lunedì 30 ottobre 2017
sabato 28 ottobre 2017
Ohio - Crosby,Stills, Nash & Young
Italia
Al Signor
Luiggii Gliozzii fù Francesco
Provincia Reggio Calabria
(Platì
Kent, Ohio li 17 Maggio 1939
Mio affettuoso cogino.
Dopo un lungo e muto silenzio mi afretto a darvi miei notizie è spero
che la mia presenti vi trovassi tutti beni assiemi la vostra rispettaboli
famiglia, riguardo mé sto puri beni contutta la mio famiglia
Mio caro cogino volessi che mi fati il favori di vederi se io sono
registrato al Municipio di Platì, è di mandarmi la mia fedi di nascita che io
vi mando subito la moneta che doveti pagari per cacciarla, perché mi fa molto
bisogno a dovi lavoro, io credo che questo piaceri mi lo fati senza vostro
interessi, grazie.
Anticipato, così aspetto una vostra risposta più presti che poteti
fatelo per favori.
Che sempre siamo sangue, è no fa bisogno che mi sogetto a daltro, non
più vi lungo vi salutano i miei 9. Figli, saluto i vostri figli, saluto la
cogina D. Serafina, saluto il cogino D. Arnesto, vi saluta mia moglii, è
salutiamo avostra moglie. Vi saluta mio fratello Cesari,
ora vi saluto io e dandovi la mia destra sono vostro cogino Giulio
Gliozzii, Pronta risposta
il mio indirizzo è questo
Mr Julio Iliozzi
136 West Day St
Kent, Ohio
Etichette:
Once upon a time in Platì
martedì 24 ottobre 2017
È nata una stella (reg. William A. Wellman - 1937)
Il Fronte Democratico Popolare (Stella) nelle elezioni del 18 aprile 1948 prese a Platì 464 voti mentre a Casignana ne riportò 115.
lunedì 23 ottobre 2017
Il Medaglione (reg. John Brahm - 1946)
Posilipo
27 Giugno 1865
Mio
caro Sig.r Compare
Nel
corso di questo mese non mi avete scritto, che una sola lettera, e non so a che
attribuire la ragione. Voglio augurarmi, che ciò non sia per causa di salute,
della quale mi attendo le vostre buone nuove, come pure di quelle dei miei
fratelli, e degli altri nostri congiunti, ed amici, che salutiamo.
Noi
qui stiamo tutti bene.
Attendevo
pure la rimessa di ducati duecento che mi promettevate, ma sono rimasto deluso.
Vi prego dunque al più presto possibile di spedire in Palmi tutta la somma
disponibile a quel mio affettuoso Sig.r Zio D. Pasquale Suriano, il quale
soltanto di tutti quei miei congiunti mi rimase affezionato, e costante,
avendolo gravato di un pagamento di Ducati 300, di cui ebbi bisogno per pagare
i mobili ed altre spese pel mio matrimonio, che mi ha consumato. E mi sarei
veramente disperato; se non avessi trovato per moglie un angelo di bontà, che
mi compensa colla sua carissima attenzione, colle sue virtù e colle incessanti
cure e sollecitudini, che ha per me. Ella insiste sempre più di accompagnarmi
nella mia venuta nel prossimo autunno per cui bisogna fare i necessari
preparativi per riceverla degnamente, e come merita ed ottenere il permesso di
potersi celebrare la messa nella Casina. Se mi mandate le carte, sarà mia cura
di ottenere da Roma, ove vi sono parenti della Contessina che avvicinano anche
il Papa, ed ha una Cugina nipote di un Cardinale, e che è conosciuta dal S.
Padre, il quale le complimentò un medaglione per suo matrimonio.
Salutatemi
tutti i domestici, e particolarmente il compare massaro Pasquale Perri e mastro
Antonio Caruso, cui direte che non mi ha più scritto.
Se
avrete denaro disponibile al di là di Ducati 300, consegnerete l’avanzo al
Cugino Arciprete o pure a D. Stefano suo fratello cui devo Ducati 315 e sono
due volte che mi scrive e mi fa premura di mandarglieli ad onta, che gli feci
conoscere le mie circostanze. Desidero conoscere, se avete venduto gli asini,
il mulo e se avete comprato la giumenta, come vi avevo pregato. Attendo la
notizia dell’estimo del grano e dell’orzo e dell’industria bachi da seta, ossia
la quantità dei primi, e quella dei bozzoli.
Non
altro per ora, vi abbraccio di cuore col mio prediletto fratello D. Ciccio e
col S. Cugino Arciprete e mi raffermo
Vostro
affezionatissimo compare
Filippo
Oliva
Nota - La presente lettera era indirizzata a Filippo Gliozzi che era procuratore dei conti Oliva.
domenica 22 ottobre 2017
Immortalità (reg. Miklós Jancsó - 1959)
Per chiudere questa breve trilogia Fera ecco l'orazione funebre di Ernesto Gliozzi il vecchio per Michele Fera padre di Mimì. Ricorrendo alla fresca genealogia di Francesco di Raimondo, nacque in Platì il 14 dicembre 1851 da Francesco e Taliano Francesca. Dalle nozze con Concetta Ieraci nacquero Francesco, Alfonzina, il citato Mimì (Domenico) e Antonio. Questo documento, spoglio di data, molto probabilmente risale al secondo decennio del secolo scorso.
Signori
In nome della famiglia, della fratellanza ed anche in nome di tutti
voi- se mi permettete – compio il mesto ufficio di dare l’estremo saluto alla
salma di Michele Fera- Italiani. Se l’affermazione di Bruto- che la virtù cioè
è un nome vano – si può considerare ancora come l’hanno considerata i nostri
maggiori quale essa è: una bestemmia … Se nel naufragio di tante cose belle e
distrutte rimane ancora a galla qualche cosa come il galantomismo, la bontà,
l’onestà … io vi prego di ascoltare, riverenti, il saluto che porgo, con voce
commossa, a quest’uomo d’altri tempi, che tenne ferma la sua bandiera,
materiata tutta di bontà.
Il non fare male ad alcuno, il beneficare gli altri all’occorrenza,
l’essere immacolato d’egoismo: tutto questo credo basterebbe oggigiorno per
rilasciare il nulla-osta sul passaporto lusinghiero di colui che si affretta
verso le porte dell’immortalità.
Perdonatemi ho detto una parola audace “l’immortalità“…
Non già che io pensi che Michele Fera dovrà vivere sempre in mezzo a
noi e nelle menti delle generazioni future … C’è troppa fretta, lo so, per
dimenticare i morti! Ma quella parola che mi è sfuggita serviva a denotare
l’ideale verso cui camminava l’estinto – l’immortalità dell’anima intendo – e
quest’ideale, questa fede erano il suo retaggio migliore, era tutto ciò che
aveva conservato gelosamente; informando ogni atto, ogni sentimento della sua
vita ai santi dettami di questa religione: Non arrossiva di credere, non si
vergognava di Dio. Oh non ci siano qui a sentirmi dei bugiardi apostoli del
nulla, a cui Dio è il ventre; se ci fossero potrei ripetere loro le parole di
Robespierre che scriveva a Chomet: “ La morte non è un sonno eterno, essa è il
principio dell’immortalità “. Basta, basta.
Ecco perché Michele Fera fu buono, onesto, benefico; ecco perché soffrì
con rassegnazione i dolori e si addormentò placidamente nel bacio del Signore.
Posso coscientemente affermare che il mio penitente, il mio
confratello, il mio amico, sul letto di morte, non ebbe un rimorso che lo
facesse piangere, non ebbe un nemico da perdonare né un centesimo da
restituire. Ebbe invece tutto l’affetto tenero di angioletti figli, l’amore
ardente della sua compagna e, questa sera, la manifestazione di stima di questo
popolo che l’accompagna. Credo che basti.
Che se poi la mano sacrilega di una falsa civiltà moderna vorrà dare
gli ultimi colpi di scure ai puntelli che sostengono l’impalcatura della civile
società; dalla rovina immane allora sorgeranno delle ombre a protestare, ed in
mezzo alloro anche tu, o Michele Fera – Italiani.
Per ora riposa in pace. Ti sia premio Iddio, cui tu credesti.
Ti accompagni il saluto dolorante della famiglia, il mesto rimpianto
dei fratelli della congregazione a cui appartenesti; e le benedizioni di tutti
quanti ti conobbero, ti stimarono e amarono.
Addio per sempre.
Ernesto Gliozzi sen.
mercoledì 18 ottobre 2017
A Thunder of Drums (reg. Joseph M. Newman - 1961)
Gli imbonitori televisivi avrebbero detto: “siamo qui in vena di stupirvi”. E forse è così. Ancora qualcosa che
ha a che fare con Mimì Fera questa volta tratto dall’archivio di famiglia. Una
foto e un personaggio della Platì che fu: un tamburo e il suo massimo, abile player,
Gianni u tamburinaru Romeo. Una coppola, un corpo, un volto che ritornano intatti. Nell’immagine
la formazione classica ricordata da Mimmo Catanzariti: “Gianni Romeo, Michele, Giamba, Trimboli e ‘Ntoni u Miricriju” (inAspromonte,
gennaio 2015, n. 005).
La foto, ora nell’archivio dei pulinaroti,
è stata scattata da Mimì Fera dal balcone di casa Caruso, tuppu
iancu, Giuseppe.
Quello che segue è una cosa vecchia che trovate tra queste pagine.
“Credo che quando la mamma di
Gianni lo concepì pensò già da allora di farne un suonatore di tamburo, così
venne su massiccio, e, dono della natura, con il braccio sinistro più corto,
cosa che lo aiutò molto a divenire un esperto dello strumento. E’ stato l’ultimo
ad aver gridato il bando per le vie, annunziando le ordinanze del
municipio, come le offerte mercantili sempre con la stessa cadenza di voce,
preceduta dai rulli del suo tamburo.
A quel tempo gli strumenti,
tamburo e grancassa, venivano realizzati artigianalmente con legno, pelle di
capra o pecora e corda. Ricordo che Gianni aveva un tamburo con una cassa di
risonanza larga circa 30 cm. dipinta di nero, mentre la grancassa di Michele
era verde.
I motivi che suonavano nei giri
erano due: un adagio molto marziale e una tarantella, a cui si aggiungeva un
lento intonato solo fuori dalla chiesa al momento della consacrazione
dell’ostia e del vino. Se il comitato che organizzava le feste raccoglieva
soldi sufficienti al tamburo e alla grancassa si aggiungevano i giganti: il re,
la regina e l’asino, questi la tarantella la ballavano lungo il percorso e
talvolta sostando davanti a quei generosi che offrivano denari o rinfreschi”.
Etichette:
Once upon a time in Platì
martedì 17 ottobre 2017
Il Superiore (reg. Keisuke Kinoshita -1953)
Questa è una scoperta di poche ore. Cercando alla voce Fera, che non è la più celebre, quella
di Stefano Horcynus Orca D’Arrigo: da
quella i cariddoti non si salvavano.
Quella mia, o se volete platiota, è un cognome tra i più in vista: l’avv.
Rosario Fera, il dottor Fera, medico dei santulucoti, la signora Graziella, notaio in Bergamo, la mamma del nonno Luigi,
Rosa Fera, la mamma della nonna Lisa, Caterina Fera sono i miei più noti. Ora
si è aggiunto anche Mimì Fera, meglio conosciuto come il Colonnello Fera. Ed è partendo da quest’ultimo che sono risalito a Domenico Fera, superiore a Polsi dal
1836 al 1856 di cui i pochi a conoscerlo non sapevano data di nascita e
patronimici - ignoti a Salvatore Gemelli, storico polsiade - autore tra l’altro della prima opera storica su quel Santo Sito, nonché artefice del rinnovamento della chiesa e dell'incentivazione del culto polsiano (Salvatore Gemelli, Storia tradizioni e leggende a Polsi d'Aspromonte, 1974). Ebbene Monsignor Domenico Fera nacque a Platì l’8 novembre 1818 da Francesco,
bracciale di anni quaranta, e da Anna Lentini, moglie legittima di anni trenta.
Siamo negli anni della restaurazione borbonica, l’atto di nascita fatto davanti
a Ferdinando Mittiga, sindaco, vedeva testimoni: Giuseppe Marando di anni 36 e Saverio
Romeo di anni 40, ambedue bracciali e residenti in via San Pasquale. FINE. Anzi no! C’è ancora Ferdinando
Mittiga, non il Caci di Michele
Papalia, bensì il nonno del famoso Ferdinando, eroe degli anni piemontesi.
Fine. Anzi no! Ci sono ancora i cultori dello scaffale gugliano: a loro raccomando
l’opera, ben più facile rispetto al capolavoro dell'italico novecento citato in apertura, di Mons. Fera che trovano qui: https://play.google.com/store/books/details?id=_78XAAAAYAAJ&rdid=book-_78XAAAAYAAJ&rdot=1, BUONA LETTURA.
SDG
SDG
lunedì 16 ottobre 2017
La Portatrice di pane(reg. Bachi, operatore Luigi Florio - 1923)
Quella che vedete in foto è una piastra (oggi la chiamano
cialdiera) che ormai non serve più. Era di proprietà dello zio Ciccillo ed a
lui serviva per confezionale le ostie, pane azzimo: la grande per il rito
dell’Eucaristia, le particole per il rito della Comunione dei fedeli. Come
nell’antichità allo zio bastava poco: farina di grano e acqua che, nella
sacrestia della chiesa del Rosario, impastava col mestolo di legno in una
pentola di terracotta e successivamente per mezzo di un cucchiaio ricolmo spargeva sulla piastra che vedete. Raccolte un buon numero di
ostie lo zio con le forbici separava le grandi dalle piccole. Fin qui il suo
rituale, quando a fine cottura e dopo aver raccolto un buon numero per le
funzioni settimanali, questo lavoro egli lo compiva di sabato pomeriggio,
raccogliendo i rifili, li distribuiva a noi non ancora accostati a quel Sacramento, impazienti di
assaporare quel cibo che non aveva eguali.
Acque Torbide (reg. Tadashi Imai - 1953)
COMUNE DI
PLATI’
( Provincia di Reggio Calabria)
………………………………………
Il Commissario prefettizio
Su ricorso degli interessati Riganò Domenico di Giuseppe e Taliano
Domenica fu G. Antonio, i quali a causa di certe costruzioni eseguite dai
signori Zappia Rosario fu Filippo e Gliozzi Luigi fu Francesco in Contrada
Piruselli, e contro le norme dei vigenti Regolamenti di polizia urbana, si
vedono allagate le proprie abitazioni.
Visto l’art. 153 T. U. Legge Com.le e Prov.le approvata con R. D. 4
febbraio 1915 N. 148
Constatata l’urgenza di provvedervi
Ordina
Ai signori Zappia Rosario fu Filippo e Gliozzi Luigi fu Francesco di
provvedere immediatamente perché l’acqua che ristagna nei fossi delle proprie
costruzioni su indicate, o che a causa del cumulo del proprio materiale sulla
via pubblica, s’incanala in modo da danneggiare seriamente le abitazioni dei
suddetti cittadini, venga fatta scorrere in maniera sa non recare nocumento ad
alcuno, facendo presente ai medesimi che qualora non avranno provveduto entro
due ore dalla notifica della presente ordinanza all’esecuzione di essa, questa
sarà eseguita d’ufficio a loro spese.
Platì 1 febbraio 1924
Il Commissario prefettizio
Fera
Etichette:
Once upon a time in Platì
domenica 15 ottobre 2017
To the bone (reg. Marti Noxon - 2017)
All'Avvocato Mercurio
A voi che sapete - di vecchie e di nuove -
e disponete - di ampissime prove
IL Cane e l’Osso.
Sopra un’ osso un can molosso
ringhia e addenta a più non posso
e tien lungi gli altri cani
che pur fanno sforzi inani
per raggiunger quell’osso
già scarnato dal molosso
Ma la bestia pettoruta
tiene a bada quella muta
di mastini e di cagnastri
i cui abbai van fine agli astri
e roscchia più feroce
l’osso nudo e si satolla
non sentendo alcuna voce
della ria, canina folla.
Mangia e ingrassa in barba a tutto
finché l’ossa avrà distrutto …
Vuoi veder che l’indovino?
quel molosso è un tal ...
Vuoi saper chi l’osso sia ?
un campione di idiozia …
Vuoi saper la folla bruta? che compone quella muta ?
Questo mò nol poss dire
ma se vuoi lo puoi intuire …
Esopuccio
venerdì 13 ottobre 2017
Ricorda il mio nome - u fruttivendulu
-Schimizzi Sebastiano(4.10.1931/211-72)di Domenico crucijatu
e Iermanò Elisabetta di Saverio verso.
-Barbaro Maria(10.10.1931/212-73) di Antonio micciunarda e
Barbaro Caterina.
-Portolesi Maria(22.10.1923/214-78) di Franc. e Sergi Rosa
bellumassaru.
-Carbone Francesca Elvira(25.10.1923/215-79) di Michele
ranco (?) e Scarfò Rosa.
-Trimboli Domenico(8.11.1931/216-82) di Nicola gajineja e
Perri Ant.a ciucia.
-Calabria Anna(8.12.1931/217-84) di Antonio piscilongo e
Ielasi Teresa.
-Barbaro Caterina(5.12.1931/219-87) di Pasq. pilleri e
Stalteri Pasqualina.
-Calabria Maria(3.1.1932/223-1) di Francesco tizzuni e
Ciampa Francesca.
-Barbaro Giuseppa(17.2.1932/231-18) di Pasquale zumpano e
Grillo Maria.
-Sergi Maria Immacolata(1.2.1932/232-19) di Michele 'mbilli
e Morabito Elis.
-Pangallo Rosa(21.2.1932/233-22) di Pasquale batazzino e
Sergi Elisabetta.
-Perre Giuseppe(6.3.1932/235-26) di Francesco cicerca e
Musolino Mariant.
-Cutrì Maria(20.3.1932/237-29) di Antonio biscotto e Sergi
Caterina di Mich.
-Catanzariti Maria(3.4.1932/237-30) di Rocco giarruni e
Catanz.Francesca.
-Ielasi Domenico(18.4.1932/240-35) di Antonio piccirillo e
Cutrì Caterina.
-Carbone Antonio(23.4.1932/241-38) di Francesco i cinna e
Zappia Maria.
-Carbone Michele Antonio (24.4.1932/242-39) di Rocco richela
e Papalia Rosa di Domenico carciutu.
-Barbaro Maria(24.4.1932/242-40) di Graziano micciunarda e
Mantegna Maria.
-Barbaro Pasquale(1.5.1932/243-41) di Rocco midoci e Sergi
Giuseppa.
-Romeo Maria Iolanda(1.5.1932/243-42) di Franc. colaciuni e
Romeo Caterina.
-Gattuso Anna Mar.(1.5.1932/244-43) di Carmelo e Catanz. Francesca
limina.
-Trimboli Francesco(11.5.1932/245-46) di Dom. vajaneja e
Ielasi Domenica.
-Carbone Giuseppa Elisabetta(14.5.1932/246-47) di Giuseppe
rranco e Portolesi Anna lucìu.
-Sergi Francesco(15.5.1932/246-48) di Salvatore filomenaru e
Sergi Maria di Francesco filomenaru.
-Romeo Domenica(21.5.1932/247-49) di Pasquale ndondolu e
Portolesi Anna strascinatu.
-Bartoni Pasquale(21.5.1932/247-50) di Antonio brigante e
Pangallo Filomena
-Sergi Pasquale(21.5.1932/248-51) di Michele e Bartoni Agata
brigante.
-Pangallo Antonio(22.5.1932/248-52) di Domenico facciuja e
Trimboli Assunta furnaru.
-Catanzariti Rocco(22.5.1932/249-53) di Domenico giarruni e
Perre Anna.
-Barbaro Elisabetta(25.5.1932/249-54) di Rocco nigreju e
Marando Maria.
-Sergi Antonio(25.5.1932/250-55) di Natale filomenaru e
Sergi Angela mbilli.
-Iermanò Maria(2.6.1932/251-58) di Antonio piterina e
Taliano Antonia.
-Zappia Rocco(9.6.1932/252-59) di Antonio batitonno e
Portolesi Fr.sca lucìu
-Trimboli Maria (12.6.1932/253-61 ) di Francesco stuppeju e
Barbaro Caterina di Francesco babbeu.
-Marando Rocco(12.6.1932/253-62) di Vincenzo pajuni e
Pangallo Elisabetta di Giuseppe zoru.
-Barbaro Maria Antonia(19.6.1932/254-64) di Michele
pipinnici e Marando Graziadi Rocco pajuni.
-Romeo caterina(22.6.1932/255-65) di Pasquale mburcanu e
Romeo Maria.
-Marando Francesca(22.6.1932/255-66) di Antonino e Romeo
Anna lunara.
mercoledì 11 ottobre 2017
Rose in Autunno (reg. Rudolf Jugert - 1955)
Lo zio Ernesto il giovane compose, con la sua ineguagliabile scrittura, e colorò, queste rose di suffragio.
lunedì 9 ottobre 2017
Storie di vita e malavita (reg. Carlo Lizzani - 1975)
IL
SIG. ANCHILOSI
Versi inediti
del
Prof. avv. ROSARIO FERA
A cura dell’amico d’infanzia
CICCIO PORTOLESI
Poi ch’ebbe il conte ignavo depredato (1)
lasciò gli umili arnesi del tintore
e assunse il portamento da signore
e mise scarpe di vitel cromato.
Non smise di rubar lo scellerato
(per lui il rubare è un titolo d’onore)
e truffando menò senza rossore
la vita prava da onest’uomo truccato.
Ora agonizza e sconta ché la mano
di Dio lo stringe tra le ferree spire
d’un mal per cui tutto rimedio è vano.
Com’è triste per lui dover morire (2)
inoltrarsi nel buio piano
verso di vampe eterne un avvenire.
Nel manoscritto l’autore à le seguenti varianti:
(1) “ ………………… il conte Oliva
(2) “ Nemmen potrà impedirgli di morire
Del genero l’ingegno sovrumano “.
Nota
Fra le mie carte ho trovato casualmente questi versi inediti del Prof.
Avv. Rosario Fera. Li pubblico volentieri al sol fine di far comprendere agli
ignari la forza del suo ingegno multiforme e poliedrico.
Altro che le mie reminiscenze poetiche!
Questa è … autentica poesia.
Non capisco a chi il prof. Fera alluda con “ Il signor Anchilosi “ e pertanto gli sarei grato se volesse
indicarmelo a generale edificazione, per cui colpisce la sua vittima mentre
agonizza sul letto di morte.
Maramaldo non è solo nella storia!!
Platì 20 agosto 1924
FRANCESCO PORTOLESI
Nota - Quando vide la luce questo testo (non riconosciuto dall’autore) era in
corso una ostinata lotta tra Francesco Portolesi (allora segretario comunale) e
l’avv. Rosario Fera (allora sindaco di Platì) che presto rivivrà su queste
pagine.
domenica 8 ottobre 2017
La corriera dell'ovest (reg. Sam Newfield - 1943)
LA NUOVA CORRIERA
Dopo la prima guerra mondiale, i Braidesi si erano messo in testa di
sostituire con un autobus la diligenza che collegava l’abitato con lo scalo di Vigliatore.
E venne il giorno che la vecchia carrozza dei Davico, trainata da tre cavalli,
dovette andare in ritiro.
La nuova corriera, un camion residuato di guerra adattato a trasporto
passeggeri, faceva due corse al giorno. La prima corsa alle cinque del mattino.
La seconda all’una del pomeriggio. D’estate all’ora della partenza mattutina
era già giorno fatto o quasi, e c’era un’aria fresca e pulita che rincuorava;
ma d’inverno era ancora notte fonda, buio e freddo pungente. I viaggiatori
comparivano alla spicciolata, con forte anticipo, per tema di perdere la corsa,
e in attesa che il vetturone uscisse dal garage sostavano sul marciapiedi del
Monte agrario, davanti a mucchi di bagagli: valige scalcinate, sacchi, ceste,
damigiane impagliate, panieri di frutta, cacciagione, e quando una vecchia
sedia a dondolo, quando una macchina da cucire, quando un sofferente tutto
fasciato diretto all’ospedale. ( … ) Il giorno che partirono i nostri zii per l’America
s’era radunata una vera folla di gente. Zia Concetta e zia Vincenzina avevano
preso posto vicino a un finestrino accanto ai loro mariti. C’era un’animazione e
mestizia, allegria misto al pianto. Nonno Nino parlava alle figlie, raccomandando
loro mille cose, e continuò ad anelare nel gesto dell’addio quando la corriera
era già scomparsa in un nugolo di polvere verso la curva della Pila.
Appena la gente diventava adulta, Braida doveva sembrare un luogo
troppo angusto, troppo chiuso, senza possibilità di avvenire. Perciò molti
cercavano di andarsene, chi per una via chi per un’altra. Per provare poi il
senso della lontananza e il desiderio del ritorno.
Perché, da lontano, i luoghi dell’infanzia
si ricordano e si amano con uno struggimento continuo dell’anima. Specialmente
quando il ritorno non è consentito.
Nicola Terranova, I cari luoghi del delitto, Pan Milano
1971 pag. 42
Nota - Questo testo non lo trovate nello scaffale di
Google. Lo estorto ieri a Montalbano Elicona nella via che porta il nome
dello scrittore citato. In quel paese ci tengono a mettere in luce i loro
concittadini più illustri. Quello che all’istante mi ha più colpito
è lo scrivere elegiaco mai nostalgico, il raccontare le opere e i giorni di un
paese, cosa che goffamente cerco di fare con queste pubblicazioni. Ora per
continuare una disputa ribadisco che non è la sola pubblicazione di una foto,
con allegati commenti, più o meno d’epoca, a far parlare una comunità, è anche
la riproposizione in chiave personale di avvenimenti o personaggi, partendo da
coloro che in questo mondo ci hanno messo, anche con l’idea di rivedere la Storia,
che non è mai come la racconta uno solo.
sabato 7 ottobre 2017
Ricorda il mio nome - massaru Peppi
-Sergi Antonio(23.6.1932/256-67) di Giuseppe tinturi e
Mittiga Elisabetta giallongu.
-Spagnolo Antonio(9.7.1932/257-69) di Francesco e Zappia
Elisab. cagnolaru
-Ciampa Francesca(10.7.1932/257/70) di Giosof. vicenzuni e
Scarfò Anna.
-Calabria Maria(10.7.1932/258-71) di Saverio jhumentaru e
Demarco Teresa jancu.
-Agresta Maria(16.7.1932/258-72) di Saverio cicoreja e
Giorgi Elisabetta.
-Catanzariti Giuseppa(20.7.1932/259-73) di N. e Catanz. Anna
grugnafocu
-Barbaro Michele(23.7.1932/259-74) di Pasquale zumpanu e
Romeo Caterina di Michele ndondulu
-Sergi Domenico(24.7.1932/260-75) di Saverio careja e Romeo
Anna.
-Catanzariti Domenico Ant.(7.8.1932/260-76)di Giuseppe
lìmina e Oliva Domenica.
Grillo Caterina M.Ass.(15.8.1932/261-77) di Domenico ingrisi
e Sergi Maria di Antonio perciasipali.
-Sposato Maria Santa(27.8.1932/261-78) di Antonio zingareju
e Giordano Caterina di Giuseppe culochiatto.
-Portolesi Filomena(20.8.1932/262-79) di Francesco e Romeo
Annunziata di Michele ndondulu.
-Sergi Mariantonia(25.8.1932/263-82) di Domenico filomenaru
e Sergi Maria di Michele petru
-Marando Antonio(28.8.1932/264-83) di Damiano pajuni e
Barbaro Francesca.
-Barbaro Paolo(28.8.1932/265-85) di Saverio babbeo e
Trimboli Anna.
-Schimizzi Maria(1.9.1932/265-86) di Antonio tusina e
Carbone Domenica.
-Parisi Antonio(1.9.1932/266-87) di Domenico e Schimizzi
Maria di Francesco tusina.
-Trimboli Rosario(7.9.1932/267-90) di Antonio piseja e Perre
Caterina di Giuseppe santallino.
-Catanzariti Domenico(18.9.1932/268-92) di Saverio e Peri
Anna di Antonio ciuciu.
-Marando Rocco(22.9.1932/269-93) di Natale pistola e Carbone
Caterina.
-Perre Antonio(25.9.1932/270-95) di Domenico santallino e Stalteri
Maria.
-Riganò Francesca/29.9.1932/271-97) di Rosario e Catanzariti
Maria gajuzzu.
-Trimboli Michelina(5.10.1932/273-101) di Dom. campisotu e
Catanz.Grazia.
-Marando Domenico Paolo(13.10.1932/275-106) di Rosario
testelignu e Sergi Caterina di Saverio presi.
-Amato Maria Rosa Francesca(15.10.1932/276-107) di Alfredo e
Marando Anna di Giuseppe ciciola.
-Sergi Giuseppe(15.10.1932/276-108) di Francesco birrozzu e
Mezzatesta Teresa di Giuseppe.
-Miceli Rocco(22.10.1932/278-111) di Antonio pedimazza e
Mittiga Anna di Rocco zuju.
-Catanzariti Giuseppe(23.10.1932/278-112) di Paolo
gnurasanta e Portolesi Maria.
-Catanzariti Maria(26.10.1932/280-115) di Domenico giarruni
e Papalia Orsola.
-Spagnolo Anna(13.11.1932/281-118) di Francesco servaggiu e
Marando Caterina di Pasquale pistola.
-Violi Rocco(13.11.1932/282-119) di Antonio rigineju e
Ielasi Francesca.
-Marando Domenica(19.11.1932/282-120) di Giuseppe pistola e
Catanzariti Rosa.
Nota -Tra già editi e new entries siamo ancora nel XVI° volume dei battezzati
venerdì 6 ottobre 2017
Il Colosso di Rodi - LA SOLITUDINE DI MIMMO ADDABBO
FAIRFIELD 13 – 11 – 81
Carissimo Don Arnestino Ricordandomi sempre della nostra venerata S.
Lucia io voglio che se è possibile il 13 Dicembre gli dite una messa con
panegirico in mia devozione e una messa letta per la mia defunta moglie Anna
Callipare che io ricordo sempre saluto
tanto vostro Fratello e famiglia in questa lettera troverete un ceco di $ 35
spero che Bastino altrimenti mi scrivete che vi mando la differenza.
Ricordandomi sempre di voi vi saluto assieme tutta la vostra famiglia. Francesco
Callipare Forgiaro.
Con questa occasione voglio anchio che scrivo salutarvi di vero cuore
per dirvi che mai un solo istante mi sono dimenticato di voi, e ora più che mai
in questa terra mi Ricordo dei miei più sinceri amici e del Rispetto Reciproco
che noi avevamo. Si sono io Mimmo Addabbo che non Riesco a Rassegnarmi di
questa solitudine che noi abbiamo ma mi resta sempre la speranza di Ritornare.
Termino salutandovi assieme la signorina vostra sorella, saluto a Micuzzo e
famiglia vostro indimenticabile Mimmo e Teresina Addabbo
giovedì 5 ottobre 2017
La Carne e l'Anima (reg. Wladimir D. Strichewsky - 1943)
Ieri mattina i
carabinieri hanno vietato la vendita della carne di capra
I riti di Polsi
bloccati dai Nas
A poco sono valsi i
tentativi di della Chiesa
POLSI(San Luca) – “...Tra
la calca alcuni armenti sono portati in voto entro la chiesa e gli animali quasi
fossero compresi della grandezza nella quale si trovano piegano le ginocchia
sui gradini dell’altare. I buoi piegano il collo legato da un nastro, e il
timido pastore li guarda ripone il berretto nella tasca e prega anche lui per le
cose più care, per i suoi armenti, e quell'umile vestito di orbace nella
prostrazione si confonde col vello delle agnelle... Per quella turba magna non basta
il convento né le case della comunità, né le capanne e si sceglie ognuno il suo
posto sotto i boschi. Tien bottega ognuno all'aperto, le bestie macellate sono
appese agli alberi”. E' Corrado Alvaro, che scrive da studente ginnasiale,
nei primi decenni del secolo, in uno dei suoi viaggi a Polsi nel Santuario
della Madonna della Montagna. Ed io conosco queste cose sin dall’età della
ragione quando trascorrevo con mio padre, maresciallo dei carabinieri, le
estate infuocate in un paesaggio da orrido, vivificato dalla Madonna dal volto
popolano che viene considerata come ‘espressione della pietà popolare più genuina
in quanto scaturisce dalla devozione di un popolo, di un'etnìa e della sua
cultura. Il preambolo era d’obbligo. Dopo
tre millenni la sacralità di Polsi con i suoi riti, miti, è stata interrotta
dai carabinieri, di cui esiste a Polsi soltanto un rudere della vecchia caserma
con scritta; “Carabinieri reali". Ieri mattina in modo massiccio sono
intervenuti i Nas (Nuclei anti sofisticazioni) per bloccare tutte le attività
relative al commercio della carne di capra. Un intervento estemporaneo che se
applicato in altri contesti avrebbe portato a consensi, si è rivelato, invece,
tra le migliaia di pellegrini come un atto di sottocultura. nei confronti delle
tradizioni di Polsi, oggetto continuo di studiosi a livello mondiale nel campo
etnico, sociologico e culture. Don Pino Strangio, Rettore del Santuario con
incisività dice: “I fatti dimostrano che tutte le soluzioni cercate insieme,
collaborando e convincendo con la pazienza le persone interessate, hanno sempre
trovato un esito del tutto favorevole. Se si fossero messi in chiaro i dati del
problema si sarebbero tempestivamente elaborate soluzioni congrue, coinvolgendo
tutte le componenti della società civile”. Non sono valse neppure le sagge
parole del vescovo Monsignor Giancarlo Bregantini, né del capitano dei
carabinieri, né del comandante la stazione di San Luca. Irremovibili in un'azione
che cancella tradizioni e riti. Questa volta dagli agiografi anticoppole non si
può leggere che “una mangiata di capra a Polsi è sempre un summit”. `
Antonio Delfino
Gazzetta del Sud, 3 settembre, 2002
Nota - Ancora Toto Delfino critico nei confronti della benemerita. C'è di più, ed è don Pino, oggi declassato e sostituito con prestanomi, ma allora distributore di medaglie e gadget a personaggi in tour on Polsi come dimostra la foto che lo vede appuntare al cuore della regina Paola Ruffo di Calabria, allora sovrana del Belgio, la croce di Polsi, made Gerardo Sacco. Infine, il citato Corrado Alvaro era tra gli sceneggiatori del titolo odierno.
mercoledì 4 ottobre 2017
I Delfini (reg. Francesco Maselli - 1960)
Il caso Polsi.
L'ELOGIO DELLA CAPRA
La capra sull’Aspromonte è un animale sacrificale.
Sacrificato anche durante i sequestri di persona quando lo Stato, trattava e
pagava per riavere gli ostaggi, come Casella, Celadon, Fiora e Sestito e tanti
altri, da far dire ad un saggio massaro che viveva da eremita in uno stazzo d’
Aspromonte: Si ficiru amici i lupi e i
cani, poveri pecureji ed affritti capri" (Si son fatti amici i lupi
(anonima sequestri) ed i cani (forze dell`ordine) povere pecore ed afflitte capre).
La capra è antica quanto il mondo, e tutt`ora sull`Aspromonte, vengono divise per età come ai tempi di Polifemo, nell`Odissea di
Omero”... ciascun gruppo era chiuso a parte, da un lato i più vecchi, da uno i
mezzani, da un altro i lattanti... A sera tornò guidando le greggi villose
sedutosi, munse le pecore e le capre belanti, tutto in modo giusto, e sotto
ogni bestia spinse un lattante”.
Dall`operazione "Ariete", condotta dai carabinieri
del Nas a Polsi, si sono salvate le capre più pregiate le cosiddette
"Lastre", le tenere caprette che non hanno mai assaporato l`afrore
del barbuto caprone. E da Materazzelli al Piano dei Reggitani, dai Menti a Pirria è
stato uno scialo di “lastre” arrostite tra le felci e gli odori di erbe fragranti.
La "lastra" chiama vino, in una abbuffata dionistica e paganeggiante
senza precedenti. A Pietra Cappa, massaro Bastiano mi dice: “La buonanima di
vostro padre quando trovava carni di capre rubate dal Timpa, imprendibile
ladro, improvvisava con i carabinieri tra braci ed erbe rare, prelibati banchetti”. Altri tempi. Tempi di carabinieri reali. Ora si
ragiona a ritmo d`intelligence e non si perde il vizio di presentarsi a nome di
uno Stato repressivo come ha sottolineato icasticamente il vescovo di Locri,
Monsignor Giancarlo Bregantini. I carabinieri hanno sequestrato trecento capre
quasi tutte vecchie quasi tutte “lardite”. I tiggì soprattutto di Mediaset, per
far dimenticare agli italiani il giusto processo, si sono abbandonati tra le
braccia dell`Operazione “Ariete”. Macellazione clandestina con rifiuti buttati
nel Vallone della Madonna che poi con il torrente Castanìa forma il Buonamico.
I Nas si sono accorti, soltanto ora che le fiumare sono inquinate, basta
raggiungere il Careri alla foce per tapparsi il naso. Ma nel contesto di Polsi
occorre fare l`elogio alla capra, un animale, che sull'Aspromonte è come la
renna per i Lapponi. Si utilizza tutto, anche le corna. Anni fa a Reggio un
commerciante che faceva incetta di corna di capra, da spedire al nord ad una
fabbrica di bottoni, per il lezzo maleodorante, gli hanno messo sotto il
deposito un paio di candelotti di gelignite. E ricordo quel vecchio direttore
di giornale che mi butta dal letto con destinazione a Reggio. “Vai subito,
perché ad uno gli hanno fatto saltare le corna". E poi un titolo a nove
colonne. La capra è da tutti osannata. Alvaro che villeggiava a Bagnara
impazziva per una pastora dagli occhi verdi che davanti alla porta gli mungeva
in una scodella il latte di una capra che approfittava di un momento propizio
per brucare un cespo di parietaria. E Matilde Serao, ne “Il ventre di Napoli" scrive: "Ad ogni
portone il branco si ferma, si butta a terra, per riposarsi, il capraro
acchiappa una capra, e la trascina dentro il portone, per mungerla innanzi agli
occhi della serva, che è scesa giù; talvolta la padrona è diffidente, non crede
né all'onestà del capraio, né a quella della serva; allora il capraio e capra
salgono sino al terzo piano, e sul pianerottolo si forma un consiglio di
famiglia, per sorvegliare la mungitura del latte”. Mia madre, quando sono nato
non aveva latte e mio padre comprò tre capre da latte, una “minda”, una
“draguna” ed una “martìsa". Poi arrivò anche il latte d'asina per combattere
la febbre maltese. Per questo faccio l`elogio alla capra messa tra tanti
mezzibusti televisivi per cantare l`ode all’Operazione “Ariete”. Ma sono grato
anche all’asino che considero come un fratello. Di latte.
Antonio Delfino
il Quotidiano della
Calabria, martedì 3 settembre 2002
Nota - Questo brano ci riconsegna – se ce ne fosse ancora bisogno –
più caro, il grande, indimenticabile, affabile Toto Delfino, qui esperto conoscitore e buongustaio della capra, incontrastata regina delle nostre montagne. E dire che sembra
andare egli contro se stesso se non contro l’Arma che tanto fece per la sua
famiglia. E nella foto a Polsi, con mons. Pangallo, il capostipite, il leggendario
Giuseppe Delfino (1888 – 1954) alias
massaru Peppi, la frusta per i cattivi, in Aspromonte. A proposito, ho avuto la fortuna di conoscere il citato massaro Bastianu, che di cognome andava Codispote,zio dei miei amici natiloti, proprio a Pietra Cappa con una riottosa mandria di capre poco tempo prima che lasciasse questo mondo.
Etichette:
Maestri,
Totu Delfino
lunedì 2 ottobre 2017
Ali del futuro (reg. David Lean - 1952)
PLATÌ, ANNO DI
GRAZIA 2040
MICHELE PAPALIA
Gino e
Cugino erano nati e cresciuti in un paese dal passato tristemente famoso.
Essi conoscevano bene i fatti di cronaca grazie alle voci narranti dei nonni
che avevano vissuto quegli anni e che pure avevano conservato i giornali
d’epoca; Gazzetta del Sud, Calabria ora, Il fatto quotidiano: su ogni prima pagina
pure un vecchio sofferente di cataratta avrebbe colto a caratteri cubitali il
nome Platì.
Erano coetanei,
nati nel 2016, ora studenti al corso di laurea di Storia e Statistica, entrambi
laureandi e intenti a indagare il passato del loro paese, oggetto della tesi da
consegnare al relatore da li a poco. “Platì, storia di un popolo irredimibile”,
titolo ambizioso e lavoro immane. Una vasta bibliografia da studiare assieme
alle cartacce impolverate degli archivi di Stato di Locri e Reggio. Percentuali
sull’indice di natalità e ‘ndrangheta, numero di disoccupati e ‘ndrangheta,
matrimoni tra parenti, famiglia intesa come centro di interesse e diffusione di
loschi affari, ancora ‘ndrangheta. E che dire dell’esorbitante numero di reati
commessi durante il Novecento dai cittadini di quella popolazione:
dall’abigeato alla associazione mafiosa passando per l’omicidio, il furto di
galline, di autovetture e persino di arance. E inoltre, ciclicamente, l’amministrazione
comunale veniva sciolta per infiltrazioni mafiose e i vari commissari nominati
dai prefetti poco potevano per ristabilire una democrazia che era come un
prezioso agrume, quale il bergamotto, in altura non poteva attecchire. Terreno
che invece continuava a essere fertile per ladri di polli, narcotrafficanti,
usurai, spietati killer e truffatori tutti accomunati da indissolubili vincoli
di parentela e comparaggio, abbracciati dai tentacoli di mamma ‘ndrangheta.
I due
studenti non ne sarebbero venuti a capo. Di quella popolazione nessuno si
salvava dalla punizione eterna, certo i morti già brancolavano nel girone dei
mafiosi o comunque dei conniventi che poi, stando ai loro studi, erano due
facce della stessa banconota, e in questo caso si, pecunia olet, il denaro
reinvestito in illecite attività infetidiva pure l’aria di montagna. Uno sporco
villaggio di uomini tarchiati che incutevano timore e pretendevano bocche
serrate, era la reticenza dei compaesani netta manifestazione di un silenzio
assenso. Pochissime eccezioni: i parroci, talune donne timorate di Dio e i
bambini. Anzi neanche loro, perché fin da piccoli venivano istruiti su come
bloccare i forestieri che entravano in paese. A dieci anni sui motorini, invece
dei compiti dovevano “taliare” i movimenti dei carabinieri. Erano numerosi e
rispecchiavano l’alto tasso di natalità, facile dedurne che la madre dei
mafiosi fosse sempre incinta.
La prova regina –
stando così le cose ce n’era davvero bisogno? – era rappresentata dalle
manifestazioni antimafia. Perché, se nei paesi della costa, spesso e
volentieri, i cittadini colà residenti avevano dato ampia dimostrazione della
loro onestà e vicinanza allo Stato – memorabile la mobilitazione di centinaia
di studenti all’indomani del truce assassinio di un noto politico freddato
dalla mafia – perché per Platì, anche a scartabellare tutto il materiale
documentario, non si riscontrava niente in tal senso? Mai una presa di
posizione pubblica, una fiaccolata, una civile protesta contro i malavitosi,
una piazza riempita da gente onesta. Tutto faceva ‘ndrangheta nel passato. I
due studiosi rimanevano sorpresi anche e forse più dai cosiddetti soggetti
minori, quelli dalla fedina penale illibata ma che non potevano non sapere o
non volere. Tra i faldoni del Tribunale penale di Locri e nelle relazioni di
servizio redatte dalla locale stazione dei carabinieri, i fedeli servitori
dell’arma davano atto della comprovata mafiosità di svariati soggetti.
Ad esempio, a un
cristo di settant’anni veniva rimproverato l’aver partecipato a una rissa a
Careri nel 1952, quando era ventenne. Poi “Nulla” recitava il casellario
giudiziale ma la pericolosità del predetto veniva agganciata – indiscutibile
lungimiranza degli organi investigativi – all’esser cugino di un
narcotrafficante che stava marcendo in galera. Allo stupore per la gravità dei
fatti riscoperti per Gino e Cugino seguì la contezza del privilegio a non
essere figli di quelle generazioni. Per fortuna Platì era cambiato. Adesso, nel
2040, c’era un cinema in 3D, libero accesso a una moderna biblioteca con
annessa sala computer, un campo sportivo che ogni anno faceva partire giovani
promesse verso il calcio professionistico. Ancora, grazie all’attenzione del
governo regionale, era entrata a regime la fiscalità agevolata per le aziende
aspromontane operanti nell’agro-alimentare e la disoccupazione giovanile un
lontano ricordo, a essa si era ovviato grazie all’emigrazione di ritorno. E il
paese era divenuto strategico crocevia tra lo Jonio e il Tirreno con la
superstrada Bovalino-Bagnara efficiente raccordo di collegamento tra i due
versanti.
Certo, restava
pur sempre quel passato pesante con cui fare i conti e che se studiato faceva
convergere sempre nella stessa direzione: documenti alla mano, il 99% della
popolazione platiese risultava mafiosa o comunque imparentata o connivente,
tutti sinonimi di un arcaico squilibrio sociale. Gino, ricordandosi del suo
filosofo preferito e dei sillogismi, concluse quel lungo lavoro imitando
Aristotele: «Tutti gli aspromontani erano potenzialmente malavitosi. Tutti i
platiesi erano aspromontani. Dunque tutti i platiesi erano malavitosi». Che
ciuchi quei platiesi. Avessero organizzato almeno una manifestazione antimafia!
Intanto i due giovani, all’esito della discussione, si meritarono la proclamazione cum laude.
PUBBLICATO IN HTTP://WWW.INASPROMONTE.IT/RACCONTO-PLATI-ANNO-GRAZIA-2040/ IL 30 GIUGNO 2016.
Iscriviti a:
Post (Atom)