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mercoledì 19 novembre 2025

Verso il sole - Miniserie In Progress - Il Sole: Giuseppe, Mario e Bruno



Parto trigemino

a Cirella di Platì 

Locri, 4 maggio

 (f.t) - In Cirella di Platì la casalinga Franca Polito di Rocco, di 27 anni, ha dato alla luce, assistita amorevolmente dal sanitario dott. Bruno Luscrì, tre maschietti ai quali sono stati imposti i nomi rispettivamente Giuseppe. Mario e Bruno.
 L’ultimo, nato un giorno dopo i primi due, ha avuto imposto il nome del medico, in segno di gratitudine per gli sforzi da questi compiuti onde farlo sopravvivere.
 Puerpera e neonati godono ottima salute.
GAZZETTA DEL SUD 5 MAGGIO 1956
(f.t) Francesco Tedesco


La foto in apertura, rubata sul web e adattata, è di fatto esplicativa, non avendo continuità col testo che segue. 









 

venerdì 14 novembre 2025

Verso il sole - Miniserie In Progress - Nuova Stagione - secondo episodio



GLI UOMINI RESPONSABILI NON POSSONO RIMANERE OLTRE INSENSIBILI

A Cirella di Platì una popolazione di 2500  anime
attende la strada che unisca al resto del mondo

Otto ore di impervio e duro cammino attraverso una pista appena segnata, fra rocce, burroni e torrenti in piena - questo il calvario della laboriosa gente di Cirella: molti - feriti o ammalati - sono qui morti mentre in barella venivano trasportati all’ospedale di Locri

NOSTRO SERVIZIO

    Cirella di Platì, 28 marzo

 Gli uomini mortificati dalla miseria di secoli attendono che si realizzi per loro la giustizia sociale.
  Raggiungere Cirella, la frazione di Platì, non è facile, soltanto in una giornata di sereno abbiamo potuto tentare l’impresa, infatti lasciato l’automezzo sulla sponda sinistra del Condoianni, guadati i torrenti «Fiumara di Cirella» e «Gelsi Bianchi» si può arrancare, attraverso una pista appena segnata, che spesso scompare per poi riapparire e si sale a 270 metri sul livello del mare, che argentato di ulivi si scorge infinito laggiù grigio - viola, mentre agglomerati di case i tanti paesini disseminati della dorsale dell’Aspromonte sembrano una manciata di ciottolini.
 La buona gente di Cirella, circa 2500 abitanti, ci accoglie con simpatia, esternandoci la sua gratitudine per la decisa azione intrapresa dal nostro Giornale (l’unico quotidiano che viene letto quivi, nei giorni in cui Z0. furia dei torrenti consente l’arrivo della corrispondenza), in difesa del diritto dei cirellesi alla strada che li unisca al consorzio umano e per richiamare gli uomini responsabili della rinata democrazia italiana, che, in nome della giustizia, si sono impegnati di cancellare un passato di vergogna, a mantenere fede al loro impegno.
 Noi non intendiamo trarre dalla miseria e dal dolore alimento onde rinfocolare odii o farne puntelli ad un protervo proposito di sovversione, perché l’odio e il sangue non costruiscono; ma invochiamo il bisturi risanatore, che elimini ogni bruttura e chiediamo che venga incominciata l’opera costruttiva che redima gli uomini mortificati dalla miseria di secoli, realizzi la giustizia sociale e consenta alla personalità umana di prendere coscienza di se e di svilupparsi liberamente. Bisogna visitarle le abitazioni della gente di Cirella: mura fradice, tuguri senza luce, senza il segno di ogni più elementare servizio igienico. Né le provvidenze destinate dal Governo per gli alluvionati (Cirella fu uno di centri maggiormente colpiti dalle alluvioni del 1951 e del 1953) hanno fatto sorgere linde palazzine: ma soltanto delle baracche, che non rispondono assolutamente alle esigenze dei cirellesi, per i motivi già evidenziati in un nostro servizio apparso nell’estate scorsa.
 L’insegnante Marzano, che tanto si prodiga per la redenzione della Frazione, loco natio di una schiera di professionisti emeriti, i quali hanno ben meritato dalla Patria in pace e in guerra, ci illustra il calvario della sua gente, cosparso da molte croci purtroppo: Antonio Carbone venne travolto dai gorghi del Condoianni, che disperatamente cercava di guadare Maria Bova una olezzante giovinezza di 22 anni stava per dare alla luce un bimbo, quando si presentò la necessità di essere sottoposta ad intervento chirurgico. La poveretta spirò la sua anima anelante ad una serena maternità mentre in barella per impervie rocce, per spaventosi burroni, attraverso torrenti in piena, veniva trasportata all’irraggiungibile ospedale di Locri; Domenico Varacalli affogò nel torrente Cirella, colto dalla piena improvvisa; Antonio Raco, feritosi accidentalmente ad una gamba, giunse all’ospedale dissanguato. Intanto i tecnici studiano, la Cassa del Mezzogiorno stanzia 170 milioni; ma della strada nessuna traccia.
 La popolazione si fa sui «mignani» e si urla «la strada!» L’urlo echeggia tristamente e nell’animo di tutti quei poveretti sorrideva, fra le angosce presenti, la speranza che, avendo noi vista la loro miseria, ce ne saremmo fatta sui giornali, al fine di scuotere l’indifferenza delle autorità. Povera magnifica gente di Cirella! essa ignora tutto il complicato linguaggio burocraticonostro!
 Purtroppo, amici di Cirella, il giornalista non può redigere con due articoli di legge il rimedio opportuno. Il giornale può - come Fausto – cogliere l’attimo fuggente; ma non può un articolo di giornale rimediare i vostri mali. Né la strada che secondo i tecnici della Amministrazione provinciale, doveva congiungere Cirella, doveva congiungere Ciminà – S. Ilario – SS. 106, risolverebbe il problema e perché questa snodandosi sulla sponda sinistra del Torrente Condoianni, allontanerebbe la popolazione dal suo sbocco naturale ch’é la provinciale Bombile-Ardore, capoluogo del Mandamento, di cui fa parte e perché verrebbero cosi definitivamente tagliate fuori da ogni via di comunicazione gli abitanti delle popolose contrade Lauro, Gioppo e Illiciuso nonché del borgo Potito di Ardore.
 I tecnici obbiettano che costruire la strada seguendo la riva destra del Condoianni implicherebbe opere di arginatura anche a sinistra, perché la corrente infrenata da un versante eserciterebbe un’azione di corrosione sull’altro. E con ciò? Il benessere di una popolazione può essere precluso dalla difficoltà di procedere alla costruzione di qualche opera d’arte (un ponte sul Vallone Palombaro, qualche ponticello dall’estensione di uno due chilometri e delle dighe necessarie per garantire il nastro stradale da eventuali inondazioni da acque e ondate del fiume.
 Del resto la bonifica montana e valliva del Condoianni non costituisce un problema che richiede un’urgente soluzione? Rimboschimento, regolarizzazione del corso di acqua, costruzione di strade rotabili, di strade vicinali e campestri, una più efficiente articolazione della vita sociale nella campagna non sono le premesse essenziali, onde realizzare l’auspicata conversione da uno stato di miseria a quello di «favore»? Perciò chi si attende ad operare? 
 I termini del problema sono ormai chiari: la strada si deve aprire e secondo i desideri dei cirellesi, essa deve congiungere la frazione a Bombile, attraverso Lauro, Gioppo, Illiciuso e Potito di Ardore.
E noi lasciamo Cirella con l'augurio di potervi ritornare per assistere alla cerimonia del taglio del nastro tricolore - simbolo della solidarietà della Patria, che con il sacrificio ed il lavoro dei figli avrà compiuto questa opera di redenzione – all’imbocco della strada strumento di vita e di prosperità per i laboriosi cirellesi. Allora si potrà da loro pretendere che adempiano i loro doveri di uomini e di cittadini.
 Ci allontaniamo: una solitudine attonita e silenziosa ci prende, a bisdosso di un asinello, che bilancia sulla soma fasci di frasche e sarmenti un vecchietto torna alla sua parca mensa e vedendoci ci guarda con stupore e poi ci grida: «La Strada!»
 Francesco Tedesco
GAZZETTA DEL SUD 29 marzo 1956 


Con una spinta più emotiva Francesco Tedesco si sarebbe potuto avvicinare alla scrittura vigorosa di Umberto Zanotti Bianco.








 

domenica 9 novembre 2025

Verso il sole - Miniserie In Progress - Nuova Stagione

 UN ASSILLANTE PROBLEMA
La popolazione di Cirella
reclama ancora la strada
Da ieri mattina i laboriosi abitanti della frazione sono in sciopero per
protesta contro le autorità che non hanno realizzato la loro aspirazione
 
  Locri, 17 febbraio
 
 (F.T.) Gli abitanti di Cirella, la popolosa frazione di Platì, da cui dista 7 km. di mulattiera, è da stamani in sciopero, uno sciopero compatto, disciplinato, senza sfondo politico, uno stato d’animo una espressione insoffocabile [sic] che si manifesta e si espande in una attesa che guai se dovesse andare delusa.
 La gente, la buona e laboriosa gente di Cirella chiede la strada che la unisca al consorzio degli altri paesi, reclama la strada che la colleghi a Bombile di Ardore, e quindi, alla statale 106.
 Da queste colonne abbiamo sostenuto vibratamente con diversi servizi che l’autorizzazione alla esecuzione della strada Cirella-Bombile e un problema, di giustizia verso quella popolazione povera nel complesso, tagliata fuori da ogni via di comunicazione.
 I parlamentari interessati hanno promesso, sono stati fatti progetti sono state eseguite planimetrie, ma la strada non è stata fin qui realizzata. Sappiamo che non c’è nulla di più mortificante della denegata giustizia e un atto di palese ingiustizia appare la mancata costruzione della invocata strada. 
GAZZETTA DEL SUD 18 FEBBRAIO 1956
 

VOGLIONO UNA STRADA

Totale lo sciopero a Cirella di Platì
Ieri mattina anche i piccoli delle scuole elementari hanno disertato le aule

 Locri, 18 febbraio

 (F.T.) Lo sciopero a Cirella di Plati continua massiccio ed anche i piccoli delle scuole elementari hanno disertato stamane le aule; la popolazione ordinata e disciplinata ha incrociato le braccia decisa a non deflettere dall’atteggiamento assunto, fin quando non avrà ottenuto la strada che la unisca al consorzio umano.

 Se – come abbiamo in altre occasioni rilevato – onde giudicare il grado di civiltà di un popolo è quello che si riferisce alla rete stradale, a quale progresso può essere destinata una intera popolazione la cui ansia verso il miglioramento di vita non può essere delusa senza sortire un effetto negativo nell’interesse della democrazia, al servizio dello Stato.
 L’atmosfera che regna a Cirella è carica di attesa, nel desiderio unanime e concorde che un domani possa. apportare a quegli abitanti a posto delle lacrime versate un poco di gioia ne! compiacimento per le opere realizzate.
GAZZETTA DEL SUD 20 febbraio 1956

 


Continua lo sciopero

a Cirella di Platì

Locri, 24 febbraio

 (F. T.) —— Continua lo sciopero a Cirella di Plati dove tutta 1la popolazione si astiene ormai da oltre una settimana da ogni attività lavorativa. Anche gli armenti e le mandrie sono abbandonati al loro destino.

 Da informazioni pervenuteci pare che per domani, venerdì sia stata fissata una riunione nella prefettura di Reggie Calabria ove converranno il Sindaco di Platì e rappresentanti del I comitato di agitazione della frazione.  
 E’ auspicabile che si trovi una soluzione all’increscioso problema che   affligge la meravigliosa povera gente cirellese.
GAZZETTA DEL SUD 25 febbraio 1956

PER LA MANCATA COSTRUZIONE DELLA STRADA

Si asterranno dal voto
gli abitanti di Cirella
Non hanno designato i sei candidati
al consiglio del comune capoluogo 

 Locri, 28 aprile

 (F. T.) -  Si apprende che gli abitanti di Cirella, frazione di oltre duemila, abitanti del comune di Platì, da cui dista sette chilometri ed al quale è collegata attraverso un sentiero accessibile soltanto alle bestie da soma, non hanno designate i sei candidati, quale loro rappresentanza. separata in seno al consiglio del Comune capoluogo, ad sensi dell’articolo 27 bis della legge 23 marzo 1956 n. 136, in segno di protesta per la mancata realizzazione dell’invocata carrozzabile che unisca la frazione stessa a Bombile, e quindi alla strada statale 106.

 Come si ricorderà in occasione di precedenti consultazioni elettorali quella popolazione mite e laboriosa, ma stanca di vedersi negletta, si astenne dall’-andare alle urne.
 In quell’occasione votarono soltanto il presidente del seggio e gli scrutatori.
GAZZETTA DEL SUD 29 APRILE 1956

(F. T.) Francesco Tedesco

Francesco Tedesco è stato corrispondente della Gazzetta del Sud negli anni cinquanta-sessanta del secolo della bomba nucleare che rase al suolo le città e gli abitanti di Hiroshima e Nagasaki pubblicando cronache e servizi speciali dalla locride. 


 

 

 

 

 

 

 

 



 

mercoledì 5 novembre 2025

Verso il sole - Il Prequel

Quanti sono a poter contemplare la morte in faccia. Kiju Yoshida*, 1962



NON SI LASCIANO 2200 VITE UMANE SEPARATE DAL RESTO DEL MONDO
Ancora una vittima a Cirella
per la mancanza di una strada
Antonio Raco, feritosi accidentalmente ad una gamba e trasportato a spalla da un gruppo di giovani. Che per circa tre ore hanno lottato contro il fango è morto per dissanguamento appena giunto a Locri

 Cirella di Platì, 7 febbraio
(F. T.) – È ancora vivo nella mente dei 2200 abitanti di Cirella il ricordo delle strazianti grida della madre del giovane Antonio Raco fu Bruno, che mise tutti in allarme quando si vide portare a casa, quasi esangue, il giovane figlio. Poco prima infatti, quest’ultimo si trovava in una sua proprietà, a circa 4 Km. Dall’abitato, quando si feriva accidentalmente con un colpo di fucile alla regione femorale, recidendosi completamente l’arteria omonima. Alle grida di aiuto del giovane accorreva un suo cugino, che, strappatosi la camicia, tamponava con essa la vasta ferita, da cui tanto sangue era sgorgato, legandola poi con la cinghia dei pantaloni.
 La legatura ed il tamponamento della ferita, operate magistralmente da quel povero contadino di montagna federo sperare al medico subito accorso, che ci sarebbe stato il tempo sufficiente per far giungere all’Ospedale più vicino (Locri) il povero Tonio, dove la sutura ed una larga trasfusione di sangue gli avrebbero ridato la vita.
 Così dopo aver iniettato un emostatico seguito da un’ipodermoclisi, una ventina di giovani volontari, munitesi di stivali di gomma si caricarono sulle spalle il doloroso carico. Il pianto e l’augurio plebiscitario di un’imponente folla e l’assistenza del medico dr. Antonio Lucà, incurante del pericolo si esponeva accompagnarono il ferito nel viaggio che non doveva avere più ritorno.
 Da diversi giorni l’acqua torrenziale aveva travolto o reso pericolanti le passarelle che uniscono 2200 uomini al resto del mondo. I torrenti erano ancora in piena. Con disperato coraggio nella speranza di poter strappare alla morte una giovane vita, lottando contro il fango e l’impeto dei torrenti «Cirella» e «Gelsi Bianchi» attraversati a guado e con l’acqua alla cintola, camminando faticosamente lungo la strettissima, ciottolosa strada mulattiera, quei volenterosi raggiunsero la località Siena a sei Km. da Cirella. Cui una macchina, avvertita in tempo da un altro celerissimo giovane, attendeva per trasportare il morente al luogo della salvezza.
 Intanto erano passate circa tre ore. Il viaggio strapazzoso attraverso torrenti ed impraticabili sentieri, la grande quantità di sangue perduto avevano impresso sul volto del Raco i segni della morte; gli occhi erano vitrei ed il polso appena percettibile. A nulla valse la sfrenata corsa della macchina per coprire i restanti21 km., perché sulla porta dell’ospedale il giovane esalò l’ultimo respiro nelle braccia degli addolorati parenti.
 Questa è la terza vittima cirellese che nel giro di pochi anni va ad aumentare le file dei caduti per la incomprensione e per la barbarie del genere umano, sordo a tutte le sacrosante e reiterate richieste dei cirellesi per avere una strada. «Il sazio non crede al digiuno» dice un antico proverbio, ed i proverbi sono la sapienza dei secoli; e così mentre le Autorità dormono Cirella muore. È bene che le Autorità sappiano che la morte di Antonio Raco non è lutto di famiglia ma lutto cittadino a Cirella perché tutti qui sanno che la medesima sciagura potrebbe succedere in ogni momento a ciascuno di essi.
 Cirella, che ha dato sempre uomini retti e soldati eroici, ha una sua prerogativa; soffre e muore in silenzio, ma ricorda sia il bene che il male ricevuti, e quindi l’amore e l'odio vengono tramandati di padre in figlio. Non è giusto che oggi 2200 essere umani domani chi sa quanti, odino il Governo e la Società tutta, perché essi pensano che il Governo e la Società li costringono a morire così abbandonati.
 Ai funerali di Antonio non ci saranno solo preghiere di eterno riposo, ma ci sarà anche un’intima segreta promessa di eterno ricordo per tutti coloro che perirono per lo abbandono in cui è Cirella.
 Per questo laborioso popolo non è morto Antonio Carbone travolto dalle acque del Condoianni; non è morta la giovane gestante ventunenne Romeo Maria in Bova, che cessò di vivere assieme alla sua creatura che non poteva dare alla luce, su di una barella lungo il viaggio per l’ospedale; non è morto il ventitreenne Antonio Raco che perdette la vita per mancanza di un mezzo celere; anzi per i cirellesi queste morti sono i martiri di una lotta impari che da decenni combattono contro le cattive volontà, gli inciampi burocratici che dolorosamente ed incivilmente si interpongono perché Cirella abbia la sua strada.
GAZZETTA DEL SUD 8 Febbraio 1956
(F. T.) Francesco Tedesco 

*Kiju Yoshida, anche Yoshishige Yoshida (1933 - 2022), è stato un regista nipponico più noto per i suoi lavori sperimentali, con toni a volte surreali, realizzati sul finire degli anni sessanta del secolo della bomba atomica, tutti con protagonista Mariko Okada.

giovedì 30 ottobre 2025

Verso il sole - Miniserie In Progress pt. 2


LA POPOLAZIONE DEL LUOGO ATTENDE FIDUCIOSA

A quando il collegamento
Cirella di Platì-Bombile?

Sembra che il Prefetto voglia interessarsi in modo
concreto per la soluzione dell’annoso problema

                                                                                                      Locri, 13 Aprile

(f. t.) -- Torniamo volentieri sulla tormentata e tormentosa questione della realizzazione di un collegamento stradale tra l’abbandonata frazione di Cirella di Platì e Bombile, interpreti delle delusioni, delle sofferenze, della incapacità di assuefarsi alle ingiustizie degli uomini di quella magnifica gente e vi torniamo esclusivamente in segno di doverosa solidarietà nel diritto ad esigere dai Cirellesi quel tanto che lo stato ha il dovere di dare a tutti quelli, da cui si pretende compiano il proprio dovere di cittadini.
Questa volta, e lo sottolineiamo con viva soddisfazione, sempre che le informazioni in nostro possesso rispondano al vero, pare che il Pretetto dr. Rizzo, che si era mostrato tanto sensibile alle richieste avanzate dal Comitato di agitazione della Frazione, allorché lo ricevette alla presenza dei tecnici della Amministrazione provinciale, voglia, decisamente operare in senso concreto, perché la strada venga aperta, secondo il tracciato più rispondente alla bisogna degli abitanti di Cirella e degli agglomerati di Illiciuso, Lauro, Gioppo e Potito e, a tal fine, avrebbe assicurato di recarvisi personalmente.
Potrà così il Capo della Provincia scoprire fra quella gente tanti motivi di dolore, di pieta e di tristezza da rappresentare autorevolmente ai Ministri competenti.

GAZZETTA DEL SUD, 16 Aprile 1956                
f. t. Francesco Tedesco                                                        

martedì 28 ottobre 2025

Verso il sole [Michael Cimino, 1996] Miniserie In Progress


INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
Il problema della strada
Cirella di Platì – Bombile
Locri, 7 aprile
(f. t.) - In riflesso al malcontento che regna fra la popolazione di Cirella, frazione del Comune di Plati, per la mancata costruzione della strada che dovrebbe unire quel centro abitato con il consorzio umano, l’on. Minasi* ha presentato la seguente interrogazione:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro Presidente del Comitato dei Ministri per la Cassa del Mezzogiorno ed il Ministro dei LL. PP., al fine di conoscere se intendano dare una definitiva soluzione al problema della strada che congiunga Cirella di Plati - frazione di o1tre 2000 abitanti — alla frazione Bombile di Ardore e per essa, agli altri centri abitati della zona.
La popolazione di Cirella da tempo ebbe a lamentare, e talvolta a protestare in forma, sempre unanime, il suo stato di secolare abbandono, aggravato dolorosamente dall’isolamento a cui resta condannata.
In atto vi è fra quella popolazione una viva agitazione» a causa delle delusioni patite, in seguito ad assicurazioni elettoralistiche ed ai tentativi mancati da parte dei competenti ministeri di dare una soluzione a quel problema».
L’interrogante ha chiesto risposta scritta.
GAZZETTA DEL SUD 8 Aprile 1956

f. t. Francesco Tedesco

*Rocco Minasi (1910 - 1994) è stato un parlamentare calabrese attivo tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo trascorso.
 

 





 

giovedì 12 settembre 2024

Soft Cell, Say Hello, Wave Goodbye

Take your hands Off me, please I don't belong to you, you see


 

venerdì 28 aprile 2023

Prigioniero del male [di Willis Goldbeck - 1950]

 Piano dello Zillastro, 4- 8 settembre 1943

Luigi stava sudando copiosamente. Scarpinava da ore. Il 185° Reggimento Divisione Nembo aveva appena lasciato alle spalle Bagaladi e San Lorenzo, dopo un estenuante combattimento contro gli Alleati sbarcati in Calabria. Erano stati chiamati a sostegno del 502° battaglione, dislocato sulle coste, ma gli Alleati erano numericamente superiori. Gli altri battaglioni dei paracadutisti, il II e l'XI, erano stati costretti a battere in ritirata verso il nord della regione, mentre l’VIII, cui faceva parte guidato dal capitano Conati, stava ripiegando sull'impervio dorsale dell'Aspromonte.
Da diverse notti dormivano all'addiaccio, sotto un’insistente pioggia che stava cadendo fitta sulle montagne, rendendo viscido il percorso sui tratturi. Dopo tre giorni di dura marcia, i paracadutisti attraversarono l’ultimo tratto che univa Platì a Oppido Mamertina, tallonati senza tregua dal Reggimento New Scotland e dal Reggimento Edmond.
Sul finire di quel terzo giorno il reparto raggiunse il Piano dello Zillastro, e bivaccò nella faggeta Matrogianni, ignari che alle loro spalle i nemici ii avevano preceduti e si erano accampati nello stesso luogo.
All'alba dell'8 settembre, al grido di incitamento del capitano Conati all'attacco Nembo, quattrocento parà italiani contro cinquemila anglo-canadesi si scontrarono senza tregua. Luigi e i suoi compagni combatterono fino all'esaurimento delle munizioni, poi la lotta si tramutò in un corpo a corpo con i nemici.
II capitano Conati cadde prigioniero nelle mani degli alleati. Tra i fanti italiani ci fu un memento di disorientamento, ma il capitano Diaz, subentrato al comando dei paracadutisti e uno dei pochi superstiti del battaglione, prese in mano la situazione e la battaglia prosegui fino all'indomani.
Tuttavia la capitolazione italiana fu definitiva. I superstiti dell’VIII battaglione si ritirarono a Platì, sede del Comando di Reggimento, dove appresero, con sgomento e incredulità, che l’Italia aveva firmato l’armistizio con gli alleati da ormai cinque giorni. Il governo italiano era passato dall'altra parte, senza che loro avessero subodorato nulla!
Luigi fu uno dei pochissimi sopravvissuti della battaglia sullo Zillastro. Ferito al braccio, da cui perdeva sangue copiosamente, aveva perso conoscenza. Una circostanza fortunata. Gli anglo-canadesi lo avevano creduto morto e l’avevano lasciato lì a sanguinare nella faggeta Mastrogianni.
Quando si riprese, il buio ammantava ogni cosa e neanche lo spicchio di luna in un cielo stellato riusciva a penetrare tra il fitto folto degli alberi. Luigi fu travolto da un dolore immane, profondo, che lacerò la sua anima. Avverti un senso di disorientamento che gli annebbiò la mente, la capacità di prendere decisioni.
Che cosa doveva fare, ora? Luigi fu conscio che d'ora in poi la sua salvezza dipendeva dalla capacità di fuggire tra quei monti ostili e non farsi catturare dai nemici.
Abbozzò un piano di fuga. Guardò su in cielo. Tra la Costellazione dell’Orsa Maggiore e Cassiopea individuò la Stella Polare. Cautamente, con il favore del buio e strisciando tra gli alberi, guardandosi continuamente alle spalle, tagliò per il Nord. Doveva raggiungere Platì.
All'alba del mattino successivo, sfinito dalla stanchezza, mentre stava percorrendo l'ultimo tratto del dorsale dell’Aspromonte, in prossimità di Platì, incrociò un contingente della 26° Divisione Panzergranedier, in ritirata verso settentrione. Credendoli amici Luigi diede le sue credenziali, ma la loro immediata reazione lo lasciò perplesso.
I tedeschi, rabbiosi e infuriati, gli puntarono contro i fucili. «Traditore.» Senti dire da uno dei soldati tedeschi, il viso contorto da un’espressione di evidente disprezzo misto a odio. Luigi trasecolò. Non aveva la minima idea di cosa parlasse quel tedesco.
«Voi italiani avete firmato l’armistizio con gli Alleati. Ci avete tradito!» Gli fu rudemente spiegato da un ufficiale.
Luigi non ebbe il tempo cli capacitarsi del cambiamento cli rotta da parte del suo stesso Governo che un colpo secco del calcio cli un fucile colpi la sua tempia, tramortendolo gravemente. Luigi perse i sensi. Quando rinvenne, alcune ore dopo, realizzò con orrore di essere un prigioniero.
Una sottile forma cli paura e terrore serpeggiò dentro cli lui. Per la prima volta nella sua vita sperimentò sulla propria pelle l’umiliazione, l’insulto, la denigrazione, ma nulla, tuttavia, a confronto cli quello che avrebbe provato negli anni a venire.
La Divisione Tedesca marciò per giorni, fino a ricongiungersi con altri contingenti verso Taranto. Da qui Luigi fu caricato su un carro bestiame, pigiato, schiacciato insieme con altri deportati italiani rastrellati in vari campi di battaglia.
Per Luigi iniziò una lunga, lenta e penosa marcia verso le terre fredde. Un calvario che durò trenta giorni, dove molti suoi connazionali persero ignominiosamente la vita per inedia. Il carro merci sostò in diverse località, anche per giorni interi. Ai deportati fu negata ogni parvenza di dignità umana, privati di cibo e acqua, senza alcuna possibilità di respirare aria fresca o di espletare i propri bisogni fisiologici.
A fine settembre la tradotta tedesca giunse nel primo campo di smistamento. Qui, nel Durchgangslagen-Dulag, il fante Luigi Colinni perse la sua identità. Fu schedato e identificato con il numero 54367. Poi i prigionieri furono fatti risalire nuovamente sui carri merci, smistati verso i campi di internamento dislocati nei territori occupati dalla Germania, Francia e Polonia.
Ai primi di ottobre Luigi giunse nello Stalag III (Kriegsgefangenfager), situato ad Alt Drewizt, quartiere periferico di Kustrin a cento chilometri da Berlino, dove gli fu riferito, non senza una nota di disprezzo, che era un IMI, acronimo di Itaiianesche Militar Internierte. Su richiesta del Fuhrer, Keitel, capo del comando supremo della Wermacht, i prigionieri italiani sarebbero stati considerati, da quel momento in poi, internati militari italiani e privati, dunque, dei diritti sanciti dalla Convenzione di Ginevra del 1929. E pure con il beneplacito di Mussolini.
Tuttavia venne offerto loro una via d'uscita. Alcuni giorni dopo il suo arrivo al campo, Luigi, insieme ad altri prigionieri, fu convocato da un certo Anfuso, ambasciatore italiano di Berlino, per conto cli Mussolini. Gli fu chiesto di arruolarsi nell’esercito della nascente Repubblica di Salò, in cambio di cibo e di uno stipendio. L'offerta era allettante.
Luigi fu tentato dalla prospettiva di poter uscire incolume da quel luogo orribile, di ritornare dalla sua Anna, la sua ancora di salvezza, terraferma stabile in cui ormeggiare la barca e tenerla lontana dalle onde trascinanti della follia e dalle brutture di quel lager. Poi il suo pensiero corse ai suoi amici cli battaglia, uccisi sul Piano dello Zillastro.
No, meglio rifiutare l’ignominia, l’infamia; meglio morire che essere disprezzato per codardia, meglio la fame, il freddo, i pidocchi, che tradire i suoi connazionali deportati insieme con lui in quello che era l'ultimo pesto dimenticato da Dio.
Il suo rifiuto gli costò le peggiori umiliazioni. Le guardie tedesche non posero limite alia crudeltà, alle perversità, alle torture. Gli appelli, le Appellplatz, del mattino e della sera erano massacranti. In piedi per ore, sotto la pioggia, le gelide sterzate del vento e la fitta neve, i prigionieri tremavano al freddo gelido. E la paura. Si insinuava nelle viscere, quando un medico tedesco decretava la fine di una vita. Guai a chi cadeva sette il brutto tiro della malattia, guai a chi si rivelava poco produttivo nel campo di lavoro, guai a chi rallentava la produzione! E allora l'essere bollato come inabile al lavoro, era una sicura condanna a morte.
Due mesi dopo Luigi fu mandate in un Arbeftskommando, nei pressi di Berlino, e utilizzato nello sgombero delle macerie degli edifici distrutti dai bombardamenti delle truppe alleate. Luigi divenne uno dei tanti invisibili sklaven di Hitler, uno stucken, une schiavo, partorito dall‘idea del machiavellico Spazt, primo Ministro degli Armamenti, che propose l’utilizzo della manodopera degli internati italiani nelle industrie belliche a costo zero. Successivamente Luigi fu trasferito in una fabbrica belligerante e costretto a lavorare dodici, quattordici ore, ininterrottamente, frustrato, dalle crudeli SS, con inaudita violenza a ogni cenno di stanchezza. E il tutto per una ridicola e offensiva carta moneta, la Kriegsgefangeneng Lagergeld, che era buona solo per uno scambio di merce inutile spendibile all’interno del campo. Lo scambio di merce inutile spendibile all’interno del campo. Le razioni del cibo, ridotte al minimo, non erano che una sporca brodaglia con qualche rimasuglio di rapa marcia.
«Tieni, falla durare almeno una settimana!» Sbraitava il sorvegliante con una grassa risata, lanciando quello che sembrava essere un tozzo di pane raffermo e ammuffito.
Alla fame si aggiunsero la sporcizia, i pidocchi, le cimici, la difterite, la gastroenterite, la tubercolosi.
Era quello che i tedeschi definivano la strategia di annientamento dell’essere umano, fortemente auspicata da Hitler.
Ben presto il processo di annullamento colpi inesorabilmente e senza pietà Luigi Colinni, che diventò l’ombra di sé stesso.
Patrizia Orato, La notte dei sospetti, 2018

giovedì 8 settembre 2022

Sete [di Ingmar Bergman - 1949]



UN PAESE COMPLETAMENTE ABBANDONATO
A Senoli di Platì mancano tutti i “comforts” moderni
La popolazione vive in uno stato di miseria –
Difettano acqua, strade, luce, servizi sanitari e igienici
 
Natile Nuovo, 25 luglio
Senoli, frazione di Platì, consta di circa 200 abitanti, pari, ad un numero di quasi 30 famiglie, in gran parte dedite all'agricoltura ed alla pastorizia, che non sanno se considerarsi cittadini italiani, esseri appartenenti ad una Patria comune poiché vivono in condizioni primitive e pietose, in uno stato di vita sacrificata e difficile resa tale dalla mancata risoluzione dei principali e più urgenti problemi che attanagliano la loro esistenza ponendola al difuori dei limiti del mondo e del vivere civile.
A Senoli manca tutto: acqua, strada, luce elettrica, scuole, servizio sanitario, servizio postale, un problema più urgente dell'altro, necessità, sentite e che sono di complemento alla vita.
L’acqua, in primo luogo, costituisce la principale esigenza. Ci è ancora presente il triste spettacolo cui abbiamo assistito: abbiamo visto cittadini senolesi attingere il prezioso liquido a pozzi, ruscelli e sorgenti inquinati, ricettacolo d'ogni sorta di microbi, d'aver noi stessi, costretti dall'arsura, bevuto acqua di calce e di gesso a spontanee sorgenti, non senza una mossa di disgusto per l’assoluta impotabilità, di quell'acqua, dovuta soprattutto alla mancanza di iodio in essa. L’essere stati costretti in passato e l’essere ancora costretti a deporre le labbra arse dalla calura estiva su un liquido assolutamente impotabile, è ben ricordato nella mente degli abitanti di Senoli perché fra essi si sono avuti moltissimi casi di tifo, paratifo ed altre gravissime malattie che hanno arcor più intristito l’esistenza di questi laboriosi contadini.
Perché continuare a sottoporre quella popolazione al supplizio di Tantalo, quando a circa 200 metri dal loro abitato, scorre fresca, limpida e cristallina nelle tubazioni dell’acquedotto consorziale Natile-Ardore il prezioso liquido che si potrebbe facilmente deviare per Senoli?
Il Sindaco di Platì si era in merito fattivamente interessato ma la sua proposta è crollata dinanzi al «ferreo non possumus» dei dirigenti dell’acquedotto consorziale medesimo e non venne accolta dai Sindaci dei centri consorziati. Manca una strada rotabile che possa rendere più agevoli le comunicazioni necessarie con Platì, favorendo così l'allacciamento della Frazione alla SS. 112 e con essa al mondo civile. È stata, è vero, costruita una stradetta mulattiera per congiungere Senoli alla Statale 112, ma essa non ha affatto risolto il problema, oltre a non essere stata completata.
Non esiste la luce elettrica, ma funzionano, ancora, in pieno secolo ventesimo, le lucerne ad olio ed i lumi a petrolio. Manca un plesso scolastico, sia pure in misura ridotta, che possa ospitare insegnanti ed alunni costretti gli uni svolgere, gli altri ad accogliere la missione educativa in umide stamberghe. in ambienti malsani ed antigienici privi d'aria o di luce.
Manca assolutamente anche il servizio sanitario e gli ammalati, con la neve o il solleone o la pioggia dirotta che ingrossa i burroni separanti la Frazione, ed attraverso impervi sentieri, devono essere trasportati su improvvisate barelle nei paesi più vicini per la necessaria assistenza medica. E quando si verificano casi gravi di malattie, allora il calvario, diviene più doloroso...
Manca il servizio postale e gli abitanti di Senoli, per l'inoltro ed il ritiro delle loro corrispondenze e per tutte le operazioni effettuabili presso gli Uffici Postali, devono portarsi altrove, percorrendo chilometri di strada malagevole. E questo problema, a nostro modesto avviso, e come anche fattoci presente dai Senolesi, si potrebbe risolvere subito disponendo che il servizio di portalettere, recentemente istituito a Natile Nuovo, venisse esteso anche per Senoli, nel senso cioè che il portalettere di Natile effettuasse giornalmente in quella località la distribuzione delle corrispondenze in arrivo di pertinenza di quegli abitanti, prelevando inoltre quelle in partenza per la raccolta delle quali si renderebbe, di conseguenza, necessaria l’installazione a Senoli di una cassetta d'impostazione.
Questo, purtroppo, il desolante quadro di squallore che si è offerto ai nostri occhi, un quadro ognora presente nella mente dei cittadini di Senoli, una dolorosa realtà viva palpitante che turba i loro sonni e la loro quotidiana esistenza, ponendola nelle condizioni di inferiorità rispetto al più sperduto villaggio delle più lontane plaghe dell'infinito. Eppure, ciò nonostante, Senoli è sempre tenuto ben presente quando si è trattato o si tratti di sfruttamento elettoralistico da parte di tutti gli Onorevoli «papaveri» che al tempo delle votazioni promettono mari e monti che poi vagamente sfumano nell'eterno fluire del tempo... Passa il Santo e... passa la festa...!  Inoltre Senoli paga profumatamente le tasse ed in tutti gli eventi bellici, ha dato alla Patria in armi i suoi figli migliori.
Forse e senza forse Senoli è il più sperduto piccolo centro d'Italia, nel quale non vi esista neppure l’ombra dei principali comforts, presenti in ogni paese civile.  
Lasciamo Senoli all’imbrunire, presi anche noi dallo sconforto aleggia su quella gente. E non potremmo chiudere il presente servizio senza rievocare la figura di una madre che alla nostra partenza ci avvicinò e con il volto su cui si leggeva il pallore della miseria, mostrandoci i cinque figlioletti attaccati alla sua gonnella, ci disse «scriva che i nostri figli hanno bisogno di mangiare, i nostri uomini di lavorare e noi donne a non sentire il quotidiano tormento di una dolorosa situazione alla base della quale s'intrecciano i motivi logici ed umani della nostra vita, della nostra vita di cittadini d'Italia che abbiamo il diritto di chiedere ed essere esauditi».
FRANCO CALLIPARI
GAZZETTA DEL SUD 26 luglio 1957

Un'istanza al Prefetto per la situazione di Senoli

 (F. C.) – Conseguentemente al nostro servizio sulla dolorosa situazione di Senoli, la piccola frazione di Platì, da parte dei cittadini senolesi è stata in proposito presentata una motivata istanza al Capo della Provincia, sottoscritta da tutti i nuclei familiari residenti in quell'assolato borgo. Ripetiamo il pressante appello d'intervenire, nella speranza che i voti degli abitanti di Senoli vengano sollecitamente esauditi.

La mancanza idrica in quel di Senoli è denunciata ancora oggi. I senolesi continuano a pagare le tasse senza acqua alla gola.

Francesco Callipari è stato corrispondente dai primi anni dell'edizione reggina della Gazzetta del Sud sino agli anni ottanta del secolo passato, altre sue corrispondenze sono apparse qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2017/03/silenziosa-minaccia-reg-christian-jaque.html
https://iloveplati.blogspot.com/2017/05/acque-del-sud-1985minacce-senza-fine.html
https://iloveplati.blogspot.com/2020/03/unanguilla-da-300-milioni-dal-ciancio.html


La foto d'apertura con un restyling photoshoppiano girava, gira?, nella rete.
 



giovedì 30 giugno 2022

Strade perdute [di David Lynch 1997]


 

“Lo stato naturale di queste contrade si stende in una maniera uniforme fino a Gerace, Ardore e Bovalino. A Gerace specialmente è meraviglioso il progresso che fa la coltura degli ulivi. …  Nel littorale la parte coltivabile è piana e picciola. … sono rare le gelate nell'inverno, e quasi mai nella primavera. La gragnuola vi è rarissima. In ciò sono ben favoriti questi luoghi dalla natura. …  Il flagello maggiore è il subalternismo. Le comunità riguarderebbero come una grazia una nuova tassa quando per mezzo di essa si abolissero i subalterni. L’innocenza si deve comprare e l’impunità è un oggetto di traffico. …  L’agricoltura non fa progressi per la scarsezza della popolazione, ...  e per l’ignoranza de’ buoni metodi agrari. …  Gli strumenti agrari sono imperfetti. L’uso della vanga vi è sconosciuto. Solo nella provincia di Cosenza vi si usa qualche poco. La putatura degli alberi vi è ignota. Per putarsi li gelsi qualcheduno fa venire i potatori da Cosenza. Gli ulivi si lasciano intatti senza putatura. Non si conoscono altri concimi che quelli della stalla. La terra non è profondamente cavata, né bene stritolata, per lo cattivo aratro; principalmente di qui il piccolo prodotto che abbiamo notato nelle derrate. La malattia del verme seguita a fare strazio delle ulive in questa contrada ancora. l trappeti alla genovese vi sono sconosciuti. L’olio generalmente si conserva nelle fosse, in vasi di creta. … si è cominciato ad introdurre l’uso delle cisterne, le quali si fabbricano sotto terra con calce di tufo, mattoni e ferraggine o sia spuma di ferro …  e il suo intonaco è impenetrabile. I vini sono spiritosi, ma nell'estate si alterano ed inacidiscono. … Si conservano o in botti di castagno o in vasi di creta. ... Le campagne generalmente sono aperte, specialmente nelle marine … non perché fossero soggette a servitù, ma … contribuisce a ciò anche il mal costume: si portano a pascolare i porci e le capre indistintamente in ogni luogo o chiuso o aperto. Questi animali devastano le coltivazioni e formano un altro grande ostacolo all’agricoltura. La moneta è scarsissima, specialmente dopo il tremuoto. … l macelli in questa contrada sono mal provveduti. L’inverno solamente non manca la carne porcina, la quale però è cara. Quella di vaccina e scarsa e cattiva. In questa contrada e generale la sulla spontanea, della quale si fanno uso tutti gli animali. …  Si vuole tanto sostanziosa anche secca da bastare a supplire all’orxo. Non si conosce il falcione … ma una semplice falce imperfetta. Gli ortaggi sono scarsi e si fanno solamente per uso de’ particolari. Solo Roccella ha circa 30 barche pescherecce. … Nell'inverno sono provvedute queste contrade di pesca da' pescatori del Golfo di Napoli e della riviera di Reggio. Nell'estate si sta senza pesce. Le marine non sono custodite … Le torri e le case de’ cavallari sono state in buona parte rovinate distrutte da' tremuoti, né si è dato ancora principio a restaurarle. La spiaggia è aperta ne ha fortificazione di sorte alcuna. … Il prodotto della seta in Gerace è di circa 8.000 libbre: quella rivelata è di 4.000. Si può considerare il controbando della seta per una metà della raccolta. ... Il costume di questa contrada e di esser ostinati e vendicativi.  Il popolo per le oppressioni che soffre e meno facinoroso di quello dovrebbe essere. ... Una delle principali cagioni degli omicidi è la gelosia, figlia della rozzezza de’ costumi. Gli omicidi o sono rissosi e nascono da ubbriachezza, o sono premeditati e nascono da gelosia e da odio. I furti, le crassazioni sono comuni. I miliziotti sono nella maggior parte i primi facinorosi. Le scorrerie de’ malviventi nelle campagne sono generali. Quasi tutti i miliziotti sono i più facinorosi della provincia perché i delinquenti ed i debitori adottano questa professione e vengono garantiti da’ comandanti in disprezzo delle leggi. Con ciò restano impuniti i delitti, quali crescono ogni giorno. La mendicità è scarsissima. L’ozio, il giuoco, la mala fede è generale. Gli esposti non sono frequenti, ma sono relativi al costume della contrada, geloso e che punisce tali falli delle donne colle armi. … Non vi sono Ospedali. Solo in lsca c'è una scuola pubblica di lettere umane, latina e leggere e scrivere. Il maestro ha 40 ducati l’anno. … Le malattie costituzionali si sentono nel cader della estate e nell'autunno. Sono febbri terzane e putride biliose, alle quali è soggetta la gente di campagna principalmente. … La durata più lunga ordinaria della vita è fino a 70 anni. La contrada e dunque più sana del Marchesato. L’inoculazione comincia a farsi generale. A Gerace si fa fino dalle donne. Le femmine si maritano alli 18 anni, gli uomini a' 20. Delle donne pochissime restano senza marito. Le pinzoche sono numerose, ... nel giorno della Croce e più nella Settimana Santa usano flagellarsi a sangue per le strade e per le chiese, né vi si e potuto por freno da’ vescovi e dalle leggi. L’uso però va rendendosi meno comune. l galantuomini ed i preti anche sogliono flagellarsi. Usano ubriacarsi prima, per rendersi insensibili alle sferzate. … Non vi sono osterie di sorte alcuna. Prima i conventi esercitavano l’ospitalità e la loro soppressione è un danno per coloro che viaggiano”.

Giuseppe Maria Galanti (1743 – 1806), Giornale di viaggio in Calabria, Napoli, 1792

Il testo sopra riportato l’ho ricavato dal libro del professor Pino Macrì Uomini, economia e fiscalità in una Terra in Calabria Ultra. Bovalino nel Catasto Onciario 1742- 1745). … la pesante remora del feudalesimo incatena ancora l’intera comunità lasciandole appena lo spazio per respirare. È in questo frangente che l’illustre viaggiatore si inoltra nelle terre del Circondario di Gerace rimandandole a noi  230 anni dopo intatte perché possiamo farci un’idea del nascere ed ivi insediarsi un malessere ancora oggi difficile da negare.