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Visualizzazione post con etichetta Stato dell'Anime nel 1753. Mostra tutti i post
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giovedì 14 aprile 2022

Il padrone di casa [di Carl Theodor Dreyer - 1925]


Oggi giovedì santo, un giorno sacrale in Platì, quando i preti nascevano e crescevano in paese. L’ultimo è stato Ernesto Gliozzi il giovane (12 aprile 1915 - 2 febbraio 2008). Lo zio Ernesto è colui che più di tutti i platiesi conosceva il segreto di Pratì e questo segreto è sepolto con lui nella cappella dove riposa. Egli riteneva Platì essere stato fondato nel 1492, l’anno stesso dell’inizio del saccheggio del continente compreso tra l’Alaska e la Terra del Fuoco. Questi due eventi hanno un tratto comune: il mandante. La Corte di Spagna. Il paese di Platì, come tutti i paesi, prima e dopo, non è fondato dall’oggi al domani, è creato nel tempo. Arriva una famiglia si installa e a sua volta attira parenti e amici. Attira nemici. A questo servono i film western. Stiamo parlando di un borgo, una Motta, perché luoghi sparsi, insediamenti casuali vi erano già da prima di Gesù e San Pietro a Pietra Cappa. Molti i cenobi. Il territorio di Platì era compreso tra la Foresta di Pandore, i Piani di Zervò e dello Zomaro. Nel 1492 padrone delle foreste era la famiglia Marullo di Messina. A questa subentrò una famiglia patrizia napoletana-pugliese, quella degli Spinelli. Quelli che interessano noi sono gli Spinelli Savelli, i Principi o Conti di Cariati. Un Carlo fu forse il primo. Alla sua morte nel 1518 seguiranno i vari Scipione e ancora Carlo. Il primo Signore certo, di Platì, fu Carlo Filippo Antonio (1641-1725), egli alla morte del padre Scipione, nel 1659, antepose al proprio nome quello del fratello primogenito andato a farsi monaco, divenne principe di Cariati, duca di Seminara, conte di Santa Cristina e signore di Oppido. A Platì aveva una Corte Principale in cui erano gestiti tutti gli affari pubblici e privati. Quello che vedete in apertura è proprio lui, Carlo Filippo Antonio raffigurato da Domenico Antonio Vaccaro (1678-1745). Di seguito un ritaglio dal Catasto Onciario del 1754.

 

giovedì 30 dicembre 2021

Un mondo a parte [di Chris Menges - 1988]

C’era una volta Platì/C’era una volta in Platì! Dentro questi titoli rubati al Maestro dei Maestri si può incorniciare la “Vita di Platì”. Quella che viene fuori dalla trascrizione dei Catasti Onciari del 1746 e del successivo del 1754. In quelle pagine Platì non è mai riconosciuto ancora come paese ma di volta in volta come: Terra, Tenimento, Curia, Unità, Università e, molto più spesso, Motta. Come già altrove divulgato per Mocta, Motta, si intende un rialzo di terreno. I due Catasti non sono molto dissimili nella loro forma, sono differenti nel contenuto finale. Per ora e per non annoiare riportiamo la “Vita di Platì” del 1754 e con gli occhi e la penna di Don Tolentino Oliva parroco, cui fu devoluto l’incarico di registrare lo Stato delle Anime. Erano 220 Fuochi. Per Fuoco o focatico si intendevano le singole unità familiari comprendenti le persone soggette al pagamento delle imposte. I 220 fuochi erano comprensivi di 901 Anime: 462 donne, 439 maschi, 5 adolescenti erano chierici, 7 i sacerdoti. Tra le donne vi erano 34 vedove e due in capillis. Con “virgines in capillis” si definivano le giovani nubili che “per segno di illibatezza dovevano portare i capelli raccolti e non scioglierli che il giorno delle nozze”. Altri Tempi! La vita media in Platì si aggirava intorno ai 50 anni di età: Nicola Barbaro 90 e Filippo Cusenza 95 erano i più longevi. I ceppi più numerosi erano Agresta, Barbaro, Carbone, Cusenza, Catanzariti, Italiano/Taliano, Perri/e, Portulisi, Sergi, Trimboli, Virgara, il cognome più insolito è Zinnamusca. L’oligarchia che dominava era quella degli Oliva ma c’erano anche Zappia al timone di comando. “Magnifico” era l’appellativo che precedeva quegli Oliva e Zappia. “Magnifico” era Marzio Perre/i ed anche Francesco Musitano il Cancelliere che siglava gli atti. Tra le donne i nomi più diffusi erano quelli di Domenica ed Elisabetta/Lisabetta, tra gli uomini Antonio, Domenico, Francesco e Giuseppe. Lo Stato delle Anime del 1754 era comprensivo dei soli nativi, mentre in quello del 1746 erano stati inclusi anche i forastieri. Quella che ne esce è una ripresa grandangolare, il campo verrà ristretto solo zoomando le “rileve” fatte dai singoli cittadini e non ci sarà distinzione tra nativi e forastieri.

Nella foto d'apertura il dottor Giuseppino Mittiga

 

mercoledì 8 dicembre 2021

Desiderio di re [di Josef von Sternberg - 1936]


Platì 1753, regnante Carolus Dei Gratia Rex utriusque Siciliae, Hyerusalem, &c Infans Hispaniarum, Parmae, Placentiae et Castri &c. Ac Magnus Princeps Hereditarius Etruriae.
 Questa è una storia vera.
In quel tempo Platì era definito una Mocta, Motta: secondo la Treccani per "motta" si intende un rialzo di terreno. A questo punto è lecito domandarsi dove effettivamente sorgeva quell’agglomerato di fuochi, per molti era laddove oggi è sita l’Ariella, alla destra del Ciancio, sulla via che conduceva a Xstina come era chiamata in quel tempo l’attuale Santa Cristina d’Aspromonte. Se Carlo III di Borbone (Dio Guardi) regnava, il padrone effettivo, il Signore Feudale, era il Principe di Cariati, nella persona di Scipione III, 6° Principe, Duca di Seminara, Conte di Santa Cristina, Signore di Palmi. A lui l’istorosofo  dottor Vincenzo Papalia dedicò un’ode non troppo benevola, già apparsa su queste pagine: per questa pubblicazione né il dottore né io siamo stati ancora tacciati (taggati) di miscredito o strumentalizzazione. Se Carlo regnava e Scipione spadroneggiava, la casata Oliva li rappresentava. Nel 1753 era Sindaco di Platì Giuseppe Oliva per l’appunto. In quell’anno “riflettendo sempre più la Real mente della Maestà del Re il Supremo che Dio sempre conservi il sollievo de’ suoi fedelissi Vassalli, ha stimato sempre più necessario” la formazione del “General Catasto”. Tale compito ricadde sulle spalle, si fa per dire, di Don Giuseppe Oliva, sindaco, e Don Francesco Musitani Cancelliere. Primi collaboratori erano Domenico Lentini e Paolo Michea. A loro successivamente furono aggregati Don Francesco Perre, sacerdote, quale rappresentante ecclesiastico con Mastro Giovanni Fera e Antonio Celonise, cirellese; quindi per deputati del ceto civile: Michele Oliva, Cipriano e Domenico Zappia; del mediocre: Michele Mittica fabbro, Giovanni Battista Morabito e Paolo Virgara; per l’inferiore: Baldassarre Perre, Assunto Romeo e Giuseppe Trimboli. A redigere il tutto fu chiamato Domenico Calipareo dell’ordines serviens. Tutti dovettero tenere conto degli atti, delle rivele, degli apprezzi come delle once, appartenenti ai cittadini residenti, dei forestieri residenti e dei bonateneti, che abitavano in altri territori: Palmi, Oppido, Lubrichi, Bovalino, Ardore, Bombile, Natile, Careri, Cirella, Santa Cristina e Santa Eufemia. Ne uscì fuori un compendio, un manoscritto da decifrare, che alcuni facinorosi oggi si sono messi a copiare. Un regalo di Natale devoluto da tutti i Signori prima citati. Robba, con due bi, da pazzi!


In apertura un negativo colliquato che ritrae Caterina Fera, madre dell'autore della foto, il medico Giuseppino Mittiga: guardate ben il volto e le mani, la mamma sembra quasi biasimare il figlio.


mercoledì 1 settembre 2021

Anime in tumulto [di Giulio Del Torre - 1941]



Stato dell’Anime di questa Motta Platì
Diocesi di Gerace di quest’anno 1753
Redatto da Don Tolentino Oliva*

Francesco Taliano d’an 36
Carmela Virgara moglie an 36
Antonio figlio d’an. 3
Elisabetta figlia an 6
 
Bernardo Agresta d’an 40
Caterina Catanzariti moglie d’an 44
Domenico figlio an 18
Giuseppe figlio d’an 12
Candido figlio d’an 6
Antonia figlia d’an 10
 
Antonio Barbaro di Francesco d’an 41
Anna Trimboli an 33
 
Francesco Carbone di Antonio d’an 40
Antonia Nacrì moglie d’an 31
Antonio figlio d’an 12
Paolo figlio d’an 2
 
Mastro Giovanni Fera d’an 60
Antonia Romeo moglie d’an 45
Andrea figlio d’an 20 pasquale figlio d’an 16
Domenico figlio d’an 13
Giuseppe figlio d’an 11
Maria figlia d’an 23
 
Nicola Barbaro d’an 90
 
Saverio Zappia d’an 53
Antonia Cusenza moglie d’an 40
Giuseppe figlio d’an 6


* Estratti dal Catasto onciario del 1754
- Don Tolentino Oliva è stato il primo parroco di Platì, era il 1738. Erroneamente il Canonico Oppedisano nella sua Cronistoria della Diocesi di Gerace  gli attribuisce il nome di Francesco (questa nota la devo a Ernesto Gliozzi il giovane). 
- In apertura la cabina della luce appartenuta a don Ferdinando Zappia in attività fino alla metà degli anni '50 del secolo della Bomba Atomica.