Il caso Polsi.
L'ELOGIO DELLA CAPRA
La capra sull’Aspromonte è un animale sacrificale.
Sacrificato anche durante i sequestri di persona quando lo Stato, trattava e
pagava per riavere gli ostaggi, come Casella, Celadon, Fiora e Sestito e tanti
altri, da far dire ad un saggio massaro che viveva da eremita in uno stazzo d’
Aspromonte: Si ficiru amici i lupi e i
cani, poveri pecureji ed affritti capri" (Si son fatti amici i lupi
(anonima sequestri) ed i cani (forze dell`ordine) povere pecore ed afflitte capre).
La capra è antica quanto il mondo, e tutt`ora sull`Aspromonte, vengono divise per età come ai tempi di Polifemo, nell`Odissea di
Omero”... ciascun gruppo era chiuso a parte, da un lato i più vecchi, da uno i
mezzani, da un altro i lattanti... A sera tornò guidando le greggi villose
sedutosi, munse le pecore e le capre belanti, tutto in modo giusto, e sotto
ogni bestia spinse un lattante”.
Dall`operazione "Ariete", condotta dai carabinieri
del Nas a Polsi, si sono salvate le capre più pregiate le cosiddette
"Lastre", le tenere caprette che non hanno mai assaporato l`afrore
del barbuto caprone. E da Materazzelli al Piano dei Reggitani, dai Menti a Pirria è
stato uno scialo di “lastre” arrostite tra le felci e gli odori di erbe fragranti.
La "lastra" chiama vino, in una abbuffata dionistica e paganeggiante
senza precedenti. A Pietra Cappa, massaro Bastiano mi dice: “La buonanima di
vostro padre quando trovava carni di capre rubate dal Timpa, imprendibile
ladro, improvvisava con i carabinieri tra braci ed erbe rare, prelibati banchetti”. Altri tempi. Tempi di carabinieri reali. Ora si
ragiona a ritmo d`intelligence e non si perde il vizio di presentarsi a nome di
uno Stato repressivo come ha sottolineato icasticamente il vescovo di Locri,
Monsignor Giancarlo Bregantini. I carabinieri hanno sequestrato trecento capre
quasi tutte vecchie quasi tutte “lardite”. I tiggì soprattutto di Mediaset, per
far dimenticare agli italiani il giusto processo, si sono abbandonati tra le
braccia dell`Operazione “Ariete”. Macellazione clandestina con rifiuti buttati
nel Vallone della Madonna che poi con il torrente Castanìa forma il Buonamico.
I Nas si sono accorti, soltanto ora che le fiumare sono inquinate, basta
raggiungere il Careri alla foce per tapparsi il naso. Ma nel contesto di Polsi
occorre fare l`elogio alla capra, un animale, che sull'Aspromonte è come la
renna per i Lapponi. Si utilizza tutto, anche le corna. Anni fa a Reggio un
commerciante che faceva incetta di corna di capra, da spedire al nord ad una
fabbrica di bottoni, per il lezzo maleodorante, gli hanno messo sotto il
deposito un paio di candelotti di gelignite. E ricordo quel vecchio direttore
di giornale che mi butta dal letto con destinazione a Reggio. “Vai subito,
perché ad uno gli hanno fatto saltare le corna". E poi un titolo a nove
colonne. La capra è da tutti osannata. Alvaro che villeggiava a Bagnara
impazziva per una pastora dagli occhi verdi che davanti alla porta gli mungeva
in una scodella il latte di una capra che approfittava di un momento propizio
per brucare un cespo di parietaria. E Matilde Serao, ne “Il ventre di Napoli" scrive: "Ad ogni
portone il branco si ferma, si butta a terra, per riposarsi, il capraro
acchiappa una capra, e la trascina dentro il portone, per mungerla innanzi agli
occhi della serva, che è scesa giù; talvolta la padrona è diffidente, non crede
né all'onestà del capraio, né a quella della serva; allora il capraio e capra
salgono sino al terzo piano, e sul pianerottolo si forma un consiglio di
famiglia, per sorvegliare la mungitura del latte”. Mia madre, quando sono nato
non aveva latte e mio padre comprò tre capre da latte, una “minda”, una
“draguna” ed una “martìsa". Poi arrivò anche il latte d'asina per combattere
la febbre maltese. Per questo faccio l`elogio alla capra messa tra tanti
mezzibusti televisivi per cantare l`ode all’Operazione “Ariete”. Ma sono grato
anche all’asino che considero come un fratello. Di latte.
Antonio Delfino
il Quotidiano della
Calabria, martedì 3 settembre 2002
Nota - Questo brano ci riconsegna – se ce ne fosse ancora bisogno –
più caro, il grande, indimenticabile, affabile Toto Delfino, qui esperto conoscitore e buongustaio della capra, incontrastata regina delle nostre montagne. E dire che sembra
andare egli contro se stesso se non contro l’Arma che tanto fece per la sua
famiglia. E nella foto a Polsi, con mons. Pangallo, il capostipite, il leggendario
Giuseppe Delfino (1888 – 1954) alias
massaru Peppi, la frusta per i cattivi, in Aspromonte. A proposito, ho avuto la fortuna di conoscere il citato massaro Bastianu, che di cognome andava Codispote,zio dei miei amici natiloti, proprio a Pietra Cappa con una riottosa mandria di capre poco tempo prima che lasciasse questo mondo.
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