Ring, ring the bells
Wake the town
Shout at the crowd
Wake them up
This anger's deeper than sleep.
"La Resurrezione di Piero della Francesca, con il suo dio campagnolo che riemerge rosa come l'aurora nella luce grigia del mattino mentre gli esseri umani dormono ancora, è un dio che " è stato adorato fin da quando l'uomo ha appreso che il seme non è morto nel terreno invernale, ma salirà a forza aprendosi una strada nella crosta di ferro".
Kenneth Clark citato da Attilio Brilli nella introduzione a "From Ritual to Romance" di Jessie Weston del 1920
Campane di Pasqua
Lanciano le campane il peana trionfale del meriggio di purezza e di
pace sul mondo. E' il canto sonoro delle speranze che muoiono per risorgere --
scrive il gentile prosatore G. A Quirico
-- dei sogni che s’infrangono-per rinascere, delle fiamme che si spengono per
risplendere ancora; è il poema candido e perfetto di tutte le cose forti, di tutte le cose buona, di tutte le cose pure; è la luce
dello spirito invincibile che si irradia ancora, sempre
sulla Ianda fangosa delle miserie umane. E questa luce vivida e abbagliante
avvolge tutte le cose, incendia l’orizzonte, illumina tutte le anime.
Sia la Pasqua apportatrice di bene per
tutti; per lo stanco operaio e per chi vegliò le notti
sul forte lavoro spirituale, che fu sempre tutto il suo sogno, tutta la sua vita, che scaturì superbamente dai meandri più
ignorati della sua anima, che vive, gioisce piange, spera in qualcosa di più
alto, di più puro di questa miserrima vita quotidiana.
La Pasqua è vita che si rinnova che si
perpetua trionfante e orgogliosa. Noi che abbiamo nel cuor la fucina di mille canzoni, - continua il Quirico -- noi che trasciniamo
per tutte le vie, sopra tutti i dolori, sotto tutte le umiliazioni, sempre
intatte e fiere le nostre fedi; noi che agitammo sempre
arditamente al sole i brandelli delle nostre bandiere lacerate
dal vulgo briaco o invidioso, noi che soffrimmo tutto il dolore pur di
mantenere alta l’Idea che ci cantava nel cuore il suo malioso invito; noi oggi,
in questa novissima Pasqua che viene col sorriso della primavera, noi
dobbiamo alzar la fronte, schiudere il cuore a questo soffio d’aria pura, perché vi porti il saluto augurale di una rinnovazione.
E l'augurio sia anche per tutti voi o lettori di questo quotidiano su
cui scriviamo diuturnamente, forse anche con le lacrime, la parola che incita,
che migliora; che conforta. Il nostro apostolato è denso di bene, come acqua
limpidissima che fluisce invisibile nelle anime, e le lava e le abbellisce e le risana. Su quanti cuori
la nostre parola, portò un sorriso, a quanti occhi terse una lacrima, a quante
anime ridonò la fede.
Se questa festa non fosse una pia illusione d'un giorno solo; ma
restasse indelebile in tutti i cuori come una data santa che s'incide nel
bronzo perché sia intangibile nel tempo, se
veramente l’uomo, negli allegri ghirigori sonori delle campane, ritrovasse le
scaturigini perfette della sua gioia e tutto potesse lanciare nel cielo, inebriato di sole e di profumo della natura che si ridesta,
questa sarebbe la vera Pasqua del risveglio e del lavacro che ci farà schiudere
le labbra a un nuovo sorriso e ci spingerà tutti a un nuovo patto di santa
fratellanza.
Ogni cuore, abbia la sua fiorita alba di risurrezioni e il peana trionfale
delle campane benedette squillano nel gran cielo d’oro, sia il cantico di
giubilo eterno, com’è eterno Dio risorto!
Nota.Testo risalente alla prima/seconda decade del secolo scorso di autore ignoto, non rintracciabili testata e data di
pubblicazione, incluso nell’archivio documenti di E. Gliozzi senior. A rileggerlo sembra scritto proprio per una riscossa della Valle del Ciancio e del Bonamico dove ancora i semi stentano ad aprirsi una strada nella crosta di ferro.
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