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lunedì 9 dicembre 2019

Abuna Messias [di Goffredo Alessandrini, 1939]



Finché la Chiesa, il mondo contadino, la borghesia paleoindustriale erano un
tutto unico, la Religione poteva essere riconosciuta in tutti e tre questi momenti
di una stessa cultura. Anche – ed è tutto dire – nella Chiesa: nel Vaticano. I
delitti contro la religione perpetrati dalla Chiesa – se non altro per il fatto stesso
di esserci – erano giustificati dalla Religione. Era possibile prestar credito, cioè,
al qualunquismo umanistico dei suoi prelati secondo cui, appunto, il fine poteva
giustificare i mezzi: un’alleanza col Fascismo per esempio poteva parere un
mezzo giustificato dal fine, consistente nel preservare, per i secoli futuri, la
Religione. D’altra parte niente poteva far pensare che il mondo contadino,
religioso (e la borghesia paleoindustriale di origine contadina) sarebbe così
rapidamente finito.
Pier Paolo Pasolini, Marzo 1974.

Ancora una volta con voce ferma e robusta ripeto: “D’Italia la gioia e l’offesa divide la Chiesa”. Come nelle giornate tristi della Patria in cui le bandiere si alzavano imbrunate, come abbiamo visto, dicevo, affollarsi le chiese di moltitudini piangenti per santificare il dolore di madri e pargoletti! così nelle giornate liete, come questa, la chiesa spalanca le sue porte per fare entrare una moltitudine giubilante.
E cantano a Dio – Ottimo Massimo – il Te Deum del ringraziamento per la grandezza delle grazie ricevute, che sono, per avventura, tali e tante le grazie che non basta la parola umana a enumerarle.
Si Te Deum laudamus, ti lodiamo o Signore, perché hai voluto dare piena, grande, completa vittoria all’Italia da trionfare sulle barbare nazioni più o meno fraternizzate fra loro.
Insegni Ginevra.
Ti lodiamo, o Dio, perché hai voluto che un Re latino, stirpe di eroi e di Santi cingesse la corona di quello impero di Salomone, caduto dopo lunga teoria di anni nella barbarie e nel fango.
Ti lodiamo per il nostro condottiero e Duce che con mano ferma regge i destini della Patria fatta da Lui più bella e più grande.
Ti lodiamo perché hai voluto darci dei generali sommi, degli scienziati che sono l’invidia del mondo, dei soldati che sono semplicemente magnifici.
Si ti lodiamo o Dio degli eserciti Deus Iabahot che fosti presente a Veyhelli, ad Axum, a Macallé, che fermasti il tuo sguardo su Addis Abbeba che è nostra.
Che facesti del tuo sacerdote, il padre Giuliani, un novello martire della Religione e della Patria.
Che nei terribili fiumi impetuosi, nelle zone infocate della Somalia, sulle alture inaccessibili del Tigrai, fosti fortezza nel braccio e nel cuore dei nostri fanti, che si aprivano il passo con la spada e con la zappa per il trionfo di quella Roma, per cui il tuo Cristo è romano.
Si, ti lodiamo o Signore, per l’aiuto che ci desti in mare, in terra in cielo, è piena la terra della tua Gloria. Tu Re gloria e Christe!
E intendo che si associano al nostro canto le innumerevoli schiere degli angioli e dei santi tutti del cielo, come delle anime buone della terra perché in te, Domine, speravi.
Nel Signor chi si confida col Signor risorgerà.
In te Domine speravi, non confundar in aeternum 
ERNESTO GLIOZZI il vecchio, Platì 10/5/ 36

«E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare, un uomo che non avesse la preoccupazione della scuola liberale››.
[PIO XI, Discorso ai docenti e agli allievi della Università del Sacro Cuore, 13 febbraio 1929]

L'uomo che la divina Provvidenza fece incontrare a Pio XI, per «restituire l'Italia a Dio e Dio all'Italia››, era un ateo integrale, un bestemmiatore abitudinario di Gesù Cristo, della Madonna e di tutti i Santi, disposto sempre, anche dopo la Conciliazione, a riprendere i temi del più volgare anticlericalismo, in cui aveva battuto ogni primato, prima di passare dal sovversivismo anarchico alla reazione, in difesa del trono, dell'altare e del portafoglio dei «pescecani››.
Ernesto Rossi, Il manganello e l’aspersorio, Kaos edizioni, Milano 2000

Ho indugiato molto a pubblicare questo manoscritto redatto a seguito della conquista della regione del Tigrè da parte dell'esercito italiano nell'ottobre del 1935. Come altre volte mi sono trovato ad un bivio, continuare o smettere le pubblicazioni. Allo stesso tempo non voglio giudicare azioni e fatti passati perché non ho la capacità di mettermi nei panni di chi quelle azioni e fatti li ha vissuti, come mi manca la lucida riflessione di Pasolini. Il senno di poi non basta. E i tempi attuali, recenti e meno recenti, il futuro preparatoci – e su questo lo scrittore e regista ci aveva già anticipato tutto -  non sono affatto dissimili dagli anni in cui lo zio scrisse e lesse in chiesa questa apologia. Ad onestà del vero, e non per minimizzare quanto sopra scritto, riporto che in quegli anni lo zio non era solo: mons. Giosofatto Mittiga fece carriera grazie alla cura fascista, l’avvocato Rosario Fera scrisse fogli di aperto plauso a quel movimento, mons. Minniti esibiva dei baffetti molto Führer, senza contare i vari Podestà che approfittarono, con la gestione personale, della cosa pubblica; nonno Luigi e di seguito don Gustinu Mittiga amministrarono con nomina del Prefetto di Reggio l’ammasso delle olive e del grano. Tutti in men che non si dica, se non passarono a miglior vita, al primo sentore di scricchiolio del Regime fecero un tempestivo volta faccia con allineamento abbracciando lo scudo crociato, e l’anticomunismo ormai di moda. Ancora, cosa strana, l’unico a non trarne nessun beneficio fu il maresciallo Giuseppe Delfino che, rubando il Ciconte, in pieno fascismo rifiutò di iscriversi al partito e questo suo atto di ribellione gli costò la «mancata promozione a maresciallo maggiore», tenendo, per giunta, nel primissimo dopoguerra, sotto l’ombra da spica, le redini del paese.

Per uscirmene vi propongo Bob Marley & The Wailers con il suo inno rastafari

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