Powered By Blogger

domenica 27 novembre 2016

L'intervista - nuova edizione

 

INTERVISTA
CON FRANCESCO F(P)ERRI
Non appena mi venne sotto l’occhio l’annuncio del nuovo romanzo di Francesco Perri (Il discepolo ignoto), romanzo che a giorni vedrà la luce coi tipi della casa editrice Garzanti, mi sovvenne del lungo lavoro di ricerca e di studio che lo scrittore aveva fatto. E me ne risovvenni perché, curvo lui, in quel tempo, sui tomi antichi, curva io sui vecchi libracci, ci eravamo incontrati più e più volte nelle severe aule delle biblioteche cittadine. Facevamo entrambi delle ricerche. Questa frase che al lettore profano sembrerà forse convenzionale, è per noi studiosi, profonda di significati: fare delle ricerche significa studiare lentamente, attentamente il clima storico, l’aura sociale, l’atmosfera umana nella quale si devono muovere i nostri personaggi. Che erano, e quelli a cui Perri dedicava i suoi studi ed i miei, personaggi storici. Diversamente storici, si capisce: ma ugualmente basati sulla conoscenza profonda del loro modo di essere.
Quando solevo incontrare Perri nelle biblioteche milanesi, egli forse non aveva ancora cominciato a fissarsi su questo o su quel episodio del Vangelo, ma io sapevo che tutta la sua anima tendeva a realizzare quello che si potrebbe chiamare un sogno spirituale: trovare cioè il nucleo di una bella favola sacra che gli permettesse alla maniera antica di raccontare con stesura ampia, con respiro largo, un bel racconto.
Poi seppi che aveva trovato l’episodio, che ne approfondiva i particolari, che leggeva i testi sacri per meglio addentrarsi nell’atmosfera del tempo, che già, nella sua fantasia, la vicenda si allargava, prendeva la consistenza e la forma di romanzo: seppi che il lavoro di creazione era cominciato, ferveva.
E, naturalmente, persi di vista Perri: egli chiuso nel suo compito, io, sempre alla ricerca storica dei miei personaggi antichi, girovagavo un po’ per gli archivi d’Italia.
Ma ora che ho saputo pronto il romanzo, ora che ho visto gli annunci, mi sono affrettata a chiamare Perri, a intervistarlo. Volevo sapere come egli avesse condotto il suo lavoro; che criteri lo avessero guidato, quali sentimenti lo avessero animato.
Per questo le domande che gli rivolgo sono poche ma a mio parere essenziali.
- Quale è l’episodio saliente che vi ha ispirato? Chiedo.
-Un episodio descritto da San Marco, nel suo Vangelo, egli mi risponde, quell’episodio là dove narra dell’arresto di Gesù nell’orto del Getsemani, là dove l’Evangelista Marco dice: allora quelli - i soldati -  misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono … E tutti lo abbandonarono e fuggirono. E un certo giovane lo seguiva ravvolto in un lenzuolo sul nudo, e lo presero, ma egli, lascito il lenzuolo, se ne fuggì ignudo.
-E’ dunque il giovinetto ignoto, il discepolo senza nome, il protagonista del vostro romanzo? È la mia domanda.
-Si, mi risponde Francesco Perri, è attorno a lui che si impernia la mia vicenda: Il romanzo consta di tre parti: nella prima ho voluto descrivere la vecchia Roma imperiale di Tiberio. Ed ecco il perché delle tante mie ricerche che voi avete seguite. Volevo che la rievocazione della Roma imperiale fosse colorita, ricca di particolari, ed anche qui fu necessaria una particolare preparazione che mi permettesse di fare rivivere, non superficialmente ma con cognizione di causa, il clima palestinese del tempo. La quarta ed ultima parte culmina con la passione di Cristo di cui il giovinetto romano, che a volerla risentire in maniera si farebbe, oltretutto, un peccato di lesa bellezza spirituale. Ma ho voluto attenermi alla tradizione evangelica soprattutto perché vi è nel mio romanzo l’intenzione di richiamare gli uomini alla fraternità, a quel senso di luminoso amore che fu la dottrina di Cristo.
-Avete quindi data intonazione religiosa al vostro libro?
-No, non fraintendetemi: il mio è un romanzo, un romanzo vero e proprio con una trama appassionante, avvincente, amorosa anche. Un romanzo dall’intreccio ampio, vivace, anche se rivissuto su fondo storico. Ma è un romanzo nel quale il pittoresco non offusca la verità secondo i Vangeli, nel quale il largo disegno fantastico rispetta consuetudini ed usi del tempo, nel quale una folla di personaggi lotta, vive, ama, soffre. Un romanzo diremmo di masse, scritto anche per riportare la prosa nostra a quel pieno, caldo senso che qui dava la narrazione antica, quando raccontare voleva dire narrare con poesia ed amore a bella favola. Spero di essere riuscito nel mio intento.
Rassicuro Perri: queste sue momentanee titubanze di artista che ha appena compiuta la sua opera, che se ne distacca con difficoltà e sofferenza, che la segue ancora come una creatura viva, sono comprensibili. Egli è ancora dentro al suo lavoro e lo risente in sé, fortemente. Lo rassicuro perché so, credo, sono convinta, che l’opera sia bella. Lo rassicuro perché conosco l’aspettativa che vi è di essa nel mondo letterario e perché sento nelle sue parole ancora un afflato di quella poesia umana e cristiana che lo ha ispirato.
Titina Strano

LA GAZZETTA – 10 marzo 1940  Anno XVIII

Nota
Nell’ inchiesta sulla letteratura del 2 febbraio 1939 Francesco Perri annunciava un nuovo romanzo, del quale a suo tempo se ne parlerà, eccolo: Roma imperiale, masse, littori, e forse, littorine. Mah !, forse è meglio il silenzio che  auspicava un'acuta redattrice di elevato spessore culturale.
Prima di dimenticarlo, fatevi un giro di web per scoprire quanto andava cercando la Titina, curva sui vecchi libracci … nelle severe aule delle biblioteche cittadine.
Tranquilli, tutto questo è materiale che servirà a quanti studieranno nel prossimo futuro, svincolati da parentele, amicizie, fastidiosi brontolii di fondo, blogghi, giornali cartacei, quotidiani on line, faccebucche, sentito dire.



Nessun commento:

Posta un commento