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domenica 13 gennaio 2019

STILL LIFE - "u ciancianu"





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Cicciu come molti uomini della sua generazione, ma anche di quelle successive fino alla Seconda Guerra Mondiale, era un autodidatta non tanto nell’imparare a leggere e scrivere ché a quello ci pensava la scuola, ma nell’istruirsi nelle lettere. Mio nonno Peppantoni, suo nipote, diceva di lui che con lo zio Ciccio si poteva parlare di qualsiasi argomento.
Si era dato al commercio gestendo una bottega di tessuti prima ed una di vino in seguito.  Come commerciante di stoffe, lo chiamavano Manganaro, paragonandolo ad un grande commerciante di stoffe di Messina. Prosperava lo zio Francesco, tanto da far nascere leggende, come il fatto che accendesse la sigaretta coi soldi di carta. Oppure suscitava scandalo ed invidia che lui portasse un piatto di pasta con sopra il formaggio alla gatta che teneva nella bottega. A me fa venire in mente l’immagine di un uomo con un lato tenero ed affettuoso.


Sicuramente ha avuto alterne fortune nella sua vita economica. Stava bene prima della guerra, poi la guerra ne rovesciò le sorti. Un incarico amministrativo lo vide protagonista a Caulonia nel ventennio (non a caso diede al figlio nato nel '37 il nome di Benito) ricevendo anche un’onorificenza. Il dopoguerra regalò invece anni bui e di stenti che, come commenta il figlio Attilio, “in casa si facevano sentire e molto”. In quegli anni aveva una bottega alla "cresiola" all'angolo tra la 112 e via San Pasquale, dove vendeva il vino e qualche genere alimentare, praticamente di fronte alla casa della sorella Cata. “Ricordo”, racconta il figlio Attilio, “che verso giugno, ogni anno prendeva delle piante di fico in affitto per raccogliere i frutti dell'annata. Questo fondo mi pare che fosse di Furore e si trovava di fronte al cimitero. Si chiamava "u cianciano" forse dal nome del colono. Ricordo che veniva un perito che stimava i frutti della singola pianta e con un coltello faceva sul tronco tante tacche per quanto dovesse essere il canone: ogni tacca valeva dieci lire. Il canone per i frutti dell'annata costava di solito 90-110 lire. Papà prendeva tre piante coi fichi diversi: bianchi, neri e schiavi. Questi ultimi erano di un nero scuro e vellutato, in assoluto i più squisiti. Spesso papà mi portava a raccoglierli col paniere che, una volta colmo, copriva con le foglie e a piedi tornavamo a casa. In quel tempo i fratelli Mittiga - Cicciu, Rosi e Ninu – impiantarono subito dopo l’alluvione del 1951 il forno elettrico che, per il tempo e per Platì, fu un evento straordinario, un panificio innovativo che arrivava a rifornire le botteghe di alimentari dei paesi circostanti e perfino nelle marine. Una delle prime mattine di attività del nuovo forno, all'ora della prima sfornata, rientrando con i fichi appena colti, papà facendo la discesa che portava al forno, situato nella traversa della Strada Statale 112 che divide ancora il paese, nota come via 24 maggio, dove c'era anche il bar di Dante De Maio, prese dei filoncini caldi e fragranti e, tornatomi vicino, ne estrasse uno e lo tagliò per la lunghezza; sbucciando alcuni fichi, imbottì con essi il panino offrendolo a me affinché lo gustassi. Al solo pensiero ancora ho l'acquolina in bocca.” (continua)
Rosalba Perri & Attilio Caruso





Note.
- In apertura la Croce al merito di Guerra ricevuta da Francesco Caruso, bersagliere, per la sua partecipazione alla Grande Guerra.
- La foto centrale ritrae le Signore del forno elettrico dei fratelli Mittiga, dalla sinistra: Rosina Mittiga moglie di Rosi du bar, Ciccina Miceli, moglie di Ninu ca lapa e Caterina Marando moglie di Cicciu u carrarmatu.
- La registrazione musicale del primo video con Micheli u giamba e Silvano Barbaro è stata effettuata da me negli anni novanta del secolo delle stragi durante l'annuale festa du ritu.
- La foto del secondo video con registrazioni di Alan Lomax e Diego Carpitella, dalla vostra sinistra: la zia Jola sposa Tripepi, la zia Amalia, lo zio Pepè seduto e un non identificato signore.

2 commenti:

  1. Attilio Caruso; Ancora ricordi, emozioni, commozione e gioia. Ricordi indelebili che custodisco con amore ❤️ dentro e, quando riemergono, mi regalano belle sensazioni compreso una carica di energia positiva che mi aiuta nella mia quotidianità. Grazie ancora a Rosalba e Gino e anche a Francesca Mittiga che, immagino, abbia recapitato la foto del forno elettrico. Buonasera a tutti.

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  2. Francesca Mittiga: Ringrazio Rosalba e Gino,ma anche Attilio che si è ricordato personalmente di me,per il meraviglioso servizio che ha suscitato nel mio cuore una grande commozione.Le Signore del forno elettrico dei fratelli Mittiga,ossia mia madre e le mie zie,sono ancora oggi ricordate per la loro dedizione al lavoro ed alla famiglia,hanno lasciato un grande esempio e ne siamo tutti orgogliosi

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