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giovedì 28 maggio 2020

AGONIA - Una mini serie su Platì di GIANNI CARTERI - Pt. 2 - Sotto il segno della «Spiga con foglia»

O professuri, la spiga chi vinciu era di granu, 
e nui 'ndi-'ndi futtimu i Don Peppinu

 Parte seconda



Sotto il segno della «Spiga con foglia» si rompe con il passato, così sembra, e nel maggio del 1947 il Delfino, dopo alcuni mesi di carica, cede la poltrona di sindaco ad un giovane della stessa lista: Ciccio Prestia. Il Prestia fece notizia: fu il sindaco più giovane d'ltalia in quell'anno ed alla sua scuola e a quella di Michele Crea si formerà politicamente Ciccio Catanzariti, che diventerà poi sindaco e deputato al parlamento, nelle fila del PCI, segnando un momento particolarmente felice nella storia amministrativa del centro aspromontano.

In verità quella del '46-'47 fu una battaglia aspra. La lista cattolica portò in processione la statua della Madonna del Loreto, la patrona di Platì («a Madonna du Ritu») ma tutto apparve inutile. Ben 500 voti distanziarono gli «eretici» dai loro «santi» avversari. Un tripudio popolare con la spiga di grano appesa ai balconi del paese per diversi giorni. Non mancarono le serenate consolatrici ai vinti (Don Peppino Zappia, l'ins. Rosario De Marco). Qualche vecchietto mi intona i versi mentre si forma un nutrito capannello di nostalgici e curiosi. « ... O professuri, la spiga chi vinciu era di granu, e nui 'ndi-'ndi futtimu i Don Peppinu, u signurinu». Si passava di poi sotto il balcone dello Zappia con una sola variazione: «’ndi-'ndi futtimu du vostru vinu, o Don Peppinu, o Don Peppinu...!».
Passati i fumi del vino, la concentrazione popolare si sfalda. Nel giro di qualche anno pressioni esterne ed iniziative giudiziarie degli agrari costringono qualcuno della Spiga alla defezione. Gli agrari prendono in mano il comune quindici giorni prima dell’alluvione del 18 ottobre 1951 ed eleggono sindaco proprio Giuseppe Zappia. Il cataclisma sconvolge il paese: diciassette sono i morti tra una popolazione sgomenta, atterrita per il lento disfacimento della montagna sovrastante il paese. Domenico Catanzariti, «u giarruni», padre del futuro sindaco e deputato, Francesco, scrive alcuni versi per ricordare la catastrofe:
U diciottu ottobri chi doluri
Quandu li frani vittimu scindiri,
si riuniru muntagni e vagliumi
paria lu giudiziu universali.

Il fango inghiottì tutto e mise in ginocchio l'economia agricolo-pastorale di Platì.
Scrisse Rizzuti sul Mattino di Napoli «Anche il sonno dei morti a Platì non è stato rispettato: il mostro delle acque ha attraversato il cimitero, lo ha sommerso». «. . .Questa è la tragica sorte di Platì, un povero paese destinato a sparire dalla faccia della terra, perché sotto di lui il terreno frana e slitta verso una corsa paurosa alla morte».


Arrivano i primi soccorsi e nel marzo del 1953, in piena campagna elettorale, il capo del Governo Alcide De Gasperi sale a Platì per inaugurare le case popolari costruite in contrada Lacchi, alle porte del paese. Il corteo presidenziale viene fermato con uno stratagemma a Natile, lungo la vecchia statale 112: il tricolore deposto sull'asfalto obbliga il Presidente a fermarsi ed il capo-popolo, cavaliere Giovanni Napoli, consegna una lettera di protesta per il mancato trasferimento dell'abitato di Natile Vecchio. Si prosegue nel frattempo, superato lo scoglio della protesta popolare dei natiloti, verso Platì. De Gasperi nel vedere le casupole costruite alla frazione Lacchi ha un moto di ribellione, di stizza e non può non esclamare: «E che vi devono abitare i porci? Vergogna!». Altri tempi!
Dal balcone di casa Oliva lo statista tiene un comizio tra l'arciprete Gliozzi, l’on. Michele Murdaca ed il sindaco Peppino Zappia. C’è qualche contestazione popolare quando si arringa la folla paventando il pericolo comunista e gridando: «Il mostro comunista mangerà anche i vostri bambini ...». Domenico Catanzariti, mischiato tra la folla, risponde gridando: «Buum!». Accorrono i carabinieri e lo portano in caserma in stato di fermo e sarà poi lo stesso Capo del Governo ad invitare il Comandante della locale stazione a lasciarlo libero. De Gasperi, prima di partire, firma un assegno di un milione che consegna al Sindaco per i bisogni del popolo. Ma è proprio l'alluvione che determina lo sconvolgimento sociale di Platì. Un inesorabile processo di emigrazione che dissangua il tessuto economico platiese e dimezza nel giro di pochi anni la popolazione che contava più di 6.000 abitanti.
È un richiamarsi a vicenda; dall'Australia e dalle Americhe. Si abbandonano le campagne e conseguentemente i proprietari terrieri incominciano a perdere il loro potere. Furono in prima fila ad ostacolare il trasferimento dell'abitato di Platì che si voleva portare nella zona di S. Ilario dello Ionio. Si optò per il consolidamento. Con i contadini vanno via tanti bravissimi artigiani (in special modo sarti) cerniera sociale tra la borghesia terriera e la classe contadina: il vero collante insieme agli intellettuali (non pochi) della società platiese. (continua)
Gianni Carteri  Testi e foto: Calabria – Anno XX – Nuova Serie - N. 83 - giugno 1992

La foto introduttiva è nella rivista che contiene il testo di Gianni Carteri. La foto con il professore De Marco e lo zio Ciccillo e quella dello statista con lo zio e don Peppino Zappia sono una cortesia di Francesco di Raimondo. L'immagine con Ciccillo Prestia è già apparsa in queste pagine.


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