IN
CALABRIA È TORNATA LA PIOGGIALa tragica sorte di Platìun paese destinato a sparireE
come Platì, spariranno sotto le frane Mammola, Caulonia, Grotteria, Africo e
anche S. Caterina d’Aspromonte se non si iniziano lavori di grande portata.
DAL
NOSTRO INVIATO SPECIALE
REGGIO CALABRIA, 7
Per
farsi un’idea dei disastri che l’alluvione ha provocato in Calabria, bisogna
andare a Platì.
Non è facile raggiungere, Platì un piccolo
presepio di seimila anime a trecento metri sul mare, e annidato in una gola di
montagna, ma è interessante andarvi, prima perché, come vi dicevo, i danni
dell’alluvione sono stati, in questa zona enormi, poi perché a Platì, come in
tutti questi paesini di montagna, che vivono sempre nel tragico presentimento
di una sciagura, si trova la Calabria, la più semplice e la più rude, quella
che in fondo è la più vera e dove il tempo pare si sia fermato in una estatica
contemplazione degli avvenimenti i quali si seguono per loro conto senza che
queste popolazioni si affatichino a rincorrerli.
Andiamo
dunque a Platì. Il treno ci porta sino a Bianconovo. Da Bianconovo a Bovalino –
9 chilometri – la linea è interrotta per il crollo del ponte.
Nei
primi giorni si trovavano pronti a Bianconovo dei camion e dei calessini che si
incaricavano di eseguire il trasbordo, non avendo le ferrovie dello Stato
provveduto ad istituire un qualsiasi mezzo che raccogliesse i viaggiatori; ma
da qualche giorno un povero diavolo, più per bisogno di fare qualche soldino
che per amor del prossimo, ha tirato fuori da chissà mai quale deposito di cose
fuori in uso, un vecchio arnese che un tempo doveva esser stata una corriera.
Del resto date le condizioni della strada che bisognava percorrere essa è
ancora in buono stato.
Spettacolo
desolante
La
corriera ansima, traballa e pare che voglia rovesciarsi ad ogni scossa. Ai lati
lo spettacolo comincia a diventare desolato: le campagne sono ridotte ad un
letto di torrente e, in qualche punto, il rilevato stradale è stato asportato
dalle impetuosità delle acque. Il Genio Civile ha provveduto a costruire due
passerelle ma esse non sostengono più di tre tonnellate per cui per rendere più
variato il viaggio, bisogna scendere dalla corriera due volte e fare, per due
volte, qualche centinaio di metri a piedi, cercando di evitare i materiali di
risulta ed il fango che vi giunge sino alle caviglie.
Giunti
a Bovalino i viaggiatori che debbono proseguire per Taranto trovano, quando Dio
vuole, un treno; ma per Platì che è nell’interno non c’è altro mezzo che
scegliere che l’automobile. Ed anche qui bisogna raccomandarsi a Dio e
all’autista perché la strada è spesso interrotta da frane ed i monti che la
fiancheggiano hanno tutta l’aria di voler, da un momento all’altro, giocare un
brutto scherzo, che potrebbe essere per esempio quello di lasciarvi cadere
sulla testa dei grossi sassi che sembrano a stento sostenuti dalla roccia.
A Platì
troviamo, come accade in tutti i disastri qualcuno che è sempre pronto a fare
da guida e ad enunziare le distruzioni.
Più che
il dolore in questa gente ciò che colpisce è la prostrazione. Platì ha il
triste primato dei morti: 15 su 85 che si sono avuti in provincia. La nostra
guida ci mostra il torrente che ha operato tanti danni: un filo di acqua che
scorre ribollendo tra il fango e le pietre. La gente di Platì si chiede come
sia stato possibile ad un torrente così magro e di solito tanto tranquillo di
infuriarsi in quel modo: eppure è un fenomeno naturale di questi torrentelli a
breve corsi in pendio rapidissimo.
Essi si
impennano in un baleno e già dalle sorgenti prima di defluire a valle
acquistano una violenza spaventosa così da riversare milioni di metri cubi di
acqua nell’alveo che poco prima era asciutto o percorso da un rigagnolo.
In tal
modo si spiega come in queste alluvioni vi sono stati dei contadini che, mentre
attraversavano col somarello il torrente ancora asciutto, investiti dalla furia
delle acque non hanno fatto in tempo a salvarsi e sono annegati: perché data la
tortuosità di questi torrenti e la rapidità con la quale si sono ingrossati,
quei contadini hanno avuto sentore della piena quando essa era già vicinissima,
come se d’improvviso si fossero spalancate due paratie e, nel loro varco fosse
apparso l’enorme mostro delle acque che si avviava verso il mare. Qui usano
chiamarla le «teste del torrente» ed esse sono caratteristiche dei fiumi del
torrente.
Case
nel fango
Se ci
guardiamo intorno vediamo il paese o la parte del paese che è rimasta in piedi
non sono che povere cose che stringono il cuore, e interamente circondate dal
fango: il fango subito dopo l’alluvione era così alto che non permetteva di
entrare nelle case.
Ora nel
paese il fango è stato in gran parte rimosso ma dove erano i seminati nessuno
ha pensato di toglierlo. Sarebbe una pazzia il tentarlo; il fango ha
inghiottito tutto: agrumeti, frantoi, un oleificio di cui non si vede più
nulla; anche una piccola centrale elettrica che era stata costruita ad opera di
un privato è andata distrutta ed il paese è rimasto al buio.
Tra
qualche ora mentre le ultime luci avranno abbandonato la valle, Platì non avrà
più nulla che ricordi la vita.
Anche
il sonno dei morti a Platì non è stato rispettato: il mostro delle acque ha
attraversato il Cimitero, lo ha sommerso e quando l’acqua si è ritirata si sono
visti – o spettacolo pieno di orrore – tibie, femori, crani che la corrente
portava alla deriva; e i vecchi resti umani si mescolavano ai morti recenti.
Oggi la pietà dei rimasti ha tentato di ricomporre le loro povere ossa nei loro
avelli.
E
questa è la tragica sorte di Platì un povero paese che come Mammola, come
Caulonia, come Grotteria, come Africo, è destinato a sparire dalla faccia della
terra perché sotto di lui il terreno
frana e slitta verso una corsa paurosa alla morte: ed è la sorte di S. Caterina
d’Aspromonte che, oltre ad avere perduto l’acquedotto, ha avuto quasi tutte le
case distrutte ed è sotto l’incubo di due frane che minacciano l’abitato: la
sorte di Condofuri anch’essa in pericolo per una frana: la sorte di tante
piccole frazioni dove, se ricomincerà a piovere, comincerà a farsi sentire il
pericolo dei torrenti in piena. È una situazione che di giorno in giorno appare
più angosciosa e allarmante.
Da Roma giungono notizie sul fervore col quale
si formulano progetti e disegni di legge, decisioni e programmi; ma i calabresi
alzano le spalle. È un pessimismo indubbiamente non giustificato o per lo meno
prematuro. Ma come volete dare la croce addosso a questa gente se sorride
sentendo parlare di miliardi che saranno spesi per la Calabria? Il calabrese
non conosce la ribellione: secoli di sottomissione lo hanno abituato ad essere
cupamente rassegnato, ma non apre facilmente il suore alla speranza. La sua
stessa storia gli ha insegnato a non credere al dilà di ciò che vede e tocca
con mano.
Si
aspetta un miracolo
Ed allora? Solo un miracolo potrà rendergli la
fiducia, la speranza che i suoi paesi saranno assicurati stabilmente alla terra
ed i fiumi apporteranno prosperità, invece di essere un pericolo di morte; e il
terreno tornerà ad essere umido ed acre e idoneo a ridare i suoi frutti. Questo
miracolo sarà possibile se il problema della Calabria sarà guardato con occhio
diverso e con decisa volontà d avviarlo alla soluzione. Io ricordo di aver
veduto lasciando Platì, due donne che scendevano a valle. Si erano caricati
sulle teste, ciascuna di esse, un materasso ed una coperta e camminavano l’una
rasente l’altra con la stessa grazia che, di solito, si riscontra in loro
quando tornano a casa portando le anfore e cantando. Lasciavano il paese ed
andavano a chiedere un posto per dormire a chi aveva la fortuna di possedere
una casa. Si sono fatte appena da parte per lasciar passare la nostra
automobile ma non si sono nemmeno voltate ed hanno proseguito senza chiedersi
se da noi potesse venire loro un aiuto.
Questa tragedia di sentirsi soli è il grande
sconforto nel quale gli uomini possono cadere. Ma, purtroppo. È una realtà in
questi paesi che non hanno più niente che li avvicini alla vita; dove nemmeno
il sonno dei morti è rispettato ed anche l’acqua, questa grazia di Dio che
dovrebbe essere la ricchezza dei paesi, si trasforma in un castigo.
Questa sera ha ricominciato a piovere e la
pioggia, se dovesse durare, renderebbe più angosciosa la situazione dei paesi
colpiti; la situazione soprattutto degli sfollati ai quali non si è potuto
dare, né si potrà dare per adesso, una sistemazione conveniente:
Vittorio
Ricciuti
IL MATTINO, 8
novembre 1951
Questo pezzo, già citato da Toto Delfino*, lo devo alla solerzia di Salvatore Carannante, che si è presa la briga di andarlo a stanare presso la sede de IL MATTINO a Napoli.
*https://iloveplati.blogspot.com/2011/10/have-you-ever-seen-rain-creedence.html
https://iloveplati.blogspot.com/2018/09/riders-on-storm-doors.html



























