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giovedì 17 marzo 2016

Feudalismo (reg. Alfredo Robert - 1912)


CARERI, NATILI, PLATI’ (Comuni della provincia di Calabria Ulteriore 1°)

13 gennaio 1811 (Da Gerace ).

Angelo Masci Commessario del Re per la divisione demani della Calabria Ulteriore.
 Nella Causa tra i Comuni, di Careri, Natili e Platì, e l’ex feudatario signor principe di Cariati; per la divisione delle terre demaniali site in quei luoghi.
Vista la perizia fatta per la descrizione dei demani ex feudali detti 1. Corpo Scapolanova, Lacettta, Aria del vento, Nigrelli, Castania, Grace e Rombone; 2. Livia, Giampaolo ed Emolumenti; 3. Montagna detta Anopollo,Pondola e Misagramera.
Visto ii processo verbale col sentimento degli agenti ripartitori,
Sentito il parere de' signori Cavaliere Musolino, sotto Intendente di questo distretto, ed Onofrio Falletti, Giudice di pace del circondario di Gerace.
Intese le parti, cioè i Sindaci di detti Comuni, ed il signor Arcangelo Oliva, procuratore del principe di Cariati.
Considerando che non si è controvertito, che i cittadini di detti Comuni sono nell’attual possesso degli usi di legnare indistintamente, cogliere ghiande, pascolare e pernottare in detti demani.
Considerando, che la terza parte delle suddette terre chiamate Emolumenti appartiene senza dubbio a Platì, il quale è nell’attual possesso,
 Il Commessario, analogamente al parere de' suddetti due funzionari pubblici , decide , che di tutt’i sopra notali demani (dedotto il terzo degli Emolunmenti, che appartiene a Platì) un quarto si dia a  Careri e Natili insieme, ed un quarto a Platì solo, e l’altra metà resti al possessore signor principe di Cariati.
Per le colonie si osservino i generali stabilimenti. E cosi si esegua - Fatto in Gerace il 13 gennaio 1811-
Angelo Masci.
Per copia conforme – A. Masci

L'atto sopra riportato era conservato tra le carte di Don Filippo Gliozzi arciprete di Natile.



mercoledì 16 marzo 2016

Infinite Sun - Kula Shaker












Malanovak ai Kula Shaker, quanto mi piacciono, e quanto mi piacevano le pellicole scadute. Oggi bisogna stare ore su Photoshop per avere qualcosa di simile, alla fine bisogna affidarsi al caso, come come succedeva con le pellicole scadute. Le foto, scattate dalla terrazza e dal balcone della casa dello zio Ernesto e della zia Amalia, risalgono alla metà degli anni novanta del secolo passato: la macchina era una Nikon FM e la pellicola era la mitica Ektachrome 64T della Kodak.




ed ora la pubblicità:


lunedì 14 marzo 2016

Rivalità eroica (reg. Richard Rosson/Howard Hawks - 1933)



LA VERGINE DI PANDORE

A distanza di qualche decennio dal catastrofico terremoto che distrusse l’antica città di Pandore e costrinse i suoi abitanti a trasferirsi in altre zone più sicure (Careri e Natile), la tradizione vuole che un contadino intento ad arare un pezzo di terra... e qui si innesta inevitabilmente la leggenda del “quadro miracoloso” della Vergine di Pandore.
Credo sia doverosa riferirla.
Un contadino, come si diceva, mentre stava arando un pezzo di terra rinvenne, a poca distanza dalla zona dove sorgeva anticamente Pandore, un trittico raffigurante la Madonna.
Poiché il terreno sorgeva ai limite dei confini territoriali dei Comuni di Careri e Platì, tra i due popoli sorse una animata disputa: il trittico doveva essere portato a Careri o a Platì? Mai disputa fu tanto accanita ed accesa. L’accordo non fu raggiunto. Alcuni “saggi” suggerirono un singolare stratagemma che, con grande soddisfazione di tutti, venne attuato.
Il «quadro» venne caricato su un carro trainato da due giovenche e abbandonato in aperta campagna. Se le giovenche si fossero dirette in direzione di Platì, sarebbero stati i Platiesi gli unici proprietari della immagine della Vergine di Pandore. In caso contrario il possesso sarebbe toccato di diritto ai «pandurioti». Le giovenche si diressero verso Careri facendo la gioia dei «Pandurioti» e la disperazione ovvia dei Platiesi. Da quel giorno i cittadini di Careri divennero i gelosi custodi del miracoloso trittico raffigurante la Vergine con il Bambino.
Per i Careroti il "quadro" divenne ben presto l'ancora di "salvezza"; salvezza del corpo e dell’anima. La fede nella Vergine di Pandore fu sempre grande, infinita.
Purtroppo ai primi di ottobre del 1971 mani sacrileghe trafugarono il "quadro" miracoloso lasciando nello sconforto più nero migliaia di fedeli.
In quei giorni il sindaco del paese, Rosario Monteleone, rivolse ai malfattori un accorato appello: “Mi rivolgo a nome mio e di tutta la cittadinanza a coloro che, forse in un momento di smarrimento,hanno voluto privarci di un bene cosi inestimabile; restituite a Careri il miracoloso quadro: soltanto allora il mio popolo riacquisterà la pace e la tranquillità “.
A distanza di anni l'appello è rimasto però inascoltato.
Quella mattina di 15 anni addietro la notizia del furto del «quadro» si diffuse in un baleno. “Non c‘è legge, non c’è legge” gridavano, piangendo, uomini e donne, vecchi e bambini.
Non sono mancate scene di grande commozione come quando una anziana donna, genuflessa davanti all’altare, pregava: «Vergine Santa, ritorna a Careri».
Era una speranza!

A Careri cà si dicia
Cà ndavi a veniri la Matri Maria:
O Maria, o di li Grazii,
chi vu siti la cchiù bella
vi misiru nta na stanza
non vi volenu portari a Careri.
Quando la Matri si misi in caminu
li Prativoti gralimi iettaru:
ora cu vui volimu mu venimu
finu a Careri mu v’accumpagnamu.
volimu la Matri cu Gesù Bambinu
pa li nosrti bisogni ma pregamu.
Quandu la Matri a Careri trasiu
tuttu lu mundu cà s’allumtanau.
Nostra Madonna in prucessioni iu
avanzi a la chiesa si fermau;
tutti gridaru «la Matri di Diu»'
Maria di li Grazi l’intitulau.
Lu bastimentu a mari si ndi iu
e lu patruni grazii cercava;
e chissu fu  miraculu di Maria:
mu scindi sarvu e non si maculau.

Tratto da CARERI nel 150° anniversario della fondazione del comune, a cura di Giuseppe Pipicella, Laruffa Editore, 1986

Secondo lo Zangari, riportato da Domenico Minuto, Careri, Pandore e Platì  contenevano beni dei monasteri basiliani. All’ epoca del furto, parroco di Careri era lo zio Ernesto il giovane che per l’occasione intrecciò una breve corrispondenza con lo scrittore careroto Francesco Perri che trovate qui:
Il terremoto che distrusse Pandore risale al 1507.
Dimenticavo: la foto è di Don Salvatore C.




domenica 13 marzo 2016

A sud rullano i tamburi (reg. William Cameron Menzies -1951)

La foto ritrae Michele Trimboli alias Giamba, con altri suoi colleghi ad Acquaro. E' inserita nel volume Le figure inquiete, Franco Angeli del 1989. Autore del libro come della fotografia è Francesco Faeta.

giovedì 10 marzo 2016

Il colore della menzogna (reg. Claude Chabrol - 1998)




PLATI’ – Perché criminalizzare un intero paese?
Dove nasce la ‘ndrangheta
Troppo facile per gli inviati del Nord fare di tutte le erbe un fascio

Platì --- E’ nato un caso Platì. Fiumi di inchiostro descrivono ormai da cima a fondo questo paesello abbarbicato sui contrafforti aspromontani. Chi come noi è attaccato visceralmente a questo paese, lavorandovi in esso come segretario della locale scuola media da otto anni, sente il bisogno di evitare, con qualche riflessione, che si compia un orrendo crimine. E‘ facile asserire Platì è mafia, Platì è delinquenza dedita ai sequestri di persona. Platì droga. E’ semplicistico. Il mio maestro mi insegnava a cogliere in ogni aspetto della realtà le cose più apparentemente più insignificanti, per leggere meglio gli accadimenti. Un dubbio mi assale leggendo tutti quesii articoli: chi ha interesse a criminalizzare questo centro aspromontano. Certo il sequestro di persona è un crimine orrendo che va perseguito con severità, specie se consumato su vittime indifese e bambini innocenti. Siamo stati i primi a chiedere giustizia per Marco Fiora. Ma scrivere che il parroco è piccoletto, tozzo e dall’aspetto contadino (quando questi, tra l’altro, è alto e di aspetto distinto) senza offendere la suscettibilità dei contadini, è per lo meno ridicolo, denota dilettantismo nella ricerca giornalistica che spesso si affida a soffiate sbagliate che generano solo confusione di uomini e cose. Se si vuole rendere un utile servizio al paese di Platì, bisogna starci almeno due o tre giorni e sforzarsi di capire perché esso oggi sale agli oneri della cronaca nazionale. In campo ci sono erbe cattive ed erbe buone; allora cerchiamo di capire perché da una piccola società sana, amante delle lettere e della musica, dove il mestiere di sarto e falegname erano diffusissimi e la pastorizia e l’agricoltura fonti di lauti guadagni, è nata, a sentire i giornali, una contadina mafiosa e dedita a ogni sorta di traffico illecito.  E’ naturale poi, che i platioti si chiudano a riccio e affermino che la ’ndrangheta non esiste! Quali servizi sociali sono stati creati in questo paese? Lo Stato si è posto il problema del ruolo che la scuola deve esercitare in questo paese aspromontano? Sanno i giornalisti delle grandi testate che gli insegnanti della scuola media per sette anni non hanno avuto una lavagna e una cattedra e solo quest'anno hanno ricevuto questo premio, dopo la visita del signor Provveditore? Perché poi lamentarsi se lo Stato è visto come un nemico? Perché non si perseguono con identica e rabbiosa mordacia i centri del malaffare politico, i nuovi ricchi che prosperano indisturbati? Perché solo la gente semplice, indifesa e non protetta, quando si consumano giornalmente soprusi che restano impuniti? Aveva ragione da vendere Sant’Agostino quando affermava che “quando ne sia bandita la giustizia che altro sono i regni se non ladronerie”? Se questa compagnia si accresce fino ad occupare un paese, a impadronirsi di città, soggiogare i popoli: allora essa prende ii titolo di regno; titolo che gli assicura non la rinuncia alla cupidigia ma l’acquisto delle impunità.
Questo sta accadendo a Platì: il ladrone è definito corsaro perché ha una piccola e fragile nave che lo proteggere; le consorterie partitiche che hanno occupato lo Stato e hanno una grande flotta sono chiamati imperatori! Restituiamo perciò le giuste dimensioni ad un paese che non presenta pericolose forme di delinquenza, ma ha in sé energie sufficienti che vanno coraggiosamente tirate fuori.
Sono andati a leggersi i signori giornalisti le poesie di un poeta del luogo, un certo Tassone? O i famosi carteggi del maestro Rosario Fera commissario in Platì ai tempi del fascismo? Con debito di riconoscenza a questo figlio di Platì voglio citare il tratto terminale di una delle sue epistole datata 14 marzo 1924: “Avremo modo di vedere e documentare da quale parte stanno le azioni turpi”.
Allora sì, egregio signor maestro, che potremmo divertirci e sollazzarci; allora sì che la predica sarebbe stata proficua in questa Santa Quaresima e gli amici ne avrebbero tratto ammirazione.
Perciò cari politici e giornalisti, prima di assumere atteggiamenti schizofrenici con inutili e dispendiose parate sull'Aspromonte, cerchiamo di non assumere decisioni che poi sono destinate a tramutarsi in vere e  proprie disfatte. Platì non può conoscere solo le manette come presenza dello stato. Ha bisogno di un grosso intervento sul piano occupazionale, sul piano delle strutture scolastiche, ricreative e culturali. Solo così si eviterà l’incancrenirsi del male e si renderà giustizia ad una popolazione che non merita la criminalizzazione indiscriminata.
Gianni Carteri, Giornale di Calabria, venerdì 12 agosto 1988

Cercatemi per favore il giornalista che ha descritto lo zio Ernesto piccoletto, tozzo e dall’aspetto contadino  vorrei dirgli che lo zio per ben due volte ha ricevuto la visita, entravano dal balcone, dei Reparti Operativi Speciali, per incarico del Grande Inquisitore, terrorizzando la zia Amalia. Al galantuomo voglio mandare una pignolata messinese o una cassata palermitana ogni anno.
Questo vecchio articolo dell’ormai compianto Gianni Carteri lo potete non condividere o aggiustarlo a piacere vostro, rimane fresco l’omaggio e l’incitamento al paese per spianarsi un futuro a testa alta, con le proprie forze, senza interventi forestieri.


mercoledì 9 marzo 2016

Cuori nella tormenta (reg. Carlo Campogalliani - 1941)

 
                                                   


Sperdute per le campagne, piccole casupole sono albergatrici di tanta povera gente che, vive lontana dal mondo e dalla civiltà, priva di ogni bene e talvolta anche di sostentamento. E laggiù, tra quei sentieri, per gli erti colli, e le anguste vie noi raggiungiamo i tuguri, cui l’idea non potrebbe costruire nell’immaginazione, e se gli occhi non si posano a guardare, se la pietà non spinge i passi fin laggiù.
Quanto è provvidenziale il nostro sacrificio! Come quella infelice umanità ci tende la mano con un volto stirato dal dolore ed un fievole lamento sulla bocca = ed accoglie la pasta e la farina per il fisico sfinito, ma crederemmo ancora molto opportuno poter offrire dei formaggi e dei biscotti a quei bambini, il cui sorriso innocente e imploratore penetrando, commuove il nostro cuore. E non senza difficoltà da parte nostra, ma tanto sacrificio ci costa tal missione, poiché sotto il sole e la pioggia, il vento oppur la bora, noi raggiungiamo instancabilmente e senza mezzo di trasporto i più reconditi e lontani borghi, appunto poiché la nostra coscienza di cristiane e la nostra tenerezza di donna comprende l’opportunità di continuare questo umanitario compito.
Dapprima la povera gente giungeva al nostro ufficio per prelevare il materiale loro diretto, ma ormai attendono alle proprie case, ove ci accolgono e, con una lacrima di gratitudine, che vela il senso vivo del loro ringraziamento, ripetono commosse: ritornate!


Questa breve commovente prosa anonima era tra le carte conservate dallo zio Ernesto il giovane. Leggendolo viene alla mente lo stile letterario e la partecipazione di Umberto Zanotti Bianco. La  femminile scrittura  fa pensare ad una suora con un cuore infinito.

Leggetela con sottofondo questa bella canzone di Mavis Staples


lunedì 7 marzo 2016

Fuochi d'artificio (reg. Gennaro Righelli - 1938)



s. anna 9
Carissimo Don luigi noistiamo tutte beni
 lostesso auguriamo da voi Dunque
Caro Don luigi se voi voleti  e paessaere
Dopo tanti anni veramenti volevamo
Sparari i fuochi artificiale sevoleti
E così noi vifaremo di stare atutta la
Popolazione contenti tanti saluti la
Ditta Manfre Carmelo Pirotennico
S. Anna di Seminara

domenica 6 marzo 2016

La fine dell'innocenza (reg. Massimo Dallamano - 1975)


Negli anni del secondo dopoguerra, alle occupazioni contadine diffusesi nelle campagne del sud il governo reagisce con l'invio di reparti di polizia. Alcuni contadini vengono uccisi, numerosi altri feriti, centinaia altri arrestati. Inizia il declino della cultura contadina.
Così termina Il ponte di San Giacomo, l'ideologia della morte nella società contadina del Sud di Luigi M. Lombardi Satriani e Mariano Meligrana, Rizzoli, 1981  finito di leggere appena stamattina. Subito la mente è andata  ad un articolo della Gazzetta del Sud del 1988 in cui venivano elencati tutti i sequestri di persona avvenuti in Calabria  a cominciare dal 1963.
Facile pensare che tutto quadra. Mi sbaglio?

PS, post scriptum, non polizia di stato: la foto in alto non ha niente a che vedere con quanto scritto. Riconosco soltanto lo zio Michele fratello della nonna Lisa, il primo in basso alla vostra sinistra con baffi e occhiali cerchiati scuri, con altri amici supra o serru, una domenica primaverile nell'immediato dopoguerra.

giovedì 3 marzo 2016

Morti e sepolti (reg. Gary Sherman - 1981)

PERSONALE

all’Illustre Cav. G. BASILE
Commissario Prefettizio
  Platì


Al Signor Commissario Prefettizio
dell’Alpestre Comune di Platì,
chiedo con la presente un armistizio
sull’ordinanza di cui parlo qui:

Pria che a Battaglia il rio, macabro ruolo
del Cimitero passi, o Commissario,
sappia che al Cimitero io già ci ò un suolo
con deliberazion ch’è nell’ossario.

S’intenda per ossario un certo vaso
ov’è deposta la sapienza antica
dei Satrapi di un tempo ormai lontano
a cui memoria non ci lega amica.

Il fatto andò così: mio nonno Oliva
Giacomo fu Saverio, ebbe concesso
pel suo terreno al camposanto annesso
(e che il Comune allor gli requisiva,

Per dare al luogo pio forma quadrata
qual’oggi la si vede) un’area uguale
dentro il recinto e prossima all’entrata
per costruir la casa sua tombale.

E il Sindaco del tempo, un altro Oliva,
cosa rara a Platì, pur n’ebbe cura,
per il visto di rendere estensiva
tal deliberazione in Prefettura.

Tal documento come avanti ho detto,
trovasi seppellito nell’ossario,
posto nella magion “ dell’INTERDETTO
per voler di Dionigi ... il segretario.

Soltanto può ordinar l’esumazione
del documento, Vostra Signoria
per sincerarsi della posizione
ch’io la prospetto in brutta poesia.

Io non potrei, mio Commissario Egregio,
frugar di carte in tal cataste immane
per far valere tal mio privilegio,
di D. Camelo a ciò varran le mani.

Capirà, commissario, i miei parenti
furon tutti sepolti per mia cura
chi di quà, chi di là. si o no,contenti,
ma io voglio un posto fisso a sepoltura.

Perciò, la prego, Illustre Commissario,
di voler ordinar ricerca attiva
del documento tanto necessario
per tal sistemazione definitiva.

Ma se di ciò che fu, Vossignoria
niente più ne volesse sapere,
il ruolo passi a questa Esattoria
ch’io tosto farò ossequi al Suo Volere.


Pagherò all’Esattor con le altre Imposte
pure questa, ma sol quando le brume
scenderan nel Novembre per le coste
della montagna, e ingrosserà qui il fiume ...

Ma senta, e questa è cosa necessaria,
ch’Ella qui sappia, a patto che niun guasto
le ulive avran da mosca “ GIUDIZIARIA
che ogni anno ingoia, ahimé in suo FIERO PASTO.

Or mi consenta, Illustre Commissario,
di dirle i sensi della mia osservanza
con l’augurio che ancor per tempo vario
Ella ponga tra noi Sua ambita stanza.

E con indefettibil devozione,
mi ritengo il suo: Giacomo Tassone.

il dì ventiquattro di agosto
dell’anno sedicesimo dei Fasci
che l’Italia e il Mondo han messo a posto
onde il nemico in rabbia sua si accasci !!!

Giacomo Tassoni Oliva


Come sempre nelle poesie di don Giacomino (nella foto) troviamo il ritratto della vita platiota con allegati fatti, luoghi e persone da tempo... sepolte.




mercoledì 2 marzo 2016

Et in terra pax ( reg. Matteo Botrugno, Daniele Coluccini - 2010 )



Arcipretura di “ S. Maria di Loreto “
Platì ( Reggio Cal. )                                                                            lì, 10 Ottobre 1967
CONTRATTO
ààààààààààààààààààààààààààààààààà

Tra il rev/do arciprete monsignor Giuseppe Minniti e il rev/do don Francesco Gliozzi, con l'approvazione di Sua Eccellenza Monsignor Michele Arduino, s'é stabilito il seguente contratto che avrà valore non appena firmato dalle due parti :
Don Franesco Gliozzi accetta di essere l'economo coadiutore dell'arciprete Minniti, di collaborare fraternamente,osservando quanto appresso:
1° Non assentarsi mai dalla parrocchia senza previa intesa con l'arciprete.
2° Assistere gli ammalati ,anche di notte, quando la necessità lo richieda.
5° Prendere a cuore l'azione cattolica maschile per la quale c'é tanta necessita di assistenza .
4° Essere sempre disposto per le confessioni dei fedeli .
5° Impartire con puntualità le venti lezioni nelle scuole elementari, secondo le disposizioni dell’Ufficio Catechistico Diocesano.
6° Svolgere nella chiesa del Rosario soltanto le seguenti funzioni ed in orario che non rechi disturbo a quelle celebrate nella Matrice :
Funzione alla sera per tutto il mese di ottobre , novena dell’Immacolata al mattino, una sola santa messa nelle domeniche e feste dell’anno, il 2 novembre, il giovedì santo e nei primi lunedì del mese.
Nei giorni feriali é vietata la celebrazione anche da parte di altri sacerdoti;don Francesco Gliozzi darà la preferenza  alla chiesa matrice, quando la necessità lo richiederà, nei giorni liberi  celebrerà nella cappellina dell'Asilo sempre previo accordo con la madre superiora .
L'arciprete don Minniti, oltre ai proventi di stola che consegnerà ogni fine mese a don Gliozzi,secondo la tabella diocesana;corrisponderà il compenso annuo di £ire centomila pagabile alla fine di ogni trimestre in trimestre in ragione di £ire venticinquemila ogni trimestre.
In caso di inadempienza a quanto sopra stabilito, il presente contratto potrà essere dichiarato nullo, sempre dopo aver sentito il parere del Vescovo diocesano .

Nostru Signuri dissi
               a S. Micheli
Cu pili russi non fari cumpari
Orbu di nocchiu e zoppu di nu pedi
sunnu li nimici capitali.