Quello che andrete a leggere, se ne avete voglia, vista l’ampiezza
del testo, è il resoconto più completo e sincero di una serata e di un evento
che mai in Platì si siano visti. Fino all’attuale momento, il testo è
sconosciuto anche tra i promotori di quell’evento. In questa sede è riproposto
a causa di una dolente nota unita ad amarezza: la mancata, continua,
persistente, inesistente partecipazione delle donne platiote a qualcosa che non
abbia come riferimento la Signora di Loreto, come hanno sottolineato le soavi voci
che arrivavano dal contiguo duomo proprio durante il corso di quell’avvenimento.
L’autrice, tra il pubblico di quella sera, lavora per una testata di (quasi)
solo donne. La sensibilità tutta femminile ci ha restituito integro
quell’episodio che ha visto partecipi tra il pubblico solo distinte signore
risalenti dalle marine joniche, tra cui la signora che mi ha fatto notare tale resistenza.
Quanti vorranno conoscere il programma di fimminatv possono
aprire questa pagina:
Platì: Prima edizione del Premio letterario
giornalistico Totò Delfino
Ieri sera si è tenuta a Platì la prima
edizione del Premio letterario giornalistico Totò Delfino, organizzata dall’
associazione “Santa Pulinaria” in ricordo del giornalista calabrese. È stato
volutamente scelto il 5 Novembre, giorno in cui avrebbe compiuto 84 anni, non
solo per commemorare la sua figura, ma per farla rivivere in un ambiente di
piacevoli aneddoti e ricordi.
Grande uomo di cultura Totò Delfino ha
esaltato la terra calabra non solo nella letteratura, ma esponendo anche e
soprattutto le cronache giornalistiche nei quotidiani locali e nazionali. Il
valore della sua amata gente è stato sempre messo in primo piano, in special
modo le narrazioni ambientaliste, la cultura, le tradizioni e la vita di quel
territorio da sempre martoriato. Il volto letterario della Calabria ritrova in
Delfino una posizione di rilievo. La Calabria diventa nella narrativa
delfiniana un locus amenusfatto di ambienti fiabeschi, attraverso
uno stile ironico-satirico che mette in luce il carattere goliardico dello
scrittore-giornalista.
Ad aprire la serata è Michele Papalia
dell’associazione Santa Pulinaria il quale definisce Delfino “un grande
meridionalista che non aveva prezzo e quindi non aveva padroni. Ha sempre speso
parole per gli ultimi, nonostante la numerosa cronaca sulla ‘ndrangheta che
attanaglia la nostra terra. Dopo dieci anni di silenzio ufficiale, ricordarlo
oggi davanti a così tanta gente vuol dire molte cose e più che un evento è una
festa di compleanno”.
Scrittore, giornalista, critico,
impegnato politico, ma soprattutto vicino all’istruzione dei giovani, il
Preside Totò Delfino, per tutta la vita si è prodigato affinché la cultura
fosse un punto di riferimento per i calabresi, tanto da organizzare gite nella
sua bella Calabria, facendo riscoprire non una terra maledetta
dall’arretratezza mentale e dalla mafia, ma un mondo di bellezze paesaggistiche
e di accoglienza.
A monitorare la serata c’era Maria
Teresa D’Agostino che parla di Totò Delfino come una “figura di riferimento,
intellettualmente onesto e dirompente. Per questo – prosegue la giornalista – è
una gioia essere oggi qui insieme alla sua famiglia”.
Presente all’evento era anche il piccolo
Antonio Delfino, che con il suo temperamento, vivacità e forza d’animo somiglia
ogni giorno di più al nonno.
A presenziare il tavolo degli ospiti, lo
scrittore Mimmo Gangemi il quale conobbe Totò Delfino negli anni ’70 “quando
era assessore alla provincia”. Gangemi fa di Delfino un piccolo racconto,
narrando gli incontri, le vicende che li hanno avvicinati, la personalità e
spiegando la narrativa che ha contraddistinto il compagno: “Delfino è stata una
voce autorevole che ha portato alta l’immagine del meridione riuscendo a farsi
ascoltare anche dall’Italia intera”.
La voce di Totò Delfino infatti è
arrivata all’intera nazione attraverso le principali testate giornalistiche
italiane come Il Giornale e l’Europeo diretto da Vittorio Feltri il quale, alla
presentazione di uno dei libri più riusciti di Delfino, Amo
l’Aspromonteesprime parole di stima verso il giornalista e la sua Calabria.
Ciò che invece viene rimproverato a
Feltri è il fatto di “non averlo commemorato alla sua morte”, annuncia Paride
Leporace, direttore della Lucania Film Commission e fondatore e direttore di
Calabria ora. “Totò Delfino era come un padre per me. Amava definirsi un
fratello d’asino, perché la montagna condizionò fortemente il suo essere e la
sua produzione bibliografica”. Un giovanissimo Leporace e il già affermato
giornalista Delfino si erano conosciuti al tribunale di Palmi durante i
processi di Giacomo Mancini e, da qual momento era nata una profonda amicizia e
collaborazione professionale. “Totò non era solo un libertino, ma un
libertario, è un esponente del New Journalism che mescola giornalismo e
letteratura”.
Infatti Delfino era un “cronista
narratore”, perché non solo captava la notizia, ma ci entrava dentro per
trasmetterla con una profonda capacità retorica. Ed è proprio l’oratoria, molte
volte ironica e puntigliosa, ad aver posto Totò Delfino in una posizione di
primo piano in Calabria.
Lo scrittore Mario Nirta ha parlato di
Delfino con grande commozione, giudicando che “le sue opere andrebbero lette
nelle scuole. Era uno scrittore con i parandranguli in una
cultura calabrese spesso fatta da eunuchi”.
In ultimo la signora Leila, moglie di
Delfino ha proclamato il vincitore del premio letterario giornalistico Ilario
Ammendolea, direttore editoriale del settimanale Riviera: “Sono orgoglioso di
ricevere questo premio nella sua amata Platì per la quale mi sono sempre speso
per rivalutarne l’immagine”.
Il dibattito sul giornalismo
“delfiniano” si è protratto per un’altra ora, come in una di quelle serate,
magari una festa di compleanno tra amici, durante la quale si passa a
raccontarsi i bei vecchi tempi passati insieme.
Totò Delfino respirava attraverso la
scrittura, piangeva e rideva per la sua bella Calabria, cantava le lodi
dell’amato Aspromonte e raccontava la vita quella gente umile
quasi come fossero personaggi fiabeschi. La figura di
Delfino, la sua narrativa e il suo giornalismo hanno contribuito a educare la
mente, alla costruzione di un personale pensiero critico svincolato da
qualsiasi influenza esterna e da buon “libertino della penna” ha insegnato ad
essere finalmente liberi.
Cristina Caminiti
Foto e testo qui:
Caro Gino, vedo che il seme della polemica femminista ha preso radici in te, o forse è stato risvegliato dai commenti della giornalista e anche mio. Ma tant’è, questa è la realtà: le donne preferiscono i canti in chiesa alla cerimonia di premiazione in nome di un illustre platiota (mi piace che tu abbia usato questo prosaico termine di origine “dialettale” al più aulico “platiese”). Leggendo il tuo post, mi chiedo il perché. Forse la manifestazione risulta incomprensibile, nel senso che non si allaccia alle conoscenze ed agli interessi delle donne del paese: se incomprensibile deve essere, almeno che sia divino e quindi meglio la Chiesa e la Madonna. Da qui mi sovvengo di un filmetto degli anni ’90, molto carino ed accattivante, Sister Act, dove un manipolo di suore, guidate da una rivoluzionaria e finta monaca, attrae gli abitanti del quartiere, specialmente giovani, attraverso la musica del coro che è contro-reazionaria, ma più vicina al popolo. Forse la risposta sta in questo: avvicinarsi alla cultura delle donne per instillarne di nuova, per allargare gli orizzonti, per aumentare la consapevolezza, per un cambiamento socio-culturale. Ma si vuole tutto ciò o sarebbe troppo dirompente? Può darsi, ma è necessario per avanzare e per uscire dalla stagnazione anche economica tenendo presente che, a livello nazionale, il lavoro delle donne vale oltre il 41% del PIL. Da qui passerei a parlare delle botteghe e attività artigiane, alla ricostruzione di quel tessuto sociale che è venuto a mancare, ma allungherei troppo il discorso, lo faremo un’altra volta.
RispondiEliminaBisogna dare anche tempo al tempo.....arriveranno anche le donne!
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