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giovedì 11 maggio 2017

In Calabria (reg. Vittorio De Seta - 1993)


Quando e perché il Bruzio cominciò ad essere chiamato Calabria

Fra tante lacune che ingombrano la narrazione degli avvenimenti dei tempi di mezzo, una principalmente ne rimane ancora nella nostra storia « Quando e perché fu dato al Bruzio il nome di Calabria, nome
che designava dapprima la moderna penisola Salentina? 
E interamente discordi intorno a questo sono gli storici, poiché dal III alla fine dello VIII secolo fanno oscillare la data di un tale mutamento di nome; né io, in cosa tanto discussa, vorrei azzardare una mia ipotesi. Faccio quindi soltanto qualche osservazione.
Afferma l`Ughelli (1) che, ai tempi di Costantino imperatore, il Bruzio aveva gia cambiato il suo nome in quello di Calabria; ma troppo debole è l’argomento con cui egli vorrebbe sostenere la sua affermazione: dice infatti che negli atti del Concilio di Nicea, dell'anno 325, si legge che il Vescovo di Reggio vi si recò dalla Calabria. Ho potuto riscontrare però che negli Atti del Concilio di Nicea, nella sottoscrizione dei vescovi presenti, al Concilio, si legge soltanto: “Marcus provinciae Calabriae”.
Si può dedurre soltanto da questo dunque che quel vescovo di nome Marco fosse preposto alla Chiesa di Reggio? L'Ughelli assicura che si: perché intorno a quel tempo il catalogo dei vescovi di Reggio ne riporta uno di nome « Marco ››.
Ma chi assicura che quel « Marco della provincia di Calabria  non sia uno dei vescovi della penisola Salentina: di Brindisi, per esempio, di Taranto o di Otranto alle cui chiese la tradizione assegna origine apostolica, poiché si crede siano state erette da S. Pietro?
Questa ipotesi poi potrebbe venire avvalorata dallo stesso Ughelli, il quale, nel catalogo cronologico dei vescovi di Brindisi, da Dionigi, vissuto verso l'anno 202, salta a piè pari a S. Aproculo, vissuto verso il 350, senza saperci dare i nomi dei vescovi che ressero quella chiesa in quel secolo e mezzo, nel qual tempo appunto fu tenuto il primo Concilio di Nicea.
Nel catalogo dei vescovi della Chiesa di Taranto durante i primi sei secoli l'Ughelli ci sa dire soltanto i nomi di cinque vescovi, cominciando da Amasiano, forse ordinato da S. Pietro, nel 45, senza però saperci dare la cronologia degli altri quattro, né i nomi dei tanti altri che certamente nei primi sei secoli ressero quella Chiesa.
Non poté dunque nella Chiesa di Brindisi o in quella di Taranto trovarsi un vescovo di tal nome, il quale, intervenuto al Concilio di Nicea, più storicamente si potesse sottoscrivere: Marcus provinciae Calabriae?  A me pare che si; e se altro documento storico non ebbe da addurre il diligentissimo Ughelli per dimostrare che quel mutamento di nome era già avvenuto ai tempi di Costantino magno, quell’unico argomento da lui addotto prova nulla.
Al contrario, si hanno documenti certi per dimostrare che ai tempi di Costantino il Bruzio continuava ancora a chiamarsi Bruzio.
Da che l'Italia fu divisa in dipartimenti o province da Augusto, la quale divisione, modificata poi da Adriano, perdurò fino all'esarca Longino, la Lucania e il Bruzio formarono una sola provincia retta da un correttore, residente a Reggio o a Salerno secondo che richiedevano gli affari. Ora esistono tuttavia a Reggio e a Salerno due iscrizioni lapidarie del IV secolo, riportate dal Faccioli, (2) così espresse :
Correctori Lucaniae
et Brutorium inte
gritntis constantiae
moderationis anti
sti ordo populusque
Reginus
e l’altra :
Annio Victorino V. C.
Correctori Lucaniae
et Brutiorum ob
insignem benevolen
tiam eius ordo popu
lusque salernitanus

Come si vede, nell'uno e nell’altra iscrizione i Bruzi si chiamano ancora col loro nome antico.
E poi, nei rescritti di Cassiodoro, uno dei pochissimi, se non l'unico monumento scritto a cui si trova ridotta la storia per tutta la prima metà del VI secolo, nelle ordinanze da quel grande nostro compatriota scritte a nome di Teodorico e dei suoi successori, o a proprio nome, come prefetto del pretorio, nelle cose che riguardano la nostra regione, essa è sempre chiamata « Bruzio; ›› né io ho potuto trovare un passo in cui essa venisse appellata « Calabria ».
Senza dilungarmi in citazioni inutili, mi piace di riportarne soltanto una in cui è lodato il vino prodotto dalle terre, ancora ubertose, che stanno fra Palmi e Gioia Tauro:
  ”Vinum, (3) quod laudare cupiens, Palmatianum nominavit antiquitas, non stipsi asperum sed gratum suavitate, perquire ; nam licet inter vina Brutia videatur extremum factum, tamen est pene generali opinione praecipuumi ibi enim requiritur et Gazeto et Sabino simile, et magnis odoribus singulare. Quod ita redolet ut merito illi a palma nomen videatur impositum”.
ln questo brano si parla dei vini del Bruzio e soltanto con questo nome viene designata la regione: ma se in altro brano, oltre del Bruzio viene nominata contemporaneamente la Calabria, intendendo con questo nome la penisola Salentina, a me pare che resti con questo dimostrato che, nella prima metà del VI secolo, quelle due province ritenevano ancora il loro antico nome.
E difatti, avendo saputo Atalarico che gli avventori della grande fiera di Leucotea, nella Lucania, erano esposti agli agguati ed ai furti di malviventi, egli provvede alla sicurezza pubblica con un'ordinanza diretta al correttore Severo, e di cui trascrivo soltanto le poche parole che fanno al nostro bisogno: « (4) .... .. quid enim praecipuum mittit aut industriosa Campania, aut opulenti Brutii, am Calabri peculiosi, aut Appuli idonei, vel ipsa potest habere provincia, in ornatum pulcherrimae illius venalitatis exponitur,... ›› Verso la metà del secolo VI, dunque, gli abitanti delle nostre province ancora si chiamavano « Bruzi ››.
Quando dunque fu cambiato il nome alla regione? »
                                                                                         (continua)
 Occhiuto B.

(1) Italia Sacra. Vol. VIII. Part. Il pag. 172.
(2) Ricerche sui Bruzi. Vol. II. pag. 59.
(3) Cassiod. Variarum libr. XII.
(4) Cassiod. Var. libr. IX. 

POPSIS, Anno III, fascicolo 1 - 2, 1912
Foto (Natile Vecchio) di don Turi Carannante

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