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mercoledì 4 ottobre 2017

I Delfini (reg. Francesco Maselli - 1960)


Il caso Polsi. L'ELOGIO DELLA CAPRA
La capra sull’Aspromonte è un animale sacrificale. Sacrificato anche durante i sequestri di persona quando lo Stato, trattava e pagava per riavere gli ostaggi, come Casella, Celadon, Fiora e Sestito e tanti altri, da far dire ad un saggio massaro che viveva da eremita in uno stazzo d’ Aspromonte: Si ficiru amici i lupi e i cani, poveri pecureji ed affritti capri" (Si son fatti amici i lupi (anonima sequestri) ed i cani (forze dell`ordine) povere pecore ed afflitte capre). La capra è antica quanto il mondo, e tutt`ora sull`Aspromonte, vengono divise per età come ai tempi di Polifemo, nell`Odissea di Omero”... ciascun gruppo era chiuso a parte, da un lato i più vecchi, da uno i mezzani, da un altro i lattanti... A sera tornò guidando le greggi villose sedutosi, munse le pecore e le capre belanti, tutto in modo giusto, e sotto ogni bestia spinse un lattante”.
Dall`operazione "Ariete", condotta dai carabinieri del Nas a Polsi, si sono salvate le capre più pregiate le cosiddette "Lastre", le tenere caprette che non hanno mai assaporato l`afrore del barbuto caprone. E da Materazzelli al Piano dei Reggitani, dai Menti a Pirria è stato uno scialo di “lastre” arrostite tra le felci e gli odori di erbe fragranti. La "lastra" chiama vino, in una abbuffata dionistica e paganeggiante senza precedenti. A Pietra Cappa, massaro Bastiano mi dice: “La buonanima di vostro padre quando trovava carni di capre rubate dal Timpa, imprendibile ladro, improvvisava con i carabinieri tra braci ed erbe rare, prelibati banchetti”. Altri tempi. Tempi di carabinieri reali. Ora si ragiona a ritmo d`intelligence e non si perde il vizio di presentarsi a nome di uno Stato repressivo come ha sottolineato icasticamente il vescovo di Locri, Monsignor Giancarlo Bregantini. I carabinieri hanno sequestrato trecento capre quasi tutte vecchie quasi tutte “lardite”. I tiggì soprattutto di Mediaset, per far dimenticare agli italiani il giusto processo, si sono abbandonati tra le braccia dell`Operazione “Ariete”. Macellazione clandestina con rifiuti buttati nel Vallone della Madonna che poi con il torrente Castanìa forma il Buonamico. I Nas si sono accorti, soltanto ora che le fiumare sono inquinate, basta raggiungere il Careri alla foce per tapparsi il naso. Ma nel contesto di Polsi occorre fare l`elogio alla capra, un animale, che sull'Aspromonte è come la renna per i Lapponi. Si utilizza tutto, anche le corna. Anni fa a Reggio un commerciante che faceva incetta di corna di capra, da spedire al nord ad una fabbrica di bottoni, per il lezzo maleodorante, gli hanno messo sotto il deposito un paio di candelotti di gelignite. E ricordo quel vecchio direttore di giornale che mi butta dal letto con destinazione a Reggio. “Vai subito, perché ad uno gli hanno fatto saltare le corna". E poi un titolo a nove colonne. La capra è da tutti osannata. Alvaro che villeggiava a Bagnara impazziva per una pastora dagli occhi verdi che davanti alla porta gli mungeva in una scodella il latte di una capra che approfittava di un momento propizio per brucare un cespo di parietaria. E Matilde Serao, ne “Il ventre di Napoli" scrive: "Ad ogni portone il branco si ferma, si butta a terra, per riposarsi, il capraro acchiappa una capra, e la trascina dentro il portone, per mungerla innanzi agli occhi della serva, che è scesa giù; talvolta la padrona è diffidente, non crede né all'onestà del capraio, né a quella della serva; allora il capraio e capra salgono sino al terzo piano, e sul pianerottolo si forma un consiglio di famiglia, per sorvegliare la mungitura del latte”. Mia madre, quando sono nato non aveva latte e mio padre comprò tre capre da latte, una “minda”, una “draguna” ed una “martìsa". Poi arrivò anche il latte d'asina per combattere la febbre maltese. Per questo faccio l`elogio alla capra messa tra tanti mezzibusti televisivi per cantare l`ode all’Operazione “Ariete”. Ma sono grato anche all’asino che considero come un fratello. Di latte.
Antonio Delfino
il Quotidiano della Calabria, martedì 3 settembre 2002

Nota - Questo brano ci riconsegna – se ce ne fosse ancora bisogno – più caro, il grande, indimenticabile, affabile Toto Delfino, qui esperto conoscitore e buongustaio della capra, incontrastata regina delle nostre montagne. E dire che sembra andare egli contro se stesso se non contro l’Arma che tanto fece per la sua famiglia. E nella foto a Polsi, con mons. Pangallo, il capostipite, il leggendario Giuseppe Delfino (1888 – 1954) alias massaru Peppi, la frusta per i cattivi, in Aspromonte. A proposito, ho avuto la fortuna di conoscere il citato massaro Bastianu, che di cognome andava Codispote,zio dei miei amici natiloti, proprio a Pietra Cappa con una riottosa mandria di capre poco tempo prima che lasciasse questo mondo.



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