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mercoledì 13 luglio 2022

La valle della sete [di Edward F. Cline, 1935]



UNA SITUAZIONE INSOSTENIBILE
Manca l’acqua a Senoli di Platì
E dire che a 200 metri dall’abitato il prezioso liquido scende abbondante nelle tubazioni dell’acquedotto di Ardore

Platì, 10 giugno
Arriviamo a Senoli di Platì verso le otto del mattino, e ci accoglie il suono di un corno da caccia. Ma non è Diana Cacciatrice a dargli fiato, bensì un insegnante elementare che con quel mezzo chiama a raccolta dall'immensa campagna bruciata, gli alunni per le ultime lezioni dell'anno.
Questo ce lo spiega una donna: un bellissimo rudere di venticinque anni, come ce ne sono a decine nella zona. A guisa di rampicante, l'ultimo nato le sta attaccato al seno avvizzito. Non riusciamo a scoprire il misterioso tritone, e non ce ne diamo pena.
Senoli di Platì consta di vari gruppi di casette, ostilmente dislocate a centinaia di metri le une dalle altre; si che a volerle visitare tutte, ce ne sarebbe per mezza giornata. D'altronde, non vale la pena di farlo: sono tutte identiche. Bambini sporchi sostano senza allegria nel letame, tra porci galline e vecchi. Ci sarà dell'altro nelle sordide casupole di gesso; ma scene come questa che vi si presenta subito appena arriva-
ti, vi levano la voglia di indagare oltre nella vita senolese.
Deserto senza oasi, sotto il sole estivo, l'abitato di Senoli. Le pietre calcificate ai abbagliano; gli oleandri vi mostrano la loro meravigliosa fioritura distrutta da una coltre di polvere. E mosche, api, zanzare, calabroni, vi ronzano introno in un nugolo instancabile.
A Senoli di Platì non c'è acqua. Non c'è acqua per la terra, e non c'è acqua per gli uomini.
Bisogna andarla a prendere a quattro o cinque chilometri di distanza nell'aperta campagna, a un ruscelletto anemico che dura fino a mezza estate; poi i chilometri da percorrere per il rifornimento diventano sette, da Senoli a Natile Nuovo. Per chi non ha la forza di percorrere giornalmente questa «via crucis», ci sono i fossi acquitrinosi che stagnano qua e, là, carichi di malaria e di tifo.
Un contadino di trent'anni, invecchiato nel fiore della giovinezza, ci accompagna al ruscello «vicino»; il sole comincia a bruciare maledettamente, e il nostro passo deve per forza accorciarsi, sulla sabbia sdrucciolevole della salita.
Camminiamo in fila indiana per un sentiero incassato tra due file di cespugli, il contadino, noi, e l’ing. Rossetti, che da vari mesi, dirigendo i lavori per la costruzione di una stradicciola carraia da Senoli alla S.S. 112, ha imparato a conoscere i problemi della popolazione del luogo.
Davanti a noi cammina una vacca. Intorno, il solito nugolo di insetti. 
La vacca esce a un tratto dal sentiero infilandosi a capofitto nella siepe; la vediamo rientrare per lo stesso mezzo un po' più a monte, e quindi ripetere alcune altre volte la strana operazione. Mentre ci chiediamo incuriositi cosa possa significare questo strano «slalom», ci accorgiamo di essere ricoperti di tafani. Sono quelli stessi di cui la vacca si è liberata un attimo fa con l’intelligente sistema.
Potremmo seguirne l’esempio adesso, ma ci rinunziamo. Dopotutto noi non siamo mucche e i poveri tafani, delusi, ci lasciano «sua sponte».
Arriviamo così al ruscello, che si versa in un rustico fondale di cemento. Vorremmo levarci la sete, ma dobbiamo sputare disgustati: ci pare di avere ingerito del latte di calce: E' questa, dunque l’acqua di Senoli?
Una vecchia, mentre aspetta pazientemente che la sua brocca si riempie, ci guarda. Ha il collo grosso come quello di un pugile a causa delle vegetazioni adenoidi favorite dalla scarsezza di jodio nell’acqua Non si lancia fotografare.
Incontriamo altre tre o quattro vecchi ridotti nelle sue medesime condizioni; una di essi anzi, sembra avere attaccate al collo due grosse noci di cocco. Solo un intervento chirurgico lo libererà della strana deformazione, ma questa si rinnoverà dopo le prime bevute.
Tutto questo, mentre, a duecento metri circa dall'abitato di Senoli scorre l'acqua fresca e leggera dell'Aspromonte.
Scorre, ben s'intende, nelle grosse tubazioni dell’acquedotto che alimenterà il centro di Ardore.
Un filo di quell'acqua, e i cittadini di Senoli sarebbero salvi.
Ma quell'acqua è «Tabù».
Le numerose istanze della Amministrazione Comunale di Platì si sono infrante davanti al ferreo «non possumus» dei su dirigenti il consorzio per l’acquedotto medesimo.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD, 11 giugno 1957

La foto d’apertura è dello stesso Michele Fera: "un contadino di Senoli appoggiandosi alla lunga pertica, contro le asperità del terreno che deve affrontare, va a riempire il secchio d’acqua che tiene bilanciato sul manico della scure".

L’abbandono di Platì da parte di Michele Fera è oggi un vuoto tra i più profondi vista la spinta in avanti che avrebbe potuto dare alle future generazioni dei suoi tempi, e di domani.

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