Charles Dickens, A Tale of Two Cities, 1859
La zia
Amalia in realtà si chiamava Maria Amalia. Ecco come andò. Maria Amalia Gliozzi
nacque il 7 agosto del 1925, un venerdì. Il nonno Luigi per tempo si fece una
bella pensata e convinto che il nascituro probabilmente sarebbe stato l’ultimo
della sua progenie, allo stato civile ne aveva registrati già sette, tutti con
nomi familiari a lui o alla sua diletta sposa, la nonna Lisa che di cognome
andava Mittiga. Rimaneva ancora la mamma di sua mamma, Maria Amalia. Quest’ultima era figlia di Don
Rosario Zappia e Donna Rosa Lenzi, a diciannove anni sposò il trentaseienne Don
Giuseppe Fera. Con i cognomi citati siamo nel pieno del settecentesco Catasto
Onciario platiese e il Don è d’obbligo. Maria Amalia Gliozzi non ebbe una vita
facile e felice. Fin dalla sua adolescenza dovette occuparsi dei genitori, delle sorelle e dei fratelli. Gli anni trascorrevano e le sorelle più grandi andavano
spose, una, Serafina, vergine e sposa di Cristo. Costretta single, alla
morte del padre dovette occuparsi della madre e dei due fratelli sacerdoti, della
casa. In quei tempi, nei paesi dell’entroterra calabrese, governare la casa non
voleva dire fare le pulizie, rammendare o cucinare. Bisognava aver continuamente
cura dell’olio, del vino e del formaggio, che stavano negli angoli più riposti
e freschi della casa. Bisognava fare il sapone con l’olio più vecchio e con i
pomodori che arrivavano da Sfalassi in agosto fare la salsa, riempire le
bottiglie, metterle a bollire in enormi, affumicati calderoni di rame zincato,
che raffreddate bisognava mettere anch’esse in quegli angoli riposti. Prima
della Quaresima, a carnevale, c’era il maiale e i suoi derivati: sangue, cardara
con frittole e sajimi, pulire e riempire le budella con conseguente
stagionatura. Come anticipato, la zia Amalia fu anche al servizio dei due
fratelli preti, da giovane quando questi venivano spediti nei paesi della
diocesi, da grande quando gli stessi ebbero la cura della Parrocchia. Essi,
destinati ad essere gli ultimi parroci nati e vissuti in Platì. Le toccò in
sorte anche di doversi occupare dei predicatori quaresimali, e di quelli
delle feste: Ritu, San Rocco, Madonna del Rosario, Immacolata, San
Nicola, varie ed eventuali. Così, essa diventò la loro sposa e non ebbe
facilità e felicità alcuna. Dopo una vita al servizio di tutti lasciò la Terra lontano
da quella Casa che la vide nascere e sacrificarsi.
In apertura la zia Amalia in abito tradizionale calabrese e l'agendina dove il nonno Luigi il 7 agosto del 1925 fissò: "ore 7 nacque M. Amalia".



















