Platì cinque novembre duemila diciotto ore diciassette. I sogni e gli sforzi di un plotone
di platioti sembrano essersi realizzati: il cinema
Loreto di nuovo gremito di spettatori, non accorsi per la visione di
immagini scaturite da uno schermo, che all’epoca della sua età dell’oro, i
piccoli astanti ingigantivano con la fantasia, in realtà, la sua estensione
era di due metri e mezzo per due, poca cosa al confronto con i Garden, gli Odeon, i Metropol delle
megalopoli. L’evento è del tutto inedito: la celebrazione con conseguente
resurrezione dell’Ultimo Glorioso Figlio. E come oggi sull’altare maggiore
dell’annesso duomo si avvicendano temerari ministri venuti da fuori, così sono accorsi
da vicino e da lontano, ad affiancare i parenti del personaggio celebrato,
uomini di Stato, scrittori, politici, giornalisti ed una piccola, locale,
emittente televisiva. Così quell’esiguo drappello, unito attorno al simbolo of life and hope, l’ulivo, ha dimostrato
coraggio e fede per la rivincita di un territorio e di una popolazione
emarginata, ghettizzata, a causa di trame sovversive altrove, ancora oggi,
pianificate. Al
solito: finito l’Ufficio i patriotti sono dovuti rientrare nei ranghi della
dura, scura, quotidiana, ingrata realtà, senza per questo smettere di fare progetti per l’avvenire.
Tornando al titolo sopra citato eccovi per Totu Delfinu Samuel Barber e Leonard Bernstein al top
celebrativo come Ernesto senior, con una sottile vena ironica non estranea al popolo del paese
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