Powered By Blogger
Visualizzazione post con etichetta Giuseppe Mittiga Medico Chirurgo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Giuseppe Mittiga Medico Chirurgo. Mostra tutti i post

giovedì 30 dicembre 2021

Un mondo a parte [di Chris Menges - 1988]

C’era una volta Platì/C’era una volta in Platì! Dentro questi titoli rubati al Maestro dei Maestri si può incorniciare la “Vita di Platì”. Quella che viene fuori dalla trascrizione dei Catasti Onciari del 1746 e del successivo del 1754. In quelle pagine Platì non è mai riconosciuto ancora come paese ma di volta in volta come: Terra, Tenimento, Curia, Unità, Università e, molto più spesso, Motta. Come già altrove divulgato per Mocta, Motta, si intende un rialzo di terreno. I due Catasti non sono molto dissimili nella loro forma, sono differenti nel contenuto finale. Per ora e per non annoiare riportiamo la “Vita di Platì” del 1754 e con gli occhi e la penna di Don Tolentino Oliva parroco, cui fu devoluto l’incarico di registrare lo Stato delle Anime. Erano 220 Fuochi. Per Fuoco o focatico si intendevano le singole unità familiari comprendenti le persone soggette al pagamento delle imposte. I 220 fuochi erano comprensivi di 901 Anime: 462 donne, 439 maschi, 5 adolescenti erano chierici, 7 i sacerdoti. Tra le donne vi erano 34 vedove e due in capillis. Con “virgines in capillis” si definivano le giovani nubili che “per segno di illibatezza dovevano portare i capelli raccolti e non scioglierli che il giorno delle nozze”. Altri Tempi! La vita media in Platì si aggirava intorno ai 50 anni di età: Nicola Barbaro 90 e Filippo Cusenza 95 erano i più longevi. I ceppi più numerosi erano Agresta, Barbaro, Carbone, Cusenza, Catanzariti, Italiano/Taliano, Perri/e, Portulisi, Sergi, Trimboli, Virgara, il cognome più insolito è Zinnamusca. L’oligarchia che dominava era quella degli Oliva ma c’erano anche Zappia al timone di comando. “Magnifico” era l’appellativo che precedeva quegli Oliva e Zappia. “Magnifico” era Marzio Perre/i ed anche Francesco Musitano il Cancelliere che siglava gli atti. Tra le donne i nomi più diffusi erano quelli di Domenica ed Elisabetta/Lisabetta, tra gli uomini Antonio, Domenico, Francesco e Giuseppe. Lo Stato delle Anime del 1754 era comprensivo dei soli nativi, mentre in quello del 1746 erano stati inclusi anche i forastieri. Quella che ne esce è una ripresa grandangolare, il campo verrà ristretto solo zoomando le “rileve” fatte dai singoli cittadini e non ci sarà distinzione tra nativi e forastieri.

Nella foto d'apertura il dottor Giuseppino Mittiga

 

mercoledì 8 dicembre 2021

Desiderio di re [di Josef von Sternberg - 1936]


Platì 1753, regnante Carolus Dei Gratia Rex utriusque Siciliae, Hyerusalem, &c Infans Hispaniarum, Parmae, Placentiae et Castri &c. Ac Magnus Princeps Hereditarius Etruriae.
 Questa è una storia vera.
In quel tempo Platì era definito una Mocta, Motta: secondo la Treccani per "motta" si intende un rialzo di terreno. A questo punto è lecito domandarsi dove effettivamente sorgeva quell’agglomerato di fuochi, per molti era laddove oggi è sita l’Ariella, alla destra del Ciancio, sulla via che conduceva a Xstina come era chiamata in quel tempo l’attuale Santa Cristina d’Aspromonte. Se Carlo III di Borbone (Dio Guardi) regnava, il padrone effettivo, il Signore Feudale, era il Principe di Cariati, nella persona di Scipione III, 6° Principe, Duca di Seminara, Conte di Santa Cristina, Signore di Palmi. A lui l’istorosofo  dottor Vincenzo Papalia dedicò un’ode non troppo benevola, già apparsa su queste pagine: per questa pubblicazione né il dottore né io siamo stati ancora tacciati (taggati) di miscredito o strumentalizzazione. Se Carlo regnava e Scipione spadroneggiava, la casata Oliva li rappresentava. Nel 1753 era Sindaco di Platì Giuseppe Oliva per l’appunto. In quell’anno “riflettendo sempre più la Real mente della Maestà del Re il Supremo che Dio sempre conservi il sollievo de’ suoi fedelissi Vassalli, ha stimato sempre più necessario” la formazione del “General Catasto”. Tale compito ricadde sulle spalle, si fa per dire, di Don Giuseppe Oliva, sindaco, e Don Francesco Musitani Cancelliere. Primi collaboratori erano Domenico Lentini e Paolo Michea. A loro successivamente furono aggregati Don Francesco Perre, sacerdote, quale rappresentante ecclesiastico con Mastro Giovanni Fera e Antonio Celonise, cirellese; quindi per deputati del ceto civile: Michele Oliva, Cipriano e Domenico Zappia; del mediocre: Michele Mittica fabbro, Giovanni Battista Morabito e Paolo Virgara; per l’inferiore: Baldassarre Perre, Assunto Romeo e Giuseppe Trimboli. A redigere il tutto fu chiamato Domenico Calipareo dell’ordines serviens. Tutti dovettero tenere conto degli atti, delle rivele, degli apprezzi come delle once, appartenenti ai cittadini residenti, dei forestieri residenti e dei bonateneti, che abitavano in altri territori: Palmi, Oppido, Lubrichi, Bovalino, Ardore, Bombile, Natile, Careri, Cirella, Santa Cristina e Santa Eufemia. Ne uscì fuori un compendio, un manoscritto da decifrare, che alcuni facinorosi oggi si sono messi a copiare. Un regalo di Natale devoluto da tutti i Signori prima citati. Robba, con due bi, da pazzi!


In apertura un negativo colliquato che ritrae Caterina Fera, madre dell'autore della foto, il medico Giuseppino Mittiga: guardate ben il volto e le mani, la mamma sembra quasi biasimare il figlio.


domenica 10 ottobre 2021

Un medico, un uomo [di Randa Haines - 1991]

Giuseppe Mittiga
Platì 03/01/1897 -  Palmi 18/01/1982

E intanto la pioggia fitta e continua pesta sul tetto ... sui vetri ... sul suolo”. Ernesto Gliozzi il vecchio

A settanta anni da quella tragica notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1951 non c’è stato chi raccontasse integralmente quel dramma in un’opera letteraria, solo singole vicende, singoli episodi legati a chi ne trattiene ancora il ricordo. A questi ultimi si aggiunge il ricordo di quei giorni per tramite di Lisa Mittiga figlia del dottor Giuseppino, per me, che riporto quei ricordi, zio. Il dottor Giuseppe Epifanio Mittiga aveva 64 anni quando visse sulla sua persona il dramma di un intero paese. Egli si laureò in Medicina e Chirurgia a Napoli nel 1912 a 25 anni. Figlio di Rocco e Caterina Fera dopo la scuola elementare a Platì fu mandato nella città partenopea per la scuola media, successivamente si trasferì a Gerace per compiere gli studi ginnasiali. Ritornò di nuovo a Napoli dove da tempo risiedeva lo zio Saverio Mittiga, sacerdote e docente presso la locale Università Teologica, autore di racconti e poesie editi nella stessa città. Presso la Regia Università di Napoli studiò con profitto con l’illustre prof. Antonio Cardarelli (1831 – 1927) ormai in procinto di lasciare quell’ Accademia per raggiunti limiti d’età. Era Ufficiale Sanitario presso il Comune di Platì quando l’alluvione si infranse sul paese. Non bisogna però pensare che quel disastro fu un fenomeno casuale. Già da diversi giorni una fitta pioggerella cadeva incessantemente senza che il sole apparisse, anche per pochi minuti. Alle volte si rafforzava, alle volte diminuiva. La terra, le campagne, gli orti diventavano di giorno in giorno impraticabili, non solo per le zappe ma anche per le scarpe e gli stivali. Molti di quelli che abitavano in campagna cercarono rifugio presso i parenti in paese; molti, fiduciosi rimasero nelle proprie abitazioni coloniche. La notte tra il 17 e il 18 dalla montagna verso Santa Cristina, da Arcopio e a monte di Sanello si precipitò un torrente impetuoso che andò a colpire maggiormente la contrada Due Valloni, il cimitero e la zona tra la fiumara Ciancio, il corso Umberto e la via San Pasquale. Per diciannove vite la mattina del diciotto ottobre 1951 non si schiarì, centinaia erano i bisognosi di pronto soccorso. La casa del medico Mittiga era posta all’entrata del paese. Essa con altre vicine diventò un ospedale da campo dove il dottore ebbe modo di prestare il soccorso a chi riportò le ferite più gravi non potendo sperare in aiuti esterni. I feriti arrivavano adagiati sulle carriole, sulle scale fatte barelle, su lenzuola o coperte imbrattate di sangue. Bisognò amputare o ricostruire le parti lacerate, molte teste, molte braccia, molte gambe, molti piedi. C’era anche da soccorrere i feriti meno gravi nelle proprie abitazioni e le partorienti, e qui il medico era assistito dalla signora "mammina" Francesca Portolesi, moglie di don Umberto. A distanza di tempo la figura e l’opera del dottor Giuseppino Mittiga è ricordata dai più anziani, ma specialmente per chi lo ebbe come padre amoroso o zio affettuoso.

 

Hanno partecipato Lisa Mittiga di Giuseppe e Saro Mittiga di don Agostino.


martedì 1 giugno 2021

Addio mia bella signora [di Fernando Cerchio - 1954]

“Gino ... ci perdiamo da vivi e poi ci andiamo a cercare tra le carte impolverate... non è strano???”. Marilisa 



 La storia di Mariolina Mittiga, venuta a mancare la sera del 30 maggio, scorso è comune alla maggior parte del diffuso popolo platiese che vive fuori dalle mura native. Oggi il vero paese è altrove e il cordone ombelicale che unisce quel popolo alimenta soltanto ricordi mediatici. Mariolina era nata in seno ad una famiglia talmente importante quanto dimenticata da chi a Platì oggi vive. Ultima in ordine di arrivo su questa terra, con la maturità ebbe in sorte quell’ esodo quasi obbligatorio che colpì anche le sorelle e il fratello e non risparmierà in tarda età i genitori. Rispetto gli altri non andò lontano avendo sposato un rinomato oculista bovalinese: il dott. Rosario Catanese. Per essere più chiari Mariolina era nata da Giuseppe Epifanio Mittiga e Maria Antonia Zappia. E volendo essere ancora più aperti dirò che Giuseppe Epifanio Mittiga, zio Giuseppino, è stato un luminare della medicina ed in paese esercitò come nessun altro la professione di chirurgo, ginecologo, ortopedico, ufficiale sanitario doti unite a quelle di musicista e primo fotografo platiese. Le sue specializzazioni in medicina gli servirono a salvare numerosi feriti, anche in modo anche grave, fra gli scampati al disastro che colpì il paese nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1951, trasformando la sua abitazione in un vero e proprio ospedale da campo. Caterina (Nella), Lisa, Rocco e Mariolina quel genitore lo hanno adorato, come anche lo hanno adorato i suoi nipoti.

Nella foto in apertura Mariolina è alla vostra sinistra, accanto a lei Pina Miceli.

giovedì 25 marzo 2021

La lettrice [di Michel Deville - 1988]


Buon giorno Luigi,

Ho letto con interesse il tuo libro (...); mi è parso un lavoro originale anche per il costante richiamo ai titoli dei film che forse meritava qualche delucidazione in più.

Dal testo si coglie il forte amore per il paese natio anche al di là del
tempo, come si evince dai ricordi personali, dalla rievocazione storica
di vari avvenimenti (l'alluvione, la prima guerra mondiale ecc.), dal
divertente recupero della cucina locale fatto da Maria, dal nostalgico
ricordo del 1° maggio, dal desiderio di una rinascita di valori civici 
ed etici auspicato da alcuni concittadini. Mi è anche molto piaciuta la
parte inerente il lavoro delle donne dedite alla tessitura di filati
tratti dalle ginestre e dai bachi da seta. Anche qui in Friuli si è
praticato già anticamente l'allevamento dei bachi da seta che spesso
hanno rappresentato (assieme all'essicamento del tabacco) una forma di
resistenza alla miseria diffusa. Poi, nel corso del '700 iniziò una
vera e propria produzione industriale della seta, sviluppata dall'impero
asburgico dal 1797 fino al 1866 e proseguita sotto i Savoia. Anche qui
il lavoro in questo ambito era prevalentemente femminile.

Il libro quindi mi ha colpito e mi ha fatto trascorrere piacevoli ore di
lettura in questo periodo di reclusione causa Covid! Un solo piccolo
appunto: forse potevi aggiungere un riepilogo storico delle vicende di
Platì da quando è sorta ai giorni nostri per far capire al lettore
l'evoluzione di questa cittadina.

Ti saluto caramente e ti auguro buon lavoro per le tue prossime fatiche
letterarie


Gina

Un contributo della professoressa Gina Misdaris di Udine, altre volte collaboratrice indispensabile per queste pagine.

La foto in apertura è di Giuseppino Mittiga, Medico Chirurgo.




 

venerdì 19 marzo 2021

Sette note in nero [di Lucio Fulci - 1977]

FRANCESCO PORTOLESI
1883-1951




BRICCICHE DI CRITICA

RIVALI (1)

La lotta è tenacemente gagliarda.
E nessuno con freddo indifferentismo assistere a questa pugna vitale, a questa battaglia aspramente acre, che si combatte da anni e ne durerà ancora molti, prima che il sole fulgido della vittoria, spunti sul fosco orizzonte sociale. E’ una tenzone che ha interessato e continua ad interessare tutti, da i letterati e pubblicisti agli uomini eminentemente politici, dai cattolici ai miscredenti, dalla Chiesa allo Stato; è una tenzone che chiederà ancora molte vite, molto sangue, molti martiri. I due eserciti che si contendono palmo a palmo il terreno, dovranno sostenere, chi sa fino a quando, le fatiche penose del campo.
Invano le turbe, anelanti alla pace serena, spingono lo sguardo scrutatore lontano nelle tenebre fitte della notte, aspettano se qualche raggio furti qualche raggio furtivo brilli tra le nubbi gravide di tempesta, se qualche lembo d-azzurro accenni, speranzoso dall’alto. E si rivolgono quasi spaventate, quasi atterrite, dal sinistro bagliore dei lampi di sangue, dal cupo rombare del suono d’ imminente infuriare della tormenta.
Di chi sarà la vittoria? Non è lecito dire. Ambo gli eserciti pugnano con ardore e coraggio grande. Dall’una parte e dall’altra non mancano duci animosi, capitani esperti, che si battono da eroi, per il trionfo del loro ideale.
Quale dunque dei due eserciti, intonerà per primo esultante, il peana sublime della vittoria? L'evento dei fatti ci saprà dire con certezza! A noi, non resta che combattere con coscienza di soldati animosi, a cui tornerebbe sommante ignominioso l’appellativo di codardi.
E la questione sociale per l’appunto, ha dato argomento ad uno dei tanti collaboratori de «La croce di Costantino», di scrivere un grosso ed interessante volume di seicento pagine circa.
(1) Eneleo della croce di Costantino – RIVALI - Tip. Giustiniani – Caltagirone, 1903
 
Eneleo — i lettori questa Volta debbono contentarsi dello pseudonimo, ché la grande modestia dell’autore non gli ha permesso di mettere in capite libri il suo vero nome di battesimo — tratta appunto del socialismo e della d. c. in questo romanzo attraentissimo. Egli ha voluto darci (non per il primo) il romanzo addirittura sociale. E dico giustamente «non per il primo» che, se non m’inganno, questa nuova specie di romanzo, era stata tentata con esito felicissimo, da un baldo cavaliere di giustizia figlio della forte Biella. Il cuore sanguina di angoscia e tumultuano nell’alma, profondamente addolorata i palpiti, che ricordano le memorie blande, al semplice e caro nome di D. Guelpa. Questa speranza nera — come spregevolmente l’avrebbe chiamato l’autore di Anticaglie sentiva, nel vergine animo di giovine ventottenne, tutto l’ardore, e l’entusiasmo d’un degno ministro di Dio, e ci aveva dato Ribelli, dove è tutta ritratta la turba immiserita, che chiede tumultuando «pane e lavoro».
Sfogliando «Rivali» mi è passata, come in un gigantesco cinematografo, tutto il mondo sociale moderno. E non rare volte anzi, mi è toccato di accalorarmi talmente nella lettura, che provavo l’illusione d’essere di fronte agli avversari, in carne ed ossa.
Facilmente si riesce a capire, come deve averle viste e sentite, l'A. quelle scene, per ritrarle al vivo sì magistrevolmente. Egli deve essere davvero un animoso paladino per l'Idea, un entusiasta convinto della d. c., per parlarne con tanto calore. Io, francamente, ho sentito battere, dentro l'animo commosso, quasi tutte le corde di che il cuore umano è capace. Ed ho amato e abborrito, e ho palpitato e pregato, ho avuto fremiti di gioia e parole di odio, con tanti personaggi che mi passarono sotto gli occhi, ritratti con fedeltà grande, con perizia somma; messi in una luce sfolgorante, che ce li fa tutti comprendere, in tutto il loro carattere di ributtante cinismo o di sconfinata simpatia.
Lucio Desmeto è una di quelle creature, che si è quasi costretti ad amare per forza; è una di quelle coscienze moderne tutta virilità ed ardore. Egli, forte della fortezza che viene dalla santità della causa difesa, per nulla cede dinanzi ai nemici malignamente isleali, che vorrebbe ad ogni costo atterrarlo. La sua volontà, dalla tempesta d’acciaio, sa resistere anche di fronte alle vigliacche insinuazioni e alle grette utopie di cattolici che non son cattolici. Ed anche allora che uno dei suoi più cari compagni di lotta - il Gentile - osa, non si sa il perché, battere ritirata, Lucio non si scoraggia per questo. I vinti di oggi saranno i vincitori di domani. No, egli non è di quei cattolici, che si rintanano paurosi nel guscio di vecchie tradizioni, e vedono lo zampino del diavolo in ogni opera moderna. Lucio sente nel cuore, potentemente, la religione del Cristo, e per essa e con essa combatte, colla parola del Vangelo sul labbro e l’amore del Nazareno nel petto. E se il suo cuore è già promesso ad una creatura - Maria Dorsoli - non è un amore terreno il suo.
E' un amore santo, che non gli impedisce punto di combattere sempre, con crescente ardore, per il trionfo della sua nobile Idea.
E per l'Idea, Lucio ha fatto e farà dei sacrifizi grandi; per l'Idea non si risparmierà, a fatiche e dolori; per l'Idea non potrà, né vorrà lasciare il cammino intrapreso, lasciando talvolta brandelli sanguinolenti di vita tra rovi e cardi.
E l'avv. Porro – l’avversario di Lucio e direttore del circolo Marx – non è egli la sintesi del socialismo contemporaneo?
Ed anche egli si batte per il trionfo del suo ideale. Ma il suo non è il valore del soldato coraggioso, tutto fuoco pei nemici della sua patria; è il valore del mercenario prezzolato, cui un acuto desiderio di bottino chiama in battaglia.
Anche egli vorrebbe essere un idealista puro sangue, ma non riesce che un volgare impasto d'immoralità e intrighi; è l’uomo-bruto che non sa fissare il sole, pago soltanto di strisciare sulla palude bruna di tutte le porcherie dei bassi fondi cittadini.
Anche Bista Porro ama Maria, ma di quale amore, ognuno può facilmente comprendere. Né dovranno maravigliarsi i lettori, quando egli, abbandonando circolo e compagni prende il volo per ignoti lidi, unitamente alla moglie di un suo carissimo amico.  Per me, in breve, ne l'avv. Porro, ho trovato ritratta tutta l'indole del socialismo odierno: indole apertamente immorale, antireligiosa e antidemocratica.
Altro personaggio di «Rivali» è Maria. Ella è una di quelle giovani, frutto della società laica, senza fede, senza speranza, col riso beffardo e sprezzante dello scetticismo più torvo. Dopo le varie sventure toccatele, Maria, quasi intravede il sentiero delia fede cristiana. E dico quasi, perché l'A. non la fa convertire del tutto, e il perché non dice; Che forse sotto la snella figura di Maria, l'A. voglia adombrare la società moderna? Ebbene oggi - cosi il padre Maltese - le conversioni sono molto rare, e le plebi, che
attendono dinanzi, alle piazze delle nostre Chiese, non sanno decidersi ancora ad entrarvi, per purificarsi nei lavori salutari della fede.
Altre figure minori del romanzo, ci passano dinanzi agli occhi, per ogni pagina, descritte, o meglio ritratte con mestizia grande: sono anzi delle continue fotografie, tutte nitide, tutte luminosissime. Vi sono pagine davvero belle, bellissime proprio, che lasciano un solco grave nel cuore di chi legge e rivelano nell'A. un psicologo profondo. A lui un evviva di cuore, e un augurio sincerissimo.
Lo vorrei, dare ai lettori in saggio, ma mi trovo alquanto imbarazzato nella pelle, fra tante pagine di prosa smagliante ed incisiva. E però - conchiudo col medesimo padre Maltese - li consiglio a prendere fra le mani il volume, per gustarne tutte le bellezze e giudicarne con sincerità, se noi non abbiamo trovato in esso il nostro romanzo sociale.
FRANCESCO PORTOLESI
LA SCINTILLA QUOTIDIANO DELLA DOMENICA  ANNO V – N. 7  Matera 14 febbraio 1904


NOTA - Dubito che questa pubblicazione la leggeranno in molti, per questo sono ricorso all'immagine d'apertura di Giuseppino Mittiga medico chirurgo. Come difficile è stato scoprire l'autore dei libri recensiti dal quasi prete successivamente segretario, Francesco Portolesi: Mario Sturzo (1861-1941) vescovo di Piazza Armerina EN, fratello del più noto Luigi.   

martedì 9 febbraio 2021

Lo sguardo di Ulisse - Se questa non ha mai sorriso

Se questa non ha mai sorriso
l'ha fatto apposta perché sa
di meritarsi il paradiso
Chico Buarque De Hollanda

 

martedì 12 gennaio 2021

Lo sguardo di Ulisse - Solo nostalgia




Questa mattina mentre scansionavo questa foto - è un negativo 6 x 22 - dello zio Giuseppino mi sono commosso perché ho ritrovato il paese della mia infanzia che rivive solo nei sogni. Come potete osservare, il panorama, dalla collina antistante il Ciancio, era notevole.

Di seguito un commento di Rosa Ciampa apparso oggi qui:
Platì ccelonel cuore miricodo curando ero bambina perandare aracoglereilumacki evenutangrandi pioggia sisonoalzati ifiumi pertrnare acasa odovjgo salire sullamontagna pertrnare acasa miamamma Filomena cuandu vinnilaluvioni. Nel 50 fora optu siprtaututto puru il cimitero io avevo4anni maeralami libertà oggi incesto mondo laliberta esolorovina


mercoledì 6 gennaio 2021

Lo sguardo di Ulisse - Ricordati


I platiesi ritratti per lungo tempo sono rimasti nell'oblio. Oggi rinascono ma è difficile dar loro un secondo battesimo, anche viruale.

 Foto di Giuseppe Mittiga Medico Chirurgo 

Fino a quando esercitò la sua professione lo zio Giuseppino fu Medico Condotto e Ufficiale Sanitario di Platì.


Il brano di oggi è un testo con relativa melodia di Gino Paoli. Il Maestro, al suo solito, l'avvolgeva di fiori orchestrali.

martedì 8 dicembre 2020

Lo sguardo di Ulisse - Argomenti







E' primavera, è domenica ... Ecco, ora con le foto dello zio Giuseppino ognuno di voi può inventarsi una storia a piacere, se conviene, cambiando anche la sequenza fotografica proposta. Fondale è il serro che volge verso Cirella, e come sottofondo sonoro va benissimo Astrud Gilberto assieme all'ormai mi(t)tico:

lunedì 7 dicembre 2020

Lo sguardo di Ulisse [di Theo Angelopoulos -1995]

Non luce, una visibile tenebra.
John Milton citato da Willa Cather



Oggi inauguro una nuova etichetta: Giuseppe Mittiga Medico Chirurgo (Platì 03/01/1897 - Palmi 18/01/1982) figlio di Rocco e Caterina Fera. Oggetto sono le sue lastre fotografiche, abbiatene cura! Per la verità alcune hanno già visto la luce tra queste pagine. Oggi rinascono con una nuova scansione migliorata anche se la colliquazione che stanno subendo è inesorabile. Senza ombra di dubbio egli è stato il primo in paese a girare con la sua fotocamera, lasciandoci una memoria visiva come nessuno dei platiesi. Per tutto questo ricorro ad un Titolo ed ad un Autore di tutto rispetto: Lo sguardo di Ulisse di Theodōros Angelopoulos, basterebbe anche la presenza di Harvey Keitel ed Erland Josephson ma è l'assenza di Gian Maria Volontè, al suo ultimo rimosso sguardo che conta e poi, ancora, il girovago per elezione in un perenne ritorno. Che volete farci: il cinema è il cinema.
Come se non bastasse, a corredo un altro grande assente e sue melodie poco conosciute: