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venerdì 19 agosto 2022

Fuga in Francia [di Mario Soldati 1948]


È espatriato in Francia
l’ergastolano Rocco Corso

REGGIO CAL., 25 (A. P.)
Nel territorio della nostra provincia da tempo vagava l'ergastolano Corso Rocco, evaso da un penitenziario allorché la guerra era cominciata a divampare sul territorio nazionale. Il Corso che cercava di far silenzio attorno al suo nome, onde evitare la cattura, veniva in aperto contrasto con un suo fratello, specie quando quest’ultimo uccise il collettore delle imposte di Varapodio, sig. Simone richiamando sulla sua famiglia l’attenzione della polizia. Ad un certo momento l'ergastolano uccise il fratello che, rendendosi autore di
altri fatti di sangue, aveva messo in allarme i carabinieri della zona.
Ormai il ghiaccio era rotto e l’evaso uscito dal riserbo che prima si era imposto, si abbandonò alle ribalderie, una delle quali, e l’ultima in ordine di tempo, è stata la rapina consumata in danno di Gliozzi Giuseppe da Platì, in combutta con il pregiudicato Innocenti Nazzareno, da Varapodio.
Messisi alla caccia dei due rapinatori, i Carabinieri mentre sono riusciti ad acciuffare l’Innocenti, hanno dovuto constatare la irreperibilità dell’ergastolano, che aveva pensato bene di tagliare la corda espatriando in Francia.
Nell'espatrio il Corso è stato favorito dai contadini Morabito Ernesto e Ursida Rosario Carmelo, entrambi da Molochio e residenti a Ventimiglia, ì quali sono stati denunziati per favoreggiamento.
IL GIORNALE D’ITALIA, giovedì 26 maggio 1949

La rapina ai danni dello zio Pepè è una cronaca che si rinnova mentre vengono scoperti nuovi tasselli che arricchiscono le precedenti edizioni. Avevo dato a Rocco Corso il volto di Lee Marvin, oggi cambio dando a lui quello di Pietro Germi ed al suo compare di combutta Innocenti Nazzareno quello di Folco Lulli, anche per agganciarli al film citato in apertura. Le precedenti edizioni andavano sotto il titolo I cancelli del cielo, film culto di Michael Cimino e le trovate qui:
https://iloveplati.blogspot.com/2011/04/i-cancelli-del-cielo-reg-michael-cimino.html
https://iloveplati.blogspot.com/2019/11/i-cancelli-del-cielo-di-michael.html
https://iloveplati.blogspot.com/2020/02/i-cancelli-del-cielo-ecco-i-fatti.html


 

lunedì 28 marzo 2022

L' amico amercano [di Wim Wenders - 1977]




Platì 17 febbraio 1938 XVI

Carissimo Saverino,
visto che da tanto tempo che non ricevo più tue lettere, mi son deciso a scriverti. E ti domando. Come mai ti sei dimenticato di me? Eppure ti volevo e ti voglio tutt’ora sempre bene come un fratello. Forse l’aria d’America ti ha fatto dimenticare di tutti e di tutto? Io non posso credere mai questo! Quindi ti esorto a volermi bene e non dimenticarmi, scrivendomi spesso. Io ricevo le tue lettere con tanto piacere.
Ti mando una figurina ricordo della I° Messa di mio fratello Ernesto e una fotografia fatta assieme a lui e ad Emilio Zappia, sicuro che lo accetterai con piacere e gradirai il mio pensiero.
Lo sai che mio zio medico si è fidanzato con la figlia di d. Rosario Zappia?
Io qui conduco sempre la solita vita. Forse mi arruolerò nella R. Aereonautica.
Aspetto una tua fotografia per vedere come ti sei fatto grande.
Niente altro per ora. Ti abbraccio fraternamente e credimi
Tuo sempre
Peppe Gliozzi
 
In quel 17 febbraio del ’38, XVI° dell'era in fez e camicia neri, lo zio Pepè stava per compiere il suo diciottesimo anno di vita. Era già “u satturi”. Mentre nutriva speranze aviatorie perdeva la sicurezza riposta negli affetti giovanili, seppur indelebili. Il suo è un tono strettamente confidenziale, aperto e intimo nello stesso tempo, che ricorrerà sempre nelle corrispondenze, specie quelle coi familiari. Le sue missive erano sempre piene di notizie dell’ultima ora, come in questa: un fratello prende messa, lo zio medico si fidanza, la guerra che si approssima. Nella foto sulla terrazza della casa che fu dello zio Michele e dello Giuseppino - nati Mittiga - con lui ed Ernesto c’è Emilio Zappia fratello della futura sposa come anche di Don Ferdinando Zappia, colui che illuminò le notti di Platì. Difficile è stato rintracciare Saverio Saverino Violi, forse era figlio di Antonio e Marianna Barbaro, classe 1919, gennaio 24.



 

mercoledì 5 maggio 2021

Preparate i fazzoletti - reup


Persone molto x bene delicate altruiste, li conosco eravamo vicini di casa e andavo spesso a casa sua sempre accoglienti brave, avevano l'unica villa che c'era a quei tempi molto bella ancora c'è, ma è disabitata, che dolore vederla in quello stato.

Commento di Maria Perre da poco apparso qui:



lunedì 23 novembre 2020

Meglio un mercoledì da leone [di Preston Sturges -1947]




Caro zio Giuseppino
Ho spiegato allo zio Michele la ragione per cui non mi son presentato dal dr. Macrì.
Attualmente mi sento come un leone.
Vi abbraccio tutti, compresi i miei, e mando mille bacetti per Nelluccia.

Vostro
Peppe

A tutti coloro che sono attratti delle sole immagini dico che l'autore della foto in apertura è il cav. Rocco Brancatisano di Bovalino Mare e come già detto: abbiatene cura!

lunedì 8 giugno 2020

Un cuore semplice [di Giorgio Ferrara, 1977]




Candido paesello di campagna
come se ne vedono talor
nei presepi antichi di campagna
Candido paesello del mio cuor
In quel tempo c’era una
bambina
Ch’io chiamavo allor
Signorina


Testo, di Pepè Gliozzi cui apparteneva la foto dove distinguo a malapena la zia Rosina.

mercoledì 13 maggio 2020

Il pollo si mangia con le mani [di Michael Schultz, 1981]


Peppe
ad Ernesto
17. 5 . 966

Dilemma di quest’oggi,
anzi di stamattina:
cosa dovrò mangiare,
se pollo o se gallina.

Questa la teoria;
che in pratica si sa
mancano i gallinacei
in questa zona qua.

Solo “nta marateja”*
c’è un po’ di movimento:
li vidi svolazzare
galline quasi cento.



Ad ordinare polli
il medico fa presto
ma io che dovrei fare
per chiederlo ad Ernesto?

Farò domanda scritta,
oppure la faccio orale,
la chiederei con versi
o con memoriale?

Eco un altro dilemma
risolto tuttavia
con questa mia richiesta
a mezzo poesia (?!!!)

*Marateja, Maratea (PZ)

Lo zio Pepè aveva un ottimo rapporto con i gallinacei e i pollacei: Silvana Trimboli proprio ora mi ha riferito che sua madre ricordava di un pollo (o gallina) tolto dalla strada dove solitario vagava e da lei cucinato e servito in una tavolata dove erano presenti suo marito 'Ntoni u parlinu, il professore De Marco, Ninì Gelonesi e ovvio lo zio Pepè. Occupavano la bottega del vino di 'Ntoni  per cui il vino fu reclamato in abbondanza.
In apertura: Ciccillo, Pina, Ernesto e due Lambrette. In realtà, nella foto, lo zio Ciccillo faceva finta di portarla. 




venerdì 1 maggio 2020

Sposa e madre [di Gianni Franciolini, 1944]



Oggi inizia quello che prima dell’avvento dell’Olivastro era definito il mese Mariano. All’asilo sotto il vigile sguardo della Madre Maestra Armida, i bambini cominciavano a fare i primi colorati fioretti, che appesi all’albero sarebbero stati sacrificati in onore della Sposa del falegname Pepé e Madre del Cristo risorto. Tutto finito, il tempo sprecato, la festa dei lavoratori cassata! La Madre Maestra Armida ci guarda dal Cielo e le sue consorelle rimosse sulle pagine di faccebuck. Con questa pubblicazione terminano anche i virtuali festeggiamenti per i cento anni dello zio Pepè e la data non è casuale perché oggi è il compleanno della sua sposa Annina, ultima erede insieme a Tota e Carletto di quella che fu la nobile famiglia dell’avvocato Lentini "machini e mulini".



mercoledì 29 aprile 2020

The Farewell [di Lulu Wang, 1940] e Fausto Coppi

Bovalino, nu sabitu i chisti
Caru Don Peppinuzzu,
mi scusati e mi perdunati se mi permettu u vi mandu stu' fogghiettu c'ummè cummàri e p'o tempu chi ndavìti a perdìri p’ammu leghiti.
Dunca, cu volìa u saccíu acchì cosa pa tuttu ssu sdegnu chi ndavìti c’umnìa, pecchì eu no’mmisentu in trascuransa non cu vvui e no cull'amici i nuja manèra, ma sa trascuranza ncè vulerrìssi m'a saccìu in modu u mi pozzu scusari c’uttùtti. Mi staiu magiandu i ciriveja d'a matìna a sira, ma no riesciu u mi ricordu nenti. Mi ricordu sulu ca mi ndavivivu promettùtu u venìti ogni tantu u si facití na visiteja a stu povuru malàtu, ma si vidi ca sta promisa vi catti i menti o vi ndi stafuttìti i mia.
Ma non si faci nenti. Vi mandu o stessu i mei saluti, ma teniti cuntu ca no’nci tegnu u vi scommutàti i nuja manera, altrimenti mi costringiti u fazzu a chi mala figùra. Teniti cuntu ca non ci sugnu.
Tanti saluti. E salutàti a me cummari.

Addio.  PGliozzi
A Peppe Rinaldo


La foto con autografo di Fausto Coppi allo zio Pepé è una rarissima testimonianza del Giro della Calabria svoltosi nella primavera del 1950. Qualcuno ricorda che quel giro passò anche da Platì e questo video sembra testimoniarlo.

giovedì 23 aprile 2020

Un padre, una figlia [di Cristian Mungiu, 2016]

CENTESIMO ANNO 

di Bettina Gliozzi di Giuseppe

Queste parole mi sono state estorte con una minaccia, ve lo dico subito.
Per me, “Non mi devi deludere!” è peggio di una pistola puntata sul cuore. Ma è lì che ha mirato Ginocugino quando, giorni fa, mi ha chiamato per ricordarmi quest’anniversario. Che io me lo ricordavo, ma me lo tenevo stretto. Le esibizioni plateali sono quelle che mi fanno distinguere quando c’è da indossare cappelli dalle forme più strane o collane dai colori sgargianti, oppure salire su un tavolo a leggere racconti epici di paese, anche se il fiato mi abbandona ogni tre parole, non quando devo raccontare di un pezzo di cuore. Che anche lì, certe volte mi viene pure bene, anche se poi chi mi ama sul serio mi richiama subito, per dirmi che i sentimenti non si espongono in pubblico e che chi legge potrebbe essere proprio chi mi ha fatto più male al mondo, quello che ha giurato su un letto di morte e poi ha voltato le spalle.
A me non importa. Io sono così. Perciò è da qui che voglio partire, per raccontare papà. Dal momento in cui se n’è andato dal mondo per entrarmi definitivamente nel cuore. Da quella settimana in cui, lentamente si è consumato, permettendoci di maturare il distacco, di desiderarlo quasi, come chiedeva lui al dottore che si avvicinava al suo letto d’ospedale. Fatemi morire, mi sono stancato. E resisteva.
Per chiedere una promessa che non è stata mantenuta.
E per regalarmi un sorriso che non era per me.
Ma che io mi porterò nel cuore per sempre.
Potevo evitare di raccontarvi questo dettaglio, adesso, lo so. Ma ve l’ho già detto che io sono così. Vado a ruota libera, quando scrivo, non seguo una traccia, soprattutto a comando. O se ho pistole puntate sul cuore.
Isabella me lo dice sempre: tu sei figlia di tuo padre!!! E per me non c’è cosa più bella! Perché io lo so che gli somiglio, mi rivedo nell’allargarmi con tutti, nel prendere le cose con leggerezza, nella platealità di certi gesti, nel gustare certi piatti, nella rotondità del corpo e, più che ogni altra cosa, nell’immensità delle orecchie, che sembrano due padelle! Le mie e le sue!
Sì, lo so che adesso tutti, dopo aver versato le dovute lacrime leggendo l’inizio, non vi capacitate che io vi stia mostrando questa fotografia. Eppure io le orecchie me le guardo ogni mattina e lo vedo che diventano sempre più grandi, andando avanti nell’età, esattamente come quelle di papà.
Il naso invece no.
Quando è nato Jacopo, Mimmuzzo, amorevolmente, fece uno strappo alla regola, me lo portò in camera che io ancora non mi ero svegliata dall’anestesia e voleva mettermelo in braccio: io lo guardai e inorridita dissi NO!!!! Ha il naso di papà, dello zio Ciccillo e della zia Rosina messi insieme!!! Mimmo, non capì cosa stessi dicendo e, immaginando che non fossi sveglia, si guardò bene dal mettermelo in braccio…. ma credetemi, io lo so di cosa stavo parlando e tutti i miei cugini che stanno leggendo, lo sanno allo stesso modo.
Non un naso: una campana al posto del naso!
E, infatti, lui mi cantava sempre una canzoncina e la suonava facendolo dondolare e soffiando….

Dormiti bella e facit’u sonnu (ndilin- ndilon) 
Se no vaju e vi chianu u Batitonnu (ndilin-ndilon) 
U Batitonnu non potìa veniri (ndilin-ndilon) 
Ca jiu u scangia cincucentu liri (ndilin-ndilon) 
E li tricentu si li tornaru farzi (ndilin-ndilon) 
E pe la pena si llordàu li carzi (ndilin-ndilon) 
Doppu d’i carzi, si llordau i mutanti (ndilin –ndilon) 
E ndeppi mu simmuccia ‘nto caccianti (ndilin –ndilon) 
Ma lu caccianti ndavìa jiutu fora (ndilin –ndilon) 
U cogghji na minestra di scalora (ndilin –ndilon) 
E c’a scalora fici na ‘nzalata (ndilin –ndilon) 
E la gugghjiu ‘nta na patamata (ndilin –ndilon) 
(ndilin –ndilon) 
(ndilin –ndilon) 

Sì, lo state immaginando anche voi che se le inventasse su due piedi queste rime becere, e che il ndilin-ndilon servisse a raccogliere i pensieri per la rima successiva, oltre che per l’improvvisato spettacolo del naso che suonava come una campana percossa dalle dita, perché non c’è traccia, nella letteratura di nessun popolo al mondo di una ninna nanna come questa. Eppure questo stornello impietoso e di sicuro poco adatto al sonno di una bambina era l’unica cosa che lui mi sapesse cantare come ninna nanna ed io non l’ho mai dimenticata oltre a non essermi mai addormentata, ascoltandolo.
Ma questo lui cantava.
E a me andava benissimo!


Nota (Gino) - Il 24 aprile del 1920 è la data di battesimo dello zio Pepé, il 24 di quel mese era anche il giorno in cui si festeggiava la sua venuta al mondo.

giovedì 16 aprile 2020

Federico Fellini I VITELLONI, 1953



A cavallo degli anni ’40 e ’50 sotto la casa dei “Minuri” alla Cresiola c’era un bar in cui si riunivano i giovani uomini della Platì bene a giocare al biliardo o a carte. Era un gruppo di allegri compagnoni, il più vecchio nato nel ’17, gli altri tra il 20 ed il 25. Alcuni erano stati in guerra, altri rimasti a casa perché troppo giovani. Quasi tutti avevano indossato le divise da Balilla in un paese a larga maggioranza fascista. Ma non di politica ci vogliamo interessare quanto di rapporti familiari ed amicali.
Il gruppo era di solito composto dai fratelli Gelonesi, Giannino e Francesco Spadaro, Rosario Caruso, Rosario Demarco, Ciccio Oliva, Vittorio Portolesi (figlio del segretario), Michele Fera e Pepé Gliozzi.
I maggiori animatori del gruppo, grazie alle battute pronte e forse anche per la capacità di organizzare, erano Pepé Gliozzi e Rosario Demarco meglio conosciuti il primo come U Satturi ed il secondo come U professuri Costateja. Entrambi arguti, si prendevano affettuosamente in giro a vicenda come la volta che Pepé comprò un’auto nuova, probabilmente i nuovi modelli dalle forme meno arrotondate, e Rosario commentò: “ti ccattasti a vasca da bagnu”.


A volte salivano sulle auto e se ne andavano verso la montagna portandosi dietro qualcuno dei ragazzini che gravitavano intorno a loro come mio zio Francesco Perri. Qui devo aprire una parentesi: di Francesco Perre o Perri ce n’erano e ce ne sono tanti. C’era u Muzzuni, fratello di mio nonno Peppantoni, che con Pepé Gliozzi lavorò; poi c’era U Nterdettu, cugino di mio nonno; c’era il figlio di Domenico Perri, che emigrò in Australia; c’è mio zio Frank che aveva quasi vent’anni meno di Pepé Gliozzi in seguito emigrato anche lui in Australia. È proprio lui a raccontarmi che Pepé Gliozzi era sempre gioioso, sempre pronto alle battute ed ai divertimenti. Lo caricano quindi sulla loro auto e vanno verso la proprietà del medico Zappia dopo la curva dei Cromatii dove il contadino ha messo dei fichi d’india a rifrescare sotto un getto di gelida acqua di montagna. Si sfidano a chi ne riesce a mangiare di più ed il vincitore è Pepé con una cinquantina.
Organizzarono anche una rappresentazione sacra nel garage, accanto alla villa di Galatti, dove si parcheggiavano gli autobus: Peppino Gelonesi era Gesù, Rosario Demarco vestiva i panni di Giuda, Giannino Spadaro quelli di Pilato.
U Satturi, al secolo Giuseppe Gliozzi, era il terzultimo figlio di Luigi Gliozzi ed Elisabetta Mittiga. Aveva due fratelli maggiori, entrambi sacerdoti, tre sorelle maggiori e due più giovani. Dalle due sorelle maggiori, Rosina e Caterina, Giuseppe ha dei nipoti con cui è affettuoso. Si accovaccia per insegnare a Maria di Caterina a camminare. È lui a scarrozzare Pina di Rosina sul suo scooter o d’estate a portarla a passeggio per comprarle il gelato, ad Ardore, dove va a trovare il fratello Ernesto parroco e la sorella minore Amalia che ospitano la nipote. Lei lo guarda incantata: è così bello lo zio! Le regala dei soldi ogni San Giuseppe quando Pina va a fargli gli auguri.
Pepé Gliozzi era amico di molti senza limiti di età: da Peppe Rinaldo più giovane di venti anni, a Giuseppe Zappia che aveva venti anni più di lui ed era lo zio paterno di Annina Zappia destinata a diventare sua moglie.
Proveniva da una famiglia molto unita i cui componenti potevano sembrare poco calorosi ed invece nelle loro lettere mostravano grande affettività gli uni verso gli altri e verso i genitori.  “Peppino ha rispecchiato il comportamento della madre, donna Bettina. È stato amico e fratello, disponibile con tutti. Era benvoluto in paese perché era un signore con tutti” dice di lui Isabella Zappia figlia del Giuseppe Zappia prima menzionato e cugina di sua moglie Annina. “E sua figlia Marilisa” continua Isabella, “ha preso dal padre e dalla nonna Bettina.”
Quei giovani uomini, che movimentavano la vita di Platì, si sono sparpagliati fra gli anni ‘60 e ’70. Chi molto lontano, chi, come Pepé Gliozzi, a Bovalino in un luogo geograficamente vicino eppure risultato lontanissimo per atmosfera e mancanza di quella rete di relazioni parentali ed amicali che sono distintive di precisi luoghi.
P.S. un grazie a Francesco Perri, Pina Miceli e Isabella Zappia che hanno condiviso i loro ricordi con noi.
*
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Between the end of the forties and the beginning of the fifties, at the bottom of the house belonging to the “Minuri” in the area called “Cresiola” there was a bar which was the meeting place for the Young men of the middle class in Platì. It was a group of happy going fellows, the older born in 1917, the others between 1920 and 1925. Some had fought in WW2; others had remained home due to young age. Most of them had worn the Balilla uniform in a town with a large majority of fascists. However, not of politics we want to talk, but of family ties and friendship.
The group included the Gelonesi brothers, Giannino and Francesco Spadaro, Rosario Caruso, Rosario Demarco, Ciccio Oliva, Vittorio Portolesi (son of town clerk), Michele Fera and Pepé Gliozzi. Due to their ability to organize and their humorous nature, leaders of the group were Pepé Gliozzi and Rosario Demarco better known as “U Satturi” and “U professuri Costateja”. Both provided with a sparkling wit, they used to fondly tease each other. When Pepé bought a new car, probably a new model with less a rounded shape, Rosario remarked “Did you by a bathtub?”
At times they would get in their cars and drive towards the mountain bringing with them one or two of the kids that hang around them like my uncle Frank Perri. And I must digress a little: there were and there are quite a few Frank Perri or Perre. There was “U Muzzuni” who worked with Pepé Gliozzi and was brother of my grandfather Peppantoni: there was “U Nterdettu”, my grandfather’s cousin; there was Domenico’s son who migrated to Australia and there is my uncle Frank who is about 20 years younger than Pepé Gliozzi and now lives in Australia. He remembers Pepé Gliozzi always cheerful, witty and entertaining. So, he follows them on their trip to a property of Dr Zappia just after the turn in the area known as Cromatii where the farmer has already plunged some prickly pears in icy mountain water.  They challenge each other on who will eat the most and Pepé wins with about 50.
They also organized a mystery play for Easter in a garage, by the house of Galatti, where buses were parked: Peppino Gelonesi played Jesus, Rosario Demarco was Judas and Giannino Spadaro was Pilate.
Giuseppe (Peppino, Peppe or Pepé) known as “u Satturi”, was the third to last child of Luigi and Elisabetta (née Mittiga). He had two older brothers, both priests, three older sisters and two younger ones. Giuseppe had a loving attitude towards the nieces and nephews, children of his older sisters. He squats to help Maria (Caterina’s daughter) take her first steps. He drives Pina (Rosina’s) daughter around on his scooter and, when Pina spends her summer in Ardore, with Uncle Ernesto who is the parish priest there and Aunt Amalia, drops in for a visit and takes her out for ice cream. Pina looks at him in awe: he is so handsome! On saint Joseph day she always wishes him a happy name day receiving a money gift from him.
Pepé Gliozi had friends of any age: from Peppe Rinaldo who was 20 years younger to Giuseppe Zappia who was 20 years older and uncle to his wife to be, Annina Zappia.
He was born in a close knitted family whose members might have seemed not very warm while, on the contrary, in their correspondence show love and affection towards each other and their parents. “Peppino mirrored the behaviour of his mother, donna Bettina. He was a friend and a brother, always helpful to all. He was beloved in town because he was a real gentleman” states Isabella Zappia daughter of above-mentioned Giuseppe and cousin to wife Annina. “And his daughter Marilisa” goes on Isabella, “has taken after her father and her grandmother Bettina.”
Those young man who animated life in Platì scattered during the sixties and seventies. Some very far away, some, like Pepé Gliozzi, in Bovalino, a place geographically close but still very far for atmosphere e for the lack of a network of friend and family relationships which are unique to a given place.
P.S.L thanks to Francesco Perri, Pina Miceli and Isabella Zappia who have shared their memories with us.
ROSALBA PERRI




In apertura Ciccillo Gliozzi e Nino, di don Bertinu, Pepè Gliozzi e Pina Miceli, al centro Frank Trimboli and Frank Perri. In finis, sul balcone in corso San Nicola: Pepè, Annina e  Isabella Zappia, Mimmo Priolo, Fina/Gemma, Amalia, Mimì Galatti in Zappia.

martedì 14 aprile 2020

Insalata russa [di Yuri Mamin, 1993]


L’attru jornu a Roma

Bonprudu mu vi faci
Tuttu ju beni i Ddiu
chi l’attru jornu a Roma
nta na pansa si ndi jiu

Antipasti, nsalati
di Russia e nostrani:
jiccàttivi, fitenti!
(nui ndi jiccamu i mani)

Mbivistivu lu vinu
di Bova e Cannunà
e all’urtimu mbrindastivu
cu chiju di Frascà(ti)

Però sbagghiu facistivu,
non ndavistivu metru
quandu vui vettijastivu
nu cunigghiu pa lepri


Giuseppe Gliozzi

giovedì 9 aprile 2020

Chacun son cinéma [AA. VV., 2007]

Lo zio Pepé è a pieno titolo uno dei protagonisti di queste pagine. Ecco una selezione dove lo si può trovare:

Heart of Darkness (reg. Nicolas Roeg - 1994)
La recluta (reg. Clint Eastwood - 1990)
https://iloveplati.blogspot.com/2013/10/la-recluta-reg-clint-eastwood-1990.html
Novecento (reg. Bernardo Bertolucci - 1976)
Preparate i Fazzoletti ( reg. Bertrand Blier -1978)
https://iloveplati.blogspot.com/2011/04/preparate-i-fazzoletti-reg-bertrand.html
https://iloveplati.blogspot.com/2011/04/on-road-to-freedom-alvin-lee-mylon.html





martedì 7 aprile 2020

La vita davanti a sé [di Moshé Mizrahi, 1977]


Giuseppe Gliozzi
di Luigi e Bettina Mittiga
1920 - 2004

Ho bisogno di parlare con qualcuno
E di un nuovo riparo
Sto bussando alle porte del cielo
Bob Dylan




Nel momento in cui mi sono proposto di fare una breve, necessaria celebrazione dei cento anni di età dello zio Pepé non sapevo come redigerla e come dare inizio al tributo. Leggendo Corrado Alvaro mi si è aperta la mente. Ho capito che in sostanza era un tributo anche per mio padre che a suo tempo non potei fare perché queste pagine non erano ancora apparse. Mi è apparso all’istante che quella dello zio Pepé e di Papà erano due vite parallele nate sullo teso segno: La devozione al padre, l'annullamento della (propria) personalità di fronte alla legge familiare*. Perché le loro vite potessero realizzarsi dovettero aspettare dapprima l’accasamento delle sorelle e dei fratelli e di conseguenza la morte del padre che servirono annullandosi. Ciccillo, Ernesto e Fina avevano scelto di accasarsi con la Chiesa i primi, con Gesù la seconda. Mentre per Amalia si scelse di accasarla con i due fratelli preti. Lo zio Peppino, fratello sordomuto di Papà, preferì l’emigrazione verso Milano. Le sorelle restanti avevano già preso la via della Montagna, dell’America o il varco dello Stretto di Messina. Lo zio Pepè e Papà si sono così ritrovati coi capelli bianchi, e di fronte a un altro impegno per il resto dei loro anni, il matrimonio cui pervennero per nuovi sacrifici, avendo già dato la metà della loro vita alla creazione dell'opera paterna*. I due a differenza dei loro genitori dovettero però fare i conti con il tragico destino in cui stava sprofondando Platì e una nuova società che stava volando senza sosta per adattarsi al progresso/sviluppo. Non restava altra scelta che fuggire e andare anonimi in città dove i figli avrebbero potuto studiare e a loro volta sistemarsi. I due non fecero però i conti con quell’avvenire che i loro figli altrimenti intendevano realizzare, a dispetto dei loro sogni.  I dolori per lo zio Pepè e Papà ebbero la prevalsa che solo la morte placò.
*In corsivo: Corrado Alvaro, Calabria, da Itinerario italiano, ed. Bompiani 1995.

Bovalino 8 aprile 1997


Mia madre di F. M. mi diceva sempre spesso che io sono nato l'8 aprile anziché il 24_
Quindi oggi compio 77!

giovedì 13 febbraio 2020

I cancelli del cielo - ECCO I FATTI



ROCCO CORSO, FRATRICIDA ED EVASO TORNA IN ASSISE CON ALTRI COMPAGNI
Rapinarono l’esattore comunale di Platì
e si procurarono il denaro per l’espatrio
Davanti ai giudici di Locri un clamoroso processo per oscuri delitti contro il patrimonio

Locri, 23 febbraio
Si è iniziato davanti la Corte di Assise di Locri il processo a carico del quarantanovenne Rocco Corso di Francesco; di Varapodio; Nazzareno Innocenti di Enrico, di 45 anni, anch’esso di Varapodio, di Ernesto Morabito di Domenico, di 50 anni, di Molochio; e di Rosario Ursida di Carmelo, di 30 anni da Molochio.
I primi due sono detenuti e vennero rinviati a giudizio per essersi, mediante minaccia con armi ed allo scopo di procurarsi ingiusto profitto, impossessati della somma di lire trecentotremila sottratta a G. Gliozzi nella contrada Due Petti di Platì il 15 febbraio 1949 alle ore nove, di espatrio clandestino e di concorso in falsificazione di documenti di identità.
Gli altri, tutti contumaci sono imputati: il terzo per avere aiutato dopo una rapina, gli altri due sottrarsi alle ricerche dell’autorità giudiziaria, il terzo e il quarto di avere aiutato i due primi ad espatriare in espatriare in Francia senza passaporto.
Ecco i fatti: Nel dicembre del 1948 al prof. Giuseppe Attisani in Cirella perveniva una lettera con cui gli si intimava di depositare in una località della di lui proprietà denominata S. Girolamo la somma di L. 100 mila, attenendosi a certe modalità dallo autore della lettera medesima indicate, fissando la data della notte sull'8 dicembre. Il destinatario lasciò sul luogo indicatogli un giornale ed, al posto del denaro richiesto, una lettera, con cui invitava gli sconosciuti a presentarsi personalmente da lui, nel qual caso avrebbe esaminato la possibilità di esaudire il desiderio espressogli. Nelle vicinanze del posto indicato dagli sconosciuti autori della misteriosa lettera vegliarono, per tutta la notte dal 7 all'8 dicembre, persone di fiducia dell'Attisani, senza notare alcun individuo, che si portasse per ritirare l’involto; ma in seguito, si potè constatare che questo era scomparso. La notte seguente, l’Attisani udì bussare al portone della sua abitazione e poté, affacciandosi, scorgere un'ombra che si dileguava.
Soltanto nell’aprile dell’anno dopo i Carabinieri seppero di questo delittuoso episodio. Intanto il 15 febbraio 1949 alle ore 9, in contrada Petti di Cirella, lo esattore comunale Giuseppe Gliozzi, che si portava in compagnia del vetturale Francesco Perri con un mulo carico di documenti e della somma di 303 mila lire dalla frazione di Cirella a Platì avvertiva il fruscio caratteristico del frascone scosso proveniente da un cespuglio da dove, subito dopo, sbucarono alcuni individui forniti di armi militari, i quali, dopo aver intimato ai due di fermarsi e di mettere le mani in alto, riuscirono ad impossessarsi del denaro, dandosi quindi alla fuga.
I Carabinieri, però, continuarono le loro ricerche, fin quando da qualche confidenza riuscirono a sapere che proprio in quei giorni si aggiravano per le gole montane di Platì, Cirella, Ciminà i due attuali imputati e che, nel pomeriggio del 15 febbraio, tal Domenico Mammone, che pascolava le mucche in contrada Micalandrà, fu richiesto da due individui a lui sconosciuti, di cui uno aveva il viso butterato dal vaiolo, se il cascinale che sorgeva in quei pressi fosse o meno abitato, dandone risposta negativa; Era quanto bastava, perché i sospetti convergessero verso Rocco Corso di Francesco, il quale si nascondeva, sapendosi ricercato dai carabinieri, avendo egli ucciso il proprio fratello Giuseppe, reato consumato nell’inverno del 1948 ed ancora perché evaso dal penitenziario di Portolongone ove scontava la pena dell'ergastolo inflittagli nel marzo 1938 dalla Corte d’Assise di Palmi.
Sia l'Innocenti che il Corso il 28 febbraio 1949 partirono dallo scalo ferroviario di S. Ilario per Ventimiglia e di qui con l'aiuto del Morabito e dell'Ursida espatriarono a Tolone da dove furono poi rimpatriati dalla polizia francese. Nel maggio 1949 l'Innocenti venne fermato e, poi, associato alle carceri, sotto la grave accusa di rapina aggravata pur essendosi egli mantenuto sulla negativa. Intanto i carabinieri disponevano un confronto tra il Mammone e l'indiziato e il primo non aveva difficoltà d’identificarlo, specie attraverso il viso butterato, per l’individuo che lo aveva interpellato il 15 febbraio 1949. Oltre a ciò altri elementi vennero a concretizzare l’accusa contro lo Innocenti e il Corso Rocco, che intanto, assicurato alla giustizia. era stato relegato a Procida.
I Carabinieri e poi il Magistrato requirente hanno potuto ricostruire così i fatti: i due pressati a provvedere nel più breve tempo al versamento delle somme per l’espatrio clandestino, si decisero prima ad operare l'estorsione ai danni dello Attisani e, poiché, il tentativo fallì, decisero di passare all'aggressione diretta ed avendo sentito che lo Gliozzi aveva proceduto agli incassi in Cirella (ove l'Innocenti si recava spesso, essendo questo il paese della propria moglie) ed che ne avrebbe trasportato il ricavato a Platì, nella mattinata del 15 febbraio, si appiattarono in un punto, ove la vegetazione è fittissima e con facilità potettero seguire il loro piano delittuoso.
Questi i fatti sui quali la Corte d'Assise di Locri è chiamata a pronunziarsi. Intanto l’udienza odierna è stata, interamente occupata dall’interrogatorio di Rocco Corso, il quale si è proclamato del tutto estraneo alla rapina in danno del Gliozzi, aggiungendo di non essersi mai macchiato di delitti contro il patrimonio.
Dopo le dichiarazioni del maggiore imputato l’udienza è stata tolta. Il processo sarà ripreso domani e durerà parecchi giorni.
GAZZETTA DEL SUD, 24 febbraio 1954   , 

Le precedenti puntate:

https://iloveplati.blogspot.com/2011/04/i-cancelli-del-cielo-reg-michael-cimino.html



 Rocco Corso è un personaggio crudele e allo stesso tempo romantico che potrebbe stare tra le pagine di Victor Hugo come in quelle di Jim Thompson o in un film di Budd Boetticher con il volto di Lee Marvin e quei fatti oggi sono  un'epopea d'altri tempi.

 
Francesco Perri/e
il contabile
non lo scrittore

giovedì 30 gennaio 2020

Il fidanzamento [di Gianni Grimaldi, 1975]

Shall I say Would it be a sin?
If I can’t help falling in love with you
Weiss, Peretti, Creatore




IL FIDANZAMENTO. Da quella volta la cassata siciliana mi è indigesta

Pina euforica per l'arrivo del futuro fidanzato correva da una parte all'altra della casa non sapendo decidere cosa indossare; la nonna Mariuzza sovrintendeva in cucina, tutto doveva essere pronto per la sera (una cena leggera) e per l'indomani il sontuoso pranzo di fidanzamento di sua figlia Pina con Giovannino antiquario di Messina nonchè già cognato di sua figlia Rosa che aveva sposato Placido il di lui fratello.Tutto era pronto ,era l'estate del 1957, noi bambini facevamo capolino continuamente per vedere se arrivavano... intanto si era fatto buio e niente.La mamma decise che per noi era arrivata l'ora di cenare e andare a letto.Era stato difficile prendere sonno si avvertiva un'aria nervosa in casa e anche il timore che tutto andasse in fumo.Io presi sonno con difficoltà ma...ad un certo punto voci ,risate, abbracci grida: erano arrivati gli ospiti e il fidanzato. Dopo la cena ,  venne servita un'enorme cassata siciliana che doveva essere repentinamente consumata, il caldo e il viaggio non le davano più margini di attesa.
Il ricordo di quella sera/notte è per me indelebile, sarà che avrò mangiato con avidità sarà che la ricotta non si era forse mantenuta freschissima sarà  ... fatto stà che il mal di pancia mi ha fatto vedere quell'alba con due occhiaie a virgola, nere.
Il fidanzamento è stato bellissimo, Pina era raggiante ma riservata come voleva l'educazione delle signorine di allora.
Dopo il grande pranzo dell'enorme tavolata, sotto lo sguardo austero di nonno Rosario e col suo permesso, Giovannino prese un' Ortensia rosa offrendola a Pina, lei fece scattare la molla di questo astuccio che si aprì sotto i nostri occhi incantati, specie i miei e quelli di Angelina, dentro un anello di  luccicanti brillanti era il simbolo di una richiesta d'amore che Pina accettava con la benedizione dei suoi genitori e la felicità dell'intera famiglia.
MARIA

Nella foto il matrimonio a Paola,
dietro gli sposi da sinistra: lo zio Pepè, lo zio Ciccillo, la zia Rachelina, Pino Fedele, lo zio Peppino, le sorelle Lucia e Maria Sciarrone, la mamma e Saro.
Tra tutte le cover del brano di Elvis Presley quella di Beck va avanti a tutti.


domenica 17 novembre 2019

I cancelli del cielo [di Michael Cimino,1980] - ed. 2019


Per cominciare I've Seen That Movie Too



Ora vi dico quello che è il legame tra lo zio Pepé e Michael Cimino e così vi svelo il titolo di oggi.
Nei colori dei film dell’ultimo dei grandi maestri hollywoodiani così come in alcune scene, molto spesso fotografati da Vilmos Zsigmond, lui e Gordon Willis negli anni ’70 hanno rifatto il volto del cinema Usa, vedo questo episodio che accadde nelle colline di Platì, a valle di quell’elevata parete che è chiamata l’Aria du Ventu e verso Cirella.
Nei primi tempi di questa spasciata repubblica, nata spasciata, zio Pepé era l’esattore comunale del paese. Per l’esattezza “u satturi”.
Il nonno Luigi gli aveva pure approntato l’ufficio in quella parte della casa dove ora c’è l’ingresso principale in corso San Nicola, in quel tempo accanto alla farmacia. Molto spesso i tassati accusavano malore dopo aver pagato e il farmacista professor/dottor Nicola Spadaro soccorreva repentinamente il malcapitato. Io questo professor/dottor Spadaro non lo potevo vedere perché era lui che preparava l’olio di ricino che la mamma mi dava per purgarmi lo stomaco. Ma questo è un altro film.

La scena è questa, e ditemi se non è un western, un platiotuwestern.
Zio Pepé con due aiutanti sta tornando da Cirella dove era stato per il suo esercizio esattoriale. Il Monte Calvario era ancora molto distante e i due sono in groppa a due muli per altro mansueti. Siamo in estate, i serri per la risplendente luce del sole sono del colore delle messi mature: non ascoltate le cicale che sembrano suonare un pezzo uscito fuori da una delle suites per violoncello solo di Bach? Con l’archetto che va e viene sullo strumento?
Un qualcosa di simile lo si trova anche ne Il Siciliano sempre di Michael, cinematographer Alex Thomson.
Ancora. Lo si trova in alcuni momenti dei film baarioti del buon Peppuccio, e lui di fotografia se ne intende, quando ha l’apporto di Lajos Koltai o ultimamente di Enrico Lucidi.
I nostri eroi, ignari di quanto sta per accadere, asciugandosi il sudore dal collo se la discutono sull’afa e su cosa nonna Lisa farà trovare sulla tavola da pranzo, quando dalle siepi sbucano due bravi: pantaloni neri, camicia bianca con una fila di bottoncini neri al centro, coppola calata in testa, portano sul viso bandane alla Jesse James per non farsi riconoscere. L’intimidazione è quella che abbiamo appreso sullo schermo in cinemascope: “o la borsa o la vita”.
FINE PRIMO TEMPO

Intermezzo: Roy Rogers


SECONDO TEMPO
Dopo il primo sgomento lo zio, che era uno degli uomini più ben voluti in paese, cerca un qualche dialogo, anche perché lui era andato a Cirella per constatare, ancora una volta, l’estrema miseria in cui versavano i paesi della Calabria dal tempo dei Bruzi. Ancora il prode Alcide, accompagnato dal suo fido Andreotti, doveva sbarcare in America per fare la questua e rovinarci con i soldi yankee dopo che questi ultimi ci avevano scaricato sul paese le bombe con la scusa della cacciata dei tedeschi. Mica fessi gli yankee, i conti se li sapevano fare, “prima ti bombardo le case e poi ti presto i soldi per la ricostruzione”.
Il racconto è sospeso in quell’aria estiva o come quando nel cinema Loreto di Platì si inceppava il proiettore bruciando la pellicola e Mimmo Addabbo doveva sospendere la proiezione tra i fischi e le grida dei ragazzi, nella sala illuminata dallo schermo bianco. Io in quei momenti guardavo incantato in quel quadratino da dove uscivano i miei sogni, cercando di capire cosa succedeva in cabina di proiezione.
Nella mia infanzia zio Pepé era un mito, perché lo vedevo poco e quando compariva per strada con il professore De Marco io ero molto contento e gli correvo tra le gambe cercando di farmi regalare qualche gelato al bar del mitico Dante De Maio, già il suo bar papà lo aveva ceduto, dove lui giocava a carte con gli amici.
Questo accadeva prima che lui si sposasse ed io sbarcassi dall’aliscafo a Messina.

Titoli di coda: Goodbye Yellow Brick Road


In realtà i fatti sono qui, con qualcos’altro:

Platì, 18 Febbr. 1949

Gent.ma Sig.a Comare,
Rispondo con ritardo alla gradita Vs, del 13 c.m., dato che quel giorno che ho ricevuto la lettera eravamo preoccupati, perché mentre mio figlio Peppino faceva ritorno da Cirella dove era andato a riscuotere delle Imposte, venne rapinato a mano armata da sconosciuti delle somme riscosse, per oltre 300mila lire; fu puro miracolo se gli hanno risparmiato la vita a lui ed altre due persone che l'accompagnavano.
Rilevo con piacere nella VS. che state bene, come Vi dico di me e dei miei.
In quanto alla Vs. richiesta di notizia sul conto del Sig. Avv. Caruso, non trovo niente in contrario a quanto desiderate di sapere, essendo un giovane che risponde tutto bene, serio, istruito e di buon portamento. E' anche di famiglia facoltosa; la sorella ha sposato un Maggiore di Artiglieria, nostro compaesano.
Per tutto quello che Vi possa occorrere sono sempre a Vs. disposizione, lieto se Vi potrò servire.
Con tutti i miei Vi saluto distintamente.