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giovedì 16 gennaio 2020

Quando volano le cicogne [di Michail Kalatozov, 1957]


LA NASCITA 24 giugno 1956

Nel tempo rimangono nella mente ricordi o lampi che sono lì e non li puoi datare perché fanno parte della tua coscienza.
Ricordo la ruvidezza di un costume da bagno di lana di colore verde bottiglia che mi pizzicava da asciutto e mi pesava come un macigno da bagnato; ricordo a Platì, seduta tra l’armadio e la cascia, la mamma che mi infila un pagliaccetto rosa di una stoffa così fresca che non ne ho più trovate uguali (avrò avuto 2 anni??!!)
E ricordo ancora l’odore di nafta della corriera al ritorno dal mare da Bovalino e quando questa si fermava davanti al panificio e la mamma scendeva e ci comperava i panini al burro e noi li mangiavamo piano perché non finissero mai... e altre cose che affiorano d’estate col caldo, non so perché.
Ed era l'estate dei miei quattroanniemezzo ed era caldo quel pomeriggio e la mamma, con una pancia enorme per me che la guardavo dal basso, forse si lamentava: tu volevi uscire.
Eravamo a Platì sulle scale di casa: ricordo la penombra e le correnti d’aria poi la mamma che scompare e la nonna Mariuzza che invita zia Pina a preparare me e Saro, ci vestono e nel sole cocente del pomeriggio veniamo portati a casa dello zio Giuseppino (il medico) perché a casa nostra doveva arrivare la cicogna.
Papà diceva ”sbrigatevi” ma nel tragitto Saro ed io scrutavamo il cielo per veder arrivare questa cicogna.
Papà ci lascia in quella enorme casa; i cugini erano già più grandi e noi ci sentivamo spaesati, ma la raccomandazione era che dovevamo fare i bravi: siamo stati seduti e zitti nell’atrio fresco e ventilato nell’attesa che ci riportassero a casa.
Anche se ci avevano detto che non era quella la rotta del volatile verso casa noi scrutavamo il cielo dalle tende svolazzanti leccando senza voglia un gelato.
Ogni tanto Saro mi guardava e io chiedevo "quando torniamo a casa?".
Era quasi l’imbrunire e l’aria si era fatta più fresca quando papà è venuto a riprenderci, felice ci raccontava che era arrivato un maschietto.
Forse correvamo per l’impazienza.
Ora le immagini mi diventano più nitide: facciamo di corsa le scale, mamma è a letto, tra lenzuola bianche pulite, sorride, Saro ed io saliamo sul letto e lei ci bacia, in quella entra la nonna: in braccio un fagottino avvolto in una copertina celeste, si avvicina a noi seduti al bordo del letto e ci porge il bambino.
”Guardate, ecco Gianni”.
Abbiamo gli occhi e il cuore pieni di gioia, guardo la pancia della mamma, ma non mi faccio domande, ti faccio una piccola carezza, ti ho subito voluto bene. Gianni.
Maria

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