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mercoledì 14 ottobre 2015

Mater dolorosa (reg. Mario Caserini - 1913)






I lieti eventi
Tardi, aspettati, giungono e non sempre …
Presta soltanto è la sventura:
Intraveduta appena, ella ci è sopra.
Signori.
La Nobile Donna Caterina Mezzatesta,  ieri esuberante di vita, oggi freddo cadavere ci insegna come un tiranno minaccioso passa in mezzo a noi, trascinando dietro di sé, a brandelli, i cuori lacerati. Passa, seguito da un coro lamentoso di gemiti e di singhiozzi, di lacrime e di sangue …
Una bambina, che dal selvaggio dolore si sente stringere il petto, che piange amaramente su una bara, simboleggia la desolazione dinanzi a cui lo spirito cristiano devotamente medita. E non ha bisogno questo muto e sanguinoso dolore, non ha bisogno di parole per manifestarsi … il vero dolore non parla … va fremendo nel cor, finché lo spezza.
Ed è per questo che non vi domando parole, non vi domando lacrime … Raccogliamoci e pensiamo piuttosto sui destini ultimi degli uomini.
XXX
Conoscevo appena il timbro della sua voce … ma conoscevo ma conoscevo abbastanza il ritmo della sua bell’anima. Conoscevo in altri termini, che era buona, di quella bontà che viene dall’Evangelo e a me lo dissero i poveri.  Non è questa, credetemi, un’asserzione che scende dai regni della metafisica o della rettorica , è una verità vera e quella vecchietta che mi rifiutava dei soldi unicamente, perché, come diceva lei, aveva la sua Donna Caterinuzza, se fosse qui sarebbe una prova parlante … Compresi allora,sin dal mio primo apparire in questa cura, come qualmente la nobildonna Caterina Mezzatesta lavorasse davvero pel cielo. Ma oggi comprendo meglio che Ella non doveva morire … che Ella non è morta anzi … vive, per lunga pezza ancora, nella riconoscenza dei poveri Lo credo.
XXX
Vive! Oh non possiamo dire che sia tutta ,morta! Per carità, non la dite questa acerba parola a quattro angioletti di bimbi, che si stringono come un gruppo di naufraghi intorno al padre, indebolito dallo schianto. Non dite che tutto è un sogno e che essi non si desteranno domani. Voi li uccidete certamente. Lasciiateli vivere di fede, di speranza di amore … Oh come è bello “ sui casti silenzi della tomba sospirare, sognare ed amare! “
XXX
“ Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me anche se morto vive … credis hoc? “ Così diceva il Biondo Nazzareno a quell’anima desolata della buona Marta. E le restituiva il fratello quatriduano. O come vorrei in questo giorno, come vorrei sollecitare il Miracolo di Betania a favore dei figlioletti teneri, del marito affranto, dei parenti desolati! Con la manifestazione più bella, più chiara, più ampia della mia fede, nella divinità del Maestro! Ma se ciò non  mi è dato, lasciatemi che ho bisogno di meditare … Il religioso silenzio piace ai morti. E’ allora che essi rispondono alle nostre domande, molciscono i nostri cuori, asciugano le nostre lacrime. E’ allora quella corrispondenza di amorosi sensi tra gli estinti e i vivi, di cui parlava il Poeta.
XXX
Io non scriverò mai la storia di un cuore. Ne hanno scritto abbastanza di queste storie. Dico semplicemente che innanzi ad una martire della Maternità, innanzi a due esistenze che si inabissano nell’atto di afferrare di afferrare la tavola di salvamento … è giocoforza tacere, raccogliersi e meditare.
Se non che, i cuori sanguinanti hanno bisogno delle bende di conforto, e queste bende pietose me li appresta la religione di cui sono indegnamente ministro e che è nata tra i sepolcri. Essa mi schiude “ i floridi sentieri della speranza, i campi eterni, il premio che i desiderii avanza “ mi fa vedere in luogo di delizie dove le anime buone che amammo ci attendono per vivere di una vita immortale, non funestata dal pianto. E’ colà che ci ha preceduto e vive Donna Caterina Mezzatesta.
XXX
Si, e lo dico con foce ferma e robusta, Ella non è morta! Passò dall’ombra nella perpetua luce, dalla terrav al cielo, come una melodia che si perde nell’orizzonte, lontana. E’ andata a ricevere il premio delle sue virtù e vigilare, ombra benefica ed invisibile, sopra la sua casa, oggi in desolazione. Intanto … Sunt lacrime rerum
Piangono le mura di questa casa come colpite dal fulmine, piangono in essa le cose tutte, divenute memorie sacre della sua esistenza stroncata e dal flutto delle cose emerge l’idea della sventura. Come un nero sudario incombe la monotonia del tempo che lento volge ed incalza alla preghiera.

Sac. Ernesto Gliozzi sen.

N. B. La citazione d'apertura lo zio la trasse dal Conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni. Io vorrei invitarvi a leggere il testo per intero perché mi pare che sia una composizione tra le migliori uscite dalle penne paesane.

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