nell’anno della contestazione, quando lo zio, all’epoca
parroco della cittadina che diede i natali al romanziere, ritornò sui suoi
passi:
“Ebbi la sorte di entrare in polemica con Lei in occasione del
trasferimento della sede Vescovile da Gerace a Locri, verso il 1952, con
un articolo pubblicato su un giornale di Reggio, che voleva rispondere ai Suoi
ben apprezzati argomenti in pro di Gerace; Lei scriveva per nostalgia del luogo
in cui aveva trascorso buona parte della Sua giovinezza io rispondevo guardando
alla realtà dei fatti che imponevano la soluzione di quel problema per cui si
batterono Mons. Giuseppe Piccolo da Mammola ed altri, fin dal primi lustri del
nostro secolo. Lei credette allora di polemizzare con il Suo ex compagno di
scuola e non con il nipote, per cui chiuse la replica con un generoso atto di
comprensione”.
Lo
stesso scrittore ridimensionò i fatti ricordando anche il suo compagno di
Seminario, Ernesto Gliozzi il vecchio.
Reverendo e Caro Arciprete, la Sua lettera, che ha fatto rivivere in me il ricordo di suo zio e della mia adolescenza nella camerata dei mezzanini (che strane denominazioni allora nei nostri seminari!) e la figura minuscola, arguta, vivacissima di Ernesto Gliozzi che aveva sempre pronta la battuta spiritosa ed anche tagliente, quando occorreva, mi ha sinceramente commosso. Mi ha anche fatto ricordare la nostra polemichetta, nella quale Ella portava la opinione del clero e magari anche delle autorità ecclesiastiche, mentre io parlavo avendo nel cuor la nostalgia della grande cattedrale normanna, e lo stato d'animo degli antichi uomini di chiesa, che amavano la solitudine e la elevata meditazione. I poeti non sono mai stati uomini politici!
In apertura un'immagine d'epoca del Duomo geracese.
Il motivo della reprimenda è qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2016/12/lultima-sfida-reg-edwin-l-marin-1951.html
la
corrispondenza Perri – Gliozzi qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/la-corrispondenza_10.html
https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/la-corrispondenza.html
https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/la-corrispondenza-reg-giuseppe.html
mercoledì 3 febbraio 2021
10 [di Blake Edwards -1979]
In apertura l'immagine - nessuna immagine, se non quella - con cui debuttavano in sordina queste pagine, il 4 febbraio del 2011. Il lavoro era tutto da impostare, il blogger quasi tutto da sperimentare: foto, citazioni di autori in lettura, la decisione di avere il cinema come punto di riferimento per svolgere in dramma storie e documenti che riguardavano la prima parte della testata, quel Platì, assurto a luogo mitico. La seconda parte, Ciurrame, era solo un pre testo, per definire l’altra metà in cui mi dibattevo allora. Quella metà col tempo è andata dissolvendosi per l’lasciare il campo libero di Platì. La benevolenza di quanti hanno cominciato a seguirmi non è mancata e le visualizzazioni sempre in crescita. Il lavoro ha portato riscoperte e nuove amicizie - last but not least il sen. Giuseppe Beniamino Fimognari - forse anche qualche inimicizia. A poco a poco le entrate quasi tutte italiane lasciavano il posto a quelli che stavano in quell’altrove, in particolare di lingua inglese, in cui si erano trasferiti i platiesi. Grazie a quelle pubblicazioni, il luogo d’origine è stato rivissuto. Se c’è un merito quello è stato il vizio di famiglia a conservare tutto, tutto è stato spolverato e rimesso alla luce del sole, o se preferite, del monitor. Negli ultimi tempi, per finirla con questa autocelebrazione, la collaborazione con Rosalba Perri ha dato un nuovo corso, dove il confronto è diventato un maggior impulso alla ragione del lavoro.
martedì 26 gennaio 2021
Proposta conveniente [di Alberto De Martino -1962]
Platì, 11 luglio 46
Rev.mo Cancelliere
Di passaggio a Casignana,
ho trovato la Vs. lettera con la proposta per me di una delle Parrocchie libere in diocesi. Rispondo io stesso, e Vi faccio sapere che prendo in considerazione tale proposta, ma vorrei pochi giorni di tempo, giacché si tratta, per riflettervi meglio, di cosa di non lieve importanza. Anzi data la possibilità d’incontrarci a Polsi il 21 c. m. lì potremo parlarne meglio.
Fin d’ora vi posso precisare che la mia preferenza sarebbe per S. Giovanni Samio, paese vicino a mio zio, che ha bisogno di tanto in tanto del mio aiuto. Di tutto questo avevo pregato di darvi comunicazione orale il Rev. Can. Elia.
Distinti ossequi
Nota. Missiva di Ernesto Gliozzi il giovane al Cancelliere diocesano Mons. Oppedisano, già ricordato da poco. Nella foto un momento della vita pastorale samese dello stesso Ernesto Gliozzi il giovane.
martedì 6 ottobre 2020
Il Frate [di Francisco Lara Polop - 1990]
Frate Antonio: chi è costui?
Si presenta di buon mattino, come un familiare come uno che conosci da tanto tempo, non ti declina le proprie generalità; ti fa intuire, ma non ti dice lo scopo della sua visita; senza che tu lo inviti, ti annunzia che mangerà con te, dormirà in casa tua; non è letterato, ma ricorda con straordinaria lucidità fatti luoghi e persone; ha ottant’anni suonati, eppure sulla strada non riesci a tenergli il passo; parla con reverenza di padri guardiani e di eccellenze; se lo accogli, ti è grato, se lo scacci non se la prende...
Potresti sospettare di lui, ma le tue apprensioni vengono subito smantellate; qualche giornalista lo direbbe un mattacchione; qualche altro un ingenuo...
Ecco: le sue testimoniali sono in questo album scritto ed illustrate da migliaia di persone di ogni ceto.
Perché tanti hanno voluto testimoniare (a volte senza volerlo o volendo il contrario) stupore ed affetto per lui?
Mi sembra di poter scoprire un simbolo in quest’umile questuante: in un mondo di sofisticatori, di falsari, di violenti, di ribelli l’umanità brama un ritorno alla semplicità, al rispetto, alla verità e vi si aggrappa con tenacia quando crede di poter scoprire questi beni mancanti in una persona, quale che sia.
Anche in questo fraticello si scoprire il disegno di Dio che sceglie le cose deboli e stolte per confondere i forti e i sapienti.
In tal senso, frate Antonio potrebbe essere un segno dei tempi …
Platì, 20-28 sett. 1978 E. Gliozzi il giovane
(sull’album di frate Antonio Faruolo, questuante dell’Istituto orfanotrofio "S. Maria della Vigna" di Pietravairano (Caserta)
sabato 27 giugno 2020
A me la libertà [di René Clair, 1931]
Testo in concorso alla prima edizione del "Premio Letterario E. Gliozzi", 2017
venerdì 19 giugno 2020
Frutto d'estate [di Raymond Bernard, 1955] & H. D. Thoreau
Ggrasciòmulu, deriva dal greco χρυσομηλου, chrysounmelon.
https://ilpaesediplati.blogspot.com/p/dizionario-dei-termini-e-dei-soprannomi.html?fbclid=IwAR069w3w9XYa-Z2RjbopCqCoNo4tcuK6DJLSv9GVC1wjzm3yCFThVW5TcpE
Nessuno può competere con Herbert - Führer - von Karajan
lunedì 15 giugno 2020
La morte sull'alta collina [di Alfredo Medori, 1968]
Platì, 21 marzo
Partendo dalla contrada «angelica» si arriva alla zona dove sorgeva Pandore dopo mezz'ora, di marcia su, per una erta, faticosissima. L'argilloso «lacco» rende i piedi gravosi come piombo
I primi gruppi di macerie appaiono a metà del cammino rivestiti dalle ortiche e dai licheni. Mura divelte, spigoli interi di case capovolte, si susseguono rose dal tempo, e fanno pensare al capriccio terribile di un gigante.
Dalla vetta dell'aspra collina di Pandore si domina una grande distesa di questi ruderi dalle pose più strane e più tragiche.
Unico segno di vita il volo silenzioso di qualche farfalla, lo strisciare cauto di qualche lucertola tra le pietre sconnesse.
Scavata in un'enorme roccia sospesa sull'abisso, una vasca di pietra sembra aspettare ancora di essere adibita alle antiche mansioni della pigiatura dell'uva; la improvvisa catastrofe che seminò la morte tutt’intorno, niente ha potuto contro la sua durezza: Solo è riuscito corroderla il gocciare lento e continuo del tempo.
Quale terrificante spettacolo si offrì ai Pandurioti il giorno in cui la gigantesca frana sconvolse la loro dura ma pacifica vita di contadini? Solo lo scrittore Francesco Perri poteva riuscire a descrivere la scena apocalittica di quel momento.
Ecco cosa si legge in «Emigranti», la sua opera più famosa:
«E' caduta la quercia grande -- disse Varvaro; Ma all'invito angoscioso delle donne che rientrasse e chiudesse la porta, rispose con un mugolio che le fece agghiacciare.
Varvaro guardava. intorno in quella oscurità rotta da un chiarore debolissimo che veniva da dietro le nubi addensate, e non credeva quasi ai suoi occhi. Qualche cosa di misterioso avveniva intorno e pareva cambiasse lentamente la disposizione delie cose; Quel paesaggio che egli conosceva in ogni arbusto, quasi in ogni sasso, nel quale si sarebbe mosso ad occhi chiusi, si trasformava. Un'altra quercia accanto a quella caduta si era inclinata su di un fianco e cigolava sinistramente come una barca sul punto di affondare. E intorno quella altri alberi sembrava s'incurvassero a terra, perdendo la loro disposizione verticale. Di alcuni i rami toccavano il suolo. Una macea che si trovava parallela alla casa ora appariva spostata a sinistra e tutta a gobbe.
… Poiché in quel punto la campagna era tutta sparsa di case e di capanne, si udivano giungere col vento delle voci concitate, delle grida lunghe di spavento, dei pianti, e nel buio si vedevano muoversi luci rossastre come di tizzoni agitati! Poi si cominciarono a udire muggiti, e un abbaio lungo di cani che si rispondono e si eccitavano nella notte da ogni angolo della contrada».
Molto probabilmente il Perri, vissuto a Careri, cioè nella ona più instabile della Calabria, fu testimone di qualche scena se non identica, analoga a quella che descrisse con tanta veridicità. Nel brano che abbiamo citato non c’è infatti nessuna esagerazione; Le «filese», le terribili frane dei nostri paesi, quando si muovono provocano effetti stranissimi e paurosissimi.
Si legge ancora nel Perri, op. cit.:
« … la casa di Varvaro sembrava che camminasse; e si sprofondava: il terreno davanti all'uscio che normalmente era all'altezza della soglia, ora era lì un buon palmo più alto. E intanto il crepitio del letto diventava sempre più frequente... ebbero appena il tempo di varcare la soglia che uno scricchiolio potente investì la casa, e i muri si aprirono come un frutto di melograno troppo pieno di chicchi, ingoiando il tetto.
… la campagna intorno si vedeva assai poco e confusamente. Non si udiva che uno scroscio immenso, confuso di acque e di torrenti in piena e in mezzo a quel rovinio si percepiva qualcosa come un movimento strano della terra, come se si spostasse e venisse trascinata in giù da quel rombo tempestoso, con tutti i suoi alberi, le case, le strade, in un caos finale».
Ora la paurosa frana che distrusse la terra dei Pandurioti si è arrestata; ma le crepe dei muri, divelti o sepolti a mezzo nel terreno, sembrano occhi ancora spalancati sulla visione terrificante del cataclisma che circa un secolo fa segnò l’esodo della vita dalla città di Pandore.
Le foto introduttive fatte nel maggio 1968 sono di Ernesto Gliozzi il giovane, risalgono quando egli curava la Parrocchia di Careri.
La successiva, recentissima, è una cortesia di Caterina figlia di Bruno Trimboli.
giovedì 11 giugno 2020
Death Note [di Adam Wingard, 2017]
Word has been received of the death on June 8. in Plati, Italy, of Mrs. Nunziata Germano, 91, formerly of Mishawaka. She was born on March 25, 1887, and had lived in Mishawaka between 1928 and 1962.
As Nunziata Sergi, she married Anthony Germano in Platì. He died on Oct. 3, 1960. She is survived by two sons, Frank Germano of Mishawaka and Joseph Germano of South Bend, six grandchildren and 10 great-grand-children.
The South Bend Tribune, South Bend, Indiana 12 Jun 1978