A PALAZZO DI GIUSTIZIA
Due
sacerdoti e un sacrestano confermano l’alibi di uno dei quattro indicati come i
rapitori di Roberto Valota
Secondo
queste deposizioni, l’imputato era a Platì per un battesimo - Udienza
nettamente favorevole alla difesa
Udienza favorevolissima alla difesa, che si é largamente
aggiudicata questo tredicesimo round del processo per il rapimento di Roberto
Valota. Due sacerdoti e un sacrestano sono venuti dal Reggino e hanno testimoniato
assicurando che uno dei quattro indicati come gli esecutori materiali del
sequestro – G. P., di Rosarno - si trovava la mattina seguente, fra le 9 e le
10, a Platì (millecinquecento chilometri di distanza dalla residenza di
Valota). Il giovane era al battesimo della piccola S. V. , impegnato anzi a
fare da padrino.
Che il colpo sia stato da kappaò non si può dire, ma intanto
il pubblico ministero Gianfranco Mafferri ha dovuto fulmineamente trasformarsi
in terzino riuscendo per un soffio a deviare in corner e ottenendo la citazione
immediata del brigadiere della stazione dei carabinieri di Platì, con cui spera
di riaprire la questione. L’astuto magistrato ha inoltre ritenuto opportuno
rispolverare l’antica grinta contrastando personalmente gli interventi proprio
di P., al quale ad un certo punto, per fare notare l’incoerenza, ha rinfacciato
“Lei gioca a scopa!”
Obiettivamente però
va ricordato che a favore di P. e dei suoi amici, contro i quali vi è in
pratica la ricostruzione di un altro imputato, che però al processo l’ha
smentita, non esistono solo le circostanze di ieri ma anche il mancato riconoscimento
da parte della moglie dell’industriale rapito. La donna escluse che gli
indiziati siano i banditi entrati in azione.
La faccenda del battesimo sta in questi termini.
P. dice che fu il 13 gennaio 1982 (cioè il giorno dopo il
sequestro) e in un primo tempo ciò non sembrava vero perché ai carabinieri il
parroco celebrante, don Antonio Sculli, aveva parlato del 14, come risultava
dai suoi appunti. Ma ieri il sacerdote, che sta a Natile di Careri e che aveva
sostituito il collega di Platì malato, ha insistito, con accenti di credibilità, nel
dare ragione all’imputato: “ Stia tranquillo, signor Presidente, che questa è
la verità; al brigadiere dissi del 14 perché questa data era stata fissata
all’inizio e così era rimasta sul mio taccuino. Invece qualche giorno prima ci
fu un cambiamento. Ricordo che il 13 era mercoledì e che la stessa mattina
celebrai anche una Messa d’anniversario, annotata esattamente sulla mia
agenda”. Don Sculli ha poi riconosciuto nella gabbia degli imputati P. come il
padrino presente alla cerimonia e successivamente don Ernesto Gliozzi, il
parroco all’epoca ammalato di Platì, ha portato in aula il registro dal quale
risulta che S. V. fu battezzata mercoledì 13 gennaio 1982. Anche don Gliozzi ha potuto tornare utile agli imputati perché ha ricordato
che, per devozione alla Madonna, lui di mercoledì non mangia mai carne e dolci e il giorno del battesimo non poté gustare le pastarelle inviategli a
casa dopo la cerimonia. Segno evidente che era proprio un mercoledì.
Convinto della data del 13 si detto anche il sacrestano
Domenico Spanolo, collaboratore liturgico e organista “alla buona”, come ha
detto don Sculli, sia di Natile che di Platì e lo stesso hanno detto i genitori
della bimba battezzata, i quali hanno ricordato che P. giunse la mattinata al
volante di un’alfetta con i parenti proveniente da Rosarno. Da Rosarno a Platì
la strada è assai tortuosa e ci vuole almeno un’ora e mezzo: se anche P.
viaggiando tutta la notte, fosse riuscito ad andare da Trescore a Platì, questa
ulteriore deviazione avrebbe reso il tutto praticamente impossibile.
Inoltre bisogna affermare addirittura che si trovava in
Calabria sin dal 12 gennaio, quando andò dal parroco di Rosarno per ricevere il
certificato di battesimo, effettivamente poi esibito al momento di fare il
padrino. Sarà sentito anche questo sacerdote.
C. Mal.
L’ECO DI BERGAMO
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