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lunedì 27 aprile 2015

Il piccolo conte (reg.Carl Lamac - 1935)



                                                                                     Pax
Passan le glorie come
fiamme di cimiteri
Come scenari vecchi
crollano regni e imperi
                        (Carducci)

Eterna vive solo l’Idea che c’innamora
                                               (Victor Hugo)

Signori,
Vi è un occhio spalancato nell’infinito che ci guarda - Iddio!-  Vi è una voce nel mondo che parla .. e questa voce non conosce le mistiche flessuosità della Sibilla, questa voce collettiva è la voce del popolo.
Giudice inesorabile, esso è terribile nei suoi verdetti, come è solenne nelle sue assoluzioni – questo giudice, il popolo, comparisce, delle volte, intorno a le bare, non chiamato, non contattato – da solo – comparisce e pronunzia delle sentenze …
Da qui la pia credenza che la voce del popolo sia la voce di Dio – ed io ci credo.
XXX
Il conte Filippetto Oliva era un buono! – Una delle qualità che il popolo apprezza –
Era buono di quella bontà – forse esagerata – ma che non conosceva infingimenti.
Incapace del male, inclinevole al bene, molti sono i beneficiati, nessuno l’offeso.
E se oggi volessi lanciarvi la sfida, che Gesù Cristo, un giorno lanciava ai Farisei – Se volessi dirvi in altri termini: “ Chi ha ricevuto un torto da Filippo Oliva, si appressi e lanci la prima pietra “- Io son sicuro che, non per la pietà de le tombe, ma per un sentimento di giustizia e di onestà, nessuno si appresserebbe!
Non è vero?
XXX
Io, del resto, non intendo perorare una causa già vinta e tu, o popolo, parlasti con la tua rimostranza stamane.
Ne intendo raccogliere le lacrime di una vedova e di quattro orfani per intenerire il vostro cuore e vincere così il terno della celebrità – Giammai!
Vengo per sciogliere un voto di dovere, di riconoscenza e mi spiego, subito, in due parole.
Ero bambino, frequentavo le classi elementari e studiavo un poco. Il Contino – così lo chiamavano allora – non so più per quale ufficio – vigilava le scuole. Ebbene, fu proprio in quei due anni che io acquistai un certo amore allo studio e stava per risentirsi il mio organismo. La spinta, l’incoraggiamento e i premii, tutto mi veniva da lui e gli sono stato riconoscente in vita, riconoscente in morte, Fo bene?
XXX
Altro da lui non ho preteso.
Ne crediate che questa specie di “ mecenatismo “, l’abbia esercitato con me solo. Se fossero qui tutti i miei compagni d’allora vi ripeterebbero le stesse parole mie, Filippo Zappia di Carlo e Pasquale Miceli già morti, furono più amati e incoraggiati, perché più buoni – assai più buoni di me!
E sempre col sorriso sulle labbra, con la bontà nel cuore, mi prodigava i consigli più saggi, mi spianava la via del dovere, de l’onestà, del vero galantomismo, di quel galantomismo che non si trincera dietro l’interesse o l’inganno, ma che forma l’Ideale degli uomini veramente buoni.
Quest’Ideale accompagnò sempre Filippetto Oliva nelle più orribili convulsioni finanziarie che minacciarono la sua casa … finché una donna forte non strinse con le sue braccia di ferro tutto l’edifizio della sua fortuna e la risparmiò per i figli.
Visse quell’Ideale di bontà soprastante rovine, ma si riconcentrò, come i raggi diffusi di una stella, ad illuminare e riscaldare una famiglia – Fu un male? – Chissà!  “ Nessuno – dice Victor Hugo – ha il diritto di spegnere il sole per illuminare se stesso o il covo dei propri amori “ – E basta.
XXX
Il mio Amico, dunque, è morto; non è morta la riconoscenza in me, la riconoscenza in voi. Siete venuti ad accompagnarlo alla tomba. E’ giusto! Ma egli è passato dalla grande ombra alla grande luce, dalla terra al cielo, dalla materia a Dio; è morto come è vissuto: calmo, sereno e buono! – Che rimane? Un dolore atroce nella famiglia, una tomba ed una croce nel camposanto. E il resto? Oh, il resto non ha bisogno di noi, dei nostri cari ricordi, dei nostri amari rimpianti! Forse, e senza forse, egli ci vede, ci ascolta ed è presente.
Come dalla crisalide nasce la farfalla, così, da questo corpo, messo in dissoluzione si è sprigionata un’anima.
E’ l’ultima fase della vita, anzi è il principio de la vita stessa e le parole – solenni come un monito – che il Mio Maestro ripeteva su la tomba di Lazaro risuonano perfettamente così:
“ Chi crede in me, anche se morto, vive! “
Filippetto Oliva credeva; ebbe il Pane de la Vita, ieri, - il Viatico – ebbe il Battesimo di questa nuova vita, e fu segnato con l’olio, simbolo de l’immortalità. Iddio, con le sue grandi ali, proiettò un’ombra su quel corpo ed una luce sull’anima.
XXX
Addio, amico buono, mite e generoso! Addio Filippetto Oliva, addio per sempre.
Verrò sulla tua tomba a pregare ed attingere forza. Ne le traversie de la vita, ne l’afosità d’un ambiente saturo di fumo e di polvere, è bello riposarsi, “ a l’ombra dei cipressi e accanto a l’urne “ pregando pace
Addio!
Platì 22 Giugno 1913
Sac. Ernesto Gliozzi sen.


4 commenti:

  1. mi chiamo Andrea, sono il marito della nipote del piccolo conte , come lo chiami, mi interessa sapere dove hai trovato il documento che pubblichi, ma sopratutto se hai altri documenti sulla famiglia Oliva. mi interessano perchè sto scrivendo la storia della famiglia Oliva di Platì, contattami

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  2. Sugli Oliva di Platì ho pubblicato e ancora pubblicherò. Tutti i documenti in originale sono in mio possesso e provengono dall'archivio Gliozzi-Mittiga.

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  3. La notizia che mi dai è molto confortante. Se per te non è un problema potrei avere copie dei documenti che riguardano la famiglia Oliva? In che modo potrei contattarti? Per confermarti che sono chi dico di essere, chiedi informazioni a Francesco di Raimondo: abito a Bianco e mia moglie si chiama Maria Oliva.

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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