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lunedì 14 ottobre 2019

Rashomon - Ma il cuore del paese dov'è?

Questo testo è quanto meno offensivo, ma al suo confezionatore poco importava dei sentimenti di una popolazione. Egli nella sua redazione, apparsa sul quotidiano allora diretto dal guru dei direttori di giornale, avrebbe inventato di tutto, anche su chi gli era caro, pur di fare carriera ed ottenere una cattedra a Rende.

Angela Montagna Casella
1946 - 2011

A PLATI' ANCHE LA SOLIDARIETA' FA PAURA LA MADRE S' INCATENA NEL PAESE
PLATI' A Platì c' è tanta curiosità ma non grande solidarietà per questa donna che s' incatena allo scheletro di quella che fu l' unica cabina telefonica del paese. Si avvicina qualche vecchia che prima si segna con la croce. Si avvicina l' anziano parroco, don Ernesto, che della mafia di Platì, dice, ha sentito parlare solo sui giornali. Torna il ritornello della criminalizzazione. Platì non ha niente a che vedere con la mafia, qui ci arrestano per fare numero e poi veniamo scarcerati, dicono alcuni giovani avvicinandosi al gruppo di giornalisti presenti in via XXIV Maggio i quali fanno fatica a capire perché assordati dal mangianastri di un giovane di colore che tenta così di attirare l' attenzione delle donne dirette al mercatino settimanale che si tiene a qualche decina di metri. La ' ndrangheta esiste, è vero, afferma il vicesindaco dc, il medico Francesco Nittica, ma qui la situazione non è diversa da quella di Milano, di Torino, di Roma. Ma Platì non sembra manifestare la stessa solidarietà di San Luca: Angela Casella, nella sua tuta viola diventata ormai la divisa di questo suo pellegrinaggio per i paesi aspromontani, fa fatica a scuotere una diffidenza antica. Un cerchio di silenzio quasi si stringe tutt' intorno. Ne abbiamo viste tante..., commenta un anziano pensionato. Gli uomini non firmano Poi qualcuno si avvicina: un mazzo di rose rosse e un libro vengono regalati a mamma Angela, assieme a qualche firma di solidarietà e qualche incitamento a sperare. Gli uomini non firmano. Non si commuovono. Guardate, dice la signora Casella rivolgendosi a loro, me lo tengono così incatenato da 510 giorni per dei soldi che non potranno avere mai perché non li abbiamo. Aiutatemi. Quasi guardinghi in molti si tengono a distanza. Noi abbiamo firmato tutta la famiglia, dice invece la signora Rosa Callipari. Ma il cuore del paese dov' è? Arrivano le notizie di un omicidio avvenuto nella notte nella vicina San Luca che martedì si è stretta attorno alla signora Casella. La mafia non rispetta tregue e continua a regolare i propri affari con la lupara. Tre colpi nella notte sono stati sparati contro un giovane, un ragazzo di 19 anni. Si chiamava Giuseppe Mammoliti, un piccolo precedente per furto. Qualcuno della sua famiglia ha avuto una parte nel sequestro di un bancario catanese. Lui rientrava a casa in piena notte non si sa da dove. Ha fatto appena in tempo a scendere dall'auto che è stato abbattuto a fucilate. E' un'altro omicidio sconvolgente che forse nessuno potrà spiegare mai. Ma da queste parti è quasi routine, specialmente nei territori di San Luca e di Platì che si contendono il triste primato dei sequestri di persona. Una ragazza guarda mamma Angela incatenata. Non capisce. Si chiama Lisa Perre. E' arrivata da pochi giorni dall' Australia. Ha ventidue anni. Suo padre e sua madre, che è accanto a lei, hanno lasciato Platì quarant' anni fa. Lo sa cosa è la mafia di Platì? Dicono che c' è la mafia a Platì, risponde imbarazzata, io l'ho letto in Australia. Questo microscopico centro da cui la gente è stata scacciata da una miseria secolare e dai flagelli naturali, conta appena 2800 abitanti ma ha tanti e tanti legami con le mafie internazionali, specialmente con quella australiana impegnata nel business della droga. Mafia che aveva a capo Joseph Trimboli, nato in queste misere case e diventato miliardario capo della malavita di Griffith e proprietario di uno yacht provocatoriamente battezzato Cannabis. Vittime di soprusi perché la terra qui era in mani a padroni rapaci peggio delle aquile, i contadini vivevano un tempo degli usi civici, retaggi di una società medievale. Negli ultimi anni la situazione è cambiata, e se possibile peggiorata. Due sindaci, Ciccio Prestia (con il mitico Massaru Peppe, il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Delfino, solitario cacciatore di uomini della ' ndrangheta, aveva guidato già una concentrazione popolare nel dopoguerra) e Domenico De Maio sono stati trucidati dalle cosche contro cui si erano schierati seppure timidamente. Meglio stare alla larga, quindi, quando si corre il rischio di dover dire qualche parola contro rapitori e malviventi. Non fa niente allora don Ernesto Cliozzi, settantenne parroco, non si vede accanto a mamma Casella nessun amministratore, neppure il sindaco democristiano Natale Marando anni fa inquisito, arrestato e poi assolto per alcune storie poco chiare all' Usl di Locri. Una lunga serie di rapimenti La sfida di mamma Casella davanti alla montagna dei sequestri teatro dei rapimenti targati Platì (Bolis, Ferrarini, Mirko Panattoni, Marco Fiora, Castagno, Amato, Marzocco, Minervini, per citarne solo alcuni), non è comunque inutile. Torna a Locri e le solidarietà si infittiscono, la sua protesta fa scoppiare le contraddizioni delle istituzioni (magistratura e forze dell' ordine) e anche all' interno della stessa ' ndrangheta. Il consiglio comunale di Locri decide di autosospendersi prima di pronunciarsi, tutti assieme i quarantadue consigli comunali della Locride, su eventuali dimissioni in blocco. Il presidente della giunta regionale calabrese Rosario Olivo viene a testimoniare la solidarietà della Calabria degli onesti. Il consiglio regionale si riunirà il 21 per discutere il caso Casella. Don Antonio Riboldi vescovo di Acerra si è offerto come mediatore tra la famiglia e i banditi, ha segnalato ai rapitori il suo numero di telefono: O81/8857551. E l'Azione cattolica di Locri propone di restituire i certificati elettorali: perché, se lo Stato qui non si vede, a che serve votare? Cesare Casella resta nonostante tutto, nonostante gli appelli e le pressioni, in qualche anfratto sull' Aspromonte.
PANTALEONE SERGI

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