“Ti chiedo però di parlare, scriverete tornare in mezzo a noi calabresi. Scusa se la mia parola non è facile: sono un operaio”.
Ulisse – Crotone
"Un giudizio netto,interamente indignato".
Pier Paolo Pasolini
"Un giudizio netto,interamente indignato".
Pier Paolo Pasolini
Pasolini e la Calabria [e Corrado Alvaro]
di Gaetanina Sicari Ruffo
Il giudizio di Pier Paolo Pasolini contenuto nel libro Le belle Bandiere - Editori Riuniti,
1991 – appare un po’ datato, ma essenziale e denso di significato, di forte e
chiara denunzia oltre che veritiero. In effetti si riferisce al 1960, anno in
cui Pasolini fece un viaggio nella regione e ricevette anche il rifiuto di
parlare in un Circolo di Reggio in Calabria che l’aveva prima invitato.
Lo scrittore risponde ad un lettore che gli chiedeva dei suoi rapporti
con la Calabria: “Tra tutte le regioni
italiane, la Calabria è forse la più povera: povera di ogni cosa: anche, in
fondo, di bellezze naturali. Per duemila anni è stata sottogovernata: ma
sottogovernata ancora peggio che la Sicilia o il Napoletano, o le Puglie, che,
in molti periodi storici sono state delle vere piccole nazioni, dei centri di
civiltà, in cui i dominatori risiedevano, almeno, ed avevano rapporti diretti
con la popolazione: gli Arabi in Sicilia, i Normanni in Puglia ecc. La Calabria
è stata sempre periferica, e quindi, oltre che bestialmente sfruttata, anche
abbandonata. Da questa vicenda storica millenaria non può che risultare una
popolazione molto complessa, o per dir meglio, con linguaggio tecnico,
«complessata››. Un millenario complesso di inferiorità, una millenaria angoscia
pesa nelle anime dei calabresi, ossessionate dalla necessità, dall'abbandono,
dalla miseria.
Nel popolo questi «complessi»
psicologici di carattere storico, possono dare, nei casi estremi, i risultati
più opposti: la più grande bontà - una bontà quasi angelica - e una furia
disperata e sanguinaria (la cronaca purtroppo ne parla ogni giorno). Una
popolazione esteriormente umile, depressa, internamente drammatica.
Tu forse sai che i «complessi››
psicologici impediscono uno sviluppo normale della personalità: così i calabresi
sono molto infantili e ingenui - e questo è del resto il loro grande fascino,
la loro più bella virtù. E quel tanto di contorto che c'è in loro è, in fondo,
infantilmente semplice.”
Fermiamoci a considerare questa prima parte del suo giudizio che in
generale riguarda il tracciato identificativo e storico della popolazione e
della terra calabrese all’epoca.
Potrebbe sorprendere l'espressione dello scrittore sul fatto che la
Calabria sia povera di bellezze naturali. Penso che intendesse che le sue bellezze,
innegabili per altro, fossero trascurare: discariche a cielo aperto, vie di
comunicazione precarie, scarsa cura del territorio, nessuna strategia per
rilanciare il turismo. Oggi dovremmo aggiungere pure il giallo dei rifiuti tossici, versati in alcune
località costiere e montane. Non è un delitto che pesa, a carico di chi
amministra, non certo della natura che non e stata generosamente protetta?
È una verità bensì che nell’aspetto dei luoghi resti la traccia profonda
di tanti secoli di abbandono e di malgogoverno. E’ una traccia che dura pure
nelle menti e ne condiziona i comportamenti.
In questo Pasolini rivela d’essere attento conoscitore dei moti d’animo
popolari anche quado parla del carattere dei calabresi che sono egli dice in
fondo molto infantili ed ingenui e quel
tanto di contorto che è in loro è in fondo infantilmente semplice. Ma
creduto ancora in questa semplicità se solo avesse potuto conoscere i numerosi
delitti delle famiglie di 'ndranghetista e la rovinosa diffusione del malaffare
in mezzo mondo? Non credo si possa parlare di fascino della semplicità della
gente Calabra che o era una favola malcelata o s’è definitivamente persa.
S’è detto tante volte da voci diverse dell’immobilismo meridionale, del
senso di stanchezza che sembra opprimere le popolazioni. Su queste componenti
egli ha una sua diagnosi: l’abitudine ad essere dominati ed asserviti ai tanti
dominatori che si sono susseguiti nel passato non ha certo creato stimoli ed
incoraggiato la ripresa in senso dinamico. E’ vero, ma questo retaggio non si
cancella mai? La natura spontanea o acquisita non può essere corretta e
modificata? Verrebbe da rispondere: sì, con la cultura. Ma questa non è una voce vincente e preponderante.
L'unico autore calabrese menzionato è Alvaro che tuttavia serve solo a
confermare l’arretratezza degli abitanti. Pasolini aggiunge: “La borghesia Calabrese, come tu sai, è di
formazione molto recente. Corrado Alvaro dice addirittura, con una boutade che
contiene però molta verità, che essa è nata in quest'ultima guerra, con la
«borsa nera››. E una borghesia recentissima, dunque, e quantitativamente
scarsa. Le forme più moderne di questa borghesia, mi pare si riscontrino a
Crotone: nelle altre grosse città calabresi, la borghesia è forse la peggiore
d'Italia: appunto perché in essa c'è un fondo di disperazione che la
irrigidisce, la mantiene, come per autodifesa, arroccata su posizioni
dolorosamente antidemocratiche, convenzionali, servili. Non è possibilista,
scettica, elastica come in altre regioni del Meridione, dove ciò che la salva,
è proprio la sua corruzione, cioè la sua antica esperienza. In Calabria,
ripeto, è rigida, moralistica: e perciò faziosa.
Sarà forse un caso, ma tutti i
giovani che ho incontrato casualmente o che mi sono stati presentati in Calabria
sono fascisti: dico, naturalmente, gli adolescenti di classe borghese. Questo
mi ha costernato. È un problema, quindi, che passo ai dirigenti politici: esso
mi sembra realmente grave, e da affrontarsi risolutamente. Da tutto quello che
ho detto qui sopra può risultare, infatti, storicamente chiaro che la borghesia
calabrese tende agli estremismi di destra.
Naturalmente c'è il Crotonese che
fa eccezione. Ed è per questo - per questa possibilità, per questa speranza che
il Crotonese autorizza ad avere - che io continuo ad appassionarmi a questo
problema, come se fosse mio, e non perderò certo mai occasione per parlarne: e
dire - sia essa gradevole
o no - quella che a me sembra la
verità.”
I problemi suggeriti da questa seconda parte di considerazioni di Pasolini
riguardano la borghesia, una classe che a sud ha attirato su di sé
prevalentemente le colpe del degrado e dell’arretratezza, non essendo riuscita,
dopo l’Unità, a rivelare autonomia e slancio di iniziative. Si e invece
vincolata con la prestazione dei voti, pur di essere privilegiata, ai gruppi parlamentari
che la sostenevano di volta in volta, senza avere a cuore i veri interessi dei
cittadini. Tutti sanno che l'annosa questione meridionale è cominciata da qui e
inutili sono stati i suggerimenti dei vari economisti e sociologi perché la situazione
mutasse. “La borghesia settentrionale ha
soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonie di sfruttamento”,
questa l'accusa di Gramsci per sottolineare l’inerzia di questa classe a sud, mentre
per Dorso la debolezza di tutto il sistema è venuta dall’assenza di una classe
media libertaria capace di risollevare le sorti compromesse dall’impasse di
tutta l’area. La classe operaia, che pure era stata protagonista di memorabili
lotte contro le prevaricazioni feudali negli anni prima e dopo il fascismo, non
ha avuto l'energia e i mezzi necessari per attuare quella rivoluzione
proletaria che era negli auspici del partito comunista.
Alle accuse di ieri si sommano quelle odierne che riguardano il
generale superamento della distinzione delle classi, ma non una pacificazione
sociale promotrice di progresso e di sviluppo. Ancor oggi l’economia è
stagnante e l’industria del turismo, che pure con successo potrebbe essere
impiantata, è solo una pia vocazione astratta. Mancano strumenti bancari adeguati e mezzi di
comunicazione rapidi ed efficienti.
Neppure i giovani che sempre lo scrittore ha considerato come promessa
del futuro spingono a ridenti speranze. Il motivo non nasce solo dalla loro
appartenenza a partiti di destra, com' è detto nella risposta pasoliniana,
quanto dalla dispersione che è intervenuta nei loro progetti, dalla
demotivazione che li caratterizza per carenza di lavoro e per necessità d’espatrio.
A ben vedere quindi il quadro prospettico calabrese, a distanza di decenni
è mutato, ma solo superficialmente. La grande utopia d’un partito comunista che
risana le piaghe e che dà vigore alla classe operaia per renderla matura e responsabile è pur
essa tramontata dopo la caduta del muro di Berlino. Si e generata una
confusione di ruoli e la nuova classe capitalistica ha fallito nelle sue mire
ed una generale grigia ed amorfa gora di sopravvivenza è subentrata. Il
privato ha avuto un gioco più libero di quello pubblico, ma non sempre schietto
e onesto. Si sono infiltrati gruppi di potere malavitoso cui si attribuisce in
maggior parte la stagnante e pericolosa deriva.
Calabria Sconosciuta n. 132
Anno XXVIV ottobre - dicembre 2011.
NOTA La risposta di Pasolini al lettore che lo interrogava era apparsa
sul settimanale di attualità “Vie Nuove”, n. 49 a. XV, 10 dicembre 1960, fondato
nel 1946 da Luigi Longo, Pasolini collaborò con una sua rubrica dal 1960 al
1965.