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mercoledì 31 maggio 2017

Qualcosa di travolgente (Jonathan Demme - 1986)

Wild thing, you make my heart sing
Chip Taylor







Il frastuono che travolgeva stamattina il "sagrato" della scuola media de amicis a Platì era pari alle Liliac che prendono per i piedi Wild Thing di hendrixiana memoria.



giovedì 25 maggio 2017

Alleluja! (reg. King Vidor- 1929)

Mancano pochi giorni alla proclamazione dei vincitori del primo “Premio Letterario don Ernesto Gliozzi”organizzato dall'Associazione Etno-Culturale Santa Pulinara e rivolto agli studenti dell’Istituto Comprensivo De Amicis di Platì. In attesa di quell’evento voglio ricordare ancora una volta la figura dello zio Ernesto.  Per questo ricorro ad un articolo abbastanza esaustivo apparso su America Oggi, quotidiano destinato alle comunità italiane che vivono negli Stati Uniti.




A Platì solenne concelebrazione per il 70mo anno di sacerdozio 
di don Ernesto Gliozzi
Il 5 dicembre del lontano 1937 il giovane calabrese riceveva gli ordini sacri
Da lungo tempo ormai don Ernesto Gliozzi non si vedeva con i paramenti sacri indosso, e, per un prete non cӏ maggior dolore di quello di non poter dire Messa. Oggi era in procinto di celebrare insieme al Vescovo e a ben sei confratelli nel presbiterato, e in attesa, seduto su quella sedia a rotelle - suo altare quotidiano - era visibilmente commosso.
Ciò traspariva dagli occhi lucidi e dal viso che si era tinto di un bel color rosa più acceso del solito.
L’ ampio salone dove trascorre la sua giornata insieme alla sorella Amalia, che non lo lascia solo nemmeno per un istante, si era riempito fino all’inverosimile.
Fra tutti, spiccava la figura del Vescovo, Padre Gian Carlo; quel sensibilissimo Vescovo che in questi anni di sofferenza lo ha sempre confortato e sostenuto col la sua vicinanza, e che, ahinoi, sta facendo le valigie perché “promosso” ad una nuova sede. C’erano le Suore, il coro parrocchiale al completo, oltre, naturalmente, ai familiari (sorella, cognata e nipoti), e tanta, tanta gente stipata in ogni angolo del salone e del corridoio.
Come non commuoversi, dinanzi a tanti attestati di affetto?
La concelebrazione, animata dal coro guidato da Suor Annalisa, che ha eseguito canti in italiano, latino (il Pater Noster, particolarmente apprezzato da don Emesto), e spagnolo, è stata intensa e toccante. Alla fine c'è stato un momento di fraternità a base di torta e dolciumi.
Quella di oggi è stata per don Ernesto una giornata particolarmente emozionante. Chissà quante volte è tornato con la mente al cinque dicembre di settanta anni fa.
Correva l’anno di Grazia 1937, e fu il Vescovo di allora, Mons. Giovanni Battista Chiappe che lo ordinò sacerdote, qui a Platì, nella Chiesa di Santa Maria Lauretana. Lo stesso Vescovo che due anni prima, nella Cattedrale di Gerace, aveva consacrato il fratello maggiore Francesco, l’indimenticabile “don Ciccillo”.
Famiglia eccezionale quella dei Gliozzi; nel giro di due anni regalano alla Chiesa ben due sacerdoti! L’ordinazione' di don Ernesto, non segna, tuttavia, la fine delle vocazioni in famiglia, perché di lì a poco ne fiorisce una terza.
E' quella di suor Gemma, al secolo, Serafina, che sceglie la vita consacrata, e, a Roma, nel 1940 veste l’abito delle Suore di Maria di Monte Calvario.
Da cotanta famiglia cotanto prete!
Nel corso del suo lungo presbiterato, don Ernesto si è distinto soprattutto per due cose: per l’obbedienza e, perla precisione; pertanto, egli è stato ed è certo, ” homo obediens et homo diligens ”.
Obbediente perché ha sempre saputo ascoltare la voce della Chiesa, (obbedire = ob audire) rendendosi sempre pronto e disponibile a tutti gli incarichi che gli venivano affidati e che egli ha sempre svolto con zelo, puntualità e diligenza, ovunque sia stato, ha sempre lasciato l’impronta del suo genio.
Strenuo difensore dell’ortodossia, è stato prudentissimo e diligentissimo soprattutto nell’amministrazione dei Sacramenti.
Uomo di leonardesco ingegno, fin dai tempi del seminario, ha guardato sempre con interesse alle novità della tecnica e della scienza.
Le sue competenze hanno spaziato dal disegno e pittura, all’elettrotecnica, dalla falegnameria all'elettronica, dalla meccanica alla radiofonia.
E' stato fra i primi sacerdoti della diocesi ad usare il computer, e lo fece con una disinvoltura impensabile per una persona della sua età.
Tutto questo e molto di più è stato ed è don Ernesto!
Per questa felice ricorrenza è stato preparato uno striscione con la scritta:
 “Grazie don Ernesto”, che, dopo visto da don Ernesto, è stato appeso al balcone di casa sua.
Appena lo ha visto ci ha detto: “Avete sbagliato! Non dovevate scrivere GRAZIE DON ERNESTO, ma
GRAZIE A DIO!”

a cura di Enzo De Biaso
Foto: Toto Callipari
Pubblicato su America OGGI, lunedì 7 gennaio 2008

Nota
Voglio ricordare che in quell'occasione, e senza dire una parola, anche la zia Amalia festeggiava il suo 70mo della Prima Comunione, ricevuta dalle mani dello stesso zio Ernesto.




mercoledì 24 maggio 2017

The Day After (reg. David W. Griffith - 1909)




Roma, 24 – 9 – 63
Carissimo Ernesto, ho ricevuto la tua lettera e il certificato che ti avevo chiesto.
Da questo risulta che sono nata il 21 agosto e non il 22, come io ho saputo sempre e come ho scritto quando è servita la mia data di nascita. Mandami ora l’estratto di nascita in carta semplice. Non so come io ho saputo sempre di essere nata il giorno dopo; possibile che al municipio mi hanno segnato un giorno prima? C’è proprio da ridere. Domanda alla mamma come è andata questa faccenda e così correggerò per sempre. Baci  MGemma

Nota
Quest'anno la zia Gemma, nata Serafina, avrebbe compiuto 100 anni essendo nata nel 1917.

lunedì 22 maggio 2017

La meravigliosa visita (reg. Marcel Carné - 1974)




Da Platì

E’ venuto per la Sacra Visita e si trattenuto fra noi per quasi tre giorni Mons. Delrio, amatissimo Vescovo della nostra Diocesi.
Al suo arrivo sabato sera, è stato ricevuto dall’intiera cittadinanza festante; con musica e spari di mortaretti.
Le vie del paese erano parate a festa con mortella e archi dai colori più vivi.
Al principio del paese sorgeva un gran padiglione formato di fiori freschi e rami di abete e quercia.
Le classi tutte di cittadini erano rappresentate, dall’umile lavoratore alla balda schiera di professionisti.
La folla di popolo è stata da vero numerosa, come nelle grandi occasioni e come se per la prima volta Mons. Delrio visitasse Platì, ove invece altre fiate è stato.
Valga ciò a smentire quello che comunemente si osa dire del popolo calabrese, essere cioè apatico e indifferente in materia religiosa. La sua fede è invece viva e forte.
Domenica Monsignore alla chiesa matrice, ha celebrata messa bassa pontificale e ha detto un elaborato discorso sul Sacramento, riaffermando le sue spiccate doti di oratore fine e dotto. Alla sera poi, per la festa di S. Antonio, ha tenuto il pergamo il sac. Pangallo con una squisita orazione panegirica, tanto da meritarsi i più vivi complimenti da parte del Vescovo e dei cittadini.
Lunedì poi, nella medesima chiesa, Mosignore ha inaugurato l’Apostolato della preghiera sorto con la cooperazione delle signore e signorine più distinte e virtuose che hanno aiutato in ciò l’opera dell’arciprete Mittiga, e quella efficacissima del canonico Vincenzo Raschellà che, a tal fine si trovava da più giorni fra noi.
Il canonico Raschellà ha predicato un triduo riuscito molto bene specie per la folla di popolo accorso a sentire le sue belle prediche piene di fede e di entusiasmo sull’apostolato della preghiera. Sullo stesso argomento ha pure parlato alle zelatrici e al popolo Mr. Delrio, con un superbo discorso denso di dottrina e vibrante amore divino. Né poteva essere diversa la parola di lui ch’è detto per antonomasia “il Vescovo del Sacro Cuore”.
Lunedì sera Monsignore visitò la chiesa del Rosario, condotta dal sac. Gliozzi, il quale regge le sorti dell’omonima congrega.
Monsignore è stato visitato da signore e signori del paese in casa dell’arciprete Oliva di cui è stato ospite, e stamane è ripartito alla vota di Natile, salutato da popolo e accompagnato dai canonici dott. Raschellà e Rev. Spanò. A sua Eccellenza i migliori auguri di bene e prosperità.

L’ALBA - PERIODICO SETTIMANALE POLITICO AMMINISTRATIVO Reggio Calabria 27 Giugno 1914, Anno II - Num. 26

Nota
Mons. Giorgio Maria Delrio (1865 - 1938) fu vescovo della diocesi di Gerace dal 1906 - al 1920. Ebbe una particolare predilezione per il Santuario di Polsi dove trascorreva spesso l'estate coi seminaristi; fece, tra l'altro, quanto poté per aiutare Mons. Mittiga al momento della sua umiliante caduta.
Il Canonico Vincenzo Rascellà  (1876 - 1954) nativo di Caulonia fu arciprete a Siderno Marina. E' autore del prezioso volume Nuove Luci sul Santuario di Polsi, Pompei 1938.

domenica 21 maggio 2017

La via del dolore (reg. Luigi Marone - 1916)







Condoglianze

Sentite al nostro affettuoso ed intellettuale collega rev. Ernesto Gliozzi da Platì, il quale ha avuto la sventura di perdere in questi giorni i suoi amati genitori. Ci associamo dal più profondo dell’animo al suo vivo e intenso dolore che non può certamente essere sanato dalle solite frasi convenzionali.

Il Giornale di Reggio l’eco settimanale della provincia  R. C. 9 giugno 1909 Anno I – N. 5, Direttore: D.r A. Scabelloni, Redattore-capo: Farm. G. Sculli

Nota
In quello stesso numero del Giornale di Reggio venivano pubblicati gli articoli Per un campanile di A. Scabelloni e Sui fatti del campanile (per lettera da Platì) di Ferdinando Caci apparsi in queste pagine https://iloveplati.blogspot.com/2016/12/faida-reg-paolo-pecora-1988.htmlhttps://iloveplati.blogspot.com/2016/12/il-campanile-doro-reg-giorgio-simonelli.html  

venerdì 19 maggio 2017

Ricorda il mio nome


-Zappia Domenico Antonio(12.2.1934/362-22) di Saverio cicoro e Carbone Anna di Francesco.
-Romeo Maria Candelora(15.2.1934/363-25) di Giuseppe Antonio ciclope e Marando Elisabetta di  Rocco.
-Violi Vincenza(22.2.1934/365-28) di Francesco Saverio meccanicheju e La Rosa
 Caterina di Vincenzo.
-Demarco Giuseppa(24.2.1934/365-29) di Francesco miscita e Barbaro Maria di Francesco.
-Perre Francesca(25.2.1934/366-30) di Domenico jhumentaru e Scarfò Mariantonia di Giorgio.           -Lentini Rosario Antonio Michele(25.2.1934/366-31) di Domenico strascinapedi e Frisina Anna  Antonio.
-Virgara Francesco(25.2.1934/367-32) di Vincenzo cannoniere e Furore Francesca di Rosario.
-Barbaro Elisabetta(11.3.1934/369-37) di Antonio zumpano e Ferraro Domenica di Francesco.
-Molluso Maria Domenica(11.3.1934/370-38) di Rocco e Romeo Elisabetta di Rocco lignuduru.
-Riganò Francesca(11.3.1934/370-39) di Giosofatto 'ncineju e Maria di Domenico testelignu.
-Perre Maria(11.3.1934/371-40) di Adamo ciucia e Treccasi Giuseppa di Gius.
-Portolesi Domenica(5.4.1934/372-43) di Pasquale lucìu e Spagnolo Maria di Francesco.
-Barbaro Giuseppe(5.4.1934/373-44) di Domenico zumpano e Ielasi Caterina di Pasquale.
-Perre Antonio(5.4.1934/373-45) di Rocco ciucia e Catanzariti Francesca di Pasquale.
-Calabria Elisabetta(7.4.1934/375-48) di Domenico piscilongu e Ielasi Teresa di Pasquale.
-Catanzariti Teresa(7.4.1934/375-49) di Saverio e Perre Anna di Ant. ciucia.
-Carbone Michele(8.4.1934/376-51) di Francesco tridicinu e Catanzariti Elisabetta di Pasquale.
-Carbone Giuseppe(29.4.1834/379-56) di Antonio prunarisi e Trimboli Domenica di Giuseppe.
-Trimboli Antonio(6.5.1934/380-58) di Nicola vajaneja e Perre Mariantonia di Antonio ciucia.
-Murabito Caterina(9.5.1934/380-59) di Giuseppe mastrudatta e Calabria Maria di Antonio  piscilongu.
-Pangallo Maria Concetta(19.5.1934/381-61) di Domenico batazzinu e Pangallo Rosa di Pasquale.
-Barbaro Giuseppa(28.5.1934/382-62) di Pasquale pilleri e Stalteri Pasqualina di Antonio.
-Catanzariti Giuseppe(31.5.1934/382-63) di N e Catanzariti Rachele di Domenico limina.
-BarbaroAnna(3.6.1934/383-65) di Pasquale zumpano e Grillo Maria di Ant.
-Trimboli Maria(3.6.1934/384-66) di Giuseppe mangiafica e Portolesi Anna di Rocco.
-Sergi Michele(13.6.1934/385-69) di Giuseppe birrozzo e Catanzariti Domenica di Pasquale,
-Carbone Domenico(17.6.1934/386-70) di Salvatore mujura e Carbone Elisabetta di Francesco.
-Fotia Rocco Annunziato(17.6.1934(386-71) di Francesco bumbulici e Catanzariti Caterina di Rocco  marro.
-Catanzariti Antonio(23.6.1934/387-72) di Domenico e Papalia Rosa di Giuseppe francuna.
-Catanzariti Mario(10.5.1934/387-73) di Domenico e Papalia Rosa di Giuseppe francuna.
-Perre Giuseppe(24.6.1934/388-74) di Giuseppe Gaetano ràsula e Portolesi Marianna di Francesco  marti.
-Spagnolo Domenico(1.7.1934/388-75) di Francesco mattulinu e Zappia Elisabetta di Domenico  cagnolaru.                                                                       
-Marando Domenica(1.7.1934/389-76) di Rocco pistola e Romeo Caterina di Francesco cecalupi.
-Trimboli Francesco(5.7.1934/390-78) di Domenico furnaru e Trimboli Maria di Antonio furnaru.
-Morabito Caterina(22.7.19344/390-79) di Saverio masi e Ficarra Rachele di Pietro.
 Demarco Caterina(22.7.1934/391-80) di Michele miscita e Trimboli Anna di Michele.
-Agresta Rosa(25.7.1934/391-81) di Giuseppe ferrara e Catanzariti Francesca di Domenico  bongiorno.
-Barbaro Francesco(5.8.1934/392-82) di Antonio mangiafica e Carbone Teresa di Giuseppe rranco.
-Barbaro Giuseppa(10.8.1934/392-83) di Graziano micciunarda e Amante Maria di Vincenzo.
-Carbone Caterina(16.8.1934/393-85) di Pasquale rranco e Catanzariti Caterina di Domenico.
-Sergi Michelina(16.8.1934/394-86) di Michele 'mbilli e Murabito Elisabetta di Domenico.
-Cutrì Nicolina(19.8.1934/395-88) di Antonio biscotto e Barbaro Caterina di Francesco micciunarda.
-Sergi Francesco(26.8.1934/395-89) di Michele filomnenaru e Sergi Maria di Francesco filomenaru.
-Trimboli Elisabetta(27.8.1934/396-90) di Salvatore judici e Romeo Maria di Domenico.
-Ielasi Giuseppe(30.8.1934/397-92) di Francesco i carvuneju e Carbone Anna di Rosario crupeja.
-Barbaro Pasquale(2.9.1934/397-93) di Pasquale micciunarda e Barbaro Caterina di Saverio.
-Zappia Anna(9.9.1934/399-97) di Domenico cirejotu e Virgara Domenica di Giuseppe.
-Catanzariti Domenico(19.6.1934/400-98) di Antonio gajineja e Garreffa Caterina di Francesco.
-Agresta Rocco/15.9.1934/400-99) di Saverio cicoreja e Giorgi Elisabetta di Giuseppe.

Nota
Qui siamo al XVI° volume dei Registri dei Battezzati e nella foto, inutile ricordarlo, uno dei grandi Francesco Mittiga con un alias rimasto unico e mit(t)ico.

giovedì 18 maggio 2017

Dalla parte giusta (reg. Roberto Leoni - 2005)

Regno delle due Sicilie
Ferdinando Secondo per la Grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie
di Gerusalemme = Duca di Parma Piacenza Castro = Gran Principe Ereditario di Toscana
A tutti i presenti e futuri salute
Copia N° 190 = Regno delle due Sicilie - Il giorno undici del mese di Luglio milleottocento cinquantatre - in Oppido
Regnante Ferdinando Secondo per la Grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie
di Gerusalemme = Duca di Parma Piacenza Castro = Gran Principe Ereditario di Toscana
Avanti di Noi Dominicantonio Palumbo del fu Francesco, regio e pubblico Notajo, residente in questo Comune, Capo Luogo di Circondario di Oppido, Distretto di Palme, Provincia della Calabria Ulteriore, col nostro studio in casa propria nella strada l’oratorio, ed in presenza di sottoscritti noti ed idonei testimonj si sono personalmente costituiti
Il Signor Don Francesco Gliozzi del fu Don Carlo, proprietario domiciliato in Platì - Da una parte
E dall’altra il Signor Don Francesco Fera del fu don Michele, altro proprietario domiciliato anche in Platì.
Ambedue le suddette parti sono ben note a Noi notajo e testimoni.
Han dichiarato le parti medesime di voler solennizzare il presente contratto di compravendita, regolato dalle Leggi e condizioni qui appresso.
Primo = Il costituito Signor Gliozzi, ha venduto come mercé il presente atto, vende, cede ed aliena a favore dell’altro costituito Signor Fera, che accetta numero cinquanta alberi di ulivo di aumento, cioé nove piante site nel fondo in contrada Arcopallo ossia fiumamaro, territorio di Platì, confinante da’ beni degli eredi del fu Don Francesco Fera e da quelli di Giuseppe Catanzariti, alias cutaluno, le rimanenti quaranta piante site nel fondo in contrada Boschetto ossia Petto, anche territorio di Platì, confinato coi beni degli eredi di Don Domenico Zappia e con quelli di Giosafatto Furore, e con quelli di Don Domenico Gliozzi, quali quarantuno alberi sono in continuazione l’uno dall’altro, e restano circoscritti da lo resto del fondo rimasto al Signor Gliozzi e dal predetto Signor Zappia, il terreno che li contiene è situato sopra detta macerie nell’entrare al cancello, e si estende sino alla terra boscosa dello stesso Signor Gliozzi. Non vanno compresi nella vendita il terreno, la vigna, e gli altri alberi fruttiferi; ove sono piantati gli alberi di ulivo sudetti, che sono rimasti per conto del Sig. Gliozzi. Però qualora per accidente qualunque venisse a mancare alcuno di quarantuno alberi di ulivo venduti, il Sig. Fera avrà diritto a rimpiazzarlo.
Secondo = I sudetti fondi provvennero al Sig. Gliozzi, quello in contrada Arcopallo, ossia fiumamaro dal fu Francesco Fera, e quello in contrada Petto, ossia boschetto per retaggio del fu suo genitore. Ambedue riportati nel catasto provvisorio di Platì, il primo sotto nome di Fera Francesco, ed il secondo sotto il nome Gliozzi eredi Don Carlo, come dagli estratti, che nel termine di legge saranno alligati all’atto presente a cura di noi Notajo.
Terzo = La sudetta vendita venne fatta sotto la garanzia di fatto e di diritto, e per franca o libera da qualunque censo, peso, servitù, ipoteca, od altro aggravio, tranne del contributo fondiario, che da oggi in avvenire rimane a carico dell’acquirente Sig. Fera.
Quarto = Il prezzo di compenzo unanime dalle parti venne fissato a ducati dugento cinque, qual somma il venditore Sig. Gliozzi ha dichiarato e confessato in presenza di Noi Notajo e testimonj, aversela ricevuta pria di oggi dal compratore Signor Fera, a favor di cui ha rilasciato ampia e finale quietanza.
Quinto = Il Signor Gliozzi si ha riservato la facoltà di poter ricomprare gli immobili venduti, fia lo spazio di anni cinque, a contare da oggi, mediante la restituzione in potere del compratore Signor Fera del prezzo di ducati dugento cinque e le spese legittime del presente contratto.
Sesto = Verificando il patto della ricompra, il Signor Gliozzi, qualora in qualunque futuro tempo voglia vendere nuovamente gli immobili di cui si tratta, si è obbligato preferire all’acquisto il costituito Signor Fera, a favore di cui accorda formalmente ed espressamente la prelazione, per un prezzo a giusta stima, ed a giudizio di due periti che saranno eletti uno per parte e detti periti discostando da un terzo, anche nominato dalle parti, o in mancanza dal Giudice competente. In caso di mancamento il detto Gliozzi si è assoggettato pagare al Signor Fera a titolo di danni, interessi la penale di ducati cento.
Finalmente il ripetuto Signor Gliozzi ha dichiarato di ...  ed effettivo debitore del  predetto Signor Fera della somma di ducati trentacinque per altrettanti che pria di oggi si ha ricevuto di danaro contante monete effettive di argento correnti in Regno a titolo di mutuo. Quindi il detto Signor Gliozzi ha promesso e si è obbligato restituire la predetta somma di ducati trentacinque al creditore Signor Fera nel suo domicilio in Platì, a tutto il giorno undici Luglio mille ottocento cinquantotto, ed intanto si è obbligato corrispondergli l’annuo interesse a ragione dell’otto per cento, pagabili nel giorno undici Luglio di ciasc’un anno, ritenendosi moroso colla scadenza di termini, senza bisogno di alcun atto cui vi ha rinunziato.
Le pari han convenuto che qualora nel mutuo di sopra il Signor Gliozzi non soddisferà alla contratta obbligazione restituendo al Signor Fera il mutuo di ducati trentacinque, in questo caso il detto Signor Gliozzi sarà obbligato cedergli in soluto in tante piante di ulivo sullo stesso fondo Petto, a giudizio di periti, dando luogo alla stima colle norme dell’art. sesto.
Di tutto ciò ne abbiamo redatto il presente pubblico istrumento, di cui ne abbiamo dato lettura ad alta, chiara, ed intellegibile voce alle parti e testimonj, prendenso spiega delle leggi relative cui detti punti si sono conformate.
Fatto, letto e pubblicato nel sopradetto giorno, mese ed anno in questo Comune di Oppido, Provincia della Prima Calabria Ulteriore, e proprio nel nostro studio in presenza delle parti e dei testimonj Don Giuseppe Stilo fu Don Francesco e di Gaetano Ioculano fu Don Michele, possidenti ambedue domiciliati in Oppido, i quali con noi notajo e colle parti sottoscrivono l’atto presente.

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mercoledì 17 maggio 2017

Il romanzo di un medico - Pitazzu di russuri


APPENDICEJU


Ca Cicciu Fera tira lu cuteju
È brutta maravigghia, mei Signuri?
Lu dissi ca no ndavi ciriveju,
e mancu nu pitazzu di russuri!

E’ veru chistu fattu chi tu dici,
menzognaru di Deu, facci di muru?
Liga cu li camorristi iju non fici!
E né fu patri latru, ti assicuru!

E comu tia lu patri non pistau,
neppuru cuntru d’iju arrabbiatu
cu lu cuteju drittu s’avventau,
o cuntra la mugghieri, disperatu …

Chi cosa è la grammatica tu sai?
Pecchì no li notasti chiji erruri?
Lu diri da lu fari è arrassu assai,
chiju chi non capisci, meu dutturi.

Ti teni D. Peppinu in chiju accuntu
Quando ngiaciutu faci chiju affari!
Iju di lu toi diri non fa cuntu,
ca mai sapisti cosi cumbinari.


Ca sì pulicineja si sapia,
cu la casacca  e sona-ciarameji;
ma ca teni la facci non cridia
dalli pertusa di li finestreji.

Esercita chist’arti e no fai mali,
né togghi a D. Peppinu la ventura!
Ccà sulu poi mostrari quantu vali
Di chistu toi talentu la coltura.

Comu conciliaturi lu mostrasti
Cu la dottrina di nu senso raru!
Ma sulu cacchi vota la sbagghiasti
Cu persuni chi mai ti rigalaru …

Chiju chi dici pe Peppinu Fera,
è privu d’ogni basi e veritati!
Ca scandalizza non è cosa vera,
se li finestri toi su spalancati!

Tu dici ca pe D’iju stannu chiusi,
perché ti scandalizza toa mugghieri! …
sunnu li cosi toi sempri scunchiusi
chi non annu decoru, e no su veri!


Tu tantu li finestri aperti teni,
chi li signuri Fera stannu chiusi!
E se mu affacci smiccianu ca veni,
da tia spiuni, fujunu contusi!

Ma se tu voi lu scandalu pe veru,
e no fu mai na toa finestra chiusa,
allura eu dicu da omu veriteru,
 ca lu scandalu piaci a la toa spusa!

Lascia cu la sua paci D. Peppinu
Perchì se iju no parla, nui parlamu:
e a tia chi veru si secundu Ndinu
birbantati e virgogni scumbogghiamu …

Marco Platì da Scazia

Nota
Mi pare che i Magnifici, da sette che erano, siano diventati otto, - pur con tutta la sua ingratitudine, ma chi siamo noi per ergerci  giudici a cento venti anni di distanza?- possiamo considerare Marco da Scazia uno di quella lista.




lunedì 15 maggio 2017

Il romanzo di un medico - Medici di lenzola


Ad un dottore che esercita la professione nelle parti degli Scazziesi - pt. 2

Chi servunu li scritti tantu longhi,
quando la lungaria non avi sali?
Se senza giustu sensu tu li allonghi
Comu la resci no mu scrivi mali?

Danari pe stampari no sciupamu;
ma pe tila di casa nui spendimu!
Medici di lenzola ndi chiamamu,
e subitu lenzola nui cusimu! …

Se stampa cacchidunu, eu no sacciu
Chisti palori mei, chi sunnu veri!
Mu stampu scemità no sugnu pacciu
E mancu, comu l’attri, nu sumeri! …

Mu perdu lu me nomu cu la stampa
Non è na cosa mu si po passari!
Cui nta lu cori stutarria la Campa
Videndu li mei scritti disprezzari?

Ca lu principi tinni li puttani,
è meravigghia pemmu la stampamu?
Di chisti cosi, chi tu cridi strani,
tu maritatu ed eu non scarziamu!

Ma se fu Cicciu Oliva sceleratu,
pecchì nta lu Consigliu tu discisti,
nu gandi mu si faci liberatu
e li soi lodi tutti proponisti?

Lu scrittu esisti, e no ti faci onuri!!
Proponisti na petra, e supra d’ija
Li doti mu scriviti di Lu Gnuri,
ca cu tutti i dinari cassarija.

Ora lu Gnuri è latru e camorrista,
(Lu Gnuri chi ti detti la sistenza!!)
Pecchì non lacerau la lunga lista
Di li debiti toi, beja fajenza ….

Tu serve non lassasti cu la paci,
e a li sumeri metterissi manu …
ma meducu stajuni a nuju piaci,
ca tutti vonnu chiju accuntu sanu! …

Chistu chi scrivi nchiastri calabrisi
è n’avaruni, chi non senti scornu! …
pe no mu spendi sulu nu turnisi,
manda lu scrittu pe li casi attornu!


E scrittu chi no parla di Neruni;
di gunni e di sajeji, tracandali;
ma ti mostra quantu si minchiuni,
chi jetti scunchiusoni nta i giornali!


Lu circu di Neruni è di tirannu,
la jutta pemmu esisti, sumeruni,
e di schiavu, chi suffri lu malannu!
Nbischi cosi chi stannu alluntanuni!


Tu si arcejuzzu chiusu nta na caggia,
e sempri fai li stessi canzunati,
no pe sfogu di amuri, ma di arraggia;
e ti passanu l’uri disperati!


Se tu torni a scriviri, meu dotturi,
scrivimu ammata cu lu sensu nostru,
ch’è curtu-curtu, ma non avi erruri!
Né cassarija cartu cu lu nchiiosttru!


Voliti pemmu svelu stu dutturi
E quantu vali lu talentu soi?
Di trumba zingaresca è sonaturi,
di ogni lavativaru primu eroi!


Minaccia di scugghiari li cristiani,
o di fari la testa a dui menzini;
ed è n’omu valenti cu li mani! …
ma mi spagnu no … fa na brutta fini!

Marco Platì da Scazia

Nota
La foto in apertura proviene da un negativo colliquato, in ogni modo riesco a distinguere la zia Iolanda, Mittiga in Diaco, sorella della nonna Lisa e la loro madre, Caterina Fera. 





domenica 14 maggio 2017

Il romanzo di un medico (reg.Jürgen von Alten - 1939) Legumi miscitati


Ad un dottore che esercita la professione nelle parti degli Scazziesi
Quartine

Mi rigalaru nu libru assai pulitu,
Chi mi lu leghiu vorzi dui jornati!
Mi pari ca lu mundu è già finitu
Perché li cosi sunnu rovesciati!

Lu medicu non tratta medicina,
e li malati vannu casa-casa!
voli mu faci sfoggiu di dottrina,
quando iju sempri fu tavula-rasa.

Fu cu l’esami sempri riprovatu,
e fici cu li maistri brutti liti;
ora mi faci puru u litteratu
cu li soi versi tantu dissapiti!

Stampa e ristampa e no si duna paci,
perché non loda nuju li soi cosi!
Ma lodari menzogni a nuju piaci,
e mancu vituperj, comi rosi.

Puru ca pinna faci lu bravazzu,
e si cridi na cosa supra tutti!
Bona prova iju detti cu lu cazzu;
ma cu la pinna marrunazzi brutti.

Sunnu i soi scritti degni di lu focu,
e iju dignu mu staci cu li pacci!
Ma chistu chi dicimu troppu pocu
Pe chi non avi scornu nta la facci.

E megghiu, se no muta, pemmu abbutta,
o lu signuri pemmu lu scucuzza!
Ma chi speramu di la soi condutta,
se cchiù di na fetusa dassa puzza?

Tu comu Petru Sbarbaru voi fari?
Ma ndai lu Sali di la testa sua?
Non sai chi sucu di limuni amari
E acitu sguazza nta la testa tua? …

Tu scrivi, meu dutturi, cu la fuja,
e sempri dici a nui li stessi cunti!
Fra tanti cosi tu cumbini nuja?
Cu cazzu sapi chiju chi tu cunti?

Ma ndavi ciriveju stu dutturi,
chi va lejendu scritti a li zamparri?
Fra lizzi, lazzi, minchj e lividuri,
chi ponnu capisciri li tamarri?

Fra diversi legumi miscitati
Cu cantarata scarta na minestra?
Quando li cosi sunni  scrapiati,
pemmu li cogghi voi na manu destra!

Marco Platì da Scazia
                                                          (continua)

Nota
Si possono fare solo delle ipotesi su chi sta dietro Marco Platì da Scazia autore di queste 27 violente quartine in dialetto, ma il medico ed il suo libro, qui aspramente criticato, sono ormai  noti ai frequentatori di queste pagine corsare ( rubando da Pasolini): Vincenzo Papalia  con il suo Istorosofia, lividure eteroclite, Platì 1896. Dopo tanti anni trascorsi da quella faida letteraria non ci resta, ancora una volta, che riscoprire  un passato aureo nel campo delle lettere e della cultura che coinvolgeva un rispettoso numero di talenti dimenticati che usavano la penna, la carta e le tipografie, per le loro schermaglie intestine.
Notizie su Petru Sbarbaru le trovate qui:
http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-sbarbaro/

venerdì 12 maggio 2017

In Calabria - Bruzio Glorioso



Quando e perché il Bruzio cominciò ad essere chiamato Calabria

Alcuni storici affermano che i Greci, quando le città principali dell'antica Calabria furono occupate da Romualdo, duca di Benevento, abbiano trasferito il nome della provincia perduta al Bruzio che ancora ad essi restava soggetto. E questa tendenza dei superbi, per quanto inetti, bizantini, si vede chiara dal fatto che restrinsero a poco a poco anche il nome di « Romagna ›› ossia terra dei Romani, all'esarcato che sempre più si andava assottigliando, ma che, nel loro sciocco orgoglio, formava la loro eredità dell'impero occidentale; ed ugualmente diedero il nome di « Sicilia » poi, al tempo dei Normanni, detta « Sicilia cismarina » all' Italia meridionale, quando fu conquistata dagli Arabi l’isola di tal nome; (donde in seguito la denominazione di regno delle due Sicilie) - e similmente in seguito chiamarono Romania la provincia d’oriente che più a lungo continuò a re- star loro soggetta. Ma del tempo preciso in cui per il Bruzio un tale cambiamento di nome sia avvenuto nessuno sa dirci: poiché quegli stessi, che affermano che un tale cambiamento sia stato fatto con gran pompa per un’ordinanza imperiale, fanno vedere la loro esitanza e il dubbio della propria opinione, dicendo che probabilmente quell'ordinanza non aveva data.
Osservo però che tra le firme dei vescovi che, nel Concilio romano, sottoscrivono l'epistola sinodica di papa S. Agatone agli Augusti imperatori d'oriente, per celebrazione del VI Concilio ecumenico, terzo di Costantinopoli, in data del 680, si trovavano anche le firme dei vescovi delle nostre regioni e il nome della provincia a cui essi appartengono. Ma dalle sottoscrizioni pare che quei vescovi non sappiano neppur essi a qual provincia appartengono; cosa certamente impossibile se quel cambiamento di nome fosse avvenuto solennemente per un ordine imperiale. Le sottoscrizioni infatti sono tali che, dei nove vescovi del Bruzio, cinque si dicono della Provincia di Calabria, cioè ; Stefano di Locri, Teofane di Turio, Gregorio di Taureana, Teodoro di Tropea, e Crescente di Vibona - e quattro si di- cono della provincia dei Bruzii, cioè: Giuliano di Cosenza, Abondazio di Tempsa, Pietro di Crotone, e Paolo di Squillace. Mentre dall'altra parte, dei vescovi della penisola Salentina, Giovanni di Otranto si sottoscrive della provincia dei Bruzii, e Germano di Taranto, della provincia di Calabria.
E mentre l occupazione del Duca Romualdo avvenne nel 675, ecco, appena cinque anni più tardi, una tale promiscuità di nomi nelle due provincie che gli stessi vescovi non sanno quale sia il nome di quella a cui essi appartengono; manifesto che il cambiamento di nome non era avvenuto per un rescritto imperiale.
Io penso invece che i Bizantini, non volendo rassegnarsi alla perdita della Calabria, quando essa fu occupata dal duca Romualdo, continuavano ad eleggere i magistrati che continuarono a mandare in Italia col titolo, ormai vuoto di senso, di governatori di Calabria. Ma questi, non potendo più dimorare nell'antica regione, le cui città principali appartenevano al duca di Benevento, cominciarono da quel tempo a risiedere nel Bruzio, ancora sotto la dominazione bizantina, pur ritenendo il nome di governatori di Calabria, e di qua governando il Bruzio e le piccole terre che ancora possedevano nell'antica Calabria. Quando però si cominciarono ad accorgere che il solo titolo poco valeva, giacché il duca Romualdo aveva ben fermato il piede nell'antica loro provincia, cominciarono a chiamare indifferentemente Bruzio o Calabria tutte le terre da loro dipendenti nel mezzogiorno d'Italia, quindi tanto l'antico Bruzio quanto le poche terre che ancora ad essi restavano soggette nella penisola Salentina. Si riferirebbe cosi a questo tempo la lettera sinodica di papa Agatone, da cui si vede che i vescovi non sanno quale sia il vero nome della provincia a cui essi appartengono; e la ragione sarebbe l’indifferente promiscuità dei due nomi, dati in quel tempo, si all’una che all'altra provincia. In seguito però il nome dei governatori passò a poco poco, ma definitivamente, alla regione da essi amministrata: e mentre il Bruzio mutava, quasi insensibilmente, il suo nome in quello di Calabria, nella penisola Salentina si estendeva da Nord a Sud il nome di Apulia (Puglia).
È vero che anche dopo la fine del secolo settimo si continua a trovare testimonianze col nome di Bruzio: non ultima fra le quali la ripartizione geografica dell’ltalia, fatta da Paolo diacono verso il primo decennio del secolo IX, quantunque l’antico nome si trovi in essa corrotto in « Briccia » segno manifesto che quel nome non si pronunziava più; - ma è piuttosto l’ostentazione di un ricordo storico, anziché il vero nome della provincia in quel secolo. Appunto come facciamo ancor noi quando chiamiamo Bruzio e Magna Grecia la nostra terra; o come i nostri vecchi, i quali, per abitudine contratta, continuano a dire ancora « Calabria citra « e « Calabria ultra ›› mentre noi intendiamo invece soltanto i termini geografici di Provincia di Reggio, di Catanzaro, di Cosenza. E tante sono le testimonianze, anche anteriori ai tempi di Paolo diacono, che non se ne può più dubitare. Senza pero che io mi dilunghi per questo in vane citazioni, chi ne avesse voglia veda il Morisani.
Questo in quanto al tempo.
E la causa d’un tale cambiamento di nome? Io penso che la residenza dei governatori bizantini nelle nostre province ne sia stata soltanto la causa occasionale. La causa però intima e sconosciuta, ma causa efficiente io penso che sia stata la vergogna della propria abbiettezza in quel tempo, paragonata alle glorie dell'antichità. E qui cedo interamente la parola al Faccioli. A questo proposito così egli scrive: « Dopo l'annullamento politico delle nazioni italiche la caduta dell' Impero portò seco il cambiamento generale dei loro rispettivi ed antichissimi nomi ; quei nomi che ricordano i fasti, i giorni e di secoli della loro passata grandezza ; nomi dei quali, dopo il medio evo, fu sentito il bisogno di sperdere la memoria, perché i posteri ignorino di qual sangue e di quali padri discendano: e perché anche ignorino di esser dessi nati e di vivere in quel medesimo suolo, sotto quel medesimo cielo, patrie onorate dei loro avi ed illustri per tante grandezze e vittorie.
 La nostra terra, che fu magna pars della Magna Grecia e Bruzio glorioso, quando comincerà ad essere magna e gloriosa Calabria?
 Occhiuto B.
POPSIS, Anno III, fascicolo 1 - 2, 1912



giovedì 11 maggio 2017

In Calabria (reg. Vittorio De Seta - 1993)


Quando e perché il Bruzio cominciò ad essere chiamato Calabria

Fra tante lacune che ingombrano la narrazione degli avvenimenti dei tempi di mezzo, una principalmente ne rimane ancora nella nostra storia « Quando e perché fu dato al Bruzio il nome di Calabria, nome
che designava dapprima la moderna penisola Salentina? 
E interamente discordi intorno a questo sono gli storici, poiché dal III alla fine dello VIII secolo fanno oscillare la data di un tale mutamento di nome; né io, in cosa tanto discussa, vorrei azzardare una mia ipotesi. Faccio quindi soltanto qualche osservazione.
Afferma l`Ughelli (1) che, ai tempi di Costantino imperatore, il Bruzio aveva gia cambiato il suo nome in quello di Calabria; ma troppo debole è l’argomento con cui egli vorrebbe sostenere la sua affermazione: dice infatti che negli atti del Concilio di Nicea, dell'anno 325, si legge che il Vescovo di Reggio vi si recò dalla Calabria. Ho potuto riscontrare però che negli Atti del Concilio di Nicea, nella sottoscrizione dei vescovi presenti, al Concilio, si legge soltanto: “Marcus provinciae Calabriae”.
Si può dedurre soltanto da questo dunque che quel vescovo di nome Marco fosse preposto alla Chiesa di Reggio? L'Ughelli assicura che si: perché intorno a quel tempo il catalogo dei vescovi di Reggio ne riporta uno di nome « Marco ››.
Ma chi assicura che quel « Marco della provincia di Calabria  non sia uno dei vescovi della penisola Salentina: di Brindisi, per esempio, di Taranto o di Otranto alle cui chiese la tradizione assegna origine apostolica, poiché si crede siano state erette da S. Pietro?
Questa ipotesi poi potrebbe venire avvalorata dallo stesso Ughelli, il quale, nel catalogo cronologico dei vescovi di Brindisi, da Dionigi, vissuto verso l'anno 202, salta a piè pari a S. Aproculo, vissuto verso il 350, senza saperci dare i nomi dei vescovi che ressero quella chiesa in quel secolo e mezzo, nel qual tempo appunto fu tenuto il primo Concilio di Nicea.
Nel catalogo dei vescovi della Chiesa di Taranto durante i primi sei secoli l'Ughelli ci sa dire soltanto i nomi di cinque vescovi, cominciando da Amasiano, forse ordinato da S. Pietro, nel 45, senza però saperci dare la cronologia degli altri quattro, né i nomi dei tanti altri che certamente nei primi sei secoli ressero quella Chiesa.
Non poté dunque nella Chiesa di Brindisi o in quella di Taranto trovarsi un vescovo di tal nome, il quale, intervenuto al Concilio di Nicea, più storicamente si potesse sottoscrivere: Marcus provinciae Calabriae?  A me pare che si; e se altro documento storico non ebbe da addurre il diligentissimo Ughelli per dimostrare che quel mutamento di nome era già avvenuto ai tempi di Costantino magno, quell’unico argomento da lui addotto prova nulla.
Al contrario, si hanno documenti certi per dimostrare che ai tempi di Costantino il Bruzio continuava ancora a chiamarsi Bruzio.
Da che l'Italia fu divisa in dipartimenti o province da Augusto, la quale divisione, modificata poi da Adriano, perdurò fino all'esarca Longino, la Lucania e il Bruzio formarono una sola provincia retta da un correttore, residente a Reggio o a Salerno secondo che richiedevano gli affari. Ora esistono tuttavia a Reggio e a Salerno due iscrizioni lapidarie del IV secolo, riportate dal Faccioli, (2) così espresse :
Correctori Lucaniae
et Brutorium inte
gritntis constantiae
moderationis anti
sti ordo populusque
Reginus
e l’altra :
Annio Victorino V. C.
Correctori Lucaniae
et Brutiorum ob
insignem benevolen
tiam eius ordo popu
lusque salernitanus

Come si vede, nell'uno e nell’altra iscrizione i Bruzi si chiamano ancora col loro nome antico.
E poi, nei rescritti di Cassiodoro, uno dei pochissimi, se non l'unico monumento scritto a cui si trova ridotta la storia per tutta la prima metà del VI secolo, nelle ordinanze da quel grande nostro compatriota scritte a nome di Teodorico e dei suoi successori, o a proprio nome, come prefetto del pretorio, nelle cose che riguardano la nostra regione, essa è sempre chiamata « Bruzio; ›› né io ho potuto trovare un passo in cui essa venisse appellata « Calabria ».
Senza dilungarmi in citazioni inutili, mi piace di riportarne soltanto una in cui è lodato il vino prodotto dalle terre, ancora ubertose, che stanno fra Palmi e Gioia Tauro:
  ”Vinum, (3) quod laudare cupiens, Palmatianum nominavit antiquitas, non stipsi asperum sed gratum suavitate, perquire ; nam licet inter vina Brutia videatur extremum factum, tamen est pene generali opinione praecipuumi ibi enim requiritur et Gazeto et Sabino simile, et magnis odoribus singulare. Quod ita redolet ut merito illi a palma nomen videatur impositum”.
ln questo brano si parla dei vini del Bruzio e soltanto con questo nome viene designata la regione: ma se in altro brano, oltre del Bruzio viene nominata contemporaneamente la Calabria, intendendo con questo nome la penisola Salentina, a me pare che resti con questo dimostrato che, nella prima metà del VI secolo, quelle due province ritenevano ancora il loro antico nome.
E difatti, avendo saputo Atalarico che gli avventori della grande fiera di Leucotea, nella Lucania, erano esposti agli agguati ed ai furti di malviventi, egli provvede alla sicurezza pubblica con un'ordinanza diretta al correttore Severo, e di cui trascrivo soltanto le poche parole che fanno al nostro bisogno: « (4) .... .. quid enim praecipuum mittit aut industriosa Campania, aut opulenti Brutii, am Calabri peculiosi, aut Appuli idonei, vel ipsa potest habere provincia, in ornatum pulcherrimae illius venalitatis exponitur,... ›› Verso la metà del secolo VI, dunque, gli abitanti delle nostre province ancora si chiamavano « Bruzi ››.
Quando dunque fu cambiato il nome alla regione? »
                                                                                         (continua)
 Occhiuto B.

(1) Italia Sacra. Vol. VIII. Part. Il pag. 172.
(2) Ricerche sui Bruzi. Vol. II. pag. 59.
(3) Cassiod. Variarum libr. XII.
(4) Cassiod. Var. libr. IX. 

POPSIS, Anno III, fascicolo 1 - 2, 1912
Foto (Natile Vecchio) di don Turi Carannante