LA NUOVA CORRIERA
Dopo la prima guerra mondiale, i Braidesi si erano messo in testa di
sostituire con un autobus la diligenza che collegava l’abitato con lo scalo di Vigliatore.
E venne il giorno che la vecchia carrozza dei Davico, trainata da tre cavalli,
dovette andare in ritiro.
La nuova corriera, un camion residuato di guerra adattato a trasporto
passeggeri, faceva due corse al giorno. La prima corsa alle cinque del mattino.
La seconda all’una del pomeriggio. D’estate all’ora della partenza mattutina
era già giorno fatto o quasi, e c’era un’aria fresca e pulita che rincuorava;
ma d’inverno era ancora notte fonda, buio e freddo pungente. I viaggiatori
comparivano alla spicciolata, con forte anticipo, per tema di perdere la corsa,
e in attesa che il vetturone uscisse dal garage sostavano sul marciapiedi del
Monte agrario, davanti a mucchi di bagagli: valige scalcinate, sacchi, ceste,
damigiane impagliate, panieri di frutta, cacciagione, e quando una vecchia
sedia a dondolo, quando una macchina da cucire, quando un sofferente tutto
fasciato diretto all’ospedale. ( … ) Il giorno che partirono i nostri zii per l’America
s’era radunata una vera folla di gente. Zia Concetta e zia Vincenzina avevano
preso posto vicino a un finestrino accanto ai loro mariti. C’era un’animazione e
mestizia, allegria misto al pianto. Nonno Nino parlava alle figlie, raccomandando
loro mille cose, e continuò ad anelare nel gesto dell’addio quando la corriera
era già scomparsa in un nugolo di polvere verso la curva della Pila.
Appena la gente diventava adulta, Braida doveva sembrare un luogo
troppo angusto, troppo chiuso, senza possibilità di avvenire. Perciò molti
cercavano di andarsene, chi per una via chi per un’altra. Per provare poi il
senso della lontananza e il desiderio del ritorno.
Perché, da lontano, i luoghi dell’infanzia
si ricordano e si amano con uno struggimento continuo dell’anima. Specialmente
quando il ritorno non è consentito.
Nicola Terranova, I cari luoghi del delitto, Pan Milano
1971 pag. 42
Nota - Questo testo non lo trovate nello scaffale di
Google. Lo estorto ieri a Montalbano Elicona nella via che porta il nome
dello scrittore citato. In quel paese ci tengono a mettere in luce i loro
concittadini più illustri. Quello che all’istante mi ha più colpito
è lo scrivere elegiaco mai nostalgico, il raccontare le opere e i giorni di un
paese, cosa che goffamente cerco di fare con queste pubblicazioni. Ora per
continuare una disputa ribadisco che non è la sola pubblicazione di una foto,
con allegati commenti, più o meno d’epoca, a far parlare una comunità, è anche
la riproposizione in chiave personale di avvenimenti o personaggi, partendo da
coloro che in questo mondo ci hanno messo, anche con l’idea di rivedere la Storia,
che non è mai come la racconta uno solo.
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