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lunedì 30 dicembre 2019

The Celebration of the Lizard - The Doors

I am the lizard king I can do anything
Jim Morrison




La zafrata e il suo creatore Domenico Carteri al Premio Delfino, Platì 28 dicembre 2019. Premio doppio andato a Francesco Bevilacqua per la saggistica e a Mimmo Gangemi per la narrativa. In calce l'artistica entrata della residenza dell'autore presso Ferruzzano a mare.

giovedì 19 dicembre 2019

Il latitante [di Raffaele Cosentino,1916]


In nome di Sua Maestà
Umberto Primo
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione
Re d’Italia
La Regia Pretura del Mandamento di Ardore
Ha emesso la presente Sentenza.
In nome di Sua Maestà
Umberto Primo
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione
Re d’Italia

All’udienza del dì diciassette Aprile mille ottocento settantanove il Signor Michele Agostini Pretore del Mandamento di Ardore ha emesso la seguente sentenza
Nella Causa Civile tra
Pasquale Zappia fu Filippo commerciante domiciliato in Platì, attore comparente di persona =
Contro
Filippo Fera di Giuseppe possidente domiciliato in Lubrichi sotto Comune di S. Cristina d’Aspromonte ed elettivamente in Ardore in casa del Signor Caracciolo Carlo, convenuto, due volte citato contumace =
L’attore si è rimesso agli atti della causa dodici e quindici andante registrati a Marca, coi quali conveniva in questa Pretura Filippo Fera di Lubrichi citandolo nel suo domicilio elettivo qui in Ardore, per essere condannato in linea di commercio alla consegna di una botte e mezzo di olio d’oliva chiaro, lampante, equivalente a quintali sei e chilogrammi sessanta che consegnar doveva all’istante a tutto Marzo ultimo al che non adempì, rimanendo debitore di una botte ed un sesto pari a quintali cinque e chilogrammi dieci = In mancanza del genere chiedeva  l’importo in Lire quattrocento venticinque; unitamente agl’interessi pattuiti del dodici per cento da far capo dal trentuno Marzo al finale sodisfo e le spese del giudizio colla indennità di trasferta e per scritturazione , nonché alla penale anche pattuita in altre Lire duecento, per danni ed interessi liquidati e transatti; producendo in appoggio della sua domanda  due biglietti ad ordine, datati entrambi il ventinove ottobre mille ottocento settantotto =
Il Convenuto citato non è comparso né altri per lui =
In fatto consta della domanda dell’attore nel modo come sopra concepito, e della contumacia del convenuto due volte citato nel suo domicilio eletto in Ardore =
Considerando che i due biglietti all’ordine, alla cui base l’attore poggia la sua domanda, non essendo stati protestati alla scadenza con atto legale com’era di dovere, hanno perduto la qualità di documenti commerciali, e si riducono semplicemente a titoli privati di natura civili = Per ciò in forza dei medesimi non può ammettersi l’azione commerciale che l’attore vorrebbe istituire =
Considerando per tanto e due scritture anzitutto non possono mai perdere il valore di scritture private, le quali non essendo state in verun modo impugnate dal Convenuto atteso la sua contumacia debbono ritenersi come legalmente riconosciute e quindi attribuirsi loro la stessa fede giuridica e l’efficacia degli atti pubblici, ed in conseguenza capaci a rendere pienamente giustificata la domanda dell’attore e come tale aggiudicarsi in tutto il suo tenore tanto per debito principale  che per l’interesse pattuito e per la penale reclamata per l’inadempienza dell’assunta obbligazione = art. 1232 – 1312 – 1313 e seguenti – 131 e seguenti – 1320 e seguenti Codice Civile
Considerando che le spese del giudizio sono sempre a carico del soccumbente art. 370 Procedura Civile. E che poggiando la domanda sopra documenti può ordinarsi l’esecuzione della Sentenza.
- Per quali motivi
Il Pretore diffinitivamente pronunziando in contumacia del Convenuto Filippo Fera di Giuseppe di Lubrichi due volte citato, senza però le funzioni di Giudice di Commercio, condanna il medesimo di consegnare all’attore Pasquale Zappia fu Filippo da Platì una botte ed un sesto di olio di oliva di buona qualità, chiaro, lampante, eguale a quintali cinque e chilogrammi dieci, dovuti giusta i due biglietti all’ordine ventinove ottobre mille ottocento settantotto = Per mancanza del genere lo condanna all’importo in Lire Quattrocento Venticinque = Agl’interessi convenzionali su tal somma, al dodici per cento a far tempo dal trentuno Marzo prossimo passato fino al totale sodisfo, ed oltre Lire duecento per danni interessi liquidati e transatti, alle spese del giudizio liquidate fino a giusta sentenza e registro per Lire 24:50 e Lire Cinque per indennità di comparsa e scritturazione = Ordina L’esecuzione provvisoria di questa sentenza, la quale sarà notificata al Convenuto Contumace Fera nel suo domicilio reale da uno usciere della Pretura di Oppido che verrà da quel Pretore destinato.
Così giudicato in Ardore all’udienza diciassette Aprile mille ottocento settantanove = Il Pretore firmato M. Agostini =
Pubblicata alla detta udienza diciassette Aprile mille ottocento settantanove in assenza del Convenuto.
Il Cancelliere firmato G. Fragomeni.

NOTA. La lotta Zappia vs Fera si protrasse fino all’anno 1884 e forse non ebbe mai fine. Quel che interessa oggi è un mondo scomparso, legato ai cicli della Terra, ancora feconda; agli scambi tra paesi limitrofi e le strade carrabili in intenso impiego per il transito di muli e mulattieri come anche di lavoratori stagionali; dove l’olio era alla base di rapporti che sconfinavano in scontri a colpi di carte bollate per il beneficio dell’erario, funzionari governativi nonché Notai e avvocati che, allora, avevano cospicui guadagni in pecunia ed in natura.
Il regista di oggi non era Cosentino bensì Katanese!


mercoledì 18 dicembre 2019

Al diavolo la celebrità [di Steno e Monicelli,1949]

Questa storia la scrivo di fretta così come l’ho scoperta. Stavo lavorando ad un mio progettino quando rileggendo la lettera di Pasqualino Perri ai platiesi mi fermo su un nome che in un primo tempo mi era sfuggito: generale Gelonesi luminare della medicina tropicale. Incuriosito e senza nessun documento a portata di mano mi affido al web. E questo è quanto ho scoperto.
Il generale di nome andava Gregorio ed era nato a Cirella il 15 dicembre 1882, il registro di quell’atto riporta ancora Cirella come frazione di Benestare. I suoi genitori erano Francescantonio di anni trenta contadino e Maria Mavrelli levatrice. All’infante viene posto il nome di Gregorio Natale. Testimoni dell’atto sono Antonio Mediati di anni cinquanta, bovaro e Matteo Varacalli di anni trentotto, pecorajo. Malgrado l’umile origine Gregorio raggiunta la maturità nel 1907 si iscrive in Medicina all’Università di Napoli. E lì probabilmente ebbe come compagno di studi lo zio Giuseppino, al secolo Giuseppe Mittiga figlio di Rocco e Caterina Fera. Nel 1908 lo troviamo come soccorritore tra Reggio Messina subito dopo il disastroso terremoto. Prese parte alla guerra italo turca del 1911-1912 e alla Grande Guerra imbarcato sulla Caio Duilio. Al termine del conflitto abitava a Napoli in via Margellina al numero 205 e sempre in quella città si specializzò in batteriologia per cui fu destinato dapprima a varie aziende agricole coloniali e successivamente ricoprì incarichi di primo piano presso Ospedali Militari e diverse Facoltà di Medicina tra cui quella dell’ateneo Messinese, ma qui siamo già sotto il “Regime Nero”. A cui egli prese parte facendovi carriera ed ottenendo diverse onorificenze tra cui la medaglia d’oro della Sanità Pubblica e Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia.
L’11 settembre 1942 si trovava a bordo della nave ospedaliera “Arno” quando questa fu silurata e abbattuta dagli inglesi. Tratto in salvo, dopo due giorni e due notti in mare, fece ritorno in patria e reintegrato nei corpi della marina e lì lo ritroviamo come Tenente Generale medico della disciolta regia marina che prese parte alla Repubblica Sociale di Salò. Fatto ritorno a Napoli dopo il 1945 vi rimase fino al 29 giugno 1954 giorno della sua morte. All’attivo ha diverse pubblicazioni inerenti la sua specializzazione universitaria riconosciute a livello mondiale.
Una curiosità: i giapponesi il nostro l'hanno tradotto così 格雷戈里奥·格隆内西,ma lui non è arrivato a scoprirlo!*
 http://juntuanwang.com/general/21811

lunedì 16 dicembre 2019

Racconti dalla tomba [di Freddie Francis,1972]




PAROLE SULL’ESTINTO
Dottor Domenico Zappia
DEL
Dottor Vincenzo Papalia

GERACE MARINA
Tip. Del Progresso

Al Sig. Carmelo Zappia
Compare ed amico stimatissimo
La morte del vostro Sig. Padre, matura come l’età, non come intelligenza, la quale ultima, non ostante quella, era giovane ancora, non poteva nel dolore che me ne ha colpito, non impormi a scrivere queste poche pagine, che sono un segno, come tributo di devozione alle sacre sue ceneri, dell’autore che io serbavo e serberò sempre per sì illustre collega.
All’urna, che custodisce le venerande sue spoglie, sarà conforto imperituro l’Eden; al vostro eterno dolore, la virtù d’un padre, padre adorato, che spirò tra il culto della scienza e la preghiera dei nostri antichi avi.
Vi riverisco.
Vostro Devotissimo Compare
V. PAPALIA
Platì, 7 Marzo 1894

Le foto si riferiscono a quel che rimane dei coniugi Giuseppe Morabito (1845-1925) e Maria Filomena Luscrì fu Rocco (1876-1947).


domenica 15 dicembre 2019

Messaggero d'amore [di Joseph Losey,1970]


La speranza e i suoi gesti
Il messaggio e i messaggi

di P. GIANCARLO BREGANTINI

A Platì, durante la novena che si svolge prestissimo, alle 5.00, secondo la più fedele tradizione, in una chiesa gremitissima ogni mattina, è stato posto nel cuore della chiesa un grande albero spoglio e nudo. Colpiva la sua nudità. Esistenziale. Altamente simbolica per attese di giustizia, gridi di pace, speranze nascoste nel cuore di tutti... Tutto vi era rappresentato. A Natale, il miracolo. L 'albero “nudo” ' è stato sostituito da un grande olivo verdeggiante. Non da un albero di abete, che non appartiene direttamente alla nostra cultura, ma da un albero di olivo, quell'albero cioè che orna le nostre colline e ricrea il cuore nel vederlo argenteo al sole, pur nella dura fatica, quest'anno, di un raccolto sotto la pioggia insistente.

A San Luca protagonisti del messaggio natalizio sono stati i ragazzi della Scuola elementare guidati dalle maestre e sostenuti entusiasticamente dal parroco. Hanno ricostruito luoghi e ambienti del tempo di Alvaro, hanno lanciato un messaggio di riscoperta delle tradizioni più genuine del popolo calabrese, pur nella consapevolezza che è “dura la vita dei pastori in Aspromonte”. L ‘intero paese si è mosso, rispondendo con favore alle sollecitazioni e agli stimoli offerti. “Un Natale con i fiocchi”, appunto, anche se di neve non c 'era l 'ombra.

Da Africo è partito invece un chiaro messaggio di impegno ed una proposta decisa. L 'hanno rilanciata i ragazzi, i docenti e soprattutto la coraggiosa preside della Scuola Media. Chiedono un edificio per la scuola. Per capirli, basta visitare un attimo l'attuale sede della scuola, alloggiata in una angusta casa popolare. Le aule, soprattutto del piano inferiore, strette e buie, con una rigida (e purtroppo necessaria!) inferriata alle finestre, danno a tutti un immediato sapore di tristezza. Lì non si coglie il sorriso della vita che dovrebbe accompagnare la voglia di studiare. Eppure, all'ingresso del paese, le fondazioni e i pilastri della scuola ci sono. Svettano verso il cielo, quasi mani imploranti ascolto, ormai stanche per la ruggine e l 'abbandono. La recita in dialetto ha dimostrato, lì come a San Luca qualche giorno prima, che nelle scuole i ragazzi nascondono spesso talenti impensati. Sono un po' tutti attori in questi paesi. A noi adulti, alla scuola soprattutto, la gioia di scoprire che, “dentro il marmo, la statua già c 'è e che va solo liberata dal marmo che la stringe”.
Testo e foto: L'Avvenire di Calabria, 6 gennaio 1996




giovedì 12 dicembre 2019

Effetti collaterali [di Steven Soderbergh, 2013]







Certifico io sottoscritto Ingegnere Civile, residente e domiciliato in Reggio Calabria, che il fabbricato urbano del Signor Francesco Gliozzi fu Domenico, sito nell’abitato di Platì e propriamente sulla via principale di esso, subì tali danni per effetto del terremoto del 16 Novembre 1894 da rendere necessaria la spesa di lire tremila circa per potergli ridare le primitive condizioni di stabilità e abitabilità.
Tanto attesto in seguito ad ispezione locale ed a richiesta dell’interessato.
Platì 1° Novembre 1895
L’ingegnere Civile
Rodolfo Zehender



L’Ingegnere Civile Rodolfo Zehender (in apertura), nacque a Reggio Calabria il 14.07.1862.
L’origine della sua famiglia è svizzera. Il padre Giovanni, proveniente dalla Spagna dove era presso la Corte del Re, fu trasferito nella Calabria Ulteriore e precisamente nel suo Capoluogo Reggio Calabria dove assunse la direzione dell’Intendenza di Finanza, sposò Maria Grazia Raho ed ebbero molti figli. Quindi crebbe in questa famiglia patriarcale fino alla morte del genitore quando lui era in giovane età assumendo parte del carico di responsabilità. Nel 1906 fondò la “Riunite di Elettricità” e fu precursore in tutto il meridione, a seguito del terremoto del 1908 buona parte degli impianti furono distrutti ma con grande caparbietà li ricostituì. Quindi diede vita alla “Zehender & C.” con sede a Palmi e installazioni anche a Bagnara e Scilla fornendo a queste cittadine energia elettrica per l’illuminazione. Il suo impegno non si fermò a Reggio Calabria ma si espanse in provincia di Salerno precisamente a Casoletto Spartano dove eseguì il complesso della “S.I.E.B.”, fondò in Aspromonte la “Società Idroelettrica Vasì” per l’illuminazione di quella zona. In fine fondò la “Società Tranvie Elettriche Reggine”, fece costruire una centrale termoelettrica in via Possidonea e altra a carbone nella rada Giunchi. Fu presidente della “Società Forestale delle Calabria” fino alla morte che avvenne nel 1930 all’età di 66 anni.
La foto dell'ingegnere Zehender proviene da qui:
https://www.strill.it/rubriche/memorie/2015/02/memorie-rodolfo-zehender-lingegnere-reggino-che-porto-luce-e-progresso/
La breve biografia da qui:
http://www.strettoweb.com/2016/10/reggio-calabria-pillole-di-storia-u-stratuni/466101/

mercoledì 11 dicembre 2019

Il bosco sacro [di Léon Mathot,1939]

Ho avuto la netta impressione che il mio soggiorno fosse diventando un lento viaggio di avvicinamento al grande monolite che vedevo quotidianamente dalla finestra della cucina a casa dei nonni. Avrei voluto raggiungerla, ma un problema ad una caviglia mi ha impedito di camminare a lungo.
Non ero però preparata alla sorpresa che mi aveva riservato Mimmo invitandomi ad una cerimonia religiosa in una chiesetta vicino Pietra Cappa.
Marilisa, la sera prima, mi ha regalato alcune delle sue collane composte da un grosso pendente-fibbia di ceramica Raku ed uno spesso laccio di stoffa elasticizzata. Ne scelgo una da indossare sulla camicia. Incontro Mimmo a Bovalino da dove ci inoltriamo verso Natile sulla sua Panda 4x4 chiacchierando di amicizie comuni e di Panduri che spero diventi in futuro un altro capitolo di questa mia scoperta della Calabria. A Natile torno dopo 58 anni; mia madre vi aveva insegnato non so se per qualche mese o per tutto l’anno scolastico 61-62. Ci andavamo da Platì, lasciavamo la provinciale a Cuccumo attraversando i serri e la fiumara a dorso di mulo. Questa volta saliamo da Natile nuovo e vi incontriamo un interessante gruppo di persone che hanno dato vita alla Pro-Loco ed organizzato l’evento di oggi. Degli escursionisti del CAI di Reggio stanno salendo a piedi e si uniranno a noi sotto Petra Cappa. Riprendiamo la strada in salita verso la nostra meta: a destra ho la vallata della fiumara e Platì, a sinistra splendidi scorci dell’Aspromonte e di Petra Cappa. Dopo un tempo che mi è parso breve per le bellezze dei paesaggi e lungo per lo sballottolamento in auto, ci fermiamo nei pressi di un bosco. Percorriamo a piedi un breve tratto fra castagni, pietre ed un torrentello a secco ed ecco apparire, fra gli alberi, circondati da una distesa di pietre e mattoni sparsi nella boscaglia, i ruderi di un’antica chiesa bizantina. L’emozione è forte. 
Mimmo mi indica i materiali con cui è stata costruita: pietre dell’Aspromonte, mattoni sia del periodo della costruzione, sia di periodo Romano poiché, come sempre è avvenuto nei secoli, i materiali di altri ruderi venivano usati per le nuove costruzioni. A terra ci sono un paio di colonne, una terza sembra sia a Polsi ed una quarta nel giardino di una casa privata a Reggio. Mimmo, Anna Maria Sergi (anima della pro-loco) ed altri che ci hanno raggiunto preparano l’altare ed una croce: due rami incrociati che non si sa come tenere insieme ed allora offro la mia collana così anche Marilisa, che non è potuta venire, sarà con noi. Il gruppo del CAI arriva quando l’altare è pronto e si celebra la messa, in mezzo ad un bosco di castagni, accanto a ciò che resta dell’antica chiesa degli eremiti, mentre Petra Cappa ci osserva dall’alto. 


Dal “Catalogo dei monasteri e dei luoghi di culto fra Reggio e Locri (Domenico Minuto, 1977):
Le fonti ci parlano di una cittadella e di un fiume detti di Pietra Cucca o Pietra Cafcas, di una chiesa di stile Bizantino tra la contrada di San Giorgio e Pietra Cappa (…) Quanto a Btrqûqah (terra) b.t.rqùqah (fiume) e πέτρα καύκας (…) mi sembra giusta l’opinione del Minasi che identifica questa località con Pietra Cappa il cui territorio circostante dovette avere una vita alquanto fervida attorno al Mille se ci presenta resti di una chiesa probabilmente a cinque cupole (S. Giorgio) …

… I ruderi si trovano in una zona montana a 500 metri in linea d’aria a nord ovest della caratteristica rocca di Pietra Cappa. Della chiesa restano brandelli di muri perimetrali che tuttavia mostrano ancora chiarissimo il disegno della pianta quadrata, orientata, triabsidata e, sparsi per terra, monconi di colonne, numerosi frammenti di marmo bianchi e policromi (con alcuni di questi i pastori hanno costruito un casotto) e di tegole. Come si è visto dalle misure della pianta, essa è leggermente più grande di quella di Stilo.”

Testo e foto di Rosalba

lunedì 9 dicembre 2019

Abuna Messias [di Goffredo Alessandrini, 1939]



Finché la Chiesa, il mondo contadino, la borghesia paleoindustriale erano un
tutto unico, la Religione poteva essere riconosciuta in tutti e tre questi momenti
di una stessa cultura. Anche – ed è tutto dire – nella Chiesa: nel Vaticano. I
delitti contro la religione perpetrati dalla Chiesa – se non altro per il fatto stesso
di esserci – erano giustificati dalla Religione. Era possibile prestar credito, cioè,
al qualunquismo umanistico dei suoi prelati secondo cui, appunto, il fine poteva
giustificare i mezzi: un’alleanza col Fascismo per esempio poteva parere un
mezzo giustificato dal fine, consistente nel preservare, per i secoli futuri, la
Religione. D’altra parte niente poteva far pensare che il mondo contadino,
religioso (e la borghesia paleoindustriale di origine contadina) sarebbe così
rapidamente finito.
Pier Paolo Pasolini, Marzo 1974.

Ancora una volta con voce ferma e robusta ripeto: “D’Italia la gioia e l’offesa divide la Chiesa”. Come nelle giornate tristi della Patria in cui le bandiere si alzavano imbrunate, come abbiamo visto, dicevo, affollarsi le chiese di moltitudini piangenti per santificare il dolore di madri e pargoletti! così nelle giornate liete, come questa, la chiesa spalanca le sue porte per fare entrare una moltitudine giubilante.
E cantano a Dio – Ottimo Massimo – il Te Deum del ringraziamento per la grandezza delle grazie ricevute, che sono, per avventura, tali e tante le grazie che non basta la parola umana a enumerarle.
Si Te Deum laudamus, ti lodiamo o Signore, perché hai voluto dare piena, grande, completa vittoria all’Italia da trionfare sulle barbare nazioni più o meno fraternizzate fra loro.
Insegni Ginevra.
Ti lodiamo, o Dio, perché hai voluto che un Re latino, stirpe di eroi e di Santi cingesse la corona di quello impero di Salomone, caduto dopo lunga teoria di anni nella barbarie e nel fango.
Ti lodiamo per il nostro condottiero e Duce che con mano ferma regge i destini della Patria fatta da Lui più bella e più grande.
Ti lodiamo perché hai voluto darci dei generali sommi, degli scienziati che sono l’invidia del mondo, dei soldati che sono semplicemente magnifici.
Si ti lodiamo o Dio degli eserciti Deus Iabahot che fosti presente a Veyhelli, ad Axum, a Macallé, che fermasti il tuo sguardo su Addis Abbeba che è nostra.
Che facesti del tuo sacerdote, il padre Giuliani, un novello martire della Religione e della Patria.
Che nei terribili fiumi impetuosi, nelle zone infocate della Somalia, sulle alture inaccessibili del Tigrai, fosti fortezza nel braccio e nel cuore dei nostri fanti, che si aprivano il passo con la spada e con la zappa per il trionfo di quella Roma, per cui il tuo Cristo è romano.
Si, ti lodiamo o Signore, per l’aiuto che ci desti in mare, in terra in cielo, è piena la terra della tua Gloria. Tu Re gloria e Christe!
E intendo che si associano al nostro canto le innumerevoli schiere degli angioli e dei santi tutti del cielo, come delle anime buone della terra perché in te, Domine, speravi.
Nel Signor chi si confida col Signor risorgerà.
In te Domine speravi, non confundar in aeternum 
ERNESTO GLIOZZI il vecchio, Platì 10/5/ 36

«E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare, un uomo che non avesse la preoccupazione della scuola liberale››.
[PIO XI, Discorso ai docenti e agli allievi della Università del Sacro Cuore, 13 febbraio 1929]

L'uomo che la divina Provvidenza fece incontrare a Pio XI, per «restituire l'Italia a Dio e Dio all'Italia››, era un ateo integrale, un bestemmiatore abitudinario di Gesù Cristo, della Madonna e di tutti i Santi, disposto sempre, anche dopo la Conciliazione, a riprendere i temi del più volgare anticlericalismo, in cui aveva battuto ogni primato, prima di passare dal sovversivismo anarchico alla reazione, in difesa del trono, dell'altare e del portafoglio dei «pescecani››.
Ernesto Rossi, Il manganello e l’aspersorio, Kaos edizioni, Milano 2000

Ho indugiato molto a pubblicare questo manoscritto redatto a seguito della conquista della regione del Tigrè da parte dell'esercito italiano nell'ottobre del 1935. Come altre volte mi sono trovato ad un bivio, continuare o smettere le pubblicazioni. Allo stesso tempo non voglio giudicare azioni e fatti passati perché non ho la capacità di mettermi nei panni di chi quelle azioni e fatti li ha vissuti, come mi manca la lucida riflessione di Pasolini. Il senno di poi non basta. E i tempi attuali, recenti e meno recenti, il futuro preparatoci – e su questo lo scrittore e regista ci aveva già anticipato tutto -  non sono affatto dissimili dagli anni in cui lo zio scrisse e lesse in chiesa questa apologia. Ad onestà del vero, e non per minimizzare quanto sopra scritto, riporto che in quegli anni lo zio non era solo: mons. Giosofatto Mittiga fece carriera grazie alla cura fascista, l’avvocato Rosario Fera scrisse fogli di aperto plauso a quel movimento, mons. Minniti esibiva dei baffetti molto Führer, senza contare i vari Podestà che approfittarono, con la gestione personale, della cosa pubblica; nonno Luigi e di seguito don Gustinu Mittiga amministrarono con nomina del Prefetto di Reggio l’ammasso delle olive e del grano. Tutti in men che non si dica, se non passarono a miglior vita, al primo sentore di scricchiolio del Regime fecero un tempestivo volta faccia con allineamento abbracciando lo scudo crociato, e l’anticomunismo ormai di moda. Ancora, cosa strana, l’unico a non trarne nessun beneficio fu il maresciallo Giuseppe Delfino che, rubando il Ciconte, in pieno fascismo rifiutò di iscriversi al partito e questo suo atto di ribellione gli costò la «mancata promozione a maresciallo maggiore», tenendo, per giunta, nel primissimo dopoguerra, sotto l’ombra da spica, le redini del paese.

Per uscirmene vi propongo Bob Marley & The Wailers con il suo inno rastafari

domenica 8 dicembre 2019

Tradizioni di mezzanotte [di Roger Richebé,1939]


LE TRADIZIONI DI PLATI’

 A Platì ci sono molte tradizioni, una di quelle è di accendere il fuoco la notte di Natale. La inventarono i nostri antenati, e noi ancora oggi portiamo avanti. Gli è piaciuto così tanto che hanno deciso di accendere il fuoco anche per la veglia Natalizia che si svolge dall’8 al 24 dicembre. La tradizione del fuoco va avanti anche grazie ai ragazzi che prendono la legna nelle case delle persone “senza chiedere il permesso” ci sono persone che apprezzano e altre che si arrabbiano molto. Nel 2015 hanno acceso un fuoco così alto che tra un poco non bruciavano la chiesa. Questa tradizione va avanti dal 1800. Un’altra tradizione è quella della “cardara” che si svolge nel periodo Natalizio, cioè la carne messa nella brace a cuocere. Un’altra tradizione è quella della lavanda dei piedi, gli uomini vanno in chiesa e il prete gli lava i piedi. Un’altra è quella della festa di Sant’Antonio ed è che le bambine fanno “i virgineji” si vestono di bianco, appena arrivano fanno colazione, poi prendono un giglio e vanno in chiesa a pregare Sant’Antonio, le donne portano il pane, e il prete lo benedice e alla fine le bambine prendono il pane e se ne vanno. Insomma Platì è un paese pieno di tradizioni.
TROPEANO ESMERALDA 5 A

Testo presentato alla seconda edizione (2018) del premio letterario "Ernesto Gliozzi"

venerdì 6 dicembre 2019

L'età giovane [di Jean-Pierre and Luc Dardenne,2019 ]



CONSACRAZIONE SACERDOTALE

Platì (Reggio Cal.) 6 dicembre.

Ieri, in un’atmosfera di santa letizia, questa popolazione ebbe il gradito piacere di assistere ad una celebrazione religiosa mai vista, in questa Chiesa Matrice, del giovane, colto ed intemerato, come ebbe
a definirlo nella sua allocuzione Mons. Vescovo Chiappe, don Ernesto Gliozzi. 
Sin dalla prime ore del mattino un'insolita animazione notavasi pel paese tutto imbandierato e pavesato di serici drappi, nell'attesa del Vescovo della Diocesi, che alle ore 9, atteso in Piazza XXIV Maggio delle Associazioni Cattoliche, con labari, dalla Confraternita, dal Clero, dalle Autorità civili, politiche e militari, oltre che da una folla incontenibile di popolo, arrivava accompagnato da Mons. Macrì Rettore del Seminario di Gerace, dal Can. Oppedisano Cancelliere vescovile e da un numeroso clero dei paesi vicini. Salutato dallo sparo di mortaretti e da un evviva del popolo procedette per la Chiesa Matrice ove ebbe inizio la consacrazione del novello Sacerdote. La celebrazione del rito solenne iniziata alle 9,30 ebbe termine, alle 12, coronata dall'omelia del dotto Vescovo. Indi nella casa ospitale del neo Sacerdote, è stato servito un sontuoso banchetto e alle ore 16, salutato ancora dalle salve dei mortaretti e delle Autorità, Mons., Comm. Giovanbattista Chiappe col seguito, ritornava in sede.
Molti i telegrammi ricevuti dal novello Sacerdote che canterà la prima Messa solenne, il giorno-
dell'Immacolata.
Al giovane don Ernesto Gliozzi, alla famiglia tutta, gli auguri di prospero avvenire.

giovedì 5 dicembre 2019

Vento del sud [di Enzo Provenzale, 1959]


FIUMARE

Pietre chiare,
arse,
accecanti.
Deserto lunare.
E le fiumare
cercano l'acqua.
Scende, torbida,
dalla montagna.
Autunno che bagna,
urta, travolge, ricopre,
cancella.
E le fiumare
cercano l'estate:
sole dei tropici
che asciuga, divora,
inaridisce.
Riemergono accecanti,
arse, chiare,
le pietre delle fiumare.

PAESE MIO

Tante case, chiese, un cimitero,
in una culla di alti monti.
Frane, aspri pendii,
rovinosi torrenti
sotto fragili ponti.
Colline, irridenti di verde;
uliveti fecondi.
Inesauribili fonti.
Così, come il mio paese,
è la mia gente.

Platì, 1959/60

I testi e la foto si trovano sulla rivista curata da Mimmo Marando
PLATI’ GENNAIO 1998

A leggere queste due poesie di Pasqualino Perri la mente mi riporta alle immagini in bianco e nero di Gianni Di Venanzo (1920 - 1966) quando curava la fotografia per i film di Antonioni, Zurlini, Fellini, Rosi (memorabile la sequenza a Portella della Ginestra in Salvatore Giuliano) come per il Provenzale citato in apertura.

martedì 26 novembre 2019

Un marito per Anna Zaccheo [di Giuseppe De Santis,1953]


Am I the only one who hears the screams
And the strangled cries of lawyers in love
Jackson Brown, Lawyers in Love

Reggio Cal, 13/2/949
Gent.mo Signor compare.  Anzitutto ci vogliamo augurare che la presente troverà Voi e famiglia ottimi – noi anche bene.
   Vi chiedo scusa anticipatamente del fastidio che vi potrà recare il favore che sto per chiedervi, ma trattandosi di cosa delicata, nessuno meglio di Voi può rispondere a quanto mi occorre sapere. Compare Rocco Pulitanò mi ha detto che l’avvocato Caruso Saverio di Giuseppe e di Lentini Maria vuole sposarsi e il compare ha proposto Mariellina Nicita mia cugina, figlia del segretario Nicita.
   Quanto ci ha detto compare Rocco riguardo il giovane avvocato ci ha soddisfatte e abbiamo piena fiducia in lui, ma le informazioni che tanto gentilmente ci darete Voi completeranno la nostra fiducia. Vi preghiamo quindi comunicarci quanto lo riguarda moralmente, fisicamente e finanziariamente.
    Vi ringraziamo molto e invio rispettosi saluti anche per parte di questi miei estensibili alla vostra famiglia.
D.nna comare Ermenegilda
Come sta comare Serafina? Aff.si saluti

Platì, 18 Febbr. 1949
Gent.ma Sig.a Comare,
Rispondo con ritardo alla gradita Vs, del 13 c.m., dato che quel giorno che ho ricevuto la lettera eravamo preoccupati, perché mentre mio figlio Peppino faceva ritorno da Cirella dove era andato a riscuotere delle Imposte, venne rapinato a mano armata da sconosciuti delle somme riscosse, per oltre 300mila lire; fu puro miracolo se gli hanno risparmiato la vita a lui ed altre due persone che l'accompagnavano.
Rilevo con piacere nella VS. che state bene, come Vi dico di me e dei miei.
In quanto alla Vs. richiesta di notizia sul conto del Sig. Avv. Caruso, non trovo niente in contrario a quanto desiderate di sapere, essendo un giovane che risponde tutto bene, serio, istruito e di buon portamento. E' anche di famiglia facoltosa; la sorella ha sposato un Maggiore di Artiglieria, nostro compaesano.
Per tutto quello che Vi possa occorrere sono sempre a Vs. disposizione, lieto se Vi potrò servire.
Con tutti i miei Vi saluto distintamente.


Reggio Cal, 22/2/949
Egr. signor compare, rispondo alla vostra soddisfacente lettera e vi ringrazio molto del Vostro sollecito interessamento riguardo a quanto volevo sapere. Se valgo in qualche cosa non mi risparmiate.
Tutti noi siamo dispiaciuti di quanto è accaduto a vostro figlio, meno male ch’è andata così e che ben presto giustizia sarà fatta. Come sta comare Serafina? Ce la salutare assai assai. Io e questi miei ricambio cordiali saluti a Voi e la vostra gentile famiglia. D.nna comare Ermenegilda.

MARILISA … posso aggiungere alla narrazione che il giovane avvocato Caruso, con buona pace della signora comare, si maritò, a Roma, con Livia e con lei visse, fino alla fine dei suoi giorni, nella casa paterna della moglie, circondato, presumibilmente, dall'amore di lei e della figlia Emma, il cui ritratto, dipinto dal nonno, troneggiava sulle pareti del salotto (alle spalle del divano verde salvia che ha segnato, e non poco, la mia attività "professionale e artistica") e anche, fisicamente, da centinaia di altri quadri appesi in ogni spazio libero delle pareti domestiche che incombevano su di me, bambina, in visita da loro, e che, sono certa, hanno determinato il mio successivo totale disinteresse per la pittura figurativa di qualunque epoca precedente e successiva, e facendo deviare il mio interesse solo verso l'astrattismo e il dadaismo. Amen. Vedi tu dove ti fanno arrivare le visite ai parenti.... 

GINO. Comare Ermenegilda era una grande! Mi è parso opportuno unificare questi testi che già hanno visto la luce tra queste pagine. Il commento di Marilisa, in attesa di ulteriori sviluppi, mette fine alla corrispondenza aggiornandoci su come poi l’avvocato Saverio Caruso (pulinaroto doc) abbia trovato la sua Signora più lontano. Posso aggiungere solo che il cercare mogli o marito in quegli anni, ma anche dopo, in Platì era un fatto ordinario. Il paese non aveva barriere, e quelle ideologico-giudiziarie erano ancora da innalzarsi.

lunedì 25 novembre 2019

Complesso di colpa [di Brian De Palma,1976]



Tribunale Correzionale
di Gerace
Certificato di penalità
Il Cancelliere del Tribunale sudetto
Attesta
Ch’eseguite le più diligenti ricerche nel casellario giudiziale col sussidio del registro di controlleria, risulta, che sul conto di Gliozzi Francesco fu Domenico da Platì non si rinvenne alcuna condanna.
In fede ecc. ecc. si rilascia il presente a richiesta d’esso Gliozzi.
Gerace 15 Maggio 1877
Il Cancelliere
   L. Foti

Specifica
Carta                          £ 0.60
Scritto                        £ 1.00
N.° 1316 quietanza esatto Lire una centesimi sessanta
Il Vice Cancelliere Aggiunto
Giov. Cannizzaro

domenica 24 novembre 2019

Fatti corsari - Oliveria, Pulcheria, Carlotta ... 1864 - 1871


- Gliozzi d. Francesco (1864-15) di Carlo, marito di d. Carolina Mittiga.
- Barletta Teresa (1864-37) di d. Bonifacio, ruris Carerii, moglie di d. Giuseppe Oliva.
- Barbaro Francesco (1864-46) di Gius., marito di Trimboli Francesca, cadde da un albero di castagno in località Praca.
- Musitano Rocco (1864-56) di Pasq. marito di Sità Giuseppa, ruris Varapodii.
- Romei d. Rosa (1865-10) di d. Michele, da Oppido, vedova di d. Arcangelo Oliva.
- Lacava d. Maria (1865-23) di d. Nunziato e di d. Fortunata Piromalli, da S. Cristina, moglie di d. Luigi Oliva.
- Zappia d. Rosario (1865-51) del mf Pasquale, marito di d. Rosa Lenza, doctor phisicus.
- Mittiga Rosario (14.2.1866 n°6) di Giosofatto e di Zappia Anna, morì gladio percussus.
- Sansalone Nicodemo (2.5.1866-n°23) di Giovanni, marito di Filippone Giuseppa, da Agnana.
- Zappia Filippo (3.6.1866 n°28) figlio del doctor Phisicus d. Domenico.
- Mittiga d. Ferdinando (20.6.1866 n° 31) di Giuseppe e Zirilli Rosaria, vir di d. Maria Antonia Mittiga), gladio percussus.
- Sergi Rocco (10.7.1866 n°38), di Giuseppe e di Demarco Maria, ustus repentina flamma ignis fortuito accensi
- Cusenza Francesco (11.9.1866 n°55) di Antonio, mar. di Perre Anna, cholico morbo adhortus  loco dicto Mannara.
- Ciampa mf Beatrice (30.10.1866/ 64) di Domenico e di Furore Domenica, ux. di Mittiga Giuseppe.
-Fera mf Giuseppe(2.12.1866/68) di Franc. e Lentini Anna, vir mf Marianna Mittiga, affectus hydropico morbo.
- Zappia Antonio (18.1.1867 / 4) di Domenico, cadde da una quercia in località ciliti
- Oliva d. Teresa (28.6.1867/20) di d. Michele e di d. Gaetana Empoli.
- Bagalà d. Oliveria (9.9.1867/24) di Tommaso e d. Elisab. Oliva- da Palmi
- Portulesi Michele (25.8.1867/31) di Rosario, affectus hydropico morbo.
- Portulesi Giuseppe (28.9.1867/34) di Rosario, affectus hydropico morbo.
- Oliva d. Antonio (13.10.1867/37) dottore in s. Teololgia. Protonotario apostolico, ex Vicario Generale dell' archidiocesi di Rossano, morì a età di 50 anni.
-Portulesi Francesco (20.3.1868/14) di Domenico e Trimboli Maria, età 8 anni, cadde dalla propria asina e morì all' istante.
- Pangallo Rosa  (14.4.1868/18) di Diego, moglie di Micò Antonio  da Casignana.
- Albanesa Domenico (9.5.1868/25) di Giuseppe da Cittanova, marito di Leonardo Maria da Bovalino.
- Lucà Vincenzo (9.7.1868/31) figlio di Lucà Rosa, marito di Zappia Maria da S. Martino.
- Oliva d. Tommaso (1.8.1868/39) di d. Giacomo e di d. Paola Oliva, onesto ed esperto farmacista, morì dopo una lunga malattia contratta a Napoli.                                                                                      - Grillo Giovanni (19.8.1868/43) di Nicola e di Generosa Francesca da Oppido, cadde da un fabbricato.
- Zappia Pulcheria (11.11.1868/76) di Saverio e di Fera Caterina, morì colta da una violenta tempesta di acqua e vento, in località Bovisano.
- Sergi Carlo (8.5.1869/19) di Francesco- marito di Barbaro Maria, ferito da pugnale, morì all'istante.
-D' Agostino Pietro (30.6.1869/25) di Filippo, da Mammola, marito di Albanese Caterina.
- Iermanò Paolo (3.9.1969/33) di Rosario rizzola, cadde da una quercia in località Paladini, all' età di 20 anni.
- Oliva d. Girolama (11.12.1\869/47) di d. Stefano, vita et moribus optimis, morì a 33 anni.
- Caruso Maria Francesca (24.1.1870/9) di Antonino e di Marafioti Caterina da S.Eufemia.
- Bruzzaniti Rosa (19.2.1870/16) da Messignadi, figlia di Gius., vedova di Ferraro Giosofatto.
- Sergi Domenico (20.3.1870/26) di Michele, muto dalla nascita.
- Timpano Vittoria (29.3.1870/29) di Giuseppe, da Benestare, vedova di Sergi Domenico.
- Carbone Caterina (14.4.1870/33) di Pasquale, muta dalla nascita.
- Georgi Rosa (14.7.1870/53) Carlotta, ruit ex arbore-età anni 60.
- Lentini Anna (7.4.1871/18) di Domenico e Pangallo Caterina, madre del sac. Saverio Fera, di Rosario, Domenico e altri.

Dal Volume V° dei Libri dei Morti. Gli atti sopra riportati sono a firma dell'Arciprete Filippo Oliva e trascritti dal Canonico Ernesto Gliozzi tra il 1995 e il 1997.

giovedì 21 novembre 2019

Nuovo orizzonte [di Anthony Asquith,1943]


I nostri orizzonti

Al mio primo maestro D. Pasqualino Zappia

VI miraggi di gloria, che voi mi additavate ne le università e nei ministeri, son pallidi bagliori di fuochi-fatui dinanzi a quel mare di luce che splende sotto gli occhi del prete.
Lo capisco: per voi il prete è sempre il veste-nera ... un ombra che cerca opporsi a la luce e qualche cosa di peggio.
Per me, a l’opposto, è l'ideale, il sole del mondo, il sale de la terra. Noi, del resto, non abbiamo bisogno di bugiarde apologie; troppo chiaramente parlano in nostro favore la storia e la tradizione e se voi, per poco, vorreste sapere qual è la missione del sacerdote vi risponderei sicuro: «Egli è l'anello di congiunzione tra la terra e il cielo». Questo, lo so, vi fa ridere, egregio maestro; ma il vostro riso volterriano, credetemi, mi sconcerta lo stomaco.
Victor-Hugo disse che il seminario è un semenzaio di aspirazioni. Ebbene, io ho avuto dal seminario quante aspirazioni volete; io sono uscito da quel sacro recinto quasi ambizioso, tacciatemi. La mia ambizione, pero, e mossa da l’amore, non da la bassa invidia, ci se invidia, a la fine, volete chiamarla voi, io vi dico che questa invidia è santa. Per ora io mi sento superbo d' appartenere a la classe ieratica: Son Sacerdote. Posso dirlo a fronte alta a le moltitudini assetate che mi tendono amorosamente le braccia; posso dirlo a voi altri che mi guardate col sogghigno su le labbra: «Son la forza di Dio, nessun mi tocchi››.
--Sara un sogno? - non so. Io passo e le masse popolari si scuotono, aspettano da me una parola magica, la parola de l'amore ...
- Io passo spezzando il pane de la divina legge … passo e voi altri vi nascondete, perché?  Oh come son belli, maestro, i nostri orizzonti che voi non conoscete; come è bello chiamare i figli a la riscossa «sui tumuli il piede, nei cieli lo sguardo›› come è bello guidare le masse popolari pei campi ubertosi de la Fede! Voi non trovate nel prete se non la professione, l’arte, starei per dire; ma io ci trovo qualche cosa di meglio, ci trovo.
Per me il prete sta in alto, in alto assai più di voi … Egli è su la cima del Monte Santo di Dio che offre perennemente a L’Eterno, nel calice de l’espiazione, le lacrime dl povero che voi fate piangere e soffrire …
Platì 14 Febbraio 1904
ERNESTO GLIOZZI-FERA
LA SCINTILLA GIORNALE DELLA DOMENICA ANNO V – N. 9  MATERA 28 FEBBRAIO  1904

mercoledì 20 novembre 2019

Dottore nei guai - Teresita Annita

"Dire che non era di Platì è facile, difficile stabilire la provenienza"
Devo il suggerimento e la scoperta dell'atto di matrimonio in seconde nozze del dottor Vincenzo Papalia e la gentildonna Leocani Teresita Annita di Staiti alla solerzia di don Michelino Papalia.



ANNO
1890
COMUNE DI STAITI
PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA
REGISTRO DELLE
PUBBLICAZIONI DI MATRIMONIO

L’anno milleottocentonovanta, addì ventitre, di Febbraio
a ore pomeridiane sei e minuti venti, nella Casa Comunale
Avanti di me Margariti Antonino assessore anziano
funzionante da Sindaco per mancanza di titolare
Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Staiti
È comparso Vincenzo Domenico Papalia, di anni quarantre, dottor fisico
residente in Platì, figlio di Francesco,
di anni ------------ possidente, residente in Platì, figlio
della fu Frascà Teresa servile, residente in vita in Platì
E Leocani Teresita Annita
di anni ventotto gentildonna,
residente in Staiti, figlia del fu Giuseppe,
di anni ----------- farmacista, residente in vita in Staiti, figlia
di Vitale Candida gentildonna residente in Staiti
i quali mi hanno richiesto di fare pubblicazioni pel matrimonio che in questo uffizio
intendono celebrare essi sposi Papalia Vincenzo Domenico e Leocani Teresita Annita
e mi hanno dichiarato lo sposo essere nato in Platì, la sposa in
Staiti, aver avuto essi sposi da un anno ad oggi la residenza nel
Comune di Platì lo sposo e in Staiti la sposa, non avere
Padre ne madre adottivi, non ostare al loro matrimonio alcun impedimento di parentela
E affinità, ne altro impedimento stabilito dalla legge.
Queste dichiarazioni sono state confermate con giuramento prestato nelle forme legali da
Spadaro Antonino, di anni quaranta calzolaio e da
Papalia Giuseppe, di anni trentacinque bettoliere,
residenti in questo Comune, testimoni presenti all’atto. Esaminati i documenti presentatimi
e che muniti dal mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo registro, dichiaro che
le pubblicazioni si faranno in Staiti e in Platì.
I documenti sono: la copia degli atti di nascita degli sposi, rilasciati dallo
uffizio dello Stato Civile di Platì e da questo uffizio in data di
oggi. Si è pure presentato l’atto di morte della fu Signora
Cufari Filomena prima moglie dello sposo per provare
La sua vedovanza.
Letto il presente atto a tutti gli intervenuti essi si sono
Meco sottoscritti. Dottor Vincenzo Paplia, Leocani Teresita
Spadaro Antonino, Papalia Giuseppe.
L’Uffiziale dello Stato Civile
      A. Margariti

Numero 3
Papalia Vincenzo
Leocani Teresita Annita

Oggi ventitre Febbraio milleottocento
novanta, giorno di Domenica, è stato
affisso alla porta di questa Casa comunale la prima
pubblicazione relativa all’atto qui contro inserito 
L’Uffiziale dello Stato Civile
        A. Margariti 
Oggi due Marzo
Milleottocento novanta, giorno di
Domenica, è stato affisso sulla porta di questa Casa
comunale la seconda pubblicazione
relativa all’atto qui contro inserito. La prima pubblicazione rimase
continuamente affissa fino a questo giorno.
L’Uffiziale dello Stato Civile
      A. Margariti
La presente pubblicazione fino al giorno  di oggi
cinque marzo milleottocento
novanta, e così per tre giorni, è stato
continuamente affisso alla porta di questa Casa comunale 
L’Uffiziale dello Stato Civile
      A. Margariti


REGISTO

DEGLI
ATTI DI MATRIMONIO

L’anno mille ottocentonovanta, addì dieci di aprile ore
Pomeridiane sette e minuti trenta nella casa posta via
Piazza al numero senza.
Avendo la Signorina Leocani Teresita Annita col mezzo di
Certificato del medico Alberti Francesco irsin data di oggi giustificato
Che per effetto d’influenza è a lei apertamente
impedito recarsi nella Casa comunale per celebrare
il matrimonio, io Margariti Antonino assessore anziano
funzionante da Sindaco per l’assenza del titolare, col
mio Segretario Signor Leocani Vincenzo mi sono trasferito
in questa casa ove ho trovato 1° Papalia Vincenzo
Domenico, di anni quarantadue di professione medico
Chirurgo, nato a Platì, residente in Platì, figlio di
Francesco residente in Platì e della fu Frascà Teresa
residente in Platì in vita: 2° Leocani Teresita Annita,
di anni ventotto, gentildonna, nata in Staiti, residente
in Staiti, figlia del fu Giuseppe residente in vita in Staiti
e di Vitale Candida residente in Staiti, i quali mi hanno
richiesto di unirli in matrimonio il documento sottoscritto,
e dall’esame di questo,, nonché di quelli già prodotti
all’atto della richiesta delle pubblicazioni, i quali tutti
muniti del mio visto inserisco nel volume degli allegati
a questo registro, risultandomi nulla ostare
alla celebrazione del loro matrimonio, ho letto agli sposi
gli articoli centotrenta, centotrentuno e centotrentadue
del Codice Civile e prima ho domandato alla
sposo se intendi di prendere in moglie la qui presente
Leocani Teresita Annita, e a questa se intende
di prendere in marito il qui presente Papalia Vincenzo
Domenico; ed avendomi ciascuno risposto
Affermativamente a prima intelligenza anche
Dei testimoni sottoscriventi, ho pronunziato in
Nome della legge che i medesimi sono uniti in matrimonio.
A quest’atto sono stati presenti Martelli Vincenzo
di anni quaratacinque proprietario, Romano
Antonio di anni trentacinque avvocato, Papalia
Giuseppe di anni trentacinque bettoliere e Spadaro
Antonio di anni quaranta calzolaio tutti residenti
In questo comune. I documenti presentati
Sono il certificato del medico sopra indicato e i
Certificati delle pubblicazioni, il primo rilasciato
Dall’uffiziale dello Stato civile di Platì, in data quattro
Di marzo ultimo dal quale risulta che la prima pubblicazione
Fu registrata il giorno tre marzo sopra detto e la
Seconda nella domenica successiva ed il secondo
Rilasciato da me in data di oggi dal quale risulta che
La prima pubblicazione eseguita il giorno ventitre febbraio
Di quest’anno senza esservi state apparizioni.
Letto il presente atto a tutti gli intervenuti essi
Si sono meco sottoscritti.
Dottor Papalia Vincenzo Leocani Teresita
Antonio Romano Papalia Giuseppe Spadaro Antonino
Martelli Vincenzo.
L’Ufficiale dello Stato Civile
           A. Margariti
Vincenzo Leocani Segretario

Michele Papalia mi ha corretto anche riguardo l'ultima residenza del dottor fisico situata in contrada Lacchi, residenza appartenuta al suo genitore Francesco e denominata "i Lacchi i Papalia". Il dottor fisico per giungervi si serviva di un destriero bianco e su quello lo ricordava anche il vecchio Michele Papalia nonno del giovane suggeritore. Rendendomi anche insopportabile con la mia pedanteria mi correggo: ho scritto che Francesco Papalia padre del dottore era di Ardore, invece da quel paese, sede di un mandamento, proveniva la madre del dottore, la già citata sopra Signora Teresa Frascà. Basta!