DEMOCRAZIA
NEGATA
IL «CASO»
PLATI’
QUELLA VOLTA
CHE VENNE DE GASPERI
[Una storia in quattro parti]
Lo Stato unitario che a Platì usò il
guanto di ferro per sconfiggere il brigantaggio
di Ferdinando Mittiga, è ancora visto come un 'entità lontana.
Platì è oggi un paese che rischia di essere cancellato dalla mappa geo-politica dell'Italia. E come una rondine ferita
adagiata con il becco ai piedi dei primi contrafforti aspromontani. E già
passato un anno dalla rivolta delle donne in nero.
Piove a dirotto su Platì e la primavera tarda ad annunciarsi. Montagne di nuvole cariche ancora di acqua non promettono nulla di buono e rinnovano le vecchie paure e le imprecazioni per uno Stato che non c'è.
Una presenza emotiva, episodica, fluttuante e spesso
in veste repressiva. Uno stato di disagio tra la gente dove è facile leggere un
senso di sfiducia quasi totale. Siamo tornati ai livelli del 1945. La gente
semplice che stenta a mantenere una sua dignità di vita civile e democratica si
rende conto che qualcosa si è rotto nel rapporto con il resto d'Italia. Lo
Stato unitario che in Platì fu particolarmente violento per domare il brigantaggio
di Ferdinando Mittiga è ancora visto come una entità astratta e lontana. Un
paese che rischia di essere cancellato dalla mappa geo-politica dell’Italia.
È passato ormai quasi un anno
dalla rivolta delle donne in nero che in 48 ore spazzò via l’Amministrazione
Comunale. Ne parlò anche la stampa nazionale nella consueta logica del «mordi e
fuggi» degli inviati speciali, interessati a dipingere il paese aspromontano come
covo di briganti e sequestratori. Per rendersi conto del contrario basta addentrarsi
nei vicoli del centro storico che quasi miracolosamente resiste al tempo; si
ritrova l'anima del passato: ne viene fuori una Platì completamente diversa,
magicamente attaccata alle proprie radici, alla cultura fatalista dei propri
padri che in ogni casa ricordano fotografie a colori, adagiate su un centrino
bianco sopra il comò: quasi fossero Numi tutelari, gelosi custodi di
atteggiamenti e tradizioni da trasmettere ad intere generazioni.
Platì è un microcosmo, una sorta
di rondine ferita, adagiata con il becco ai piedi dei primi contrafforti
aspromontani. Certo una civiltà che muta e dove il moderno bisogno sfrenato di
danaro ha reso più instabile le basi etiche di parte della popolazione,
cresciuta nella montagna più aspra d'Europa. Sono ancora ben visibili le ferite
dell’alluvione del 1951, spartiacque storico della vita politica e sociale del
paese.
Gli anni del Fascismo avevano consolidato
in Platì una classe agraria che nel 1946 aveva dato come altri paesi del Sud la
sua preferenza alla Monarchia. Durante il regime finì esule una delle guardie
del corpo del capo degli ustascia croati Ante Pavelic: si chiamava Ante
Zizanovic e sposerà una figlia del possidente-poeta di Platì Don Giacomino
Tassone.
Sul finire della guerra Platì di
certo rispecchiava l'andamento che il prefetto Priolo di Reggio Calabria nel
suo rapporto semestrale del 1944 al
Governo di Roma, sullo stato della Provincia, enunciava con chiarezza: «Una gara
di proselitismo tra i partiti antifascisti al fine di ottenere dal competente
organo provinciale la nomina del maggior numero di sindaci, assessori provinciali»
la cui assegnazione avveniva sulla base del numero degli iscritti ai rispettivi
partiti.
«Nella corsa al numero si bada - evidenziava il
prefetto - alla quantità e non alla qualità degli aderenti. Tutti i partiti
ammettono nelle proprie fila numerosi ex-fascisti e gerarchi, mentre, poi,
ciascun partito proclama solennemente la necessita di defascistizzazione ed
accusa gli altri di opportunismo e di fascismo». Viene nominato in Platì Commissario prefettizio il maresciallo in pensione dei Carabinieri, ormai mitico, massaru Peppi, Giuseppe Delfino. Nelle prime elezioni amministrative del dopoguerra si dà vita, su iniziativa dello stesso, ad una concentrazione popolare.
Testo e foto introduttiva: Calabria – Anno XX – Nuova Serie - N. 83 - giugno 1992
Nella pubblicazione è allegata la copertina della nuova edizione di CACI IL BRIGANTE di Michele Papalia, in questi giorni edita da CITTA' DEL SOLE edizioni di Reggio Calabria.
Ante Pavelic invece lo ritrovate in compagnia dei suoi degni compari.
A proposito del Referendum Monarchia-Repubblica, a Platì ci fu un plebiscito a favore della prima. Ci furono solo due voti a favore della Repubblica. Il veterinario, Dr Michele Napoli, ne discuteva con mio padre Peppantoni Perri: "In tre eravamo per la Repubblica. Chissà chi non ha votato come promesso!" Ne ridevano perché i tre repubblicani erano proprio loro due ed un terzo di cui non ricordo il nome.
RispondiEliminaFrancesco Perri, Adelaide