“La mafia è un problema, non il problema del Mezzogiorno. Un partito che
riduce la realtà alla sola questione criminale commette un doppio errore. Un
errore di analisi, e un errore politico”. Francesco Renda
“That’s the press, baby, the press. And there is nothing you can do. Nothing”. Humphrey Bogart in L'ultima minaccia (Deadline - U.S.A.),1958 di Richard Brooks
Paese
feudo della 'ndrangheta
A Platì, dove chi non è con la mafia è un «morto
vivo»
Efferati omicidi, ma
la paura cuce le bocche - Greggi «sgarrettate»
Dal nostro
inviato
PLATÌ (RC) — Mentre cammini sulla strada che appena fuori
il paese porta all'Aspromonte, all'improvviso ti accorgi che non sei più solo.
Ti seguono. Da vicino, con le macchine nuove e luccicanti e i vestiti buoni
della domenica, i gregari ed i capi mafiosi sorvegliano «l'estraneo». Qui niente sfugge, tutto deve essere
«sotto controllo», magari con spavalderia
e arroganza.
Platì, quattromila
abitanti, è un paese arroccato sulle prime falde dell'Aspromonte. Ci si arriva
lasciando la statale Ionica 106 all'altezza di Bovalino, per la strada che
costeggi il torrente Bonamico. Oltre la montagna c'è già la Piana di Gioia
Tauro. È la Calabria più interna e chiusa, dove la miseria e la povertà ricordano
veramente altri tempi, quelli descritti da Corrado Alvaro che non a cosa era nato da queste parti, a San Luca.
Chi non
è con la mafia è praticamente un morto vivo, non campa più, non esce più di casa
e, se lo fa, diventa un morto effettivo. Tutto passa per le mani
della 'ndrangheta. Alle sei di sera, quando il sole scompare oltre le montagne,
Platì diventa praticamente un deserto
Per le
strade del piccolo centro, in alto, verso la chiesa, o giù dove c'è la scuola
elementare, non circola più anima viva. Una decina di giorni fa hanno ucciso un
vigile urbano, un ragazzo di trenta anni, padre di tre bambini, si dice, perché aveva fatto un torto ad una famiglia mafiosa.
Da
pochi giorni il sindaco di Platì è stato sostituito: hanno chiamato un altro
democristiano perché il precedente, anche lui della DC, era stato condannato ad
un anno e mezzo di carcere per favoreggiamento
In un
processo per duplice omicidio conclusosi con tre ergastoli.
Domenico
De Maio – questo il nome del sindaco sospeso — aveva appoggiato la tesi difensiva di tre noti mafiosi del paese accusati di
un tremendo fatto di sangue avvenuto a luglio di due anni fa. Un brigadiere di
Pubblica sicurezza e suo nipote erano stati barbaramente trucidati da un
commando mafioso solo per il fatto dì avere leggermente investito una
autovettura. Nel processo — tenutosi
due settimane fa a Locri — si è
accertato che i tre mafiosi hanno fatto inginocchiare il brigadiere e suo
nipote e poi — con la pistola del
poliziotto — hanno fatto fuoco
senza pietà, a bruciapelo.
Un
episodio efferato, emblematico, in un ambiente — così lo ha definito il PM a quel
processo, il dottor Carlo Macrì - intriso di spavalderia e dì barbarie».
Un
paese, Platì, dove la mafia è ormai tutt’uno col potere pubblico, al punto che
qui non si fa mistero sui reali «personaggi»
che stanno dietro il sindaco e il
Comune che comandano i «burattini».
Del resto, non più tardi di due mesi fa, Platì fu teatro di una clamorosa protesta
di cinquanta donne, mogli o parenti di altrettanti presunti mafiosi, che
occuparono il Municipio e quindi, con alla testa il sindaco ed il deputato democristiano
Ludovico Ligato (800 voti di preferenze nel paese), protestarono dal prefetto
per l'arresto dei loro congiunti accusati di associazione a delinquere e di
molti altri reati.
Impunità,
spavalderia, arroganza e oppressione fanno dunque tutt'uno, combinando alla
perfezione vecchi ritualismi della «onorata società» e nuovi interessi dei mafiosi imprenditori. Qui infatti
la 'ndrangheta è cresciuta in fretta, ha subito conquistato un ruolo «autonomo» rispetto alle cosche più
importanti del Reggino, ora in prima fila nei sequestri di persona — in
Calabria o in Lombardia — e tira le fila di un avviato traffico di droga con l'Australia.
Attraverso
i gregari mafiosi passa tutto; finanche la pastorizia, l'unica misera risorsa
che offre un territorio avaro di tutto fuorché di disastrose alluvioni, è in mano
loro. Raccontano di intere greggi messe su senza i consensi «dovuti»: gli animali sono stati ritrovati dopo pochi giorni «sgarrettati», con le zampe tagliate.
Attraverso il Consorzio di bonifica passano le assunzioni come guardiani e come
capi squadra nella Forestale, l'ufficio di collocamento è praticamente legge privata.
A Platì
l'antica miseria non è stata cancellata. I «nuovi ricchi» dell'accumulazione mafiosa hanno preferito il
trasferimento a valle, nel centri della vicina costa ionica, a Bovalino, a Bianco,
dove in fretta sono divenuti imprenditori di prim'ordine, proprietari di terre,
di appartamenti, di palazzi interi. Nel paese, dove l'emigrazione (dal '51 a
oggi ci sono cinquemila abitanti in meno) ha lacerato nel profondo il tessuto
umano e sociale, sono rimasti in pochi. Le pensioni e l'assistenza
rappresentano l'unica entrata «pulita».
Per chi tenta di infrangere questo muro di violenza e di sopraffazione c'è la
risposta più decisa: intimidazione e bombe. O, come è successo alla sezione
comunista tre anni fa, colpi di pistola sparati ad altezza d'uomo. E del resto,
dicono i più decisi, se non ci fosse questa paura e questa sopraffazione, «loro» non sarebbero niente.
La
risposta dello Stato democratico nel microcosmo di Platì, dove la convivenza civile
è, come si è visto, ormai inesistente, è racchiusa in poche raggelanti cifre:
tre carabinieri in tutto, di cui due in servizio di leva, e un brigadiere; neanche
un pretore. Ogni commento è veramente superfluo.
Filippo Veltri
l’UNITA’, Domenica 21 febbraio 1982
NOTA. L’epigrafe in apertura, già riportata come citazione, basta da sola
a rispondere all'articolista di un giornale voce di un
partito su cui si riponevano le speranze di numerosi suoi lettori/elettori molti
dei quali platiesi che per diverse legislature lo sostennero. La visione è unitaria
con gli altri fogli nazionali. L’astuto giornalista avanza addirittura sospetti
sull’integrità morale di Corrado Alvaro “che non a cosa era
nato da queste parti”. A Platì, lo ricordo, misero
piede solamente Alcide De Gasperi nel 1952 e più recentemente un ministro di social
fam(e)a. Del partito leader d’opposizione non si vide mai nessuno eccetto l’on Francesco
Catanzariti e Michele Crea.
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