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mercoledì 15 marzo 2017

Un giorno in pretura (reg. Steno - 1953)


A PALAZZO DI GIUSTIZIA

Due sacerdoti e un sacrestano confermano l’alibi di uno dei quattro indicati come i rapitori di Roberto Valota
Secondo queste deposizioni, l’imputato era a Platì per un battesimo - Udienza nettamente favorevole alla difesa

Udienza favorevolissima alla difesa, che si é largamente aggiudicata questo tredicesimo round del processo per il rapimento di Roberto Valota. Due sacerdoti e un sacrestano sono venuti dal Reggino e hanno testimoniato assicurando che uno dei quattro indicati come gli esecutori materiali del sequestro – G. P., di Rosarno - si trovava la mattina seguente, fra le 9 e le 10, a Platì (millecinquecento chilometri di distanza dalla residenza di Valota). Il giovane era al battesimo della piccola S. V. , impegnato anzi a fare da padrino.
Che il colpo sia stato da kappaò non si può dire, ma intanto il pubblico ministero Gianfranco Mafferri ha dovuto fulmineamente trasformarsi in terzino riuscendo per un soffio a deviare in corner e ottenendo la citazione immediata del brigadiere della stazione dei carabinieri di Platì, con cui spera di riaprire la questione. L’astuto magistrato ha inoltre ritenuto opportuno rispolverare l’antica grinta contrastando personalmente gli interventi proprio di P., al quale ad un certo punto, per fare notare l’incoerenza, ha rinfacciato “Lei gioca a scopa!”
 Obiettivamente però va ricordato che a favore di P. e dei suoi amici, contro i quali vi è in pratica la ricostruzione di un altro imputato, che però al processo l’ha smentita, non esistono solo le circostanze di ieri ma anche il mancato riconoscimento da parte della moglie dell’industriale rapito. La donna escluse che gli indiziati siano i banditi entrati in azione.
La faccenda del battesimo sta in questi termini.
P. dice che fu il 13 gennaio 1982 (cioè il giorno dopo il sequestro) e in un primo tempo ciò non sembrava vero perché ai carabinieri il parroco celebrante, don Antonio Sculli, aveva parlato del 14, come risultava dai suoi appunti. Ma ieri il sacerdote, che sta a Natile di Careri e che aveva sostituito il collega di Platì malato, ha insistito, con accenti di credibilità, nel dare ragione all’imputato: “ Stia tranquillo, signor Presidente, che questa è la verità; al brigadiere dissi del 14 perché questa data era stata fissata all’inizio e così era rimasta sul mio taccuino. Invece qualche giorno prima ci fu un cambiamento. Ricordo che il 13 era mercoledì e che la stessa mattina celebrai anche una Messa d’anniversario, annotata esattamente sulla mia agenda”. Don Sculli ha poi riconosciuto nella gabbia degli imputati P. come il padrino presente alla cerimonia e successivamente don Ernesto Gliozzi, il parroco all’epoca ammalato di Platì, ha portato in aula il registro dal quale risulta che S. V. fu battezzata mercoledì 13 gennaio 1982. Anche don Gliozzi ha potuto tornare utile agli imputati perché ha ricordato che, per devozione alla Madonna, lui di mercoledì non mangia mai carne e dolci e il giorno del battesimo  non poté gustare le pastarelle inviategli a casa dopo la cerimonia. Segno evidente che era proprio un mercoledì.
Convinto della data del 13 si detto anche il sacrestano Domenico Spanolo, collaboratore liturgico e organista “alla buona”, come ha detto don Sculli, sia di Natile che di Platì e lo stesso hanno detto i genitori della bimba battezzata, i quali hanno ricordato che P. giunse la mattinata al volante di un’alfetta con i parenti proveniente da Rosarno. Da Rosarno a Platì la strada è assai tortuosa e ci vuole almeno un’ora e mezzo: se anche P. viaggiando tutta la notte, fosse riuscito ad andare da Trescore a Platì, questa ulteriore deviazione avrebbe reso il tutto praticamente impossibile.
Inoltre bisogna affermare addirittura che si trovava in Calabria sin dal 12 gennaio, quando andò dal parroco di Rosarno per ricevere il certificato di battesimo, effettivamente poi esibito al momento di fare il padrino. Sarà sentito anche questo sacerdote.
C. Mal.

L’ECO DI BERGAMO


Lo zio Ernesto quando ricordava questa trasferta in Bergamo, aggiungeva che durante il viaggio di andata e ritorno in treno compiuto con Micuzzu u sacristaianu e don Sculli, quest’ultimo per non far entrare nello scompartimento nessuno, onde stare ben comodi, esibiva una grande rosario ciondolante sul petto.

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