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giovedì 30 dicembre 2021

Un mondo a parte [di Chris Menges - 1988]

C’era una volta Platì/C’era una volta in Platì! Dentro questi titoli rubati al Maestro dei Maestri si può incorniciare la “Vita di Platì”. Quella che viene fuori dalla trascrizione dei Catasti Onciari del 1746 e del successivo del 1754. In quelle pagine Platì non è mai riconosciuto ancora come paese ma di volta in volta come: Terra, Tenimento, Curia, Unità, Università e, molto più spesso, Motta. Come già altrove divulgato per Mocta, Motta, si intende un rialzo di terreno. I due Catasti non sono molto dissimili nella loro forma, sono differenti nel contenuto finale. Per ora e per non annoiare riportiamo la “Vita di Platì” del 1754 e con gli occhi e la penna di Don Tolentino Oliva parroco, cui fu devoluto l’incarico di registrare lo Stato delle Anime. Erano 220 Fuochi. Per Fuoco o focatico si intendevano le singole unità familiari comprendenti le persone soggette al pagamento delle imposte. I 220 fuochi erano comprensivi di 901 Anime: 462 donne, 439 maschi, 5 adolescenti erano chierici, 7 i sacerdoti. Tra le donne vi erano 34 vedove e due in capillis. Con “virgines in capillis” si definivano le giovani nubili che “per segno di illibatezza dovevano portare i capelli raccolti e non scioglierli che il giorno delle nozze”. Altri Tempi! La vita media in Platì si aggirava intorno ai 50 anni di età: Nicola Barbaro 90 e Filippo Cusenza 95 erano i più longevi. I ceppi più numerosi erano Agresta, Barbaro, Carbone, Cusenza, Catanzariti, Italiano/Taliano, Perri/e, Portulisi, Sergi, Trimboli, Virgara, il cognome più insolito è Zinnamusca. L’oligarchia che dominava era quella degli Oliva ma c’erano anche Zappia al timone di comando. “Magnifico” era l’appellativo che precedeva quegli Oliva e Zappia. “Magnifico” era Marzio Perre/i ed anche Francesco Musitano il Cancelliere che siglava gli atti. Tra le donne i nomi più diffusi erano quelli di Domenica ed Elisabetta/Lisabetta, tra gli uomini Antonio, Domenico, Francesco e Giuseppe. Lo Stato delle Anime del 1754 era comprensivo dei soli nativi, mentre in quello del 1746 erano stati inclusi anche i forastieri. Quella che ne esce è una ripresa grandangolare, il campo verrà ristretto solo zoomando le “rileve” fatte dai singoli cittadini e non ci sarà distinzione tra nativi e forastieri.

Nella foto d'apertura il dottor Giuseppino Mittiga

 

venerdì 24 dicembre 2021

Oratorio di Natale [di Kjell-Åke Andersson - 1997]


Silvana Trimboli, Veni Natali, 2021
Antonio Vivaldi (1678-1741), Gloria RV "Et in terra pax hominibus", Largo
 



mercoledì 22 dicembre 2021

Never Ending Story [di Wolfgang Petersen - 1984]

La storia di Platì è ancora tutta da scrivere.
Etimologicamente il nome Platì, sarebbe da far risalire al termine prata (prati). Altri, invece, lo ritengono riconducibile alla voce greca-bizantina platus (ampio). Il riferimento, in questo secondo caso, va alle frequentazioni dei monaci basiliani che tanta importanza ebbero in questa parte dell’Aspromonte. Altri ancora ritengono che il toponimo andasse collegato al termine pratos, ossia “venduto” (alludendo ai passaggi feudali), e alle successive alterazioni in protì e, poi, pratì.   
La nascita dell’abitato di Platì si crede collocabile nel XVI secolo, in concomitanza dello spostamento di uomini dai centri più arroccati, con scarsa possibilità di espansione, verso valle. Concausa di questo esodo pare fosse la pratica, invisa al popolo, del fiscalismo senza scrupoli che danneggiava proprio i ceti più deboli spingendoli lontano dall’influenza dei feudatari. 
Si ha notizia di alcune foreste date, nel 1496, dal re Federico d’Arag0na a Tommaso Marullo, barone di Bianco e conte di Condojanni. Quelle terre furono rivendute, nel 1507, allo stesso conte Marullo da Ferdinando il Cattolico.     
Tra quei possedimenti ricadevano, però, alcune terre “nominatum de Plati at de Sancta Barbara” che erano state vendute precedentemente (nel 1505) a Carlo Spinelli sempre dal re. Iniziò a questo punto una complicata controversia sulle spettanze territoriali che durò per anni. A derimere la lite tra gli Spinelli e i Marullo ci pensò un intervento regio che assegnò la proprietà di Platì agli Spinelli i quali decisero di farne un centro agricolo. Il feudo rimase nelle loro disponibilità fino all’eversione della feudalità (1806).
Il terremoto del 1783 colpi duramente Platì, cosi come molti altri paesi della Calabria, provocando 25 vittime e danni ingenti.     
 Con l’ordinamento amministrativo del generale Championet, nel 1799 Platì divenne autonoma rientrando nel cantone di Roccella. I Francesi, nel 1807, ne fecero un’università compresa nel governo di Ardore.      
Elevata a comune, le vennero in seguito assegnate le frazioni di Cirella e Natile (quest’ultima oggi è frazione di Careri). Nella prima metà dell’Ottocento venne chiamata Mottaplati e soltanto alla fine di quel secolo riconquistò l’antico nome.
Terminata l’occupazione francese, gli Spinelli decisero di vendere i loro cospicui possedimenti. I nuovi proprietari terrieri arrivarono da Napoli. Questi edificarono grandi palazzi lungo la via San Nicola sottoponendo, però, il popolo a ogni sorta di angheria. 
Dopo l’Unità d’Italia, Platì fu al centro di un duro scontro, generato dall’insoddisfazione del popolo continuamente vessato dai ricchi proprietari. La sollevazione fu capeggiata da Ferdinando Mittiga, un ex sergente borbonico che si fece aiutare nell’impresa dal generale spagnolo don Jose Borjes. Circondata Platì, la battaglia durò per ore. Alla fine, pere, ebbero la meglio i bersaglieri e gli uomini delle Guardie Nazionali Civiche intervenuti. La repressione fu dura e provocò molti morti. Mittiga, rifugiatosi sui monti, fu tradito e ucciso in un mulino nei pressi di Natile Vecchio.
Nel 1908 un altro devastante sisma colpi Platì, distruggendo gran parte del paese. Fu l’inizio dell’emigrazione verso l’America che registrerà la sua punta massima negli anni Cinquanta.
Nel 1951 una paurosa alluvione (ce ne saranno altre nel ’53 e nel ’58) provocò pericolosi movimenti franosi che portarono gravi conseguenze alla viabilità.
La chiesa parrocchiale fu edifica verso ii 1550, ed era governata da economi, mantenuti dall’università. Fu elevata a parrocchia nei 1704, e primo parroco fu il Sac. Francesco Perre; il Sac. Stefano Oliva, fu nominato primo Arciprete dal Vescovo Scappa l’8 marzo 1774 in tempo di S. Visita.       
La chiesa era situata nel primo rione abitato.
Nel 1783 fu totalmente distrutta dal terremoto e dopo alcun tempo fu riedificata sul posto stesso dove oggi è piantata, perché più centrale e più stabile per la natura del terreno. 
La chiesa parrocchiale, rimasta vacante ii 5 dicembre 1817 per morte dell’investito, finalmente, eliminate le cause che avevano determinate il provvedimento, fu provveduta nella persona del Sac. Francesco Oliva.        
Per lo stato indecente in cui, era   stata lasciata la chiesa, fu restaurata dopo il terremoto del 1894 a spese e cooperazione del Cav. Uff. Francesco Oliva fu Arcangelo. Trenta anni dopo la cappella della titolare fu restaurata dalla generosità del Cav.  Michele Oliva, e nel 1926, dalla pia signora Maria Lentini vedova Filippo Oliva, fu decorata la navata di S. Francesco.
In Platì, oltre alla chiesa parrocchiale, vi è quella di S. Pasquale, che è stata eretta dai fedeli nel 1720. Vi era inoltre la cappellania dell’Immacolata, i cui beni, anch’essi furono aggregati alla parrocchia.
Nella chiesa di S. Pasquale l’1 giugno 1888, fu eretta la confraternita del Santo Rosario, il cui statuto fu approvato dal Vescovo Mangeruva nello stesso anno, e, per volontà del popolo la chiesa pigliò il titolo di Maria SS. del Rosario. Tale chiesa fu riparata nel 1924 e nel 1926, con l’obolo dei fedeli per iniziativa della Confraternita.             
Il terremoto del 1908 quasi distrusse la chiesa parrocchiale.
La costruzione del1’attuale chiesa venne iniziata nel 1944, con molto entusiasmo dell’Arciprete Mons. Giuseppe Minniti e con la collaborazione attivissima di tutta la popolazione.     
La costruzione andò avanti in tal modo, fino verso il 1952, quando fu emanata la Legge n. 2522 del 19-12-1952, che diede modo di avere contributo dello Stato.      
Emanuele Maggioni e Lino Tagliani, Padri Missionari della Consolata

Testo e foto, Dedicazione della Chiesa “Santa Maria di Loreto” in Platì, 2006
 

domenica 19 dicembre 2021

La festa perduta [di Piergiuseppe Murgia - 1981]



A Platì
Platì, 25 nov.
(M. F.) In modo particolarmente solenne si e svolta quest’anno a Platì la festa degli alberi. Alla cerimonia svoltasi nelle ore antimeridiane, erano presenti le autorità cittadine e gli insegnanti elementari accompagnati dalle rispettive classi. Non mancavano rappresentanti di tutti gli strati della popolazione.
Oratore ufficiale è stato il prof. Giuseppe Gelonesi, che in un breve, commosso discorso ha ricordato all’uditorio quale enorme importanza rivesta per Platì il rimboschimento delle montagne straziate dalle alluvioni.
Unica risorsa, infatti, per la sicurezza del nostro paese sono gli alberi: che fortificano con le loro radici e arrestano il corso delle frane ovviando in tal modo, alla incuria dimostrata finora dai vari governi per la terra calabrese.
La coreografia era stupenda: Su un lunghissimo tratto della statale 112, si stendevano infatti le file composte degli scolari che alla fine del discorso riprendevano la via, sotto l’attenta guida degli insegnanti, cantando inni patriottici, seguiti dal numerosissimo pubblico
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 26 novembre 1954


La foto d'apertuta con il Maestro Peppino Gelonesi appartiene a Teresa Mittiga che ringrazio per averla pubblicata. Posso riconoscere solo Pasqualino Violi, Nicola Barbaro, Mimmo Riganò, Duccio e Saro che non perdeva occasione per smentirsi. I ragazzi della foto sono cresciuti e gli alberi tagliati.



 

giovedì 16 dicembre 2021

Mare lento [di Michele D'Ignazio - 2009]

Studiare non è un atto di consumare idee, ma di crearle e ricrearlePaulo Freire (1921 – 1997)

… questi giovani hanno avuto occasione di pensare, di confrontarsi. Soli e insieme. Danilo Dolci (1924 – 1997)

Facendo ricerche su Danilo Dolci Mr. Google mi ha condotto verso questo video intitolato Mare Lento di Michele D’Ignazio. Il titolo è spiegato verso la fine del lavoro con una didascalia su sfondo nero: “Nel linguaggio dei nativi americani, la parola “insegnante” non esiste. È la vita che insegna: sono le circostanze, come il susseguirsi delle onde, in un unico grande mare”. Anche la citazione di Danilo Dolci è contenuta nel video in questione. Quella di Paulo Freire invece proviene da un lavoro più sostanzioso già apparso su queste pagine: La Educacion Prohibida*. Paulo Freire è stato un educatore brasiliano che molto ha in comune con il nostro Danilo Dolci. Mare Lento, del 2009, ritrae la vita e il percorso educativo di una classe del Liceo Classico “Vincenzo Gerace” di Cittanova. I ragazzi ad un anno dalla maturità erano guidati dal professor Fabio Cuzzola(1). Proprio nel lavoro del professor Cuzzola e nelle impressioni dei suoi allievi è la parte più interessante del video: “Ho scelto l’insegnamento come possibilità lavorativa per restare al sud, in Calabria, poi via via una scelta lavorativa è diventata una passione, la migliore delle esperienze attraverso la quale si può coniugare la possibilità di restare in questa terra e di poterla cambiare anche restandovi”. Da parte loro gli allievi vanno esprimendo le loro impressioni sulla scuola e sui loro docenti: “… non è questione se sono bravi o se sono capaci … sono attaccati ai punteggi, ai concorsi, alle graduatorie … alla 104”. Essi hanno anche un futuro incerto che li aspetta ed alcuni di loro già pensano di affrontarlo con l’emigrare al Nord. Nel frattempo grazie alla professionalità del professor Cuzzola, che non disdegna il teatro o le conferenze, i ragazzi sono indotti a pensare con la loro testa: Danilo Dolci usava la maieutica con i braccianti e i “banditi” di Partinico. Noi di Platì abbiamo avuto Pasqualino Perri come educatore e l’abbiamo sprecato come sprechiamo tante risorse che dal paese derivano. I docenti della locride pensano anch’essi alla 104? 

E i domani verranno anche se oggi non par vero. Danilo Dolci

(1) Fabio Cuzzola, classe 1970, è anche autore di Cinque anarchici del Sud. Una storia negata (Città del Sole Edizioni, 2001) e REGGIO 1970: Storie e memorie della rivolta (Donzelli, 2007). 

* https://iloveplati.blogspot.com/2020/12/la-educacion-prohibida-di-german-doin.html

domenica 12 dicembre 2021

Fiori nel fango [di Douglas Sirk - 1949]


 Cani di quagghjia, fa cani di caccia quagghjia,
la vurpi, li vurpigghji quandu figghjia;
viristi mai na cerza fari ‘a fagghjia*
e ra cinniri fari ‘a canigghjia;
Viristi mai nta giugnu nivicari
e supra ‘u mari u quagghjia ‘a nivi?
Cu voli u viri i chisti maravigghji
mu nesci jocu avanti ‘a cresiola
ca trova cani, lupi e vurpigghi
chi cu pecuri e gajini fannu scola.
 
fagghjia è il fiore del faggio, fagu

Anonimo platiese, contemporaneo



mercoledì 8 dicembre 2021

Desiderio di re [di Josef von Sternberg - 1936]


Platì 1753, regnante Carolus Dei Gratia Rex utriusque Siciliae, Hyerusalem, &c Infans Hispaniarum, Parmae, Placentiae et Castri &c. Ac Magnus Princeps Hereditarius Etruriae.
 Questa è una storia vera.
In quel tempo Platì era definito una Mocta, Motta: secondo la Treccani per "motta" si intende un rialzo di terreno. A questo punto è lecito domandarsi dove effettivamente sorgeva quell’agglomerato di fuochi, per molti era laddove oggi è sita l’Ariella, alla destra del Ciancio, sulla via che conduceva a Xstina come era chiamata in quel tempo l’attuale Santa Cristina d’Aspromonte. Se Carlo III di Borbone (Dio Guardi) regnava, il padrone effettivo, il Signore Feudale, era il Principe di Cariati, nella persona di Scipione III, 6° Principe, Duca di Seminara, Conte di Santa Cristina, Signore di Palmi. A lui l’istorosofo  dottor Vincenzo Papalia dedicò un’ode non troppo benevola, già apparsa su queste pagine: per questa pubblicazione né il dottore né io siamo stati ancora tacciati (taggati) di miscredito o strumentalizzazione. Se Carlo regnava e Scipione spadroneggiava, la casata Oliva li rappresentava. Nel 1753 era Sindaco di Platì Giuseppe Oliva per l’appunto. In quell’anno “riflettendo sempre più la Real mente della Maestà del Re il Supremo che Dio sempre conservi il sollievo de’ suoi fedelissi Vassalli, ha stimato sempre più necessario” la formazione del “General Catasto”. Tale compito ricadde sulle spalle, si fa per dire, di Don Giuseppe Oliva, sindaco, e Don Francesco Musitani Cancelliere. Primi collaboratori erano Domenico Lentini e Paolo Michea. A loro successivamente furono aggregati Don Francesco Perre, sacerdote, quale rappresentante ecclesiastico con Mastro Giovanni Fera e Antonio Celonise, cirellese; quindi per deputati del ceto civile: Michele Oliva, Cipriano e Domenico Zappia; del mediocre: Michele Mittica fabbro, Giovanni Battista Morabito e Paolo Virgara; per l’inferiore: Baldassarre Perre, Assunto Romeo e Giuseppe Trimboli. A redigere il tutto fu chiamato Domenico Calipareo dell’ordines serviens. Tutti dovettero tenere conto degli atti, delle rivele, degli apprezzi come delle once, appartenenti ai cittadini residenti, dei forestieri residenti e dei bonateneti, che abitavano in altri territori: Palmi, Oppido, Lubrichi, Bovalino, Ardore, Bombile, Natile, Careri, Cirella, Santa Cristina e Santa Eufemia. Ne uscì fuori un compendio, un manoscritto da decifrare, che alcuni facinorosi oggi si sono messi a copiare. Un regalo di Natale devoluto da tutti i Signori prima citati. Robba, con due bi, da pazzi!


In apertura un negativo colliquato che ritrae Caterina Fera, madre dell'autore della foto, il medico Giuseppino Mittiga: guardate ben il volto e le mani, la mamma sembra quasi biasimare il figlio.


lunedì 6 dicembre 2021

Le due strade [di W.S. Van Dyke - 1934]

 

TRA PLATI' E BOVALINO
Opportuna una variante
alla SS 112 d'Aspromonte
Seguendo la valle naturale creata dal Careri si accorcerebbe di gran lunga il percorso

Platì, 21 dicembre
(M. F.) - Un progetto arditissimo, ma di costo facile, e di utilità Immensa, sarebbe quello di una strada Statale, che congiungesse Platì a Bovalino seguendo, con opportune cautele, il corso del torrente Careri. Più che dì una nuova strada, dovrebbe parlarsi anzi di una variante alla strada statale 112 d'Aspromonte, che unisce Platì a Bovalino attraverso un lunghissimo giro vizioso, passando per i paesi di Careri, Benestare, Bovalino Superiore, etc.
Il tempo normalmente impiegato da una automobile per coprire la distanza che separa Platì da Bovalino, è attraverso la via di comunicazione attualmente esistente (la suddetta SS. 112), di circa un'ora.
Tale tempo, se la strada seguisse ma la via naturale creata dal torrente Careri accorciato del 90 per cento: basterebbero infatti pochi minuti a coprire tutto il percorso.
Il problema degli abitati di Careri, Benestare etc. sarebbe risolvibile col semplice sistema di creare apposite reti di strade provinciali, senza peraltro abbandonare la S.S. 112 attualmente esistente.
Alle competenti autorità resta la decisione.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 22 dicembre 1956


sabato 4 dicembre 2021

I bambini ci amano - Il paese disegnato

Il duomo,

il papà,

il forno a legna,


 Pietra Cappa.


I disegni nell'ordine sono di: Caterina Barbaro, Ilary Barbaro, Aurora Catanzariti, Domenico Perre tutti della 4 b della scuola primaria, partecipanti al Premio "E. Gliozzi" organizzato dall'Associazione Etno- Culturale Santa Pulinara, edizione 2021.

mercoledì 1 dicembre 2021

I due compari [di Carlo Borghesio - 1955]




Con la presente scrittura privata redatta in doppio originale, e da valere come pubblico istrumento, noi qui sotto scritti Francesco Gliozzi fu Domenico domiciliato in Platì ed Antonio Violi fu Domenico da Lubrichi abbiamo redatto un contratto di sub locazione di fondi olivetati, quale contratto viene rifuso nei seguenti articoli
1.  Dichiaro io Francesco Gliozzi che con scrittura privata redatta tra me e mio fratello Filippo del 21 Dicembre ultimo scorso, e reggistrata in Ardore il dì otto Gennaio corrente mese al Lib: 2° Vol 5°, tassa Lire tredici 2/10 Lire due e cent. sessanta. Totale Lire quindici e cent. sessanta. Il ricevitore Deangelis; il detto mio mi ha ceduto il metà fitto dei fondi che a lui gli vennero ceduti in fitto dal Signor Arciprete di Piminoro, con istrumento agli atti di Notar Signor Rocco Musitano di Bovalino in data sedici Giugno 1879 Registrata in Ardore il 1° Luglio detto al N. 317 Libro 1° Vol. 13 folio 113: Deangelis; a quali atti noi sottoscritti ci riportiamo.
2.  Il Sub fitto che con la presente scrittura avrà luogo, si dovrà intendere uguale a quello stipolato col sopradetto mio, senza aggiungere o levare cosa alcuna di detto contratto, tranne per quella riguardante l’estaglio; ed il Signor Antonio Violi sin da ora rientra nei miei dritti, ed obblighi contenuti nella sopra cennata scrittura
3.  Il Sub fitto in parole io sottoscritto Gliozzi lo fò puramente e semplicemente al Violi per come lò fatto col ripetuto mio senza aggiungere onere di sorta.
4.  La durata del presente contratto di Sub locazione avrà la durata di anni sei, la quale abbe principio dall’anno colonico 1879 per terminare giusto li sopra cennati titoli. Basta il solo contratto di locazione per la corrisposta dell’estaglio e non dovendo io di Gliozzi garentire il frutto, né la sua bontà mentre resta a rischio e cimento del Signor Violi, sia se gli alberi lo producessero, o nerezza ad ammalarsi e precipitarsi.
5.  Io sottoscritto Antonio Violi accetto il Sub contratto di locazione giusto come venne fatto tra essi Germani Fratelli Signori Gliozzi
6.  Io sopra detto Violi, mi obbligo corrispondere col Signor Francesco Gliozzi di Botti cinque di olio di ulivo, presentandogli una lettera di cambio di detta garantita di un negoziante di Gioia Tauro, o pure presentandogli un garante solvibile, che assume le responsabilità della consegna dell’olio in botti cinque e da pagarseli a tutto il trentuno marzo dell’anno mille ottocento ottantuno e così successivamente negli anni mille ottocento ottantatre e mille ottocento ottantacinque, e proprio nei giorni sopra stabiliti.
La lettera di cambio sopra cennata od il garante mi obbligo io sopradetto Violi consegnarla, o presentarlo al Signor Gliozzi non più tardi del dieci Dicembre e di ciascuno biennio cioè al dieci Dicembre mille ottocento ottanta il primo, al dieci Dicembre mille ottocento ottantadue il secondo, ed il terzo ed ultimo al dieci Dicembre mille ottocento ottantaquattro. Qualora la detta lettera di cambio o buono di marina delle cinque botti di olio di olivo o il garante accettabile da esso Signor Gliozzi non avesse a consegnarlo o presentarlo nell’epoca pattuita di sopra, o che il Signor Gliozzi non avesse a conoscere idoneo il garante presentato sono da accettarsi i Fratelli Signori Guida o Ioculano da Oppido, e nel caso sia della mancanza del buono sia del garante il presente contratto di comune accordo si intende ritenere come casso e nullo. Ed io Violi mi obbligo pagare al Signor Gliozzi la somma di lire mille a titolo di danni ed interessi sin da ora liquidati e transatti. Io Gliozzi qualora avesse a contravvenire per fatto mio proprio al presente contratto mi obbligo pagare al Signor Violi la sopra detta penale, mi obbligo ancora rispondere direttamente verso mio fratello Filippo pel pagamento dell’estaglio pattuito colla sopra cennata scrittura, ed in mancanza pagare tutti i danni ed interessi che il Violi potrà soffrire, a criterio di un perito scelto dal Pretore Mandamentale di Oppido.
Il presente contratto viene accettato da noi contraenti in tutta la sua estenzione e tenore per come sopra stà scritto.
Oppido lì quindici del Mese di Gennaio mille ottocento ottanta.
Antonio Violi dichiaro come sopra
Gliozzi Francesco fu Domenico dichiaro come sopra 


 

lunedì 29 novembre 2021

I bambini ci amano [di Enzo Della Santa - 1954]

Platì è un piccolo paesino di circa 4.000 abitanti con molta cultura e tradizione; una volta si chiamava Santa Pulinara e non Platì. In questo paese la lingua è il dialetto. Ci sono due campi e due parchi giochi, due asili, una farmacia e tanti bar e pizzerie e c’è anche una pasticceria. C’è pure un bellissimo Ciancio, questo Ciancio è chiamato fiumara, acqua limpida e quasi quasi brillante, alcuni ci vanno a buttare la spazzatura. Ci sono due chiese, la chiesa Matrice è intitolata Madonna di Loreto, e l’altra è intitolata la Madonna del Rosario A Platì quasi tutti i giorni il tempo è bello. Ci sono davvero tante case e c’è pure un Calvario proprio bellissimo, ci sono delle rocce vicine con sopra delle croci e dietro una fontana e ci sono anche un po’ di case vecchie abbandonate C’è un parco bellissimo chiamato “Parco dei Pini”. Ce la “rocca” quasi piangente vicino alle case e c’è il verde che è molto intenso. Tutti i bambini vanno a giocare sotto il comune e giocano a calcio o giocano anche alle scuole medie. La sua tradizione è quella del pane, così buono, croccante, ben cotto. Ci sono sarte che fanno belle cose, ricamatrici, artigiani e tante maestranze. Nel nostro paese si produce olio e la pastorizia. Il nostro paese è situato a pochi km dalla montagna e pochi km dal mare. L’Aspromonte, l’ultimo baluardo montano, fa parte di Platì e conserva un’intera storia di Cultura. Sull’Aspromonte c’è una grossa pietra chiamata “Pietra K”. Il punto più alto è il Montalto dove si trova la Madonna di Polsi. Questo piccolo paesino è guidato da Rosario Sergi. Io Platì lo posso pure descrivere con una parola BELLO ANZI STUPENDO, e non è finita qua, Platì un paese felice … È semplicemente PLATI’.


Medley dai testi presentati per Premio Letterario Ernesto Gliozzi edizione 2021 dagli alunni
DOMENICO AGRESTA, NATALE AGRESTA, CATERINA BARBARO, ILARY BARBARO, DOMENICO CALABRIA, AURORA CATANZARITI, CATERINA LIGOLI,  ELISA MARANDO, NATALE PANGALLO, ANNA PAPALIA, DOMENICO PERRE, SOFIA SERGI, ROSARIO SERGI
della classe 4 B delle elementari

Il disegno d'apertura è di Aurora Catanzariti
Di seguito il Medley più conosciuto

domenica 28 novembre 2021

Il segreto del carcerato [di Boris Ingster - 1950]


Indovinello (*) 

Eu sugnu poeta e tu si mischinu
sciogghjimi stu jiommuru manu a manu:
dimmi cu senza testa fa caminu?
dimmi cu ti saluta di luntanu?
dimmi cu fici ‘a prima ‘ccetta?
dimmi cu pa primu ‘a usau?
Tu si poeta pecchì si liberu,
e reu mischinu, pecchi sugnu carceratu.
U jiommuru tu sciogghjiu manu a manu:
a barba senza pedi fa caminu
e la littira ti saluta di luntanu;
San Zenobi fici ‘a prima ‘ccetta
e fu propiu iju u primu ca usau. 


(*)  Anonimo platiese.
In apertura via XXIV maggio - angolo via Antonio Italiano in una foto degli anni '60.


 

martedì 23 novembre 2021

Tutti gli uomini della Regina [di Phil Karlson - 1951]





Confraternita del S. S. Rosario
(Reggio Cal.)   PLATI’

 
Deliberazione N° 10
Oggetto
Dimissioni del Rettore D. Francesco Mittiga


 
I.M. I.
 
Onore e Gloria a Dio ed alla Vergine del S. S. Rosario
 
L’anno 1927 il giorno 26 del mese di Settembre in Platì, nella Chiesa del S. S. Rosario locale abituale per le sessioni:
Riunitasi di urgenza la Congrega, l’oggetto da trattarsi ha fatto intervenire N. 21 nelle persone di:

I.               Marando Domenico di Francesco Priore

II.              Zappia Rosario fu Frdinando Segretario

III.            Ciampa Domenico fu Vincenzo 1° Assistente

IV.             Timpani Domenico fu Francesco 2° Assistente

V.              Riganò Paspale fu Giuseppe

VI.            Barbaro Saverio fu Francesco

VII.          Perre Francesco di Pasquale (Cicerca)

VIII.        Perre Francesco di Pasquale (Santollino)

IX.           Marando Antonio fu Giuseppe

X.            Mittiga Saverio fu Rosario

XI.          Violi Rocco fu Angelo

XII.         Mittiga Francesco di Agostino

XIII.       Marando Pasquale fu Giuseppe

XIV.       Mittiga Giuseppe fu Francesco

XV.        Mittiga Tommaso di Filippo

XVI.      Timpani Fiore di Domenico

XVII.    Timpani Francesco di Domenico

XVIII.  Aspromonte Francesco di Domenico

XIX.    Barbaro Domenico fu Francesco

XX.      Perre Pasquale fu Francesco

XXI.    Taliano Rocco fu Domenico

hanno giustificato gli altri l’assenza data la convocazione venne fatta in via di urgenza ed erano fuori abitato per lavori di campagna.
Presiede il Priore Marando Domenico, il quale porta a conoscenza dei Congregati che il Rev.mo Rettore Arciprete D. Francesco Mittiga con sua lettera del 25 corrente rassegnava le dimissioni dalla carica di Rettore della Confraternita stessa.
Chiede la parola il fratello Riganò Pasquale che gli viene accordata e fa la proposta che l’adunanza seduta stante volesse recarsi a casa del Rev.do Arciprete Mittiga per farlo desistere da tale proposito.
A che il Priore non consente per il momento, perché l’atto potrebbe dare l’aria di indisciplinati e mancanza di serietà dato che il fatto merita invece di essere ponderato perché avvicinandosi il mese ottobrino non è possibile lasciare senza i dovuti onori la Regina delle Vittorie.
A tale esauriente spiegazione gl’intervenuti tutti alzandosi in piedi hanno protestato e respingono ad unanimità le dimissioni e danno incarico ufficiale a che il Priore volesse rendersi interprete presso il Rev.mo D. Francesco Arciprete Mittiga di farlo desistere da tale sua decisione.
Il Priore nel ringraziare gl’intervenuti dichiara che essendo suo vivo desiderio l’erizione a Parrocchia della Chiesa di Maria SS. Del Rosario porterà conoscenza dello stesso rev.do D. Francesco Mittiga che egli è pronto ad assicurare la voluta rendita per il mantenimento del Parroco stesso.
Essendo la deliberazione approvata ad unanimità ed essendosi espletato il compito il Priore dichiara sciolta l’adunanza invocando l’aiuto e l’assistenza della SS. Vergine perché volesse illuminare il Rev.do Mittiga e perciò invita gl’intervenuti alla recita del Santo Rosario
Il Priore
DMarando
 
L’Arciprete Don Francesco Mittiga era nato il 21 giugno del 1872 da Nicola, sarto, e Mariantonia Gliozzi, tessitrice. A ricordo della zia Amalia, sua lontana cugina, con il Rev.do Mittiga erano vicini di casa, nel vico San Nicola. Il prelato oltre le funzioni nella Chiesa del Rosario officiava anche in parrocchia. Non si hanno notizie sulla causa delle sue dimissioni da Rettore della Congrega. Il documento riportato è prezioso perché tra le righe possiamo intravedere nomi e cognomi di chi ci ha preceduti, angoli di vita paesana e sopra ogni cosa l’attaccamento alla Regina delle Vittorie al cui cospetto non c’erano dimissioni o scuse, meno che mai quando si avvicinavano i suoi festeggiamenti.

I documenti riportati, e gentilmente concessi, sono custoditi presso:
Archivio Storico Diocesano “Mons. Vincenzo Nadile”
Diocesi di Locri – Gerace
ASDLG

 

domenica 21 novembre 2021

Rinascita [di Raoul Walsh - 1931]





UN IMPORTANTE PROBLEMA ORMAI DIBATTUTO DA DECENNI
La bonifica del torrente Careri
restituirà vaste zone all’agricoltura
Fin dai tempi del fascismo si parlava di questa grande opera; si continua a parlarne invano ancora
 
Platì, 14 novembre
(M. F.) La situazione in cui si trova ormai da troppo tempo il torrente Careri, si imposta decisamente male in questa epoca che ben si può definire di rinascita per il nostro popolo.
Quello che è stato fatto in questo ultimo decennio per la Nazione, è decisamente molto e specialmente in questi drammatici momenti in cui l'attenzione di tutti è rivolta alla ignobile repressione della libertà ungherese, possiamo apprezzarlo. Libertà di governo, di pensiero, di stampa, sono indubbiamente delle preziosissime cose per il popolo Italiano. Ma dovremmo dedurne che il popolo calabrese non faccia parte di questo popolo.
I calabresi, infatti, non hanno usufruito che in minima parte dei benefici di cui ha largamente usufruito il resto della popolazione, e specialmente la popolazione del «Nord».
Un esemplo schiacciante di questa situazione, è senz'altro il torrente «Careri», che da tempo immemorabile è abbandonato a sé stesso, e distrugge lentamente e inesorabilmente la vita di una vasta zona della Calabria. Se il torrente Careri fosse un essere pensante, crederemmo che fosse un suo strano modo di fare omaggio alla famosa legge del piano «inclinato!!!».
Ma il torrente «Careri» non è un essere pensante, e non aspetta altro che di essere costretto tra due muraglioni.
Bonifica del Careri! Pare che questa espressione sia stretta parente dell'altra: «Quadratura del cerchio!».
Eppure non si può dire che le «competenti autorità» non si siano accorte della drammaticissima situazione: La stampa ha dibattuto il problema fino alla nausea.
Dunque i casi sono due: o le competenti autorità fanno orecchio da mercante, oppure l'espressione «Libertà di stampa» non ha per niente il significato pieno che molti ottimisti vogliono attribuirle.
I calabresi non aspirano alle «luci al neon», ma gradirebbero di avere i mezzi per sostenersi senza chiedere l'elemosina! E gli unici mezzi di questo genere sono costituti dall'agricoltura.
Chi non sa che la bonifica del torrente «Careri» restituirebbe all'agricoltura calabrese centinaia di migliaia di ettari di terreno? Chi non sa che il torrente Careri ha spinto nelle navi da emigrazione migliaia e migliaia di cittadini di Platì, Natile, Cirella, Senoli, etc.
Si parlava di bonificare questo torrente sin dai tempo dal fascismo; si continua a parlarne invano adesso, e con la sola differenza, che adesso si pagano anche i contributi di bonifica, che allora non si pagavano!
Noi non ci illudiamo che si possa concludere qualcosa di buono con lo scrivere sui giornali, ma speriamo che in questo momento particolare della storia del mondo, il nostro Governo voglia riservare ai cittadini del Nord e a quelli del Sud Italia, una minore disparità di trattamento. Forse per noialtri calabresi è questo il momento migliore per ottenere, a coronamento di tanti sforzi e di tante istanze, quello che i connazionali del Nord avrebbero ottenuto alla prima parola.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 15 novembre 1956
 
Ancora una volta, può sembrare una fissazione la mia, scopro che la realtà di quegli anni per cui lottava Danilo Dolci sull’estremo versante occidentale siciliano, ha molto in comune con quella della «Valle del Careri». Certo Michele Fera, in quel tempo giovanissimo, non aveva il background formativo e culturale del Dolci, ma combatteva anche lui una sua battaglia a favore del nostro paese sulle pagine della «Gazzetta del Sud», che certo era schierata su posizioni ultra moderate, chiamatele destrorse. Ecco allora che la lotta per la bonifica del fiume Jato portata avanti da Danilo Dolci è la stessa di quella lamentata dal nostro Michele Fera, anche se quest’ultimo non aveva accanto a sé la popolazione che si schierava al fianco del «Gandhi italiano», com’era stato definito da Aldo Capitini, Danilo Dolci.



giovedì 18 novembre 2021

Il nostro pane quotidiano [di Friedrich Wilhelm Murnau - 1930]


LA TRADIZIONE DEL PANE DI PLATI’

Nel mio paese c’è un’antica tradizione: si fa il pane in casa con il lievito madre. Si comprano due tipi di farina che viene mischiata con l’acqua e poi viene montata a mano. Io l’ho visto fare a mia nonna nel forno a legna. Il pane è molto buono e si mantiene anche diversi giorni. Per questo il pane di Platì è molto richiesto nei paesi vicini e lontani. Si mangia con sale e origano oppure con acciughe e peperoncino calabrese può essere impiegato anche per realizzare gustose bruschette e può essere inzuppato nelle minestre dopo averlo abbrustolito.
NATALE AGRESTA


Il mio paese si chiama Platì, e si trova a i piedi dell’Aspromonte. Il pane di Platì è un elemento molto conosciuto nella Locride e nella provincia di RC. Per farlo occorre usare farina di grani antichi locali, con acqua, sale lievito madre che viene preparato dal giorno prima; Il giorno dopo si impasta a mano con molta forza insieme con acqua, farina e sale, fino a che l’impasto diviene liscio ed elastico. Dopo si formano i panetti e si mettono a lievitare sotto le coperte per circa 2 ore nel frattempo si prepara il forno, si riempie di legna e si accende il fuoco quando la temperatura è giusta si usa un tubo di ferro con attaccato un panno di cotone bagnato con l’acqua che si chiama “cajipo” e si usa per pulire il forno prima di infornare il pane, dopo di che si poggia su una pala di legno e una alla volta si mette nel forno per circa 1 ora dopo che il pane è pronto si mantiene per alcuni giorni. È ottimo da gustare caldo condito con olio sale e origano o con acciuga e peperoncino calabrese.
DOMENICO CALABRIA 4B


Il pane di Platì è molto buono. Infatti il nostro piccolo paesino e molto famoso. Il nostro pane è di un colore dorato. È fatto da ingredienti genuini e sono solo 3: acqua, farina e lievito madre, non bisogna fare molto, basta solo: impastare acqua e farina e aggiungere il lievito e mescolare finché l’impasto non sia liscio e lucido e lasciare lievitare per almeno 2 ore e infornare nel forno a legna. Il pane può essere mangiato in tanti modi per esempio, con olio, con pomodori. E si possono creare delle buonissime bruschette!
AURORA CATANZARITI


A Platì ci sono tante cose buone ma il più buono e il pane che viene impastato farina acqua sale e lievito madre poi si forma il pane poi si mette su un tavolo e si lascia lievitare per circa 2 ore coperto con una coperta. Poi si accende il forno a legna. Quando il forno è pronto per infornare si lascia cuocere 2 ore.
È così che si fa il pane di Platì
CATERINA LIGOLI


Fino al momento della lettura del testo di Domenico Calabria non conoscevo la parola cajipo, il suo significato, la sua etimologia. Ho chiesto agli amici pulinaroti ma essi riandavano a quanto scritto allo stesso testo del piccolo scolaro. Memore della profonda conoscenza del greco antico da parte dello zio Ernesto il giovane e nella mente il cognome Callipari sono andato a consultare il vocabolario greco – italiano: καλλίπαις callipais bella fanciulla, ma anche, bel volto, è quanto più si avvicina alla descrizione del piccolo Domenico.

Aurora, Caterina, Domenico e Natale erano nel passato anno scolastico – 2020/2021 – alunni della 4b delle elementari e partecipavano al premio letterario “Ernesto Gliozzi” organizzato dall’Ass. Etno-Culturale SANTA PULINARA.

L’immagine di apertura è di Natale Agresta

Con questa pubblicazione oggi sono riconoscente anche a Friedrich Wilhelm Murnau ed al suo cinema, il suo AURORA è un capolavoro oggi irraggiungibile.