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lunedì 1 marzo 2021

La lunga sfida [di Nino Zanchin -1967]

Noi abbiamo altri ricordi e non tutti lieti. Ricordiamo le tragiche Odissee dei nostri genitori quando venivano a trovarci, percorrendo strade impervie a dorso di mulo e, sorpresi dalla tempesta, a stento rientravano a casa.


IL SEMINARIO DI GERACE 
RISPOSTA A FRANCESCO PERRI

A proposito di una lettera dell'autore di "Emigranti" e de "Il discepolo ignoto", Francesco Perri, pubb1icata di recente su " La voce di Calabria" (9-10 febbr. 1954), c'è da fare qualche rilievo sia circa l'ispiratore della lettera (il ben identificabile C puntato) sia circa lo stesso autore.
Circa l'ispiratore o gli ispiratori della lettera, si rileva come dopo una petizione indirizzata alla S. Sede, tutta infarcita di buaggini e di argomenti puerili e fatta firmare o con inganno o con minacce da una buona parte del Clero della Diocesi; dopo una vile campagna di menzogne e di calunnie condotta da tutto un popolo contro il suo benefattore, viene ora la lettera dello scrittore, quella che dovrebbe essere "il suggello ch'ogni uomo sganni",  “Roma locuta est" per darla vinta a quei di lassù. Si ingannano: perché come a nulla son valse quel po' di sciocchezze scritte maliziosamente e sottoscritte ingenuamente, come non son valse e
non varranno le calunnie e le minacce degne di tempi ormai tramontati, cosi neanche la lettera di uno scrittore, per quanto illustre, può dar per vinta una causa che è molto seria.
Circa l'autore della lettera è il caso di fermarsi un po' più a lungo.
E ci vorrà questi consentire, democraticamente, di esporre il nostro pensiero, anche se Egli siede sull'Olimpo della letteratura e noi ci troviamo le mille miglia lontani da quello. Perché mentre noi leggiamo con ammirazione e - perché no? - con orgoglio le bellissime pagine di "Emigranti" o degli altri suoi volumi, leggendo questa lettera non proviamo altro che una vampata di sdegno per quelle argomentazioni che egli vuole artificiosamente imbastire.
Ci parla di dolore e di stupore, il tutto imperniato su sterili sentimentalismi, come egli stesso ammette. Ci ricorda i suoi studi coronati da successo alla maturità classica; ma non ci spiega se siano state proprio quelle mura minaccianti rovina ad ogni soffiar di vento od ondeggiar di terra, o quelle attrezzature antigieniche a stillargli nella mente il sapere che gli fece onore; se aia stato il freddo intenso di quei rigidi inverni che faceva scoppiare le mani pei geloni, se sia stato il trasbordo da una camerata all'altra per ripararsi dalla pioggia, se quell'acqua allora piovana e che pur si beveva, o se piuttosto le scorpacciate, fatte alla chetichella, di roba che i buoni papà portavano nelle capaci bisacce per supplire alla scarsezza di nutrimento, ad aguzzargli l'ingegno. Ma se il merito è stato non dell'edificio, ma degli uomini che vi abitavano, non ci spiega neppure se gli ingegni come Francesco Sofia Alessio che tanto decoro diedero al Seminario in tempi remoti, siano piante esotiche proprietà riservata di Gerace, e per di più Superiore. Se vuole, il nostro Perri, i ricordi della sua infanzia li consacri in un libro, ma li tenga esclusivamente per sé, come sopramobili o anticaglie. Noi abbiamo altri ricordi e non tutti lieti. Ricordiamo le tragiche Odissee dei nostri genitori quando venivano a trovarci, percorrendo strade impervie a dorso di mulo e, sorpresi dalla tempesta, a stento rientravano a casa.
Ci parla di stupore, quando se mai lo stupore dovrebbe esser nostro per il suo scritto. Gli potremmo chiedere di lasciare che i fatti nostri ce li vediamo noi; ma non lo facciamo appunto perché dice di essere e rimanere “notoriamente un uomo di sinistra", di quella parte, cioè, che decanta di andare contro i ricchi e a favore dei poveri, salvo poi a scriver lettere con cui si difendono interessi di ... caccia riservata. Di quella parte, cioè, che accusa la Chiesa di spirito conservatore, di attaccamento alle tradizioni, salvo poi a consigliare questa Chiesa a restare attaccata a quattro mura o a diciotto colonne, siano pure pregevolissime, siano pure del tempio di Persefone; a restare attaccata lì, perché Gerace “possa vivere del suo Duomo e del suo Episcopio". Di quella parte, cioè, che dice di andare incontro ai miseri, salvo poi a tentare di farceli dimenticare tanti indigenti, tanti derelitti, tanti ignoranti che solo la paterna sollecitudine di un Vescovo in una Diocesi può scoprire per porger loro aiuto; salvo poi a consigliarci di educare i giovani al sacerdozio in un regno di beatitudine ... solitaria, dove nulla si ode, nulla si vede di quello che è il gemito di una umanità sofferente.
Ma sarebbe troppo ingenuo non pensare che lui, uomo di sinistra, forse questi consigli vuol dare per tentare di staccare il Clero e i fedeli dal loro Vescovo, per quella famosa legge romana, che torna di moda in qualche regime: divide et impera; per far sì che il Vescovo si limiti "ad officiare nella stupenda solennità dell'antica Cattedrale normanna", pronto a dargli addosso se insieme con il fasto liturgico egli voglia accoppiare una provvida operosità civica.
Fa male il Perri a non conoscere il nuovo Vescovo; venga a conoscerlo, magari quando nella torrida estate egli vorrà deliziarsi della frescura del suo mare Jonio; e vedrà qual nuovo soffio di rinascita spirituale e materiale aleggia in questa ancora, purtroppo, infelice Diocesi. Venga con tutti i suoi compagni a vederlo questo Vescovo, seduto all'altare, che chiama ad una ad una le Parrocchie della Diocesi, impazienti di offrire il loro obolo, a volte modesto, a volte grandioso nel sacrificio, per la ricostruzione materiale e morale del Seminario e soprattutto degli alunni del Seminario. E si persuaderà che non è vero quello che scriveva l'Unità su pretesi contrasti tra Clero, Azione Cattolica e Vescovo nella Diocesi.
E sorvolando gli insulti lanciati dal nostro scrittore contro il Clero, tacciato di inerte, di immorale e di poco spirito evangelico (forse tale perché si formò in quel seminario che egli decanta e sedette a fianco a fianco con lui), vorremmo pregarlo di portarci altri solidi argomenti, se ne ha, a favore di Gerace; perché, come ben dice egli stesso, "con i soli argomenti sentimentali non si difende una causa".
Doppio torto arreca al Geracesi che egli vuol difendere perché non adduce validi argomenti; e perché sapendo di non averne, crede di poter avallare con la sua rispettabile firma i vani sforzi di un'ignobile
cricca di sfruttatori.
E. G.

Questa lunga lavata di capo di Ernesto Gliozzi il giovane allo lo scrittore di Careri ebbe un seguito molti anni dopo, nell’anno della contestazione, quando lo zio, all’epoca parroco della cittadina che diede i natali al romanziere, ritornò sui suoi passi:

“Ebbi la sorte di entrare in polemica con Lei in occasione del trasferimento della sede Vescovile da Gerace a Locri, verso il 1952, con un articolo pubblicato su un giornale di Reggio, che voleva rispondere ai Suoi ben apprezzati argomenti in pro di Gerace; Lei scriveva per nostalgia del luogo in cui aveva trascorso buona parte della Sua giovinezza io rispondevo guardando alla realtà dei fatti che imponevano la soluzione di quel problema per cui si batterono Mons. Giuseppe Piccolo da Mammola ed altri, fin dal primi lustri del nostro secolo. Lei credette allora di polemizzare con il Suo ex compagno di scuola e non con il nipote, per cui chiuse la replica con un generoso atto di comprensione”.

Lo stesso scrittore ridimensionò i fatti ricordando anche il suo compagno di Seminario, Ernesto Gliozzi il vecchio.

Reverendo e Caro Arciprete, la Sua lettera, che ha fatto rivivere in me il ricordo di suo zio e della mia adolescenza nella camerata dei mezzanini (che strane denominazioni allora nei nostri seminari!) e la figura minuscola, arguta, vivacissima di Ernesto Gliozzi che aveva sempre pronta la battuta spiritosa ed anche tagliente, quando occorreva, mi ha sinceramente commosso. Mi ha anche fatto ricordare la nostra polemichetta, nella quale Ella portava la opinione del clero e magari anche delle autorità ecclesiastiche, mentre io parlavo avendo nel cuor la nostalgia della grande cattedrale normanna, e lo stato d'animo degli antichi uomini di chiesa, che amavano la solitudine e la elevata meditazione. I poeti non sono mai stati uomini politici!

In apertura un'immagine d'epoca del Duomo geracese.

Il motivo della reprimenda è qui:

https://iloveplati.blogspot.com/2016/12/lultima-sfida-reg-edwin-l-marin-1951.html

la corrispondenza Perri – Gliozzi qui:

https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/la-corrispondenza_10.html

https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/la-corrispondenza.html

https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/la-corrispondenza-reg-giuseppe.html

 

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