Powered By Blogger

domenica 31 gennaio 2016

Angeli a sud (reg. Massimo Scaglione - 1991)


Serafina Mittiga
8 febbraio 1919 - 9 novembre 1963


Gino carissimo,
non mi posso mai dimenticare di voi, erevamo vicini di casa e poi c'era un reciprico rispetto tra le famiglie.
Tua sorella e mia sorella Tota erano strettissime amiche, ricordo che mia sorella era sempre a casa tua; Io ho pure frequentato il primo Agrario a Bovalino con tuo fratello Saro.

Il tutto per gentilezza di Mimmo Perri lontano in Australia, vicinissimo col cuore.

giovedì 28 gennaio 2016

La strada verso casa (reg. Zhang Yimou - 1999)


Km
56  Piani di Zillastro
57  Cichi (?)
58  Catanzaro
59  Ciliti
60  Savica
61  Arcopio
62  Rua
63  Pendola
64  Lacco di Torno
65  Valle del Cancellere
66  Edera
67  Castaneto
68  Cromatì
69  Barrosa
70  Sifone
71  Platì centro
72  Pirare
73  Lacchi
74  Bollorino
75  Bosco
76  Stalle
77  Natile centro
78  Mulino Nuovo
79  Pietropapa
80  Trappeto Musolino
81
82  Guardia di Careri

                
Questa toponomastica è stata redatta dallo zio Ernesto il giovane. Non so con quanta precisione. Quei toponimi evocano in chi sta lontano suggestioni mai cancellate. La foto l'ho fatta dalla strada che porta a Pietra Cappa.

mercoledì 27 gennaio 2016

La luna (reg. Bernardo Bertolucci - 1979)




Platì 19 – 9 – 57
         Carissima M. Gemma
Abbiamo ricevuto le valige di Pina nelle quali c’erano anche le cose per noi e ti ringrazio a nome di tutti. Ciccillo ancora non ha visto le calze, dato che ieri è andato a Polsi e tornerà oggi, ma credo che non sono adatte per lui perché troppo corte. Le comprerà a Reggio perché ha portato un paio per vedere se gli stanno bene.
Le immaginette ancora non le hanno fatte, oggi Ernesto è andato a Reggio e se sono pronte le porterà.  Lui viaggia tutti i giorni e torna a casa la sera. Ti mando la lettera di Iola e ti prego di rimandarla indietro perché voglio conservarla assieme alle altre che ci sono pervenute per la morte di papà. Voglio anche trascriverti un sogno che ha fatto  Giulia la quale nella sua lettera  mi dice: ho sognato il tuo babbo e in un modo bellissimo. Mi parve di essere inseguita da due negri e per sfuggirli mi sono riparata in un palazzo lussuosissimo. Ho suonato ed è apparso tuo papà, giovanissimo e in una magnifica divisa. L’ho riconosciuto perché lo chiamai per nome ed egli mi accolse col suo solito sorriso. Curiosa di sapere qualcosa di lui e della sua nuova vita,gli ho chiesto come stava e come si trovava. Mi ha risposto queste testuali parole: sto benissimo, anzi non sono mai stato tanto bene come ora. Poi sli ho chiesto se aveva bisogno di qualche cosa e lui mi ha detto che non gli manca nulla, che ha tutto quello che si può desiderare. Gli ho chiesto pure se voleva far sapere qualcosa alla sua famiglia e mi ha detto. Dica che diano le mie camice al tale, mi ha spiegato a chi ma io non ricordo il nome. Alle altre mie domande ha risposto: fino alla nuova luna non posso dire niente. La mia mamma ( è ancora Giulia che parla) ha attribuito che gli stanno facendo il mese gregoriano e che all’altra luna la sua benedetta anima volerà in Paradiso quindi sarà in grado di darci tutte le spiegazioni che ora non ha potuto.
Certo è stato un bel sogno, tu come lo spieghi. Le messe Gregoriane finiscono davvero il giorno prima che incomincia la nuova luna.
La mamma sta bene è contenta che tu non ritorni a porta Pia. Don Palermo se ne andrà in Alta Italia. Hai ricevuto il suo biglietto?
Noi stiamo tutti bene e tu?
Tanti cari baci da noi tutti
Amalia


lunedì 25 gennaio 2016

Affari di famiglia (reg. Marcello Fondato - 1989)


Posilipo 15 Settembre 1865

Mio caro Sig.r Compare
Ieri l’altro ricevei la vostra gradita del 6 andante, cui rispondo. E vi ringrazio, anche per parte della mia amabile contessina della vostra attenzione e del dispiacere avuto del suo aborto. Ora, grazie a Dio sta bene, egualmente che me, e tutti della famiglia; e vi salutano con tutti della vostra, dei parenti ed amici e domestici, verso i quali io fo lo stesso.
Sento quanto voi dite relativamente ai miei affari de quali parleremo col vivo della voce alla mia prossima venuta.
Partirò lunedì 18 col (…) D. Rosario.
Vi dico solo di fare subito notificare Caminiti, e mi meraviglio come avete ritardato sinora.
Contro Giov. Amedeo e D. Nicola Oliva bisogna agire per via penale per dare un caso di esempio agli altri, diversamente i naturali di Careri, abusando della mia assenza, mi rovineranno.
Non si può fare a meno di acquistare la parte della chiusa di Francesco Trimboli Postino, per me vi autorizzo a farla.
Non altro per mancanza di tempo, vi scrivo da Palmi.
Intanto vi abbraccio coi miei fratelli e soliti cugini, e specialmente D. Ciccio e l’arciprete. E sono
                                                                                                   Vostro aff. Mo Compare

                                                                                                             Filippo Oliva




Posilipo Villa Ricciardi 27 Agosto 1866

Mio caro Sig.r Compare

Ci siamo compiaciuti del vostro miglioramento, annunziatoci colla gradita vostra del 19mdel corrente mese, e vene auguriamo la completa guarigione. Noi qui grazie al Signore stiamo benissimo ad onta della malattia del colera dominate nella Città di Napoli della quale noi poco o nulla ci preoccupiamo, essendo più benigna dell’annopassato, e per la posizione in cui siamo. Dite dunque ai miei ed al mio prediletto fratello D. Ciccio, che stia tranquillo.
Speriamo, ch’egli e gli altri nostri godano pure buona salute.
Sin dall’anno passato io vi esternai la mia opinione per l’affitto del molino di Platì, e non l’eseguì a riguardo del mio fratello che fu di diverso parere. Or ch’egli vi acconsente io con tutto piacere vi annuisco porre, e mi rimetto a quello ch’Egli e voi farete all’ggetto.
Attendo il quadro promessomi, e la somma disponibile, come vi scrissi colle antecedenti mie.
Il Sig. Grillo non mi ha mandato gl’interessi e però mi trovo molto imbarazzato. Compiacetevi dire a mio fratello, che gli facesse premura.
Vi riferisco i saluti della mia buona ed affettuosa Contessina anche per tutti gli altri nostri, che io pure saluto coi domestici e foresi ed abbracciandovi coi miei fratelli e Cugino Arciprete, sono
                                                                                                   Vostro aff. Mo Compare
                                                                                                             Filippo Oliva




domenica 24 gennaio 2016

Acque amare (reg. Sergio Corbucci - 1954)



Guizzan solchi di fanghi d’ogni parte
.............                   E giù a rovescio
Pioggia rovina con ampio fragore

( Scene d’un’ alluvione )

Il cielo s’era coperto di nuvole: qua e la fra gli strappi brillava qualche stella, e tratto tratto il notturno silenzio veniva rotto da l’abbaiare d’un cane.
Ero stato per molte ore a casa di un mio maestro, e me ne ritornavo tardi, in compagnia della mia anima, gittando dietro di me, coi buffi del sigaro, rimembranze, impressioni, pensieri. Ero appena entrato nel portone di casa mia che un rombo cupo e prolungato mi gela il sangue ... seguito da un fragore assordante come scoppio improvviso di musica.
Le cataratte del cielo si sono aperte ... l’acqua vien giù a secchioni come il ciel ce la manda, e un lampeggiar continuo, un continuo rumoreggiare ti fa tremare le gambe.
Il paese dorme. Desti alcuni dall’improvviso frastuono, cacciano la testa fuori dalle lenzuola ... tendono l’orecchio ... piove ... e di bel nuovo la ricacciano sotto per dormire i dolci sonni ... Altri, vedendo luccicare fra gli spiragli delle chiuse imposte il lampo, si coprono la testa con le lenzuola mormorando preghiere. E intanto la pioggia fitta e continua pesta sul tetto ... sui vetri ... sul suolo. Io mi accingevo ad una magnifica descrizione, vedendo il cielo denso, quanto l’anima dell’omicida, fesso, tratto tratto da solchi di fuoco
Un grido mi ferì l’orecchio: La china! la china!
Afferro il lume, m’affaccio alla finestra, ed oh spettacolo! ... Un torrente precipitoso viene giù per la china, sfondando usci, diroccando case, e portando dietro con sé la rovina e la distruzione.
Tutte le finestre s’illuminano, un vociar continuo da tutte le parti: “ Gesù Maria che diluvio ! ... Ci porta a mare! ... I nostri peccati ... Santa Barbara Santa Barbara! “ Un lampo impone loro silenzio. Tutti si segnano invocando la Vergine. Già asciutto dalle loro pettegolezze, stavo per chiudere la finestra e riprendere la descrizione, quando, un nuovo grido, più prolungato e doloroso m’inchioda a vedere ... Vidi ...
Una donna con un bambino al collo, forsennata dibattersi fra le acque che l’avvolgevano, e la trascinavano furiosamente giù per la china. Un giovine contadino, il più bello del paese ... - che io, non so perché, guardavo con occhio torvo - vidi sfidare le vincitrici acque strappar loro la preda e portarla in salvo. Lo vidi, alla giallognola luce della folgore, con la testa alta, col bambino al collo, la donna salva ai suoi piedi, guardare le acque vinte con un sorriso
Meravigliato stavo per continuare la descrizione quando un  pensiero terribile quanto un fulmine mi passò per la mente.. Presi lo scritto lo feci a pezzi e lo gettai sul fuoco dicendo: Quegli è una santa creatura, più nobile, più coraggioso di me; io non sono degno di baciargli le mani
E, andando a letto, gli mandai mille baci con la mente, col cuore, con tutta l’anima mia.

5 Novembre 1899

Ernesto Gliozzi sen




sabato 23 gennaio 2016

Je vous salue, Marie (reg. Jean-Luc Godarrd, 1975)

"GORGOEPEKOOS"
Collegamento Iconografico  tra Loreto – Platì – Polsi – Messina

(uno studio di p. Stefano De Fiores, monfortano,pubblicato sulla  rivista
"Il Messaggio della Santa Casa" del Santuario di Loreto-n° 2-Febbraio 1994)

    Il restauro della statua cinquecentesca della Madonna di Loreto, conservata nella chiesa parrocchiale di Platì (RC), è avvenuto nel corso del 1992 a Firenze per interessamento del parroco can. Ernesto Gliozzi e con  la partecipazione di tutto il popolo. Esso ci offre l' occasione di decifrare il tipo iconografico rappresentato dalla statua e il suo significato teologico.
     Tale statua aveva subìto nell' Ottocento un restauro che ne aveva in parte modificato i connotati. Essa era stata interamente ricoperta di uno strato di gesso che ne addolciva le linee ma insieme velava il primitivo modello ligneo. In particolare Gesù Bambino risultava spostato verso destra e adagiato con il gomito sul petto di Maria, mentre la mano sinistra sorreggente il mondo ( in greco oikoumenikòn) veniva capovolta.
     Questi accorgimenti avevano ovviamente lo scopo di rendere meno esposta ad urti la piccola statua di Gesù Bambino. Giustamente il restauratore fiorentino, per motivi intrinseci alla statua, ha raschiato lo strato di gesso che la ricopriva ed ha spostato in avanti il Bambino, capovolgendogli la mano sinistra in modo da sorreggere con essa l' oikoumenikòn.
     Con queste modifiche la statua ha riacquistato la somiglianza con il prototipo da cui trae popolarmente il nome, cioè Madonna di Loreto (in calabrese " A Madonna du Ritu").
Il prototipo lauretano
                A questo punto si pone il problema dell' icona venerata a Loreto nella Santa Casa nei primi secoli dell' esistenza della chiesetta di S. Maria (1294): un dipinto o una scultura?
                E' risaputo che nell' incendio del 1921 è andata distrutta l' antica statua del secolo XIV, la quale venne sostituita un anno dopo con una di uguale struttura in cedro del Libano dei giardini vaticani dallo scultore Leopoldo Celani su modello di Enrico Quattrini. Le caratteristiche di questa statua, di solito soggiacenti alla ricca dalmatica di cui è rivestita, consistono nell' atteggiamento del Bambino che benedice con la destra mentre con la sinistra sostiene il globo e nella posizione eretta della Madonna, che a sua volta con una mano sorregge il Bambino e con l' altra accompagna la falda del manto.
                Questo ultimo particolare è una probabile contaminatio o modifica della mano della Madre che dovrebbe indicare il Figlio, secondo il modello iconico della Hodigitria (=colei che indica la strada, cioè Cristo). Tale gesto appare chiaramente in un' antica statuetta della Vergine con il Bambino in rame dorato (sec. XIV) conservata nel Museo Pinacoteca di Loreto. Gesù Bambino è raffigurato mentre con la destra benedice e con la sinistra tiene un libretto. E' importante notare con gli studiosi che la statuetta considerata "la più antica immagine della Madonna di Loreto" reca i "segni d' arte bizantina, emergenti dall' arcaismo della figurazione, specie dal sorriso del Bambino e della ieraticità di matrice orientale. Tali indizi sono ancor più evidenti nelle lettere greche incise sul petto della Madonna e sul petto del Bambino, e intessute nell' ampio nimbo di quest' ultimo".
                Siamo così rinviati ad un' icona bizantina dipinta su tavola secondo norme fissate dalla Chiesa d' oriente che avrebbe preceduto la statua, come si evince da alcune testimonianze. Un atto processuale del 1315 documenta che dei ladri asportarono "tutte le ghirlande d' argento con perle e senza sopra l' immagine della Beata Vergine e della sua icona e sopra l' immagine di nostro Signor Gesù Cristo che stava sopra la detta icona". Un altro riscontro si trova nel libro dell' umanista G. Ricci Virginis Mariae Loretae historia (1468-69), scoperto e pubblicato nel 1987 da G. Santarelli, dove l' autore afferma di aver ammirato alla sommità dell' altare una "parva tabella", una "pittura tanto dolce e bella" dal volto "un poco nero, con color rosso". Sia il Ricci che il Teramano e il Mantovano attribuiscono l' immagine di Maria a s. Luca Evangelista, che secondo un' antica tradizione è considerato pittore. Non mancano altri documenti o indizi che sono recensiti da G. Santarelli.
                Mentre la primitiva icona di Loreto era probabilmente del tipo Hodigitria, la tipica composizione attribuita a S. Luca, l' antica statua (e tutta una serie di stampe e di dipinti, a cominciare dalla xilografia dei primi decenni del '500 conservata nel Castello Sforzesco di Milano e raffigurante la traslazione della S. Casa) presenta un sottotipo iconografico da identificare. Il dettaglio più importante apportato da questo modello è il globo sormontato dalla croce, che sostituisce nella mano sinistra il libro o rotolo presente nella Hodigitria.

L' icona della Gorgoepekoos
                Per stabilire l' identità della icona riprodotta dalla statua della Madonna di Loreto (e più ancora da quella di Platì in cui la Vergine indica Cristo con il gesto della mano sinistra), passiamo a un' icona conservata nel Santuario di Polsi in Aspromonte. A parte alcuni particolari propri, come il rotolo spiegato che la Theotokos stringe nella mano sinistra e la scritta Regina coeli laetare alleluja sull' aureola maggiore, la Madre e il Bambino presentano le stesse caratteristiche della Madonna di Loreto. Omologata dallo storico Salvatore Gemelli al tipo della Platitera, l' icona è stata più esattamente ritenuta dall' iconografo Gaetano Passarelii come una Hodigitria, con parecchie varianti e con il titolo Gorgoepekoos (=Veloce ascoltatrice). In realtà questo titolo è scritto in lettere greche sotto i monogrammi MR  QU sotto la forma seguente: H GORGO EPHKOOS.
                Secondo Passarelli l' icona sarebbe stata dipinta nel 1715, data scritta alla base, ma "su un' immagine precedente, più antica, del tipo iconografico dell' Odigitria" e risalente al XIV secolo. La scritta sul rotolo in mano da Maria contiene l' incipit, la datazione e la chiusura della famosa lettera di Maria ai messinesi, per cui siamo rimandati alla Madonna della Lettera di Messina se vogliamo capire l' icona di Polsi e infine la Madonna di Loreto.
                Se prendiamo in mano l' Atlas marianus del Gumppemberg troviamo una bella incisione della Imago B.V. miraculosa de Littera Messanae corredata da notizie riguardanti la tradizione della Lettera che Maria avrebbe indirizzato ai messinesi mentre ancora viveva a Gerusalemme.
                Circa questa icona, che presenta i tipici connotati della mano destra della Madre di Dio che indica il Figlio e del medesimo che benedice con la mano sinistra e sorregge il globo con la destra, l' autore gesuita Gumppenberg asserisce che "è antichissima ed è oggetto di grande venerazione. Comunemente si crede che sia opera di S.Luca, insignita di questa scritta: H GORGO EPHKOOS:Veloce ascoltatrice"
                Nessun commento teologico abbiamo finora trovato che prenda in esame questo titolo mariano. G. Musolino attinge al vol. IV del Nuovo Lessico Enciclopedico, edito in greco ad Atene per offrire alcune notizie storiche: "La devozione alla Gorgoepikoos è di origine bizantina, si fregiavano infatti dello stesso titolo l' attuale tempietto di Santo Eleuterio ad Atene, un monastero del territorio di Mantinea e il monastero di Docheiario, sul monte Athos. Anche a Costantinopoli nel secolo XIV vi era un cenobio che prendeva il nome di Gorgoepikoos".
                A noi viene in mente una frase di Saveriano di Gabala che offre il fondamento del titolo dato alla Madre di Dio, in quanto la presenta non già nello sheol in condizione umbratile, ma dotata delle funzioni vitali di ascolto delle lodi e preghiere dei fedeli: "Maria ogni giorno si sente dire da tutti: "Beata! (...) Ma certo che ode, perché si trova in uno splendido luogo, perché  è nella regione dei vivi, lei che è madre della salvezza, lei che è la sorgente della luce percettibile".
                Del resto anche nella sua vita terrena Maria è stata la "Vergine in ascolto"(MC 17), poiché ha ascoltato la Parola di Dio e anche i desideri perfino inespressi degli uomini, come ha fatto a Cana. Ella è l' attualizzazione personificata dello Shemà Israel: Ascolta Israele. Ora in cielo continua a prestare orecchio sopratutto al clamore umano, perché partecipa all' atteggiamento del Dio d' Israele che sente il clamore degli ebrei in Egitto e decide d' intervenire per liberarli dalla schiavitù (Es.3,7-8).
                Maria resta  orientata essenzialmente verso Cristo, che indica con il gesto della mano come colui che è la Via di accesso al Padre(Gv.14,6), secondo il significato teologico del  tipo fondamentale dell' Hodigitria. Contemplando Gesù tenuto in braccio da Maria occorre sottolineare la sua mano destra benedicente, che non solo ricorda la fonte trinitaria da cui promana ogni dono per gli uomini, ma anche la ricchissima teologia biblica della benedizione. Infatti in Cristo il Padre "ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli" (Ef 1,3). La destra del Bambino che sorregge il mondo indica il suo potere Pantokrator nonostante la sua fragile condizione umana. E' il paradosso del Dio trascendente che nell' incarnazione si fa condiscendente. Adesso la Genitrice del Verbo di Dio secondo la natura umana partecipa al potere misericordioso del Figlio, avendo portato nel grembo colui che tiene il mondo nel piccolo pugno della mano (cf. inno Quem terra, pontus, sidera).
           Sono accenni di una teologia dell' icona che dovrebbe essere portata a maggiori approfondimenti.
           L' icona della Gorgoepekoos, con o senza l'iscrizione, è assai diffusa nel mondo. G. Musolino riporta l' icona della Madonna con Bambino sopra descritto venerata ad Aieta (sec.XIV) e quella della Madonna della Lettera offerta dai messinesi agli abitanti di Palmi nel sec.XVI in riconoscenza per gli aiuti da loro inviati in tempo di carestia. G. Cocchiara da parte sua recensisce per quanto concerne la Sicilia tre immagini di S. Maria Lauretana specificando che il Bambino "tiene sulla manina destra un globo mentre coll' altra fa il segno della s. Benedizione". Inoltre pubblica una Madonna della Lettera del tutto simile a quella di Polsi, ad eccezione del rotolo nella mano sinistra di Maria. Simile come tipo, ma con il Bambino sul braccio sinistro è Maria V. del Bosco di Niscemi, in cui un globo molto evidente è sostenuto dalla mano della Madre e da quella del Figlio. Ricordiamo anche un simulacro ligneo a mezzo busto (che sarà poi affiancato poi da una statua intera) raffigurante la Madonna della Lettera, che dalla Dogana di Messina dove era esposto è finito in mare nel terremoto del 1783, è approdato alla baia di  S. Margherita Ligure e quindi è venerato nella chiesa di S. Giacomo di Corte. Del resto anche la celebre icona del santuario di Jasna Gora (Czestokowa) presenta i connotati della Gorgoepekoos, anche se non ha l' iscrizione.
Sintesi conclusiva                   
                Siamo partiti dal restauro della statua della Madonna di Loreto venerata a Platì e potevamo pensare che si trattasse di una raffigurazione isolata in quel remoto paese della diocesi di Locri-Gerace. Il nostro itinerario iconografico ci ha mostrato una rete di collegamenti in Italia e fuori che rendono la statua di Platì un crocevia di relazioni che comprende Loreto, Messina, Polsi, ma anche Gerusalemme e il  Monte Athos.
                La statua di Platì non è neppure una figurazione generica, ma è veramente la Madonna di Loreto secondo le caratteristiche che essa presenta nell' antica e nella nuova statua venerate nella Santa Casa. Un risultato inedito su cui tacciono le fonti lauretane consiste nell' identificazione del tipo iconografico cui la statua di Loreto si richiama. Non si tratta soltanto del prototipo fondamentale dell' Hodigitria, ma anche del tipo meno noto anche se assai diffuso della Gorgoepekoos, che presenta la Teotockos come colei che è pronta ad ascoltare le preghiere dei fedeli per intercedere per loro le grazie della salvezza: Veloce ascoltatrice, e Gesù come colui che sorregge il mondo e benedice. Si tratta di temi plausibili di approfondimento teologico ricchi di applicazioni vitali.

               La statua di Platì e le raffigurazioni affini collegano le chiese d' occidente e quelle d'oriente, in quanto il loro prototipo è greco-bizantino. Esse invitano la Chiesa "a respirare pienamente con i suoi 'due polmoni': l' oriente e l' accidente" (RM 34) ed a sintonizzare con le Chiese orientali "profondamente unite dall' amore e dalla lode della Theotokos(RM 31). Questo orientamento ecumenico deve essere più intimamente sentito dal popolo calabrese, per vari secoli popolato da monasteri basiliani, centri di preghiera, di cultura e di carità. Sono i monaci basiliani gli iconoduli che hanno promosso il culto alle icone della Madre di Dio. Un monaco del monte Athos scrivendo ai geracesi dopo l' XI incontro di studi bizantini (6-9 maggio 1993) esprime meravigliosamente la comunione che lega la Grecia alla Calabria: "Per noi la Calabria è una parte della nostra storia e un luogo dove rifulsero i santi, e così ogni angolo di questa terra, ogni sentiero, ogni insenatura ed ogni roccia sperduta sono per noi cose tutte venerande e sacre. (...) Abbiamo sentito che qui accanto spadroneggia la cieca violenza. Ma siamo certi che il luminoso e  possente soffio dello Spirito di Pentecoste è capace di trasfigurarla. Ogni Liturgia è una 'Pentecoste', basta che noi sforziamo e  purifichiamo noi stessi uccidendo le nostre passioni a maggiori approfondimenti.


giovedì 21 gennaio 2016

I cacciatori (reg. Theo Angelopoulos - 1976)



Circolo sportivo


E ci volea pur questo! E Sissignori!
Un Circolo Sportivo ... “ Cacciatori “
Non c’era un buco dove andar la sera
a farsi un macaino, una primiera ...
Se andavi in qualche casa di privato
finivi querelante o querelato ...
Se andavi al buio a farti quattro passi
riuscivi di lasciar le suole ai sassi.
Invece nò, con questo circoletto
passi la sera almeno con diletto
e se tu a caccia non sei andato mai
come si mira e tira ... imparerai
ed avrai pur nozioni sulla caccia
come si spara il tordo e la beccaccia.
Insomma, in quel bel luogo sì socievole
l’utile puoi accoppiare al dilettevole.
E poi non paghi troppo! cosa vile!
appena sette lire per mensile ...
Se il camerier ti sbircia alquanto torbo
non paventare ché di un occhio è orbo ...
se nel Circolo vede entrar estranea gente
è per la gran bontà del Presidente.
Fatti socio, se ancora non lo sei,
e nel Circolo vede estranea gente
e paga GLI ARRETRATI    ... CON I MIEI ..

Giacomo Tassoni Oliva

mercoledì 20 gennaio 2016

Ricorda il mio nome

-Ciampa Giuseppe(10.3.937/107-36)-N e Ciampa Vittoria di Rocco rocchìcia.
-Grillo Rosario(11.3.937/107-37)-Domen.'ngrisi -Sergi M.di Ant. perciasipali.
-Papalia Giuseppe(14.3.837/108-39)-Gius.e Portol. Elisab.di Giuseppe lucìu.
-Calabria Maria(14.3.937/108-40)-Dom. piscilongu e Ielasi Teresa di Pasq.
-Perre Antonia Fr.(11.4.937/111-48)-Ant.santallinu e Catanz.Gius.a di Rocco.
-Trimboli Maria Fr.sca(24.4.937/111-49)-Franc. piseja e Carbone Caterina Serafina di Rocco.
-Trimboli Maria(24.4.937/112-50)-Franc. maluni e Callipari Concetta di Vinc.
-Pangallo Filippo(25.4.937/112-51)-Antonio jemiju e Lentini Gius.a di Dom.
-Perre Pasquale Ant.(4.3.937/113-54)-Rocco rasula-Perre Anna di Pasquale santallino.
-Catanzariti Rosario(6.5.937/113-55)-Rocco celestrinu e Perre Cater.di Ant.
-Catanzariti Francesca(8.5.937/114-56)-Gius. vajana- Carbone M.Rosa di Fr.
-Mittiga Giuseppa(9.5.937/114-57)-Rosareio cinna-Stancati Serafina di Gaet.
-Marando Giuseppe(16.5.937/114-56)-Vincenzo pajuni e Pangallo Elisabetta di Giuseppe zoru.
-Carbone Giuseppe(22.5.937/115-59)-Gius. ranco -Portol. Anna di Gius.lucìu.
-Pangallo Antonio(23.5.837/115-60)-Pasq.batazzinu e Sergi Elisab.di Antonio
-Morabito Pasquale(29.5.937/115-61)-Dom. mastrudatta e Catanzariti Michelina di Saverio.
-Rinaldo Domenica(30.5.937/116-62)-Rocco pittineja e Carbone Maria di Fr.
-Barbaro Pasquale(17.3.937/116-64)-Rocco zumpanu e Barbaro Elisabetta di Antonio micciunarda.
-Agresta Rosa(19.6.937/117-65)di Sav.ciaramejotu -Schimizzi Fr.sca di Franc.
-Virgara Rosa(26.6.937/118-69)-Dom. Ant. picigaja e Riganò Antonia di Gius.
-Sergi Maria(4.7.937/118-70)-Antonio filomenaru e Lentini Rosa di Giuseppe
-Perre Giuseppe(14,7,937/119-71)-Rocco jhumentaru e Barbaro Elisabetta di Francesco zumpanu.
-Catanzariti Rocco(11.7.937/129-74)-Gius.giarruni e Ielasi Maria di Rosario.
-Garreffa Antonia(17.7.937/120-76)-Ant.burni e Portolesi Maria di Antonino.
-Violi Maria Carmela(22.7.937/121-78)-Ant. rigineju e Ielasi Franc.a di Dom.
-Marando Antonia(22.7.937/121-79)-Rocco pistola e Romeo Caterina di Francesco cecalupi.
-Trimboli Giuseppa(1.8.937/122-82)- Dom.vajana e Pelle MarAnt.di GiusAnt.

-Romeo Pasquale(4.8.937/123-84)-Giov.pettinaru e Ielasi Elisabetta di Dom.


lunedì 18 gennaio 2016

La città dolente




Erba!
Il ragazzo è di famiglia nobile, ma la sua casa essendo ridotta a un cumulo di macerie sotto il quale giacciono
ancora genitori e fratelli, denaro, documenti e mobili, si guadagna ora da vivere portando cassette di frutta e
di verdura dal porto fino a quel gruppo di capannoni che viene onorato col nome di mercato. Più tardi, quello stesso giorno, ci capitò di passare davanti alla sua casa, situata nei pressi del molo. «La mia casa e la mia famiglia» mi disse, indicando con un gesto di atavica rassegnazione un mucchio di macerie.
Poco distante, fra le rovine, una giovane donna sca-pigliata cantava, estatica. «Ha perso il marito e il Suo cervello ha ceduto ››  spiegò il giovane. «È strano: non facevano che litigare, ed ora lei lo chiama giorno e notte col suo canto, supplicandolo di ritornare.››
L'Amore, secondo i greci, era figlio del Caos. In questa parte della città sorge il museo civico, che tutti i lettori delle armoniose pagine di Gissing: «By the Ionian Sea ›› ricorderanno certamente. È crollato, come tutto il resto che egli visitò a Reggio, come l’albergo in cui prese alloggio, come la cattedrale la cui fiera iscrizione «Círcumlegentes devenimus Rhegium» gli fece una così profonda impressione, come «quel singolare pezzo di avanzata civiltà che mi diede la strana sensazione di essere capitato nel mondo di quei romanzieri che prevedono il futuro: un macello pubblico di armoniose linee, situato in un boschetto di limoni e di palme, che faceva pensare all'ideale sognato da un riformatore il cui palato rifugga dal vegetarianismo ››. Facemmo il giro di tutti quei luoghi, senza dimenticare la casa che porta la lapide commemorativa di un giovane soldato, caduto combattendo contro i Borboni. Dalle sbarre di ferro contorte del suo balcone pende una corda con la quale gl'inquilini hanno tentato di calarsi.
Un mio amico, il barone C . . . di Stilo, appartenente a quella stessa famiglia di patrioti, mi narrò un caso davvero strano. Il giorno della catastrofe, lui era assente da Reggio, ma tre suoi parenti erano in casa. Alla prima scossa si riunirono tutti, terrorizzati, in una sola stanza; il pavimento cedette e, improvvisamente, si trovarono seduti nella loro automobile, l'autorimessa essendo situata sotto a quella stanza. Se la cavarono con poche insignificanti contusioni.
Su di una rovina vicina, un'iscrizione dice che «il palazzo essendo stato gravemente danneggiato nel terremoto del 1783, il suo proprietario l'aveva ricostruito in maniera appositamente studiata per resistere ad eventuali futuri terremoti». Chissà se lo ricostruirebbe ancora?
Ritengo, comunque, che Reggio abbia possibilità di risorgere: la sua prognosi non è senza speranza.
Ma Messina è un caso disperato.

Quel superbo lungomare con la sua lunga fila d'imponenti edifici ... Immaginate uno scenario teatrale di cartone attraverso il quale un mostro di enormi proporzioni e di tendenze sportive abbia saltato con frenetica allegria. Ecco com'è ridotto. E, dentro, tutto è desolazione. Le macerie arrivano fino all'altezza delle finestre e bisogna arrampicarsi per passare. Quale interessante deposito post-terziario per le generazioni future, per l'abile archeologo che decifra la storia dell'umanità da credenze di cucina e da deformi mucchi di cianfrusaglie dimenticate! Tutta la vita sociale dei cittadini, la loro arte, la loro economia domestica, i loro svaghi giacciono sepolti in quei rifiuti. «Una vera gara musicale» concluderà l'archeologo, osservando le numerose vestigia di pianoforti, chitarre e mandolini venute alla luce. Il clima di Messina, dichiarerà poi, deve essere stato molto umido, poiché ovunque si trovano ombrelli infilati tra le macerie, sconsolatamente appoggiati ai muri in rovina, sepolti nella povere. Piovve molto durante quei giorni terribili e gli ombrelli erano ricercatissimi. Ma cinquanta ombrelli non avrebbero acquistato una pagnotta. Goethe ebbe a dire che, delle grandi catastrofi che afflissero l'umanità, nessuna più di quella di Pompei ha procurato piacere ai posteri. Altrettanto non potrà mai dirsi di Messina, le cui reliquie sono in gran parte squallide e meschine. Lo stesso Goethe visitò la città dopo il disastro del 1783 e ne descrive la zackige Ruinenwiiste - parole il cui suono evoca immagini di distruzione e di morte. Tuttavia, la città risorse.
Ma che fu il 1783?
Una semplice prova generale, una rappresentazione da dilettanti.
Norman Douglas, Old Calabria


continua

domenica 17 gennaio 2016

Un ragazzo di Calabria (reg. Luigi Comencini - 1987)


Pasqualino Papalia 
30 maggio1973 -  03 gennaio 1993

” Nel camposanto del mio paese uno scolaretto morto nei primi  anni del secolo se ne sia in piedi vestito d'una marinara di pietra.
Quando lo vidi la prima volta avevo i suoi stessi anni decisi di essergli amico, di giocarci in sogno la notte. Per qualche tempo mi riuscì, poi cominciai a sognare me stesso, da solo, in piedi sul medesimo piedistallo, col medesimo volume sigillato sotto l’ascella.
Allora con spavento capii che quel libro era la vita - non vita di entrambi e che nessuno lo avrebbe aperto .
  (Da Gesualdo Bufalino, scrittore siciliano)
  Carissimo  Pasqualino
   la gita di fine anno l’abbiamo anticipata. Un viaggio mesto  e silenzioso, senza la tua presenza allegra e scanzonata, ponderata e piena di vita. Un pellegrinaggio amaro come l'amaro miele, in questo tuo paese dove dai fianchi rovinosi dell'Aspromonte in una gelida mattina di gennaio, sgorgano polle d'acqua che sono stille di lacrime senza fine.
  Ci siamo tutti. Alla partenza i professori hanno fatto l'appello.
  Per te nessuno ha risposto "assente" perché sei "presente", in ogni istante nei nostri cuori, nei pensieri, negli affetti e nelle memorie che ci portiamo addosso lungo il difficile ed effimero sentiero
della vita.
   Tu eri l’ambasciatore delle nostre istanze, problemi, richieste che nascono ma non trovano mai soluzioni in una comunità scolastica emarginata ed avevi trovato nel Preside, tuo conterraneo, un fratello con cui parlavi gestualmente ed in dialetto, che poi - come dice il Manzoni - è la vera lingua, la lingua dei poveri.
    La tua bontà d'animo, il tuo altruismo, il tuo servizio per un’umanità  sofferente che si affida al prossimo per lenire pene e ferite. La raccolta per gli ammalati di distrofia muscolare.
Ognuno aveva svuotato le tasche in una sorta di gara di solidarietà  senza fine, in una scuola popolata da ragazzi d'Aspromonte e non a caso intestata a Corrado Alvaro.
   Caro Pasqualino,
   Con la tua morte a scuola siamo raccolti come “ stormo di rondini che seguono la guida nel loro volo triangolare “.
    Ed il tuo paese tutto qui riunito. 
    “ Il paese abbandonato – scrive Alvaro – intorno si sfascia rapidamente, le piazze e le strade deserte sono amplificate dai meandri che si aprono nelle case crollanti, di dove hanno portato sia le porte e le finestre, con polverio minuti. Tutto è divenuto bianco come se i respiri e le parole trascorse fossero raggelati e incanutiti nell’aria.
    La chiesa è spalancata, l’altare disadorno, e qui il muro che si sfalda è pieno di dramma: sembra che qui sia un perpetuo Venerdì Santo; quando si manomettono gli altari e se ne abbattono le suppellettili “.
    Ma la tua morte è resurrezione. La croce di Cristo è gemmata con il gesto di tuo padre che ha voluto affidare a chi soffre il sorriso dei tuoi occhi e la bontà del tuo cuore. Ed il vecchio cuore di Platì che torna nuovamente a pulsare in un paese non spento ma vivo, sempre incudine mai martello.
  Si, tuo padre!
  Quel volto livellato da ragazzo, dal vento, dal gelo di queste montagne e poi  dalle sofferenze di una giustizia ingiusta. Le sentenze – diceva Leonardo Sciascia – sono scritte dal popolo, tra le mura, nella piazza del paese, agorà di ogni vicenda umana.
  E poi, caro Pasqualino, tua madre!
  “ Comu si comporta Pasqualino ? “
  Ed i professori: Bene.
  Questa povera donna, novella Niobe che tiene aggrappata i figli al grembo per strapparli alla morte.
  Una morte ingrata.
  Caro Pasqualino, giovedì riprenderanno e lezioni. Sul tuo banco accanto alla lavagna deporremo un cespo di fiori. Fiori di campo che spuntano come i bucaneve dalla terra gelata.
   E' primavera, caro Pasqualino il ritorno alla vita.
   Addio!
                                                                                                  VITTORIA PISCIONERI
                                                                                                        a nome della Scuola
Platì, lì 5 gennaio 1993

Istituto Professionale di Stato per i Servizi Commerciali “ Corrado Alvaro “ Bovalino  In Memoria di Pasquale Papalia



lunedì 11 gennaio 2016

Una madre dovrebbe essere amata (reg. Yasujiro Ozu - 1934)


Caterina Gliozzi Mittiga
01 marzo 1913 - 11 gennaio 1991

Il testo di Neruda è stato sovrapposto da Francesco di Raimondo al quale va la lode illimitata. Io da parte mia ho finalmente potuto dedicare alla mamma un titolo di Ozu, che in originale è cosi: 
母を恋はずや Haha o Kowazuya

venerdì 8 gennaio 2016

Per la patria (reg. Ugo Falena - 1915)



Comitato di Assistenza Civile
in                     Platì

Deliberazione N. 1°
Oggetto: Costituzione del Comitato
Costituzione e scopo
L’anno mille novecento quindici, il giorno 14 del mese di Ottobre, in Platì, in una sala del Palazzo Comunale.
In seguito alle savie disposizioni del Governo, si costituisce in Platì un Comitato di Assistenza Civile, allo scopo di portare alla grande causa comune il contributo delle energie di questa popolazione, non seconda ad alcuna nello spirito di solidarietà e di patriottismo.
Il Comitato viene composto dei Signori: Aricò Domenico, Ragioniere Capo di Prefettura, Commissario Prefettizio – Sig.r Cioni Attilio, Maresciallo dei R. R. Carabinieri – Portolesi Francesco, Segretario Comunale – Dottor Zappia Filippo, Medico Condotto – Fera Rosario, Insegnante Elementare e dal Sacerdote Ernesto Gliozzi.
Il Commissario rag: Aricò, che viene acclamato Presidente del Comitato, rende ostensiva ai convenuti la circolare ministeriale, in cui s’invoca la cooperazione di tutti e di ciascuno nell’aiuto sia dell’esercito che combatte strenuamente sulle porte della più grande Italia, sia per le famiglie dei richiamati che vivono nel bisogno e nell’ansia. E’ un dovere quindi – conchiude – dimostrare alla Patria nella solennità e del momento, quanto abbiamo in noi di nobile e di generoso.
Affidate le cariche del Cassiere al Dottor Zappia e quella di Segretario al Sacerdote Gliozzi si propone di eseguire una sottoscrizione mensile tra gli abbienti  del paese e la requisizione di lana, per gli indumenti dei soldati.
Il Presidente informa che, come fondo di cassa, il Comitato dispone della somma di lire trecento quarantacinque di cui L. 300 elargite dal comune e L. 45 residuo di una sottoscrizione.
Dopo di che il Presidente esorta tutti a voler lavorare con amore per il bene e per la grandezza della Patria, che vede nell’unione dei suoi figli, la forza e la certezza di vincere, la speranza e la gloria dell’avvenire.
Si chiude la prima seduta del Comitato con una tacita promessa di ognuno e col saluto alla Patria e al Re.
                                                                                                                                                                                                                                                                             Il Presidente
                                                                                                                Aricò
 Il Segretario
Sac: E. Gliozzi

giovedì 7 gennaio 2016

Casino (reg. Martin Scorsese - 1995)

Abbiamo avuto anche questo, non tutti vi erano ammessi



mercoledì 6 gennaio 2016

I magi randagi (reg. Sergio Citti - 1986)


Stavo camminando, ed ecco non camminavo più
Giunti a metà del cammino, Maria gli disse: - Fammi scendere dall'asina, perché quello che è in me mi fa forza per venire alla luce.
Egli la fece scendere dall’asina e le disse: - Dove ti condurrò per nascondere questa tua sconvenienza? Qui il luogo è deserto.
Ma trovò là una grotta  e ve la condusse dentro, lasciando presso di lei i suoi figli, ed egli usci a cercare una levatrice ebrea nel paese di Betlemme.
E io Giuseppe stavo camminando, ed ecco non camminavo più. Guardai per aria e vidi che l’aria stava come attonita, guardai la volta del cielo e la vidi immobile e gli uccelli del cielo erano fermi. Guardai a terra e vidi posata li una scodella e degli operai sdraiati intorno, con le mani nella scodella: e quelli che stavano masticando non masticavano più, e quelli che stavano prendendo del cibo non lo prendevano più, e quelli che stavano portandolo alla bocca non lo portavano più, ma i visi di tutti erano rivolti in alto. Ed ecco delle pecore erano condotte al pascolo, e non camminavano, ma stavano ferme; e il pastore alzava la mano per percuoterle col bastone, e la sua mano restava per aria. Guardai alla corrente del fiume e vidi che i capretti tenevano il muso appoggiato e non bevevano;  e insomma tutte le cose, in un momento, furono distratte dal loro corso.
Dal Protovangelo di Giacomo, Einaudi Tascabili, 1969

Fino a pochi anni indietro, nel paese, l’immaginetta di sopra era ancora visibile sulle vecchie porte delle vecchie case. Era stata incollata negli anni della mia infanzia per la novena di natale e serviva da segnale di sosta  per il trio musicale che faceva il giro del paese nel buio dell’alba. Ovvio che quella sosta era stata precedentemente rimunerata, ma davanti la nostra putiga (bottega) papà offriva loro un bicchierino di anice, e la tonalità su cui era eseguito Tu scendi dalle stelle passava dall’andante bachiano al moto con brio vivaldiano. Ricordo che la persona che aveva incollato le immaginette era la stessa a capo del trio, o quartetto; veniva da fuori e nei miei ricordi,fissati in quel tempo come il racconto di Giacomo protovangelista, era il sacrestano che sostituiva Micuzzu, allora migrante come i magi di Sergio Citti.

lunedì 4 gennaio 2016

Atto di dolore (reg. Pasquale Squitieri - 1990)



PATRONA
Maria Santissima di Loreto patròna di Platì,
Madre incoronata, da tutti i paesani sei amata,
Vergine immacolata, protettrice, di poveri e ammalati,
Maria misericordiosa, che lenisci i dolori,
luce che all’aurora risvegli il mattino.
ti adoro patrona beata …
Ascolta la supplica di questo pellegrino,
che ti osanna e ti venera mia patrona,
a te mi affido mia adorabile madre,
stendi il tuo manto e coprimi con esso,
è un tuo umile figlio che te lo chiede.
ti adoro patrona beata …
Che si prostra ai tuoi piedi mia divina,
Che cerca la strada maestra e un po’ di pace,
Aiutami mia Regina a trovare il Verbo di Dio,
Abbi cura della mia famiglia, santa Venerata,
Che ogni anno in processione a te si accompagna.
ti adoro patrona beata …
Proteggi i tuoi figli sparsi per il mondo,
Ammorbidisci i cuori crudeli e di pietra,
fa che cessano le guerre nel mondo,
e che i popoli della terra si amino,
come tu ami tutti i tuoi figli.
ti adoro patrona beata …

Antonio Papalia
VISTO PER CENSURA – CASA CIRCONDARIALE - PADOVA
PLATINSIEME foglio informativo della parrocchia n. 8