BOZZETTO CALABRESE
I racconti del mulattiere
Eravamo seduti accanto al vecchio focolare, poiché fuori c'era un metro di neve che impediva persino di mettere il naso fuori dall'uscio. Il più vecchio della compagnia, l’ex mulattiere Mico X, tra una boccata e l'altra,tirata dalla sua, assurda pipa di terracotta si mise a narrare. Era una vecchia abitudine di Mico X, quella di narrare le sue avventure ogni volta che se ne presentava l’occasione; e spesso si trattava di avventure sconclusionate, che deludevano l’uditorio: entravano, come si suol dire, da noi, «con la tocca», e uscivano «con la campana».
Comunque, ci accomodammo bene sugli sgabelli, per
prestare ai suoi discorsi la massima attenzione possibile. Il vecchio si mise a
rievocare.
Ai tempi d'oro della mia giovinezza, quando la gente
non pagava i contributi unificati, ero alle dipendenze del conte Don Vincenzo
di carbonìa; ma un giorno venni a diverbio con lo stesso, e me andai via. Ora
dovevo vivere con i miei mezzi, esclusivamente, perciò, la prima cosa che mi
toccò di fare, fu quella di scendere in paese e procurarmi un magnifico
coltello a serramanico. Me lo ricordo ancora: aveva una lama di circa venti
centimetri e uno scatto magnifico.
«Questo coltello» - pensai - «sarà la mia fortuna».
Il giorno dopo me ne andai nella vigna di un tale e mi
misi, a staccare grappoli e a mangiare; stacca e mangia, stacca e mangia, a un
certo punto comparve il padrone.
«Hei, là!» -- esclamò - «Qua il mondo è liberato?»
Io lo guardai bieco e risposi: «E' liberato, e tu che
vuoi?»
In così dire estrassi il coltello.
Quando vide il coltello, invece di scappare, come mi aspettavo,
divenne una bestia, Che lo avessero ammazzato dieci anni prima!!
Era uno solo, e fece quanto avrebbe potuto fare un
battaglione di soldati, mi si lanciò addosso con un bastone, mi fece volare via
il coltello dalle mani, e cominciò a picchiare come Briareo quando volle
suonarle a padre Giove.
Alla digressione mitologica, Mico X sorrise sotto i
baffi soddisfatto.
Io cercavo di vincolarmi, ma quel maiale mi tempestava
di geffole e di calci che avrebbero stordito un cervello elettronico. (Anche
stavolta Mico sorrise di soddisfazione).
A questo punto il racconto ebbe una pausa. Mico si
caricò la pipa nel focolare. Vedendo che continuava a tacere, lo stimolammo a
seguitare la narrazione. Ci guardò meravigliato e ci disse: «ma è finita da un
pezzo». Ci guardammo stupiti. Ma dovevamo essercelo aspettato. Non era la prima
volta che i racconti
di Mico X serbavano di queste sorprese. Non avemmo tempo
di rammaricarcene, che
Ciccio Domarom con un urlo di gioia scopri che le
patate sotto la cenere del focolaio erano cotte, sebbene noi, al principio del
racconto non ce le avessimo messe.
Intanto la vecchia moglie di Mico aveva tratto da uno
stipo una bottiglia di vino vecchio, e presi alcuni bicchieri, brindammo
allegramente. Ognuno disse la sua. Infine, nel silenzio generale si alzò il
vecchio ex mulattiere e declamò: «Eu mi lu jettu arretu a chista lamera -
brindisi fazzu a chista cumpagnèra».
Quando si trattava della rima, Mico X non transigeva,
doveva arrivare in fondo a tutti i costi. Il brindisi, tuttavia, non era
finito. Con la voce malferma, Mico continuò: «E ora guardu stu calici vacanti -
e dicu bona notti a tutti quanti».
Poscia si mosse soddisfatto, per andare a coricarsi.
MICHELE FERA
GAZZETTA DEL SUD 23 febbraio 1956Per chi è interessato alle cose eastwoodiane ricordo che anche il rapporto Clint Eastwood-mulattieri trasi ca tocca e nesci ca campana: risale al Francis mulo parlante 1955, passa per il pugno di dollari 1964 , gli affamati avvoltoi 1968 e arriva a The Mule 2019.
E ora guardu stu calici vacanti e dicu bona notti a tutti quanti
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