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giovedì 30 aprile 2020

L'uomo dal fiore in bocca [di Marc Bellocchio, 1993]

Ti chiedo però di parlare, scriverete tornare in mezzo a noi calabresi. Scusa se la mia parola non è facile: sono un operaio.
Ulisse – Crotone
"Un giudizio netto,interamente indignato".
Pier Paolo Pasolini


Pasolini e la Calabria [e Corrado Alvaro]

di Gaetanina Sicari Ruffo

Il giudizio di Pier Paolo Pasolini contenuto nel libro Le belle Bandiere - Editori Riuniti, 1991 – appare un po’ datato, ma essenziale e denso di significato, di forte e chiara denunzia oltre che veritiero. In effetti si riferisce al 1960, anno in cui Pasolini fece un viaggio nella regione e ricevette anche il rifiuto di parlare in un Circolo di Reggio in Calabria che l’aveva prima invitato.
Lo scrittore risponde ad un lettore che gli chiedeva dei suoi rapporti con la Calabria: “Tra tutte le regioni italiane, la Calabria è forse la più povera: povera di ogni cosa: anche, in fondo, di bellezze naturali. Per duemila anni è stata sottogovernata: ma sottogovernata ancora peggio che la Sicilia o il Napoletano, o le Puglie, che, in molti periodi storici sono state delle vere piccole nazioni, dei centri di civiltà, in cui i dominatori risiedevano, almeno, ed avevano rapporti diretti con la popolazione: gli Arabi in Sicilia, i Normanni in Puglia ecc. La Calabria è stata sempre periferica, e quindi, oltre che bestialmente sfruttata, anche abbandonata. Da questa vicenda storica millenaria non può che risultare una popolazione molto complessa, o per dir meglio, con linguaggio tecnico, «complessata››. Un millenario complesso di inferiorità, una millenaria angoscia pesa nelle anime dei calabresi, ossessionate dalla necessità, dall'abbandono, dalla miseria.
Nel popolo questi «complessi» psicologici di carattere storico, possono dare, nei casi estremi, i risultati più opposti: la più grande bontà - una bontà quasi angelica - e una furia disperata e sanguinaria (la cronaca purtroppo ne parla ogni giorno). Una popolazione esteriormente umile, depressa, internamente drammatica.
Tu forse sai che i «complessi›› psicologici impediscono uno sviluppo normale della personalità: così i calabresi sono molto infantili e ingenui - e questo è del resto il loro grande fascino, la loro più bella virtù. E quel tanto di contorto che c'è in loro è, in fondo, infantilmente semplice.
Fermiamoci a considerare questa prima parte del suo giudizio che in generale riguarda il tracciato identificativo e storico della popolazione e della terra calabrese all’epoca.
Potrebbe sorprendere l'espressione dello scrittore sul fatto che la Calabria sia povera di bellezze naturali. Penso che intendesse che le sue bellezze, innegabili per altro, fossero trascurare: discariche a cielo aperto, vie di comunicazione precarie, scarsa cura del territorio, nessuna strategia per rilanciare il turismo. Oggi dovremmo aggiungere pure il giallo dei rifiuti tossici, versati in alcune località costiere e montane. Non è un delitto che pesa, a carico di chi amministra, non certo della natura che non e stata generosamente protetta?
È una verità bensì che nell’aspetto dei luoghi resti la traccia profonda di tanti secoli di abbandono e di malgogoverno. E’ una traccia che dura pure nelle menti e ne condiziona i comportamenti.  
In questo Pasolini rivela d’essere attento conoscitore dei moti d’animo popolari anche quado parla del carattere dei calabresi che sono egli dice in fondo molto infantili ed ingenui e quel tanto di contorto che è in loro è in fondo infantilmente semplice. Ma creduto ancora in questa semplicità se solo avesse potuto conoscere i numerosi delitti delle famiglie di 'ndranghetista e la rovinosa diffusione del malaffare in mezzo mondo? Non credo si possa parlare di fascino della semplicità della gente Calabra che o era una favola malcelata o s’è definitivamente persa.
S’è detto tante volte da voci diverse dell’immobilismo meridionale, del senso di stanchezza che sembra opprimere le popolazioni. Su queste componenti egli ha una sua diagnosi: l’abitudine ad essere dominati ed asserviti ai tanti dominatori che si sono susseguiti nel passato non ha certo creato stimoli ed incoraggiato la ripresa in senso dinamico. E’ vero, ma questo retaggio non si cancella mai? La natura spontanea o acquisita non può essere corretta e modificata? Verrebbe da rispondere: sì, con la cultura. Ma questa non è una voce vincente e preponderante.
L'unico autore calabrese menzionato è Alvaro che tuttavia serve solo a confermare l’arretratezza degli abitanti. Pasolini aggiunge: “La borghesia Calabrese, come tu sai, è di formazione molto recente. Corrado Alvaro dice addirittura, con una boutade che contiene però molta verità, che essa è nata in quest'ultima guerra, con la «borsa nera››. E una borghesia recentissima, dunque, e quantitativamente scarsa. Le forme più moderne di questa borghesia, mi pare si riscontrino a Crotone: nelle altre grosse città calabresi, la borghesia è forse la peggiore d'Italia: appunto perché in essa c'è un fondo di disperazione che la irrigidisce, la mantiene, come per autodifesa, arroccata su posizioni dolorosamente antidemocratiche, convenzionali, servili. Non è possibilista, scettica, elastica come in altre regioni del Meridione, dove ciò che la salva, è proprio la sua corruzione, cioè la sua antica esperienza. In Calabria, ripeto, è rigida, moralistica: e perciò faziosa.
Sarà forse un caso, ma tutti i giovani che ho incontrato casualmente o che mi sono stati presentati in Calabria sono fascisti: dico, naturalmente, gli adolescenti di classe borghese. Questo mi ha costernato. È un problema, quindi, che passo ai dirigenti politici: esso mi sembra realmente grave, e da affrontarsi risolutamente. Da tutto quello che ho detto qui sopra può risultare, infatti, storicamente chiaro che la borghesia calabrese tende agli estremismi di destra.
Naturalmente c'è il Crotonese che fa eccezione. Ed è per questo - per questa possibilità, per questa speranza che il Crotonese autorizza ad avere - che io continuo ad appassionarmi a questo problema, come se fosse mio, e non perderò certo mai occasione per parlarne: e dire - sia essa gradevole
o no - quella che a me sembra la verità.
I problemi suggeriti da questa seconda parte di considerazioni di Pasolini riguardano la borghesia, una classe che a sud ha attirato su di sé prevalentemente le colpe del degrado e dell’arretratezza, non essendo riuscita, dopo l’Unità, a rivelare autonomia e slancio di iniziative. Si e invece vincolata con la prestazione dei voti, pur di essere privilegiata, ai gruppi parlamentari che la sostenevano di volta in volta, senza avere a cuore i veri interessi dei cittadini. Tutti sanno che l'annosa questione meridionale è cominciata da qui e inutili sono stati i suggerimenti dei vari economisti e sociologi perché la situazione mutasse. “La borghesia settentrionale ha soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonie di sfruttamento”, questa l'accusa di Gramsci per sottolineare l’inerzia di questa classe a sud, mentre per Dorso la debolezza di tutto il sistema è venuta dall’assenza di una classe media libertaria capace di risollevare le sorti compromesse dall’impasse di tutta l’area. La classe operaia, che pure era stata protagonista di memorabili lotte contro le prevaricazioni feudali negli anni prima e dopo il fascismo, non ha avuto l'energia e i mezzi necessari per attuare quella rivoluzione proletaria che era negli auspici del partito comunista.
Alle accuse di ieri si sommano quelle odierne che riguardano il generale superamento della distinzione delle classi, ma non una pacificazione sociale promotrice di progresso e di sviluppo. Ancor oggi l’economia è stagnante e l’industria del turismo, che pure con successo potrebbe essere impiantata, è solo una pia vocazione astratta. Mancano strumenti bancari adeguati e mezzi di comunicazione rapidi ed efficienti.
Neppure i giovani che sempre lo scrittore ha considerato come promessa del futuro spingono a ridenti speranze. Il motivo non nasce solo dalla loro appartenenza a partiti di destra, com' è detto nella risposta pasoliniana, quanto dalla dispersione che è intervenuta nei loro progetti, dalla demotivazione che li caratterizza per carenza di lavoro e per necessità d’espatrio.
A ben vedere quindi il quadro prospettico calabrese, a distanza di decenni è mutato, ma solo superficialmente. La grande utopia d’un partito comunista che risana le piaghe e che dà vigore alla classe operaia per renderla matura e responsabile è pur essa tramontata dopo la caduta del muro di Berlino. Si e generata una confusione di ruoli e la nuova classe capitalistica ha fallito nelle sue mire ed una generale grigia ed amorfa gora di sopravvivenza è subentrata. Il privato ha avuto un gioco più libero di quello pubblico, ma non sempre schietto e onesto. Si sono infiltrati gruppi di potere malavitoso cui si attribuisce in maggior parte la stagnante e pericolosa deriva.
Calabria Sconosciuta n. 132 Anno XXVIV  ottobre - dicembre 2011.

NOTA La risposta di Pasolini al lettore che lo interrogava era apparsa sul settimanale di attualità “Vie Nuove”, n. 49 a. XV, 10 dicembre 1960, fondato nel 1946 da Luigi Longo, Pasolini collaborò con una sua rubrica dal 1960 al 1965.

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