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giovedì 22 novembre 2018

Il destino di un uomo [Sergei Bondarchuk,1959] Evangeline



Questa volta la colonna sonora ve la do pima

She stands on the banks of the mighty Mississippi” Robbie Robertson





Forse che gli altri sono migliori di lui?”, Harriet Elizabeth Beecher Stowe, La Capanna dello Zio Tom

La “nanna Cata” aveva avuto un inizio di matrimonio probabilmente difficile e non per colpa del bisnonno Pasquale, che si dice fosse un uomo molto buono, era uno dei “santillini”, ma da colui che possedeva il paese e faceva il bello ed il cattivo tempo. Cata riuscì comunque a portare avanti la sua famiglia di cinque figli. 

Mio nonno Giuseppe Antonio, detto Peppantoni, senza alias perché bastava il nome a riconoscerlo, nacque nel 1904, secondo figlio di Cata e Pasquale. Fu mandato dai genitori ad imparare il mestiere di calzolaio a Reggio Calabria e pare che divenne molto bravo anche a disegnare le scarpe, tanto da conquistare la futura moglie Rosa, per tutti Rosina, proprio con delle scarpe dal modello esclusivo. Si sposarono nel ’29 quando lei, prima figlia di Peppina Caruso da Careri e Francesco Miceli, macellaio di Platì, aveva ventun anni e lui ventiquattro. Testimoni di nozze furono Francesco Marando, di anni 30, calzolaio e Giuseppe Zappia di anni 32, civile.
Peppantoni, fino ad allora calzolaio, possedeva anche la passione per i motori coltivata durante il periodo del militare quando fungeva da staffetta in moto, per cui decise di cambiare mestiere. Rosina, aveva portato in dote del danaro, come si usava a quel tempo. Nel mentre nonno Pasquale era partito per l’Australia da dove inviava il denaro per allargare ed elevare di un piano la casa di famiglia; Peppantoni, sentiva la responsabilità di capo-famiglia benché avesse un fratello maggiore di due anni, e non voleva lasciare l’abitazione dei genitori. Con il denaro della dote, mio nonno comprò la sua prima auto, una Citroen in cui riusciva a ficcare fino a venti passeggeri. Effettuava il servizio taxi dal paese alla marina e si infuriava con le donne e con i bambini che vomitavano in auto a causa delle curve. Aveva inoltre un contratto con lo Stato per il trasporto dei carabinieri di stanza a Platì. Anche quando la caserma fu fornita di camionetta, i militi dovevano servirsi del taxi di Peppantoni per i viaggi fino alla marina. In seguito, ebbe altre due FIAT di cui una giardinetta. Io ricordo soprattutto quest’ultima che riusciva comunque a stipare di clienti. Alla fine, fu venduta a qualcuno di Ciminà che fece tagliare la carrozzeria nella parte posteriore trasformandola in un pick-up ante litteram. Negli anni ’50 ebbe anche un camion che usava per il trasporto merci e laterizi. Lo acquistò inizialmente con due soci, il cognato Nino Miceli ed un signore di nome Molluso, allorché decise di comprare le quote degli altri due e lo gestì da solo.
Come molti uomini di quel periodo, era andato a scuola, forse fino ai tredici anni, ma poi aveva coltivato solo la passione per la lettura, tanto che a mio padre dando il nome del nonno vi aggiunse Evangelino, perché quando lui nacque stava leggendo “La capanna dello zio Tom”, innamorandosi del personaggio di Evangelina. (continua)

Rosalba Perri





3 commenti:

  1. Rileggendo, mi sembra scritto da una bambina di quinta elementare, ma forse è così che mi sono sentita.

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  2. Leggendo e rileggendo sembra di leggere le memorie familiari di Lucia Lo Presti,in arte Anna Banti...aspettiamo il seguito

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  3. Rosalba le storie della tua famiglia assieme a quelle riportate da mio fratello forniscono realtà vive del nostro amato paese,mm

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