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domenica 24 maggio 2015

Amore e guerra (reg. Woody Allen - 1975)

E' lunga questa orazione funebre.  Leggerla per una sola volta non è tempo sprecato, visto come siamo costretti a sentire quelle di oggi, dette da persone che non hanno mai conosciuto i nostri cari.
E' anche storia del paese e del suo coinvolgimento con la Grande Guerra.


                                                                   Ha un fior la vita per la speranza,
                                                                   Ha un fior la morte per l’avvenir.
                                                              G. Prati

Signori,
E pure, mente l’ecatombe immane tinge il mondo di sangue, mentre le giovani vite mietute dalla mitraglia, giacciono insepolti ancora sulle balze del Trentino e del Carso, qui, dove la voce rauca del cannone non schianta i cuori, siamo riuniti ad una mesta cerimonia. La funebre cerimonia, se non è un’inferie di sangue da strappare dei cuori il grido, come dalla belva ferita; è non di meno un contributo di lacrime e di preghiere. Voi certamente non condividerete l’idea anticristiana del “ sacro egoismo “, e se vi stringete in questi giorni, ai petti i panni insanguinati dal dolore, guardate anche compassionevoli a coloro che piangono; a coloro che furono colpiti dalla sventura, sia essa acerba e crudele come quella per un caduto in battaglia, sia essa blanda e confortabile come quella di una madre che serenamente s’invola.
È il dolore che amalgama tutti, che stringe i vincoli dell’affetto; è il dolore che rifulge maggiormente l’idea cristiana, è, insomma intorno alle tombe che si cementano i cuori. E il vostro spontaneo accorrere in questo tempio, parato a lutto, la vostra solidanza nel dolore di un figlio che piange amaramente la madre molto mi danno affidamento; ond’io mi accingo a intessere parole dio lode per Donna Mariantonia Mittiga nata Gliozzi la quale, fra le virtù comuni a tutte le donne cristiane, si ebbe anche quella di amare intensamente, profondamente tutti i suoi parenti da formare in lei come un’esagerazione di amore, il che non è poco.
Il dovere, quindi, di riconoscenza mi lega ad onorare questa donna che come una madre ebbe per me palpiti di tenerezza; il pensiero che se vivesse mio padre mi avrebbe baciato con più affetto per questa azione, mi anima ..e se io arrivassi a convincervi che l’ardenza del suo cuore irradiava anche gli estranei, farei cosa utile anche per voi che mi ascoltate, perché voi sapete, l’esempio è tutto: è la scuola del genere umano. Ah si io vorrei che nelle parentele ci fossero di tali soggetti; ci fossero di queste donne che sentissero la missione di stringere i legami del sangue e si adoperassero a raccogliere intorno a loro tutti i membri della famiglia e del casato da formare un solo tetto, un focolare solo. Io vorrei che le famiglie patriarcali esistessero in questi tempi critici e che il comando di esse fosse affidato a una donna forte, energica e buona come quella che si è dipartita da noi in questo mese.
Ella vide compiuta la sua missione, vide realizzato il suo ideale e si addormentò nel Signore nella tarda età di ottant’anni, benedetta e compianta da quanti la conobbero.
Basterebbe tutto questo per tessere una corona ed ella, passata dalle ombre alla luce, potrebbe essere contenta, perché, alla fine dei conti, a noi tutti è dato di conseguire tanto e noi sappiamo che le giovani querce cadute accanto agli alberi secolari nella foresta, gemono di più  quando l’uragano passa e li schianta.
Ma io credo che qualche cosa di più ci abbia lasciato, se non fosse altro; quell’amore tenero e compassionevole verso i suoi parenti che la faceva soffrire ed inquietare per loro, per la loro salute, per i loro beni. Gioiva delle loro gioie, ne condivideva i dolori, era sempre vigile, anelante per loro e, se non poteva aiutarli, sacrificava tutto, anche se occorresse il sangue delle sue vene. Quest’amore era, come vi dicevo, poc’anzi, qualche cosa di anormale, un’esagerazione, una malattia, delle volte anche incompresa, perché non tutte le malattie dell’anima hanno una facile diagnosi. Ed anche sul letto di morte, dimenticava i suoi dolori per interessarsi di noi che l’assistevamo “ Voglio che stiate sano ”, mi diceva poche ore prima della sua morte, quando, nell’esercizio del ministero sacerdotale, io supplivo il figlio dolorante, “ che stiate sano – mi diceva – e vi ricordiate di me nel Santo Sacrifizio della Messa “. Fu allora che la mia mente corse a Santa Monica, la madre del grande Agostino ed alle parole che la morente rivolgeva al figlio là, sulle rive del Tirreno.
E non è questo pio desiderio che manifesta il suo amore e la sua fede?  Non c’è in queste parole tutta l’anima sua che visse della vita dei sui parenti, vicini e lontani; la manifestazione dell’Ideale per il quale era vissuta e che s’imprometteva di raccogliere i frutti di là della tomba, in un luogo dove “ l’umano spirito si purga e di salire e di salire al ciel diventa degno “?
Ecco l’Ideale!
L’uomo deve proporsi nella vita un fine e a quello tendere costantemente. E quando questo ideale è santo, quando al conseguimento di esso si uniscono tutte le forze della mente e delle braccia e si arriva a raggiungerlo … oh allora è grande la soddisfazione che si sente: è una soddisfazione divina. Che se poi ostacoli insormontabili si superano e si arriva stanchi, affaticati, sanguinati ad occupare la meta, anche gli astanti allora applaudiscono a l’eroe, egli è un grande che merita tutto quanto l’entusiasmo e la lode.
Quante virtù domestiche ed ignorate rassomigliano a questo genere di eroismo, che se si potessero raccontare tutte, non ci sarebbe bisogno di mendicare nei libri un po’ d’entusiasmo per solleticare gli animi nell’apatia della vita.
Donna Mariantonia Gliozzi, uscita dalla casa paterna in cui con mano assidua era stata educata come un fiore di bellezza e di virtù, uscita, dico, per cominciare la vita coniugale, cullava il più bello ideale; quello di avere un figlio e di farlo prete. Dio aveva stabilito intanto che ella non avesse altri figli maschi se non il primogenito. Non importa! Pensa che questo figlio l’aveva promesso a Dio, che dovrebbe vederlo salire l’altare ed assisterla poi sul letto di morte … ed oltre tomba. Oggi il figlio, come vedete, scioglie l’ultimo voto della genitrice.
Ma per giungere a questa meta, quanti sacrifizii superati, quante vittorie oscure!
Non è questo il luogo né il momento che io debba ricordare di che genere fossero i patimenti, le strettezze, le contraddizioni e le noie che si opponevano a questo ideale; non si contano le giornate d’ansie, le fatiche, gli ostacoli … ed il sogghigno dell’invidia, le vendette dei patenti, i castighi della miseria.  Basta!
Con fermezza volle, sempre volle, fortissimamente volle e finalmente vide salire l’altare il Novello Unto del Signore. Il suo desiderio era appagato!
Oh chi può dire la gioia di una madre che vede il figlio, ministro dell’Altissimo, messo in alto, sull’altare, tra i ceri fiammanti e l’incenso odoroso, che stende la mano per chiamare la Divinità sulla terra e sulle teste abbassate e i cuori commossi dispensa celestiali benedizioni? E questa gioia divina la ricompensò largamente dei passati travagli, si vide rispettata, amata, venerata da tutto un popolo riconoscente e buono e si raccolse in se stessa per aspettare la fine. La fine giunse in questi orribili tempi che misero, ancora una volta, l’assenzio dentro il suo cuore. Contristata dal pensiero della guerra, l’ansie indicibili dei parenti richiamati, il pericolo della partenza imminente del figlio; tutto un cumulo di timori, affrettarono la catastrofe; sebbene a scongiurarla ancora il figlio non lasciasse mezzo intentato e la morente si rivolse a noi con pietoso affetto, implorando la carità di un ricordo.
La tomba è santa, è cosa che non si nega a chi muor.
Che se poi è vero come non dubito, che la religione del Nazareno è la religione dei sepolcri, come quella che è nata tra le tombe  le tombe infiora con speranza, se è vero, dico, che i viventi si affacciano sulle tombe per accompagnare le anime di là coi suffraggi delle preghiere e dei voti; io credo che Donna Mariantonia Gliozzi si sia molto bene regolata nella vita, facendo il figlio prete, come colui, come colui che dovesse rischiararle il cammino d’oltre tomba, quando dall’altare, offrendo l’Eterna Vittima di espiazione, la prega che conceda alla madre sua “ la luce perpetua, l’eterna pace “.
Oh, si riposa in pace e ti sia lieve la terra che ti ricopre. A te che per l’Ideale combattesti e vincesti; a te sorrida l’Eterno Ideale Dio, che è il premio dei buoni, la luce delle anime, la meta verso cui cammina fidente lo stuolo innumerevole di tutte le creature vive. Salve!
                                                                                              Sac: E Gliozzi sen.
Platì 5 – 3 - 1917

Donna Mariantonia Mittiga nata Gliozzi - sposò Mittiga Nicola e furono i genitori dell’arciprete Francesco, di Giovanna e Angiolamaria, 
Fu zia di Francesco Gliozzi padre di zia Serafina e zio Ernesto sen. e quindi di nonno Luigi

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