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giovedì 19 gennaio 2017

Gli eroi della domenica (reg. Mario Camerini - 1952)

And we'll keep on fighting - till the end 
 Freddie MercuryWe are the champions


PLATÌ. CAMPO SPORTIVO: UNA SCONFITTA SOCIALE


C’era stato promesso: «Se vincerete il campionato, l’anno prossimo avrete il campo». Forse, anzi col senno di poi certamente, chi promise considerandoci pressappoco un’Armata Brancaleone, non conosceva l’agonismo e la caparbietà di quei dirigenti e di quei ragazzi. Si, perché se gli avversari sognavano di calcare campi più importanti, noi avevamo diverse e più basse pretese: nessuna velleità, ci sarebbe bastato un normale campo sportivo in terra battuta, un nostro campo, un nostro settore giovanile e una tribuna dove uomini donne e bambini avrebbero fatto il tifo.
Prima dei sogni dunque dovevamo giocare e vincere il campionato di terza categoria. Si mise su una squadra di giovani, i più senza alcuna esperienza calcistica e si cominciò il campionato. Già alla vigilia della prima partita, in piazza si udiva il solito mormorio di alcuni vecchi disfattisti: «Ma chi ve lo fa fare!». Una squadra senza campo eravamo, con tutti i pronostici contro. Le partite casalinghe, che tali non erano visto che quando si giocava in casa dovevamo percorrere 22 km, si disputavano al comunale di San Luca.
Si continuava così una tradizione che risaliva agli anni ‘70 quando le prime squadre del Platì elemosinavano agli altri paesi un campo sportivo. Ma quelli erano altri tempi, ora almeno i calzettoni non erano bucati. Durante la settimana non ci si poteva allenare e in campo per vincere bisognava buttare il cuore oltre l’ostacolo, tirando fuori una rabbia agonistica senza pari. La carica di capo ultrà spettava a Natali du Zi Savu, oggi compianto e mai dimenticato, unico per la sua capacità di caricarci e per essere stato sempre presente al fianco della squadra. Tutti i direttori di gara avevano imparato a conoscerlo; a ogni punizione fischiata contro scattava in piedi a chiedere ragione all’arbitro, «Quarant’anni di Platì» diceva, pretendendo spiegazioni.
Una domenica mattina al paese arrivarono le telecamere e i giornalisti di Rete 4, a loro dire a documentare il disagio giovanile al Sud. Pensavamo di approfittare, di mettere pressione sulle istituzioni, speravamo che qualcuno finalmente si stesse interessando ai noi giovani di Platì. Presto ci accorgemmo di aver pensato e sperato male perché bastarono poche e strumentali riprese, qualche intervista “tagliata” ed ecco confezionato su misura il servizio per il padrone, i soliti luoghi comuni su santi e santini, affiliazioni e cognomi pesanti. Rimanemmo gabbati, noi che in testa avevamo un pallone da rincorrere e un campo da calcare, noi generazione senza campo né strutture sportive. Ma noi, imperterriti, continuammo a vincere.
A primavera i campi impolverati della provincia davano il seguente verdetto: imbattibilità casalinga e due sole sconfitte esterne, così a fine campionato la squadra risultò prima a pari merito con la Stilese: in piazza non sentivamo più il mormorio dei vecchi. La Lega dilettanti Calabria decretò data e luogo dello spareggio. A Siderno, partita secca, ci si giocava la promozione in seconda categoria contro la Stilese che portò sugli spalti poche decine di tifosi al cospetto di circa trecento platiesi padroni di una intera tribuna.
Si vinse per due reti a uno e si ritornò al paese accompagnati da caroselli di auto a festeggiare con la riaccesa speranza di bussare nuovamente e più forte ai portoni dell’amministrazione locale. Ed infatti, all’indomani si bussò, qualcuno aprì, ma lì sul terreno della politica e delle pastoie burocratiche non riuscimmo, senza ben capirne i motivi, a battere un avversario più forte di noi. Continue tergiversazioni, impedimenti vari e agognati finanziamenti che stentarono ad arrivare ci scoraggiarono, il resto lo fece l’estate che sopraggiunse afosa mandandoci al mare.
Nonostante tutto, l’anno seguente – caparbiamente, senza nessuna preparazione atletica e senza allenamenti settimanali come l’anno prima – iniziammo il campionato di seconda categoria che ci ricordò come alla base di ogni percorso sportivo, anche dilettantistico, vi era programmazione e preparazione. Giocoforza a metà stagione, al ritorno da una lunga trasferta, decidemmo di desistere e fu quella l’ultima partita giocata, con i soliti scettici che non mancarono di rimarcare: «Ve lo avevamo detto».
Dall’ultima partita giocata – nel frattempo due commissioni prefettizie intervallate da un consiglio comunale sciolto causa infiltrazioni – non si è ovviato a questa pesante assenza sociale, segno evidente che nella Calabria del Sud certe carenze endemiche, qui più che altrove potente antidoto a ogni forma di dispersione, hanno sempre prescisso dai colori e dall’estrazione politica di chi ha retto la casa comunale.
Dall’ultima partita giocata sono trascorsi otto anni, pochi se ragguagliati alla folle velocità del tempo moderno, molti, anzi troppi se pensiamo a quanti bambini platiesi è stato ancora negato il fondamentale diritto alla pratica sportiva. E noi che eravamo giovani, rassegnati abbiamo mandato in soffitta i sogni di gloria mentre molti di quelli che hanno promesso di sicuro non si ricordano più di averlo fatto, dimentichi che Platì, comune tra i primi per tasso di natalità, è l’unico paese del circondario a non avere il campo sportivo e, di conseguenza, una squadra. Che dormano sonni tranquilli almeno loro.
Portieri: Amante Luciano, Tropeano Francesco.
Difensori: Barbaro Pasquale, Barbaro Rocco, Barbaro Rosario, Carbone Bruno, Perre Giuseppe, Sergi Domenico, Sergi Francesco, Strangio Bruno.
Centrocampisti: Agresta Domenico, Barbaro Francesco, Carbone Antonio, Molluso Rocco, Papalia Michele, Trimboli Bruno, Trimboli Giuseppe, Trimboli Pasquale.
Attaccanti: Barbaro Francesco, Barbaro Saverio, Pangallo Natale, Sergi Rocco.
Allenatore: Ciampa Tino.
Dirigenti: Carbone Franco, Morabito Antonio, Trimboli Antonio.

MICHELE PAPALIA
in Aspromonte,febbraio 2016
nella foto un terzetto d'eccezione: Sergi, Taliano, De Maio


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