Powered By Blogger

domenica 22 gennaio 2017

Heart of Darkness (reg. Nicolas Roeg - 1994)


L’ASSASSINIO DI DUE NEGOZIANTI E’ L’ULTIMO EPISODIO DI UNA VIOLENZA CHE HA TRASFORMATO UN PAESE DELLA CALABRIA
L’ ANTICO CUORE PERDUTO DI PLATI’
Dove c’erano contadini e artigiani ora ci sono banditi e spacciatori
Scomparsi i prodotti della terra come l’olio, il pane e il formaggio che erano tipici della zona- Una tradizione di malavita cominciata nell’Ottocento e via via degenerata in una ferocia sempre più sanguinosa

PLATI’ -  Un giallo tutto da dipanare. Martedì di carnevale, tra le 18 e le 19, a Platì, un paese a ridosso di una contrafforte dll’Aspromonte orientale, che si innalza minaccioso sull’abitato, a fianco del torrente Careri che rumoreggia d’inverno con le sue acque che finiscono, a pochi chilometri di distanza nel Mar Ionio, un fatto terribile commosse la popolazione del luogo: due anziani coniugi che gestivano una misera rivendita di tabacchi, nella quale l’incasso non poteva superare nei giorni comuni, 30 o 40 mila lire, vennero massacrati da ignoti a colpi di scure, e uccisi. Il marito Francesco Prestia era stato sindaco comunista del paese o vice sindaco per più anni. Dal 1975 non svolgeva più politica attiva, era ritenuto da tutti un uomo giusto. La moglie, Domenica Di Girolamo, ufficiale postale, servizievole e garbata, era da pochi mesi in pensione.
Sono andato ai funerali avvenuti in paese dopo che si era vinta l’avversione elle tre figlie a celebrarli alla presenza di una folla in mezzo alla quale verosimilmente si sarebbe nascosto il colpevole (o i colpevoli), percorrendo in macchina i quindici chilometri di distanza lungo la stradale 112 che da Bovalino porta a Platì. Ero commosso; pensavo al fatto della figlia che aveva invocato aiuto ai frequentatori di un bar accanto, quando aveva scoperto la fine dei suoi genitori, e nessuno era accorso. Mi venne in mente un altro viaggio che avevo fatto a Platì con Filippo Sacchi inviato della “Stampa” di Torino, dopo l’alluvione del 17 ottobre 1951, che aveva travolto il paese, provocando 17 morti e ingenti danni alle colture. Allora ci aveva fatto impressione l’umanità della gente.
Quella data è stata memorabile nella storia di Platì, per le conseguenze apportate. Allora vivevano a Platì seimila abitanti degli ottomila e più degli anni precedenti. Cominciò la grande emigrazione che dimezzò la popolazione ai tremila abitanti di oggi. Gli emigranti che si spostarono a catena. Richiamandosi tra di loro, si
Sono concentrati nell’Hinterlad milanese e in quello torinese. Gran parte di essi finì in Australia, quasi sempre sistemandosi in gruppi. Altri andarono negli Stati Uniti.
In paese le campagne vennero abbandonate. I proprietari terrieri perdettero il loro potere; scomparvero gli artigiani, bravi e numerosi, scomparvero i contadini volenterosi nel coltivare la terra. Oggi 280 capi famiglia lavorano nella Forestale, per 101 giorni all’anno. Ricevendo poi per i restanti giorni il sussidio agricolo di disoccupazione.
Gli emigranti non sempre si trasformarono in operai delle industrie; spesso miravano a far gli imprenditori; e tra le imprese risultò per loro più remunerativa quella del crimine organizzato e della droga. Non c’è stato sequestro in Lombardia, di cui si siano scoperti i colpevoli, tra i quali non fosse implicato qualcuno di Platì. In Australia, Saro Trimboli era considerato un re della droga. Dopo la sua morte, funzionari del governo australiano arrivarono a Platì, per assicurarsi che la salma fosse stata riportata al luogo d’origine.
Non la ritrovarono. Dall’Australia arrivarono pure le sementi di marijuana, perché fosse coltivata sull’Aspromonte, nei campi di granoturco co le cui foglie si sarebbe confusa.
Non meno intraprendenti si sono dimostrati quelli rimasti in paese. In questi ultimi anni sono rimasti ignoti gli autori di oltre dieci omicidi; e ora del povero Prestia e di sua moglie c’è poco da sperare che si scoprano i colpevoli.
Perché tutto questo? In che modo si è sviluppato l’istinto di ferocia che si annida nell’uomo, sopraffacendo i buoni sentimenti collettivi che pure esistono? Sono i molti o i pochi che caratterizzano la società? E’ giusto che i molti paghino nella considerazione pubblica i delitti dei pochi?
Mi diceva un dottore in chimica del luogo: “ Sono di Platì, se qualcuno me lo domanda mi vergogno di dirlo”.
Un esattore delle imposte, che già era stato rapinato dell’incasso nella frazione di Cirella, rispose: “Dispiace molto, è vero; ma i delitti che avvengono nelle città non sono meno atroci: solo che non fanno spicco nella massa della popolazione”.
Bisogna ricordare che Platì non fu mai un paese di “agnellini”: la sottigliezza, sfociante a volte nella furfanteria, era proverbiale nei paesi della locride. La litigiosità dei suoi abitanti alimentava abbondantemente i lucri degli avvocati. Un mio avo di Platì lasciò morendo nei primi anni dell’Ottocento sette cause in corso nei tribunali borbonici. Ma contro chi? Contro i danneggiatori della sua proprietà. Era un uomo molto ospitale, aveva amici con i quali si compiaceva di intrattenersi, era avvocato, ma, come il suo lontano nipote che ora lo ricorda non esercitava la professione: Benché rigido contro i malviventi, non ebbe mai a subire ritorsioni da coloro che egli denunziava ai tribunali.
La società del tempo era molto stabile, non consentiva facili cambiamenti di stato. Vi erano proprietari, le cui terre erano di origine feudale; e tra questi il più grande, Oliva, che aveva proprietà che da Palmi arrivavano ininterrottamente a Bovalino e a Locri, sullo Ionio. Quasi tutto il popolo, composto di contadini e di pastori, viveva delle sue terre. Famosi erano i formaggi locali che ora non si possono comprare a nessun prezzo, famoso il pane fatto in casa con una qualità di grano duro detto “dimini” di cui resta oggi solo il nome. L’olio, spremuto nei torchi a mano dalle olive nere piccoline, era leggero anche agli stomaci delicati. Vi erano i proprietari di origine borghese; e poi gli artigiani, numerosi e bravi. Il popolo era molto devoto alla Madonna di Loreto a cui è intitolata la chiesa del luogo.
Certamente gli spiriti liberali non erano diffusi nemmeno tra gli esponenti più importanti delle classi civili. Garibaldi li convertì facilmente al suo passaggio; ma poi, fin dal 1861, sorsero condizioni perché i borbonici trovassero in Mittica un capo per guidare la guerriglia. A lui si unì il generale spagnolo Borjes, per raggruppare le forze della campagna anche risorgimentale, che passò alla storia come brigantaggio politico o comune.
Il Mittica fu preso e ucciso; la sua testa, ficcata su una pertica, fu portata in giro per il paese.
Anche Platì fu amministrata verosimilmente nell’interesse prioritario dei suoi dirigenti come il resto della Calabria; mai nei ceti dirigenti di quel paese, che allora era una piccola città, con maggiore ribalda avvedutezza. Questa sommandosi alla tendenza attuale della società a privilegiare i beni materiali a qualunque costo, ha determinato la presente sfrenatezza che stupisce e preoccupa, fra gli altri, i tutori dell’ordine. E qui torna a concio ricordare che bastava un uomo, il maresciallo Giuseppe delfino, negli anni precedenti alla guerra del ‘$0, per tenere a freno i malviventi di tutto l’Aspromonte orientale, oggi non sarebbe sufficiente un plotone di esperti poliziotti.
Tuttavia sono sempre i pochi che tengono in agitazione i molti della società. Mi son trovato, confuso tra la folla, ai funerali di quei poveretti. Tutto il paese accorse; e non solo donne, ma anche uomini, piangevano. Notai alcune facce cupe di montanari: sarebbero potute sembrare anche dure; ma erano semplicemente addolorate per quanto era accaduto nel loro paese, di cui facevano parte. Nessuno, fra i tanti che commentavano i fatti, poteva ricordare cose nel passato di Francesco Prestia e sua moglie che avessero potuto spiegare il gesto di una postuma vendetta. No, c’era solo da dubitare che fosse possibile conoscere il cuore segreto degli uomini.
MARIO LA CAVA, Corriere della Sera 19 febbraio 1986


Note

- E’ un figlio di Platì che scrivendo, confuso per il dissolversi dell’identità di un paese che aveva attraversato momenti di gloria, ci sprofonda nel cuore di tenebra conradiano. Ancora una volta sorge il sospetto che quanto sia accaduto a Platì non fosse che una strategia elaborata altrove, senza tener conto di un passato che aveva dato lustro all’Aspromonte. Rivive altresì il dolore provato trenta anni fa dalla famiglia Prestia, che coinvolse l’intera comunità senza distinzione di classe, macchiata quest’ultima, se volete, dal mancato soccorso; ma a distanza di tempo ci macchieremmo anche noi, additando quella comunità, di viltà.

^^^^^^^^^^^^^^^^

- L'avvocato antenato di Mario La Cava si chiamava Raffaele, figlio di Muzio Lentini e Dorotea Roy, come potete notare dalla attenta genealogia fatta da Francesco di Raimondo. In essa traspare la parentela, rimossa nell'articolo, di don Raffaele con Ferdinando, Caci, Mittica/ga, avendo Dorotea sposato in seconde nozze Francesco Mittica/ga, già messa in luce da Michele Papalia nel suo Caci il Brigante del 2016.





Nessun commento:

Posta un commento