… U
diciottu ottobri chi doluri Quandu
li frani vittimu scindiri, si
riuniru muntagni e vagliumi paria
lu giudiziu universali.
Il
fango inghiottì tutto e mise in ginocchio l'economia agricolo-pastorale di
Platì. Scrisse
Rizzuti sul Mattino di Napoli «Anche il sonno dei morti a Platì non è stato rispettato:
il mostro delle acque ha attraversato il cimitero, lo ha sommerso». «. . .Questa
è la tragica sorte di Platì, un povero paese destinato a sparire dalla faccia
della terra, perché sotto di lui il terreno frana e slitta verso una corsa
paurosa alla morte». Arrivano
i primi soccorsi e nel marzo del 1953, in piena campagna elettorale, il capo
del Governo Alcide De Gasperi sale a Platì per inaugurare le case popolari
costruite in contrada Lacchi, alle porte del paese. Il corteo presidenziale
viene fermato con uno stratagemma a Natile, lungo la vecchia statale 112: il
tricolore deposto sull'asfalto obbliga il Presidente a fermarsi ed il capo-popolo,
cavaliere Giovanni Napoli, consegna una lettera di protesta per il mancato
trasferimento dell'abitato di Natile Vecchio. Si prosegue nel frattempo,
superato lo scoglio della protesta popolare dei natiloti, verso Platì. De
Gasperi nel vedere le casupole costruite alla frazione Lacchi ha un moto di
ribellione, di stizza e non può non esclamare: «E che vi devono abitare i porci?
Vergogna!». Altri tempi! Dal balcone
di casa Oliva lo statista tiene un comizio tra l'arciprete Gliozzi, l’on.
Michele Murdaca ed il sindaco Peppino Zappia. C’è qualche contestazione
popolare quando si arringa la folla paventando il pericolo comunista e gridando:
«Il mostro comunista mangerà anche i vostri bambini ...». Domenico Catanzariti,
mischiato tra la folla, risponde gridando: «Buum!». Accorrono i carabinieri e
lo portano in caserma in stato di fermo e sarà poi lo stesso Capo del Governo
ad invitare il Comandante della locale stazione a lasciarlo libero. De Gasperi,
prima di partire, firma un assegno di un milione che consegna al Sindaco per i
bisogni del popolo. Ma è proprio l'alluvione che determina lo sconvolgimento
sociale di Platì. Un inesorabile processo di emigrazione che dissangua il
tessuto economico platiese e dimezza nel giro di pochi anni la popolazione che
contava più di 6.000 abitanti. … Gianni Carteri Calabria
– Anno XX –
Nuova Serie - N. 83 - giugno 1992
Na data tristi chi veni sempri ricordata l’affidamu ai posteri non m’esti mai dimenticata. Morti e distruzioni nto paisi dassau quandu u dilluviu universali di jà passau. S’ apriru i catarratti e l’acqua du cielu calava Ciancio, ntantu a valle s’ingrossava. D’arretu da Rocca fici breccia trasiu nto paisi comun na freccia. Ci fu nu pigghja pigghja chija notti pe casi e pa li strati passau la morti…. Urla disperate! ... Mani avvinghiate! … 19 vite, dalla furia dell’acqua, trascinate. Quella notte, pure Acone nel campo entrava disturbando il sonno di chi in pace riposava. A distanza di 70 anni una Preghiera per chi lottò quella notte contro l’ingrata morte.
Silvana Trimboli Caraffa
del Bianco, 2021
.:.:.:.
A tutt’oggi l’elenco
definitivo delle vittime è nebuloso. Il NOTIZIARIO DI MESSINA(*) in data 8
novembre 1951 riportava i 15 nominativi già citati nel video. La tradizione popolare ne
ricorda18/19. Non vengono in soccorso né i registri comunali né quelli
parrocchiali. In questi ultimi sono elencati solo: Marando Giuseppe
di Rosario anni 13 Marando Rosario
di Domenico anni 47 Portolesi
Caterina fu Pasquale anni 77 Sergi Michele di
Pasquale anni 15. A questi bisogna
aggiungere: Iermanò Serafina
di Francesco di 5 mesi Zappia Filippo di
Domenico di 8 mesi segnati nel
registro dei morti della parrocchia in data 18 ottobre 1951 e Iermanò Saverio
di Antonio di anni 90 registrato in data 20 ottobre 1951. Antonio
Schimizzi morto durante i lavori di sgombero delle macerie era nato il 29
giugno del 1900 da Francesco e Musitano Francesca. Il 10 febbraio del 1929 sposò
Domenica Carbone di Antonio e Martino Anna Maria di 23 anni ed ebbero 6 figli.
Particolare del
monumento alle
vittime dell’alluvione del 1951 di Platì realizzato dal pittore e scultore
messinese Antonello Bonanno Conti.
Nel video: Antonio
Vivaldi, Concerto per Violino op. 7 No. 12 in re maggiore RV 214, Grave Assai, Claudio Scimone dir. - To be played at maximum volume.
Micheli u Giamba,
u tamburinaru Nato a Platì E lì morì. Michele Trimboli
all’anagrafe registrato Micheli u Giamba
d’i paisani chiamatu. Fici u
tamburinaru comu professioni E u tamburu u
sonava cu passioni. Era taciturnu e
di pochi paroli Educatu e di bonu cori sonava insiemi ad
attri paisani e ji bacchetti paria
ca volunu nte so mani. Cu Gianni u
tamburinaru così chiamatu e chi nto paisi pe
sonari era nominatu mparau e pigghiau
tanti insegnamenti e fici tesuru di chiji suggerimenti. C’era puru Ntoni
u miricriju Cu na botta nta
grancascia dava l’avviu e cu nattra bona
mazzolata u seguia Pascali
da gnur’Agata. A secundu li
festi e li novini Non mancavunu
tamburelli ed acciarini, Cicciu u penga
era sempri prisenti, Muguniandu sonava
allegramenti. Cu tamburi e
grancascia a ritmu battenti A picciuli e
randi facivunu cuntenti. Girandu po paisi
ssi tamburinari si portavunu
appressu na murra di cotrari. E quandu i gigantissi
ndvivunu a sfilari i ggenti si
ffacciavunu nta via mi vidunu passari e cu soni di
tamburi organetti e tamburella i portanti li
ballavunu a ritmu di tarantella. Nta ji iornati di
festa ed alleggria lu penseru jia
alla Vergini Maria cu nomu di
Maronna di lu Ritu è chiamata e comu Patruna di
pajisi esti nvocata. In via 24 maggiu,
nto corsu principali nta stati si
nescia pa passijiata sirali sa Galatti o
ponti si jia e si venia stu rettiliniu di
strata si facìa. A meta era sempri
u ponti ca funtana ti dissetavi cu
l’acqua frisca asprumuntana. C’era a movida cu
signurini e giuvanotti e cu genti nte
barri aperti sinu a menzanotti. Nta ji serati
ssettati nto scaluni di Rosariu u parlinu e quandu nta
cchiji i don Mbertinu si scialavunu i
studenti universitari u sentunu a
Micheli recitari. Lu sommu poeta Canti da Divin
Commedia li ripetia pecchì
i sapia a memoria. È veru ca prima
pregatu volìa, ma quandu partia
tuttu u cantu ripetìa. Convolau a nozzi
a tarda età e Ricaluzza fu la
sua metà. Cu Micaluzzu meu
e Ricaluzza mia quand’era tuttu
in armonia. Quandu sentu i
tamburi sonari u me penseru vaji
a chiji tamburinari ogni vota chi
passavunu davanti a casa mia nu biccheri di
vinu s’offrìa a mamma mia. Sti ricordi ormai
fannu parti du tempu passatu. Comu puru a
granita cu jiacciu culuratu cu na grattarola
a preparava l’ardurisana, nta ji iorna di
festi e di caluri era nu taccasana. Puru Micheli u
Gimba merita m’essiri ricordatu. Amuri e cori nto
sonari misi quandu cu tamburu
girava po pajisi. Si detti spassu a
tutti ji cotrari li fici scialari
e puru sognari. Silavana Trimboli
nata a Platì e residente a Caraffa del Bianco
Il ritratto di Peppina concesso da Silvana risale al 19 gennaio del 1959, quattro mesi prima della tragedia che travolse Antonio Loreto e la sua famiglia.
Il film di Mikio Naruse citato in apertura contiene lo stesso struggente tono, nel ricordare okaasan - la grande, indimenticabile Tanaka Kinuyo, della poesia composta da Silvana: una riflessione sul tempo, sulla vita stessa, la vita che avanza irrimediabilmente senza fermarsi, portandoci in un altrove che con fatica accettiamo.
L’Associazione
Santa Pulinara riunita virtualmente
in sessione straordinaria ha deciso per l’anno 2020 una edizione speciale del Premio Letterario
“Ernesto Gliozzi” conferendolo a Silvana Trimboli per la sua poesia La vita al tempo del Corona.
Motivazione:
Per aver saputo coniugare i richiami più tipicamente
religiosi, sia come accenti che come temi, all’incubo che tutto satura in
questo periodo. Come un antico cantore, ella ha dato alla poesia un ritmo
incalzante nei primi tre versi che rallenta nel quarto a sottolineare il rapido
espandersi di un’epidemia ed il suo ristagno successivo. Inoltre registrando la
poesia con la propria voce ha infuso quell’accento accorato, quello spessore e
quel calore che riconosciamo nelle voci di molte donne dei nostri paesi.
Silvana, la prima a destra. La più grande Franca, vicino a lei Maria. Al centro Saro (sinistra) e Pasqualino. In braccio a Franca il piccolo Antonio Loreto, nato dopo la morte del padre infatti si chiamava come lui.
Testo e voce: Silvana "parlina" Trimboli, platiese residente in Caraffa del Bianco. Edward Hopper's paintings from Shirley: Visions of Reality (2013) by Gustav Deutsch Songs: El Zocalo - La Llorona by Beirut
Trascrizione: Rosalba Perri
Nota di Rosalba Perri:
Ho ricevuto questa poesia in forma audio da mia zia Suor Carmen che l'aveva
a sua volta ricevuta con la dicitura "una mamma di Platì".
Una dizione perfetta, una intonazione accorata che diventa quasi una
giaculatoria specialmente alla fine quando si invoca l'intervento divino.
Una voce calda e materna che mi ha ricordato mia nonna Rosina.
Ho girato l'audio per scoprire di chi fosse quella voce e l'informazione mi
è arrivata da mia cugina Pina Miceli di Bovalino. Si tratta di Silvana Trimboli
che, sebbene risieda a Caraffa, è la figlia di Antonio Trimboli di Platì
tragicamente scomparso nel 1959, già ricordato un alcune pagine del blog:
Voglio ricordare che il
soprannome di questa famiglia Trimboli, che nelle varie prionunce è stato
storpiato in "parlinu" e addirittura "pallinu" (compatibili
con le pronunce piuttosto aperte della a e la trasformazione della r in l) è in
effetti "perlinu" come l’ho sempre sentito pronunciare nella mia
famiglia e come è confermato da documenti dell'800.