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mercoledì 8 dicembre 2021

Desiderio di re [di Josef von Sternberg - 1936]


Platì 1753, regnante Carolus Dei Gratia Rex utriusque Siciliae, Hyerusalem, &c Infans Hispaniarum, Parmae, Placentiae et Castri &c. Ac Magnus Princeps Hereditarius Etruriae.
 Questa è una storia vera.
In quel tempo Platì era definito una Mocta, Motta: secondo la Treccani per "motta" si intende un rialzo di terreno. A questo punto è lecito domandarsi dove effettivamente sorgeva quell’agglomerato di fuochi, per molti era laddove oggi è sita l’Ariella, alla destra del Ciancio, sulla via che conduceva a Xstina come era chiamata in quel tempo l’attuale Santa Cristina d’Aspromonte. Se Carlo III di Borbone (Dio Guardi) regnava, il padrone effettivo, il Signore Feudale, era il Principe di Cariati, nella persona di Scipione III, 6° Principe, Duca di Seminara, Conte di Santa Cristina, Signore di Palmi. A lui l’istorosofo  dottor Vincenzo Papalia dedicò un’ode non troppo benevola, già apparsa su queste pagine: per questa pubblicazione né il dottore né io siamo stati ancora tacciati (taggati) di miscredito o strumentalizzazione. Se Carlo regnava e Scipione spadroneggiava, la casata Oliva li rappresentava. Nel 1753 era Sindaco di Platì Giuseppe Oliva per l’appunto. In quell’anno “riflettendo sempre più la Real mente della Maestà del Re il Supremo che Dio sempre conservi il sollievo de’ suoi fedelissi Vassalli, ha stimato sempre più necessario” la formazione del “General Catasto”. Tale compito ricadde sulle spalle, si fa per dire, di Don Giuseppe Oliva, sindaco, e Don Francesco Musitani Cancelliere. Primi collaboratori erano Domenico Lentini e Paolo Michea. A loro successivamente furono aggregati Don Francesco Perre, sacerdote, quale rappresentante ecclesiastico con Mastro Giovanni Fera e Antonio Celonise, cirellese; quindi per deputati del ceto civile: Michele Oliva, Cipriano e Domenico Zappia; del mediocre: Michele Mittica fabbro, Giovanni Battista Morabito e Paolo Virgara; per l’inferiore: Baldassarre Perre, Assunto Romeo e Giuseppe Trimboli. A redigere il tutto fu chiamato Domenico Calipareo dell’ordines serviens. Tutti dovettero tenere conto degli atti, delle rivele, degli apprezzi come delle once, appartenenti ai cittadini residenti, dei forestieri residenti e dei bonateneti, che abitavano in altri territori: Palmi, Oppido, Lubrichi, Bovalino, Ardore, Bombile, Natile, Careri, Cirella, Santa Cristina e Santa Eufemia. Ne uscì fuori un compendio, un manoscritto da decifrare, che alcuni facinorosi oggi si sono messi a copiare. Un regalo di Natale devoluto da tutti i Signori prima citati. Robba, con due bi, da pazzi!


In apertura un negativo colliquato che ritrae Caterina Fera, madre dell'autore della foto, il medico Giuseppino Mittiga: guardate ben il volto e le mani, la mamma sembra quasi biasimare il figlio.


mercoledì 27 ottobre 2021

Conflitto di classe [di Michael Apted -1991]


 

Al solito Dottor Filippo Zappia

Oh, l’abbietta creatura che è il Dott. Zappia Filippo! Come inverte le parti, alllor che parla di provocazioni, di cretinismo, di faccia tosta! Figuratevi! Lui, tutt’ una provocazione alla compassione ed allo scherno; lui, l’apoteosi del cretinismo; lui, che à la pelle più dura di quella dell’ippopotamo, lui ... parla di tali cose! E’ da ridere. Ma davvero costui ne capisce di clinica altrettanto, quant’io d’arabo!
Lui parla di correttezza e di scrupolosità, maggiore e rigorosa!
Lui l’ignobile prepotenza, e la volgare sopraffazione! E dire che le sue sono tutte cattive azioni! La sua spudoratezza non à limiti! Ha il coraggio di parlare di buona creanza! Ma dunque à dimenticato tutto, costui! La sua ignominiosa esistenza bestiale, la sua insulsagine, la sua ridicolagine, la sua strampalagine ..., mentecatto, tutto egli à obliato? Imbecille, ancor tutto bagnato dell’orina dei muli, che tradizionalmente coi suoi ha menati al pascolo, o su e giù da Bovalino pel traffico del commercio, villano insolente ed importuno, rettile schifoso, rampollo di ibrida genia, tracotante e sicofante insieme, non vede che per la sua infamia, ognuno ne rifugge, tante sono le azioni malvagie e prave di che s’incornicia il riverito suo nome?! Incosciente! C’è sale a rammentarmi che mi si è aperto sotto i piedi un baratro, quando è stato aperto dalle truffe e dall’espoliazione di certe genti che a lui son troppo note!
Se avessi rubato anch’io fin treppiedi e scarpe, se fosse io Carmine faccia lorda; e qualcuno avessi fatto miseramente perire; set oltre alla mia donna ne andasse in traccia di altre; se mi intricassi dei fatti altrui, e degli atti tutti di altri volessi far la spia; se di tutti dicessi male i tradendo la verità; se caluniassi i buoni; se diffidasse dei gentiluomini; oh allora si, non solo la casa, di correzione, ma anche il carcere meriterei. E così la società sarebbe liberata di chi introducendosi in una casa, giunge al punto di rovistare, sullo scrittoio degli altri per essere al corrente dei fatti che interessano le diverse famiglie, e propalarle, gioiendo del male; rattristandosi del bene che possa capitare ai proprii simili!
Cosi, non avverrebbe che io possa vantarmi d’avere pagati con 10 mila i baci di quella fanciulla che il Dott. sapendo di mentire per la gola, dice che io ho vilmente abbandonata! Cosi non accadrebbe che io posso gridare di avere tempo per sistemare di pagare a caro prezzo gli amplessi di una donna, fosse costei pure una tale più nota all’illustre dottore!
Così, infine, non potrei rinnovellare al mondo il fatto che anche sulle prostitute da me possedute, qualcuno non abbia per anco esatta la camorra!
E nemmeno si farebbe verificato che io avessi dato della roba non mia, a tutti quei che desiderosi di, spogliarmi, ànno abusato della mia buona fede per farsi pagare dei debiti imaginarii con proprietà della mia eredità, sia pure se all’asta fossero stati venduti dei cespiti, che poi furono ingranditi nell'estenzione a bene placido degli acquirenti, e per i quali l’ultima parola ancora non è stata detta!
Tutte le turpitudini di questa carogna puzzolente ancora del letame di che s’è infiorata la sua vita, fra striglie, cavezze, e basti; dimostrano anche una volta di più come il nostro animale altro che sifilide à nel sangue; egli ha la corruzione nell’anima, e nel cuore. Sicché il fango putrido e lurido che egli con accorgimento tenta di buttare sul viso degli onesti a tutta prova, riconosciuti da tutto il mondo per mali, rimbalza e ricade sul viso di lui!
A certi individui, però, è duro il constatarlo, non basta la vergogna di sostenere delle lotte con mezzi dei quali non si può contestare la provenienza! Non basta a certa canaglia, no, di esercitare la più largai bugia! Costoro, venuti su dai bassi fondi, e in essi vissuti e pasciuti, costoro, dico, vogliono che nella storia della canaglieria di tutto il mondo, resti, a caratteri cubitali, impressa la loro, piena di vituperii e di disonore!
  E così sia!!!
Filippo Oliva dei Conti Ricciardi
Il Circo di NERONE Anno I – N. 15  PLATI’-GERACE 11 DICEMBRE 1904

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Poco si sa e poco è rimasto de IL Circo di NERONE, Giornale semi-umoristico con sede in Platì-Gerace. Dei 15 numeri che videro la luce nell’anno 1915 è rimasta solo questa copia appartenuta a Ernesto Gliozzi il vecchio.
 "Considerate la vostra semenza: - fatti non foste a viver come bruti - ma per seguir virtute e canoscenza", la citazione dal Canto 26° del Sommo Poeta posta a ridosso della testata è un monito quasi scagliato all’intera popolazione platiese di quel tempo. Direttore responsabile, proprietario ed amministratore il dottor Vincenzo Papalia, Il Conte Filippo Oliva-Ricciardi redattore capo e l’avvocato Alberto Mercurio redattore. Redazione ed amministrazione in Corso San Nicola numero civico 1. Un numero aveva il costo di 10 centesimi delle lire di allora. Il dottor Filippo Zappia in quel tempo era il bersaglio del triumvirato sopra citato: il medico Papalia nella sua Istorosofia(1) del 1896, il conte Oliva-Ricciardi e l’avvocato Mercurio(2) con vari procedimenti penali circa i raggiri per impossessarsi dei beni del casato Oliva di cui il dottor Zappia era accusato. Purtroppo non si hanno pubblicazioni di eventuali difese da quest’ultimo sostenute, a meno che non si ventili l’ipotesi che dietro Marco da Scazia (3)
non si celasse che lui.
 

 


lunedì 27 settembre 2021

La vita risorge - Natile, gli Oliva & Platì

La Storia di Natile Nuovo scritta dal Prof. Pino Pipicella, da oggi storico ufficiale di Natile tra Vecchio e Nuovo, è un testo venuto fuori dal cuore di quei luoghi. I fatti descritti sono stati vissuti in prima persona poiché Pino Pipicella è stato primo cittadino del Comune di Careri tra il 1993 ed il 2001, per due mandati consecutivi. Dal testo vengono fuori le intime e datate connessioni con Platì.

Natile è stato annesso al Comune di Platì per Decreto di Ferdinando II il 13 marzo 1831(1) e tale rimase fino al 1836 quando fu trasferito al Comune di Careri. Aldilà dell’appartenenza ai Comuni, tra Natile e Platì sono sempre esistiti legami di sangue con arricchimento di DNA per i due territori. Legami ed arricchimenti (natilotu era anche un alias) che ancora oggi continuano ad esistere. Per verità storica bisogna aggiungere l’assoggettamento dei territori di Natile alla potente famiglia platiese degli Oliva. Questa servitù è antecedente al Decreto Ferdinandeo e risale ad un periodo tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XIX quando Domenico Oliva suddivise i beni tra i figli avuti da Saveria Rechichi: Michele, Stefano e Arcangelo. Ad Arcangelo andarono i terreni intorno al Molino Nuovo mentre a Michele spettarono quelli intorno all’abitato di Natile Vecchio. Erede di questi ultimi divenne Michele Vincenzo, avvocato, che nel 1885 sposò Elisabetta Furore. Dal matrimonio nacquero quattro figlie, fra cui Maria Girolama, nota come a cavalera(2)  e Maria Carmela Francesca che ereditò i terreni di Natile Vecchio. Amministratore dei terreni divenne il suo sposo dottor Giuseppe Galatti fino agli anni 50 del secolo scorso.

I terreni Galatti-Oliva non subirono i forti dolori che toccarono ai beni di Filippo ed Arcangelo sul finire del 1800 quando alla morte di Francesco erede di Arcangelo divenne unico possessore il giovane Filippo di Filippo e della contessina Luisa Ricciardi, vissuto sempre a Napoli, poco avvezzo agli affari. Arrivato a Platì il conte Filippo fu da subito vittima di raggiri, e per citare l’avvocato Alberto Mercurio: adescato dalle lusinghe di certi avidi vampiri, che in breve tempo riuscirono a dilapidare quello che doveva essere inesauribile patrimonio. Di tali raggiri il Mercurio accusò la famiglia Zappia in vari procedimenti giudiziari.(3)

Parte di tale patrimonio nel territorio del comune di Careri che interessava il circondario di Natile fu acquisito dal dottor Filippo Zappia e di conseguenza dai suoi eredi che si suddivisero il Molino Nuovo e l’Angelica. Di tutto l’Impero Oliva oggi rimangono solo documenti e ruderi che ne descrivono la capillare decadenza ed estinzione. 

(1) https://iloveplati.blogspot.com/2019/02/la-piu-bella-del-reame-di-cesare.html
(2)  https://ilpaesediplati.blogspot.com/2020/05/girolama-oliva-cavalera.html
(3) https://iloveplati.blogspot.com/2021/01/rocambole-di-giuseppe-zaccaria-1919.html
 

Edizione a cura di Rosalba Perri

Nell'immagine d'apertura un ritratto di Francesco Oliva di Arcangelo e Rosa Romeo (1817 - 1898) conservato dagli eredi.

sabato 24 luglio 2021

L'ultimo atto [di Georg Wilhelm Pabst - 1955 ]

Sicut sagittae in manu potentis,
ita filii excussorum.
Salmo 126*




Sant’Ilario del Ionio 26 luglio 1872
Registro degli atti di morte
N. 41

Oliva Signor Stefano

Documenti inclusi n. 2

 CIRCONDARIO DI GERACI
MUNICIPIO
DI SANT’ILARIO DEL IONIO

oggetto: estratto atto di morte

 Al Signor
Ufficiale dello
Stato Civile del
Comune di
Platì

 Per adempimento del prescritto dell’art. 397 Codice Civile, si onora il sottoscritto trasmettere al suo Collega del Comune di Platì copia autentica dell’atto di morte del Signor Oliva Stefano figlio del fu Michele che aveva costì la residenza onde se ne faccia la debita trascrizione a norma dell’art. 106 N. 4 del R. Decreto sull’Ordinamento dello Stato Civile del 15 novembre 1865.
L’Ufficiale dello Stato Civile
 
Provincia di Reggio Calabria
Comune di Sant’Ilario dell’Ionio
ESTRATTO
Del doppio registro di Sato Civile per gli atti di
Morte
, tenuto in questo Comune, ufficio unico, anno 1872, N. 36 d’ordine = Oliva Stefano = 

L’anno milleottocentosettantadue il giorno venticinque del mese di Luglio alle ore quattro pomeridiane nella Casa Comunale di Sant’Ilario dell’Ionio, Circondario di Geraci, Provincia di Reggio Calabria=Dinanzi a me Murdaca Bruno Assessore Delegato alle funzioni di Sindaco ed Ufficiale dello Stato Civile del Comune sudetto, per impedimento del titolare, sono comparsi i Signori Guida Fortunato di Vincenzo, di anni trenta cinque,di professione maestro di scuola e Speziali Domenico di Antonio di anni ventotto, falegname, ambi domiciliati in questo Comune, i quali mi ànno dichiarato che alle ore dieci antimeridiane di oggi stesso è morto in questo Comune, nella casa di abitazione del Signor Speziali Tommaso, sita largo Cattolica al numero civico nove, il Signor Stefano Oliva marito della Signora Speziali Elisabetta, di anni quarantotto, di professione proprietario civile, nato e domiciliato in Platì, figlio del fu Michele proprietario e della fu Speziali Francesca gentildonna, domiciliata in detto Comune di Platì= Di che è formato il presente atto, inscritto nei doppi registri, che, previa lettura a norma di legge, viene con me sottoscritto dai sudetti dichiaranti= Guida Fortunato= Speziali Tommaso=l’ Ufficiale dello Stato Civile= Bruno Murdaca

 

ATTO DI NASCITA

Num. A ordine 18

L’anno milleottocento  e ventitre il di diecisette di Marzo alle ore venti avanti di Noi Domenico Oliva Sindaco ed Ufficiale dello Stato Civile del comune di Platì Distretto di Geraci Provincia della Prima Calabria Ulteriore è comparso D. Michele Oliva di Domenico di anni quaranta di professione proprietario domiciliato in questo Comune Strada Chesiola il quale ci ha presentato un maschio secondo che abbiamo ocularmente riconosciuto, ed à dichiarato che lo stesso è nato dalla Signora D. Francesca Speziali sua moglie legittima d’anni trenta domiciliata con esso e da lui dichiarante, di professione come sopra, nel giorno dodici del mese di Marzo corrente anno, nella casa di propria abitazione situata come sopra (1).
Lo stesso à inoltre dichiarato di dare al maschio il nome di Stefano.
La presentazione e dichiarazione a me detta si è fatta alla presenza di Giuseppe Portolesi di anni trenta sei di professione Bovaro regnicolo, domiciliato in questo Comune Strada sudetta e di Giovanni Fera di anni trenta due di professione vaticale regnicolo, domiciliato ivi testimoni intervenuti al presente atto, e da esso signor D. Michele Oliva prodotti.
Il presente atto, che abbiamo formato all’uopo, è stato iscritto sopra i due registri, letto al dichiarante, ed a’ testimoni, ed indi nel giorno, mese, ed anno come sopra firmato da noi, e dal dichiarante avendo detto li testimoni di non saper scrivere.

*.*.*.

A quasi 150 dalla morte conviene ricordare un figlio dell'illustre casata Oliva.

- In apertura un particolare del Casino Oliva sito in contrada Margherita*.
- La strada Chesiola oggi è via XXIV maggio. A firmare l'atto di nascita insieme al padre di Stefano è il nonno Domenico, capostipite della potente famiglia Oliva già apparso qui:

(1) Lo stesso Stefano, avvocato, sposò in Sant'Ilario il 19 ottobre del 1852 una Speziali, la sedicenne donna Elisabetta di Tommaso e Francesca Murdaca.

 * ANTONIO VIVALDI, Nisi Dominus, RV 608

martedì 22 giugno 2021

L'albergo degli assenti [di Raffaello Matarazzo - 1938 ]

(…) Francesco Oliva istituì eredi, nell' usufrutto dei suoi beni il nipote ex frate Oliva Filippo e, nella proprietà, i figlii nascituri di lui, Filippo Oliva, prima di passare a matrimonio, con istrumento del 26 novembre 1903, assumendo la qualità di legale rappresentante dell'eredità, cede per L. 6233.85 a Mercurio Alberto, in pagamento di due debiti ereditari, il fondo denominato Sfalasi o Boschetto, compreso nell'eredità, ed il Mercurio con atto pubblico del 29 giugno 1919, vende lo stesso tondo per L. 15000 a Gliozzi Luigi, il quale, come le parti concordemente ammettono, dichiarò, mediante due scritture private in data di quel medesimo giorno di rimanere debitore di parte del prezzo, cioè di L. 2500, e di accettare il patto di riscatto, da esercitarsi nel termine di quattro anni.
«Con atto del 13 settembre 1919, il Mercurio dichiarò al Gliozzi che avendogli invano fatto premura, per mezzo del Notaio Ruffo, di addivenire alla stipula del riscatto, lo invitava a comparire nell'Albergo, Vergara Rosario, in Platì, dinanzi al Notaio che sarebbe stato all' uopo richiesto, per procedere al riscatto, previa ricezione delle L. 12500 e, pel caso di rifiuto, lo citava a comparire innanzi al Tribunale di Gerace, per sentirsi condannare all' immediato rilascio del fondo, al pagamento dei danni ed alle spese. Il Gliozzi non si presentò all'Albergo anzi detto nell' ora stabilita ed il Mercurio fece ciò constatare con atto notarile, dopo di che però non diè corso alla citazione dinanzi al Tribunale, trascurando di far iscrivere la causa a ruolo.
Successivamente Lentini Maria, vedova di Filippo Oliva, (il quale l'aveva sposata dopo la vendita del fondo Sfalasi e ne aveva avuto quattro figli, di cui tre viventi ed un altro a nome Pasquale Maria Raffaele morto il 21 luglio 1906) con atto del 16 ottobre 1919, tanto in proprio nome che in qualità di rappresentante i tre figli viventi, conveniva dinanzi lo stesso Tribunale di Gerace il Mercurio e il Gliozzi, e chiedeva che, in loro confronto, si dichiarassero nulle ed improduttive di effetti giuridici le due vendite anzi cennate del fondo Sfalasi pel motivo che, in quella da Oliva a Mercurio, mancava la necessaria autorizzazione del Tribunale, e nell'altra da Mercurio a Gliozzi mancava nel venditore la qualità di proprietario; sicché Gliozzi doveva essere condannato a rilasciare il fondo, in un termine perentorio da stabilirsi, a pagare i frutti percepiti, dal giorno della dimanda fino al rilascio ed a rimborsare le spese del giudizio.
«Gliozzi, con atto del 7 marzo 1920, chiamava in garenzia il Mercurio, chiedendo ch'egli fosse condannato a rilevarlo dal peso della lite, e, in ogni caso, a restiluirgli il prezzo di lire 15 mila ricevuto, e ciò sempre che l”istanza della Lentini, che anch'egli intendeva contrastare, venisse accolta.
(…)

- Estratto dalla relazione del Consigliere  Comm. ZAPPAROLI nella causa Gliozzi contro Broussard discussa il 17 novembre 1924 presso la Corte di Cassazione del Regno –2a Sezione.

- Ricordo ancora una volta che l'umiliante causa tra il nonno Luigi e l'avvocato Mercurio si trascino per oltre un trentennio.

- Da oggi ho inserito nel blog una nuova etichetta chiamata Storia dell Famiglia Oliva che a breve aggiornerò con quanto fin qui pubblicato.

- La foto in apertura ritrae la facciata della calzoleria del nonno Rosario trasformata nella metà degli anni 50 in bar. Attività che papà svolse fino alla metà degli anni 60 con annessa ricevitoria del Totocalcio.

martedì 19 gennaio 2021

ROCAMBOLE [di Giuseppe Zaccaria -1919]


 

Nel giorno 18 Settembre 1898, cessava di vivere in Platì, il Cav. Uff. Oliva Francesco fu Arcangelo, il quale con testamento pubblico del 13 Giugno 1898, reg.to a Gerace il 19 Settembre detto anno, istituiva eredi universali della sua vistosa proprietà, i figli maschi nascituri, del proprio nipote Oliva Filippo fu Filippo.
A costui legava poi l'usufrutto di tutti i suoi beni, con dispensa dall'obbligo di fare cauzione e di fare l'inventario.
Giova notare che il giovane Filippo Oliva, era sempre vissuto a Napoli presso la propria madre Signora Contessa Luisa Ricciardi del Conte Giuseppe, la quale, se aveva a lui impartita quella educazione che a ben nato si conviene, lo avea però tenuto sempre lontano da ogni trattazione di affari. Ed è cosi, che inesperto ed inadatto ad ogni amministrazione, il giovane Oliva, si vide ad un tratto alla testa di un vistoso patrimonio del quale sconosceva l'entità ed il modo onde bene sfruttarlo ed amministrarlo.
E, per colmo, egli, non avvezzo al luridume di una camorra nauseosa, facilmente fu adescato dalle lusinghe di certi avidi vampiri, che in breve tempo riuscirono a dilapidare quello che dovea essere inesauribile patrimonio.
E sorsero così ingenti crediti contro il defunto; in gran parte estinti col patrimonio particolare del Sig. Oliva, ed in parte poi vennero acclarati mercé sentenze estorte ai giudici con arti subdole e con raggiri di ogni sorta.
Oggi codesti crediti sono coverti dalla immunità della cosa giudicata.
Ma un giorno Oliva Filippo incominciava ad accorgersi in quali tranelli era stato tratto. Dimostra una certa diffidenza; vuole vedere meglio nelle sue cose. Ma non per questo si perde di animo la cricca dei Rocambole, ed ecco che una più splendida trovata scaturisce dalla fervida fantasia di questi egregi compari.
Si fa intravvedere a Filippo Oliva la possibilità di appianare tutte le sue pendenze mercé un matrimonio, che, se non confaciente allo stato sociale di Filippo Oliva, dal lato della nascita, certo confaciente dal lato dell`interesse.
E se ne intavolano le trattative e si giunge perfino alla stipulazione dei capitoli nuziali, che contengono la dichiarazione debitoria del povero Oliva, l’alienazione a favore del padre o della promessa sposa di oltre trecentomila lire di proprietà. E l’intento e raggiunto.
Cosi legato mani e piedi, viene umiliato poi da una indecorosa ripulsa. Ed è in quel torno di tempo che si foggia, si crea il credito Zappia; che se ne forma una sentenza; che si giunge persino alla subastazione di varii stabili, in gran parte aggiudicati al dottore ed in parte dallo zio Rosario Zappia. È noto ormai, nonché nel Circondario, nell’intera provincia, come e con quali mezzi, un intero casato Zappia. sia riuscito ad arricchirsi alle spalle del povero Oliva. Finalmente, quando tutto quello che vi era da spolpare fu de questi avvoltoi spolpato, quando la speranza di potere ulteriormente depauperare l’Oliva, svanì dall'animo di costoro, si fece ricorso ad ogni sorta di giudizii già in precedenza preordinati e preparati, e si pensò a mettere sul lastrico il povero ed inesperto Filippo.
Questi i fatti oramai noti, tanto che nelle aule serene della giustizia, in ogni tempo venne l’Oliva ritenuto come inadatto ad amministrare le proprie sostanze. (...)
Gerace 24 Marzo 1906

Nota. ROCAMBOLE è un personaggio creato da Pierre Alexis Ponson du Terrail, passato da quei romanzi d'appendice in eroe di alcune produzioni cinematografiche italiane e francesi. Doveva essere un accanito lettore di feuilleton l'avvocato Alberto Mercurio, perché a quel genere letterario si ispira per scrivere le sue arringhe pronunciate in vari processi penali in difesa della nobile e decadente famiglia Oliva, e quasi sempre contro uno Zappia. Ma quello che cercava il Mercurio era il proprio tornaconto non meno attraente di quello degli Zappia in gara per fare la festa alla famiglia Oliva.

lunedì 1 febbraio 2016

I visitatori (reg. Jean-Marie Poiré - 1993)

Leopoldo Franchetti                   Ernesto Nathan



                                        

 Franchetti e Nathan a Platì
                                      Platì 26'
 (Ettore) Ieri, verso le 11, sono arrivati gli onorevoli  Barone Leopoldo Franchetti ed Ernesto Nathan, del Comitato Centrale di Soccorso, accompagnati dall’instancabile cav. Antonino Spagnuolo, nostro cons. Provinciale.
Sono stati ricevuti dal Sindaco cav. Francesco Oliva e dal tenente Ricciardi, insieme col quale e col sig. Spagnuolo hanno girato tutto il paese, soffermandosi dinanzi alle case maggiormente devastate dal terremoto, o chiedendo informazioni intorno alle condizioni morali ad economiche della popolazione.
L' impressione che no hanno riportata è stata assai penosa, non immaginandosi essi di trovare tante rovine.  Sono ripartiti alle ore 14 e 30, senza aver voluto accettare il  pranzo che gentilmente avea offerto loro il cav. Oliva, dovendo trovarsi in Reggio la sera stessa.
Platì spera che la visita onde l’hanno onorata i signori Franchetti e Nathan non rimanga senza risultato, e che pari all’importanza del disastro che l’ha colpito sia il sussidio che gli verrà destinato dal Comitato Centrale di Soccorso. – Le scosse di terremoto continuano incessanti e, mantenendo gli animi in orgasmo, impediscono agli operai di attendere tranquillamente al lavoro; donde l’aumento della miseria che richiede soccorsi solleciti e copiosi.
IL PUNGOLO PARLAMENTARE – GIORNALE DELLA SERA
Napoli, Martedì-Mercoledì 29-30 Gennaio 1895