Finché la Chiesa, il mondo contadino, la borghesia
paleoindustriale erano un
tutto unico, la Religione poteva essere riconosciuta in tutti e
tre questi momenti
di una stessa cultura. Anche – ed è tutto dire – nella Chiesa: nel
Vaticano. I
delitti contro la religione perpetrati dalla Chiesa – se non altro
per il fatto stesso
di esserci – erano giustificati dalla Religione. Era possibile
prestar credito, cioè,
al qualunquismo umanistico dei suoi prelati secondo cui, appunto,
il fine poteva
giustificare i mezzi: un’alleanza col Fascismo per esempio poteva
parere un
mezzo giustificato dal fine, consistente nel preservare, per i
secoli futuri, la
Religione. D’altra parte niente poteva far pensare che il mondo
contadino,
religioso (e la borghesia paleoindustriale di origine contadina)
sarebbe così
rapidamente
finito.
Pier Paolo Pasolini, Marzo 1974.
Ancora una volta con voce ferma e robusta ripeto: “D’Italia la gioia e
l’offesa divide la Chiesa”. Come nelle giornate tristi della Patria in cui le
bandiere si alzavano imbrunate, come abbiamo visto, dicevo, affollarsi le
chiese di moltitudini piangenti per santificare il dolore di madri e
pargoletti! così nelle giornate liete, come questa, la chiesa spalanca le sue
porte per fare entrare una moltitudine giubilante.
E cantano a Dio – Ottimo Massimo – il Te Deum del ringraziamento per la
grandezza delle grazie ricevute, che sono, per avventura, tali e tante le
grazie che non basta la parola umana a enumerarle.
Si Te Deum laudamus, ti lodiamo o Signore, perché hai voluto dare
piena, grande, completa vittoria all’Italia da trionfare sulle barbare nazioni
più o meno fraternizzate fra loro.
Insegni Ginevra.
Ti lodiamo, o Dio, perché hai voluto che un Re latino, stirpe di eroi e
di Santi cingesse la corona di quello impero di Salomone, caduto dopo lunga
teoria di anni nella barbarie e nel fango.
Ti lodiamo per il nostro condottiero e Duce che con mano ferma regge i
destini della Patria fatta da Lui più bella e più grande.
Ti lodiamo perché hai voluto darci dei generali sommi, degli scienziati
che sono l’invidia del mondo, dei soldati che sono semplicemente magnifici.
Si ti lodiamo o Dio degli eserciti Deus Iabahot che fosti presente a
Veyhelli, ad Axum, a Macallé, che fermasti il tuo sguardo su Addis Abbeba che è
nostra.
Che facesti del tuo sacerdote, il padre Giuliani, un novello martire
della Religione e della Patria.
Che nei terribili fiumi impetuosi, nelle zone infocate della Somalia,
sulle alture inaccessibili del Tigrai, fosti fortezza nel braccio e nel cuore
dei nostri fanti, che si aprivano il passo con la spada e con la zappa per il
trionfo di quella Roma, per cui il tuo Cristo è romano.
Si, ti lodiamo o Signore, per l’aiuto che ci desti in mare, in terra in
cielo, è piena la terra della tua Gloria. Tu Re gloria e Christe!
E intendo che si associano al nostro canto le innumerevoli schiere
degli angioli e dei santi tutti del cielo, come delle anime buone della terra
perché in te, Domine, speravi.
Nel Signor chi si confida col Signor risorgerà.
In te Domine speravi, non confundar in aeternum
ERNESTO GLIOZZI il vecchio, Platì 10/5/ 36
«E forse ci voleva
anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare, un uomo
che non avesse la
preoccupazione della scuola liberale››.
[PIO XI, Discorso ai docenti e agli allievi della Università
del Sacro Cuore, 13 febbraio 1929]
L'uomo che la divina
Provvidenza fece incontrare a Pio XI, per «restituire l'Italia a Dio e Dio
all'Italia››, era un ateo integrale, un bestemmiatore abitudinario di Gesù
Cristo, della Madonna e di tutti i Santi, disposto sempre, anche dopo la
Conciliazione, a riprendere i temi del più volgare anticlericalismo, in cui
aveva battuto ogni primato, prima di passare dal sovversivismo anarchico alla
reazione, in difesa del trono, dell'altare e del portafoglio dei «pescecani››.
Ernesto Rossi, Il
manganello e l’aspersorio, Kaos edizioni, Milano 2000
Ho indugiato molto a pubblicare questo manoscritto redatto a seguito della conquista della regione del Tigrè da parte dell'esercito italiano nell'ottobre del 1935. Come
altre volte mi sono trovato ad un bivio, continuare o smettere le
pubblicazioni. Allo stesso tempo non voglio giudicare azioni e fatti passati
perché non ho la capacità di mettermi nei panni di chi quelle azioni e fatti li ha vissuti, come mi manca la lucida riflessione di Pasolini. Il senno di poi non
basta. E i tempi attuali, recenti e meno recenti, il futuro preparatoci – e su
questo lo scrittore e regista ci aveva già anticipato tutto - non sono affatto dissimili dagli anni in cui
lo zio scrisse e lesse in chiesa questa apologia. Ad onestà del vero, e non per
minimizzare quanto sopra scritto, riporto che in quegli anni lo zio non era
solo: mons. Giosofatto Mittiga fece carriera grazie alla cura fascista,
l’avvocato Rosario Fera scrisse fogli di aperto plauso a quel movimento, mons.
Minniti esibiva dei baffetti molto Führer, senza contare i vari Podestà che approfittarono,
con la gestione personale, della cosa pubblica; nonno Luigi e di seguito don
Gustinu Mittiga amministrarono con nomina del Prefetto di Reggio l’ammasso
delle olive e del grano. Tutti in men che non si dica, se non passarono a
miglior vita, al primo sentore di scricchiolio del Regime fecero un tempestivo
volta faccia con allineamento abbracciando lo scudo crociato, e l’anticomunismo
ormai di moda. Ancora, cosa strana, l’unico a non trarne nessun beneficio fu il
maresciallo Giuseppe Delfino che, rubando il Ciconte, in pieno fascismo rifiutò di iscriversi al partito e questo suo atto di
ribellione gli costò la «mancata promozione a maresciallo maggiore»,
tenendo, per giunta, nel primissimo dopoguerra, sotto l’ombra da spica, le redini del paese.
Per uscirmene vi propongo Bob Marley & The Wailers con il suo inno rastafari
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