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giovedì 27 dicembre 2012

La festa perduta (reg. Pierluigi Murgia - 1981)



Mio caro Peppino
Col figlio del compare ti mando questo piccolo pensiero unito a un po di olio e una pezza di formaggio, ti faccio sapere che le feste Natalizie le abbiamo passati bene solo col tuo pensiero che sei lontano da noi, il giorno dell’Epifania sono venuti tutti i tuoi sorelle e famiglie tranne Rosa e Placido, stanno tutti bene e hanno voluto sapere perché non sei venuto tu per le feste, immagina quando eravamo tutti  a tavola come ci sembrava oscuro il posto che occupavi tu.
Scrivimi e fammi sapere come stai perché è da tanto che non riceviamo tue notizie, spero che la presene ti trova  bene, come ti assicuro da noi tutti, mi saluti la famiglia Morabito.
Ti ricevi tanti saluti da noi tutti e cari baci, da me la S. Benedizione
                                                                                                 tua mamma

Platì  21  XII   66

  Mio caro Fratello
La tua lettera che ci giunse gradita la rispondo subito n modo che non resti senza notizie in questi Feste. Caro Fratello pure che non ci ai mai scritto che venivi per Natale noi avevamo la speranza che ti abbracciavamo. Tu che conosce il nostro affetto per te, e tu per noi, avevamo la speranza di abbracciarti, ma pur troppo la vita e così fatta di rassegnazione
Noi stiamo in grazia di Dio tutti bene. Lo stesso mi voglio augurare di te. Caro Fratello tu immagina quanto e duro per i nostri genitori e per i miei figli, (non ti dico di me che sono uomo) la tua lontananza. Ma  non ci resta altro che pregare sempre il Signore che ti mantenga sano e fuori dei pericoli.
Caro Fratello. Per quanto riguarda ai nostri genitori non devi preoccuparti tu che mi conosci non solo a me - mai i miei figli - e mia moglie stai sicuro che facciamo del nostro meglio per adempire ai nostri doveri di fronte agli uomini, di fronte a Dio di fronte a te, ed alle nostri sorelle
Per quanto riguarda la mia venuta a Milano – vengo quando me lo dici tu, tu intanto cerca di vedere per le macchine,
Caro Fratello – ci deve perdonare se non ti abbiamo fatto il pacco per Natale – come ti dicevo noi avevamo la speranza di abbracciarti – ma ora che andata così se viene qualche paesano – te lo mandiamo, poi quando altro non ce . te lo spediamo per posta
Chiudo con i saluti che ti mandono i nostri genitori unita alla S. Benedizione. Ti salutano caramente i miei figli – Io e mia moglie con grande affetto – nell’augurarti buone feste
ti abbracciamo
    tuo Fratello
                                                                                          Francesco

Nota
La prima lettera porta la grafia della mamma che firma per la nonna, la seconda, inconfondibile, sebbene assomigliante a quella di nonno Rosario, quella di papà.
Nel rivedere quelle scritture ogni volta vedo i loro volti, in questo caso compassionevoli.
Lo zio Peppino ieri, Santo Stefano, avrebbe compiuto 95 anni.
Questo post è dedicato a Pino Fedele, mio cugino di Santa Eufemia d'Aspromonte.

giovedì 20 dicembre 2012

Bruce Springsteen - Santa Claus Is Comin' To Town









I. M. I.    Catanzaro, 22 Dic. 1936

Papà carissimo,
con questo biglietto rompo
il lungo silenzio che ho mantenuto fin’ora senza mia colpa, perché sono stato molto occupato, e Vi mando i più affettuosi Auguri per le prossime feste Natalizie: Vi auguro di tutto cuore ogni bene per voi e per tutta la Famiglia.
Ormai è l’ultimo Natale che spero di passare lontano da Voi: l’anno venturo, se piacerà al Signore, celebrerò anch’io la Messa di Mezzanotte.
Io sto molto bene, come mi auguro di Voi tutti.
Da tanto tempo non ricevo vostre notizie.
Vi mando tanti saluti ed abbracci per tutti.
A Voi e alla Mamma chiedo la S. Benedizione.
Aff.mo
Ernesto


Badalato 25 - 12 – 41
Mio Carissimo.
Rispondo alla vostra e mi fa piaceri sapervi beni, io beni puri, Vi auro uno avvenire che lo passati felici e contento come Vuoi stesso lo desiderate
Vi abbraccio
Miceli Mimi




Caro compare e comare.
Benché non ho avuto la fortuna conoscervi personalmente, vi conosco tramite i miei genitori che sempre parlano di voi. Io sento per voi una grande stima e spero che il Bambino Gesù vi mantiene ancora in buona salute per molti anni ancora.
Accettate un umile e sincero pensiero da chi sempre vi sogna e vi vuole bene. Buon Natale e felice Anno!
Aff.mo Compare  Antonio Sergio di Paolo


Cara mamma in questo
Giorno conzagrato al Bambinel
lo Gesù, io ti porgo i più
 felici auguri di Buon Natale
 e un felice anno nuovo.
                 Il tuo
        Affettuoso viglio Gino
                        Natale 1963

mercoledì 19 dicembre 2012

Lacrime d'amore pt. 2


                               NUMERO UNICO

Per cura degli amici
 Di Giacomo Tassoni Oliva
 cognato dell’estinta

LACRIME
SU LA TOMBA DI MATTIA MIGLIACCIO IN FURORE
Platì XXIII febbraio 1910              

VERSO LA CATASTOFE!..


  Innanzi all’inevitabile la Scienza avea gia piegato la fronte! La moritura lesse sul volto dei medici la sua sentenza e si apparecchiò al passo supremo –
  E distaccatasi dai terreni affetti, si rivolse a Quel che tutto muove.
  Al D. Riccio suo cugino e che amorosamente le apprestava le estreme risorse del’’arte confidò il bisogno dell’animo suo, che per quanto innocente, volle ancora sottoposto al perdono del ministro di Dio. – Il prete giunse appena in tempo a raccogliere negli ultimi gemiti l’ultima voce dell’anima cristiana, che attraverso la Grande Ombra entrava radiosa nell’Immensa Luce! …

Ne la camera ardente


   Nella penombra lugubre della camera ardente; in mezzo alle innumerevoli corone funebri dalle dediche dorate sfolgoranti sinistramente sui nastri serici, in mezzo alle fiamme tremolanti delle gialle torce; la nobile donna dormiva immobile il sonno della morte. Così l’ho vista e un nodo di pianto mi stringe la gola!
  Era bella ancora! Pur avendo scolpito sul pallido volto le traccie delle sofferenze sofferte con rassegnazione più che rara unica!
  Aveva l’abito nuziale, quell’abito che le ho visto addosso la sera dalle fauste nozze e i capelli morbidi e neri cadevano leggiadramente sulla fredda e cerea fronte!
  Il corpo esanime era ricoperto da un magnifico lenzuolo su cui si leggeva il motto. Toujours Unis – strana inesplicabile antitesi con l’inesorabile verdetto del fato!
  La derelitta mamma impietrita dal dolore, parlava al cadavere della figlia, con la calma con cui le parlava poche ore avanti quando ancora, la buona e virtuosa Mattia, dal letto ove giaceva da non molti giorni  conversava lieta inconscia della immane catastrofe che Ohimé! Dopo poche ore avrebbe dovuto riversarsi su di Lei e sulla estesa ed illustre prosapia!
  Scena supremamente triste!
  Grida di estremo dolore risuonavano nella notte alta e tranquilla, grida che rompevano il cuore, che straziavano l’anima, ma che non riuscivano a svegliare dall’eterno rorpore quell’immagine cadaverica che dormiva sul letto di morte, vicino all’infelice neonata ricoperta dalle fascie e dalle cuffiette che la povera madre avea lavorato con cento speranze nel cuore, con cento sogni nell’anima
  Rompevano il tetro silenzio dell’infausto momento i singhiozzi degli astanti che devotamente, e religiosamente vegliavano la cara salma.
  Anch’io ho pianto ed a lungo!
  Poi non ne potetti più!
  E mi allontanai con l’ambascia nel cuore con lo strazio nell’anima, e lontano da quel luogo di dolore pensavo in me come gli sventurati congiunti della giovane morta, potean darsi conforto!
                                 

continua...

martedì 18 dicembre 2012

Il natale rubato (reg. Pino Tordiglioni - 2004)


Corsico  28 – 11 – 65
Carissimo papà e mamma, vi scrivo questa mia lettera augurando che vi trova a tutti in buona saluti, io fino al momento sto bene, voi per me non pensati nulla.
Dunque Caro Papà e mamma, in quanto voi mi dite di venire per le feste di Natale, vi dico che sono molto dispiaciuto che non posso venire, e poi non mi lasciano neanche perché c’è molto lavoro e se ciò qualche giorno libero voglio che mi metto i denti, voi stati tranquilli e non pensate nulla per me, io vi auguro buon Natale, vi può sapere che per Natale vado da Morabito che già venuto a dirmelo e passo con lui le feste, vi dico che vi mando un paio di pantoffoli per il Papà; vi li mando con antonio Amante, ora termino con la penna e non con il pensiero; saluto tutti i miei Nipoti e li bacio con tanto affetto saluto a mio fratello e cognata, vi saluta Morabito e la sua famiglia, io vi saluto e vi bacio con affetto, sono vostro affmo figlio che sempre vi ricordo e non mi dimentico mai di voi
Mittiga Giuseppe

lunedì 17 dicembre 2012

L'albero di Natale (reg. Terence Young - 1969)


Quest'albero di Natale non costa niente: denaro, spreco, fatica per montarlo e smontarlo; per giunta le sue palline sono come il miele, anche il piccolo Francesco e la sua mamma Linda ne sono golosi, come me e le mie galline!

giovedì 13 dicembre 2012

La lettera e il pane (reg. Frank Borzage - 1942)



Al Reverendo Sacerdote
Signor D. Rosario Oliva
Geraci

                                                                Fratello Carissimo

Ieri si è ritirato da Palmi il servo e nessuna tua lettera ha portato, ma delle, cose, tue, il vocabolario che ti rimetto, il cavalletto e le lavagnette tutto altro ti è stato rimesso direttamente. Noi stiamo trattando matrimonio con la figlia di Moscatelli di Casignana quanto prima saprai tutto.
Ti ricevi i libri che mi domandasti con altra tua lettera  il pane ed una paniera di fichi d’india.
Il Padre ti benedice abbracciandoti con tutti di famiglia
Platì  17/10/1875

Rosario Oliva. – Fu Canonico Penitenziere a Gerace; insegnò teologia e filosofia per diversi anni nel Seminario Diocesano. Fu uno dei più dotati sacerdoti della Calabria.

mercoledì 12 dicembre 2012

Il mondo nuovo (reg. Ettore Scola - 1981)

L’epoca di Gianni u tamburinaru – e con lui, il suo bando preceduto dal rullo di tamburo – è finita, le trombe Geloso l’hanno sostituito. Montate sul tettuccio della Fiat 500 girano il paese per annunciare un evento che può essere un corredo di Don Petru, un comizio del sindacalista Catanzariti, ma spesso è il kolossal in programmazione al cinema Loreto.
 E se per Catanzariti la voce è quella di un suo “compagno” o per Don Petru uno studente liceale, per il cinema Loreto c’è l’indimenticabile, mai dimenticato,  Mimmo Addabbo: ecco se Sergio Leone stava dietro il mirino dell’Arriflex, Mimmo Addabbo stava dietro il Fumeo 16 mm e per mirino aveva il buco da cui si spandeva il fascio di luce che andava a riflettersi sullo schermo. Tutti e due mi hanno regalato i più bei sogni da risognare.

***
Già da quindici giorni la macchina sta percorrendo strade e contrade annunciando il film dei film, quello che ha eclissato Via col vento, con la magia degli effetti speciali e della ricostruzione dell’antico Egitto dei Faraoni, senza dimenticare il cranio rasato, bronzeo e lucente di Yul Brinner.
L’annunciatore però faceva leva per attirare i platioti su un fatto irripetibile: i sei tempi della pellicola. Un tempo senza fine per i piccoli che entravano nel cinema con la luce del giorno e ne uscivano a notte fatta.
Dentro la sala tra un cambio e l’altro tutti i loro visi erano rivolti dietro, verso quell’alta parte tappezzata dai contenitori delle uova per migliorarne l’acustica, a quel buco in cui cercavano di indovinare i traffici di Mimmo Addabbo.
Una volta fuori dal cinema c’era , tra i bambini, la lotta per stabilire il personaggio da imitare nei giochi e la scena più straordinaria; intanto dal campanile della chiesa l’altoparlante diffondeva “Non son degno di te”, richiamando i paesani per lo spettacolo serale che,  data la lunga durata del film, aveva inizio un’ora prima.

Foto di Francesco Barbaro alias Cicciu i santa

lunedì 10 dicembre 2012

Lacrime d'amore (reg. Pino Mercanti - 1954) pt. 1



                                                                                                                             NUMERO UNICO

Per cura degli amici
 Di Giacomo Tassoni Oliva
 cognato dell’estinta


LACRIME
SU LA TOMBA DI MATTIA MIGLIACCIO IN FURORE
Platì XXIII febbraio 1910
                                                                             
L’ESTINTA
  Da la nobile casa Migliaccio, figlia del Cav. Domenico e Rosina Scaglione nasceva il 31 Dicembre 1880 la signorina Mattia, un vero angiolo che doveva allietare la famiglia.
  Fu buona e pia sin dall’infanzia ed una prerogativa la distingueva fra le altre sorelle: l’assennatezza eccessiva.
  Al vederla quasi sempre pensosa si sarebbe detto che quella giovinetta fosse taciturna o superba …se una bontà celestiale non risplendesse nei suoi begli occhi larghissimi:era l’umiltà personificata.
  Le sorelle correvano a lei per consiglio; nella casa era d’una attività fenomenale e , nei momenti di riposo, sfogava tutta quanta l’anima sua religiosa nella penombra della piccola cappella gentilizia.
  Chi sa quali e quanti consigli apprendeva dal labbro di quel Divino Martire dell’Amore!...
  E crebbe nel santuario della famiglia, nascosta come una viola e spandendo intorno a se i più soavi profumi.
  Senonché le sorti dovevano mutare e quell’angiolo doveva esplicare in un’altra casa la sua nobile e savia attività.
  Il carissimo Giosofattino Furore da Platì, ammirando le rare virtù, nonché l’aristocratica discendenza della giovinetta, la sposava il 2 Agosto 1908 e – felice di tale conquista – la conduceva seco a reggere le sorti, con lui, del vasto patrimonio.
  La felice coppia non aveva niente a desiderare; la nuova Signora Furore non durò fatica ad accattivarsi l’animo del numeroso personale a lei dipendente e quello dell’intiera cittadinanza platiese.
  Queste popolane al vederla così mite, caritatevole e religiosa non sapevano nascondere la loro sincera ammirazione, la benedicevano col cuore e le auguravano la suprema gioia della maternità.
  Oimé! Nella maternità trovò la tomba!...
  Il cielo volle rapircela e con lei, il grazioso frutto delle sue viscere.
                                                                                                                                             Gesto


L’ultima ora!

  Quelle grida di “spavento” mi ferirono l’orecchio … in quell’ora d’ansia e di trepidazione, di sconforto e di speranza, l’animo nostro inquieto era schiavo dei nervi sovraeccitati … ogni minima cosa prendeva proporzioni giganti, ogni minimo rumore ci suonava sventura …
  Quelle grida di “spavento” le risento ancora … Mutossi di un tratto lo scenario di casa Furore: meste ed afflitte giacevano l’un l’altra vicine tre figure e l’un l’altra si confortavano con affettuose parole. Sul loro aspetto si leggeva l’ansia per la soluzione di un problema da cui dovrebbe dipendere la loro felicità o la loro sciagura! …
  Che immenso quarto d’ora!...
  Non è possibile, Ettore diceva a Giacomino, guardando la sorella Carolina, non è possibile che finisca male questa bella giornata di primavera … speriamo figliuoli … speriamo! …
  Non è diversa la scena della stanza vicina: due altre figure piangono e sperano …, l’istessa mestizia li avvince, l’istesso dolore le accascia e l’istessa speranza tien loro la vita: Giosofattino e la sorella si scambiano parole di conforto ed a vicenda s’incitano a sperare! …
  Quelle voci di “spavento” mutano le scene: i medici perdono la speranza: gli ultimi rimedi non giovano: nulla resta alla scienza che firmare una condanna ed è condanna di morte! … La condannata è Mattia e deve morire! …
  Quelle grida di “spavento” s’espandono subito nelle stanze di casa Furore … l’angoscia è di tutti … il dolore non trova lo sfogo nel pianto: son poca cosa le lagrime e la disperazione invade l’animo di quelle cinque figure! ...
  E chi ha coraggio di dire una parola di conforto?! ---
  Giace esanime Mattia , martire della più nobile missione di donna: quali e quante lagrime, quali e quanti dolori e quante amarezze potrebbero equilibrare la giovine vita spezzata?! …
  Sono le tre pomeridiane passate!  XXIII Febbraio 1910
                                                                                              N. Spadaro      



   Le foto della cappella Furore sono state scattate e concesse da Francesco, a cui farà piacere quanto pubblicato.

continua ... qui:

giovedì 6 dicembre 2012

1 aprile 2000 (reg. Wolfgang Liebeneiner )


Ritaglio trovato tra i documenti conservati di zio Ernesto sen.

mercoledì 5 dicembre 2012

Viaggio senza fine (reg. John Ford - 1940)

Quando nonno Luigi uscì di casa per sempre.
La casa ora è muta nella solitudine ed aspetta con pazienza.





Quanti volti, ora solo nelle mia memoria.

giovedì 29 novembre 2012

Batte il tamburo lentamente - atto II





ATTO SECONDO

6


Con la morte di Gianni, Michele  divenne il suonatore di tamburo ufficiale di Platì e così rimase fino alla sua scomparsa.
Con il suo strumento fu visto e riconosciuto anno dopo anno dovunque si celebrava una festa  dove accorrevano migliaia di persone: da Polsi a Seminara, dal Santuario della Madonna della Grotta di Bombile ad Acquaro per San Rocco, spingendosi fino a Reggio per la Madonna della Consolazione.
Michele era di carattere taciturno, in paese lo si vedeva più frequentemente la domenica alla messa delle otto, dove prendeva immancabilmente la comunione con una compostezza unica e sebbene pochi gli offrivano un lavoro lui si dava da fare per se e Rachele sua moglie.
Io penso che più di tutti,  quelli che lo ammiravano erano i bambini che lo guardavano con occhi lucidi di gioia pensando con il  cuore di imitarlo un giorno, tant’è che nelle fiere che si svolgevano durante  una festa  il tamburo era il giocattolo più venduto. Prima ancora di memorizzare le marce delle banda, Brunetta, era la mia preferita, tutti i piccoli avevano impresso nella mente quei due motivi suonati da Gianni e Michele e nessuno li ha scordati divenendo adulto, senza diventare tamburinaru. Nei pochi anni di università che ho fatto, ripetendo con Mimmo Mezzatesta le nozioni di istologia, per distrarci le eseguivamo con la voce. Le ripetiamo ancora quando ci incontriamo e le ripeto in solitudine.
Ecco: Michele è rimasto sempre un bambino. Se c’è modo di paragonarlo a qualcuno mi vengono in mente solo il dostoveskiano principe Miskin – a quel romanzo, di cui non cito il titolo per non offendere la memoria di Michele, si aggiunge anche l’episodio dell’ostinazione, a cui si era attaccato, di tenere in casa il corpo di Rachele, ormai esanime, per  vegliarlo indeterminatamente , avvertendo in quella separazione forzata il suo avvenire di solitudine - e il sodato Karataev di Guerra e pace, come nella sua semplicità c’era il carattere di Francesco d’Assisi. Egli non aveva idea di cosa fosse il denaro e come con questo si potesse corrompere chiunque e se stessi, pur comperando, con quel che riusciva a portare a casa,  vecchie case abbandonate; il tamburo non divenne mai  fonte stabile di profitto cosi come non aveva idea cosa intendesse il matrimonio con Rachele. Per lui Rachele era Rachele e lui per Rachele era Michele.

7


Ora non mettetevi in testa che con quanto ho scritto voglio una via intitolata a Michele Trimboli detto “u Giamba”, forse il solo modo intelligente per ricordarlo sarebbe quello di fondare una scuola di suonatori di tamburi con direttore stabile Steward Copeland.
Bisognerebbe cominciare a censire quanti hanno onorato il paese con la loro nascita e le loro opere, dagli sconosciuti poeti ai fabbricanti di pipe di cui non è rimasta memoria. Si, perché Plati, oltre che suonatori di tamburi ha avuto anche abili pipari  di cui si è perso il ricordo.
Il futuro è incerto e so benissimo che ci sono  difficoltà e istanze più urgenti, ma in fondo, due proposte le voglio fare ai sindaci che riusciranno a coprire quella carica, eletti dai platioti, per tutta la durata del loro mandato .La prima di derivazione pasoliniana: cancellare tutti i nomi attuali delle vie e sostituirle con platioti di cui oltre il nome e cognome si indica il mestiere: A.A. maniscalco, B.B. contadino, D.D. ricamatrice, M.M. medico condotto, E. E. sacerdote. La seconda: restaurare quei  pochi monumenti e cappelle che ancora esistono dentro il cimitero,risalenti alla fine dell’800 e agli inizi del 900, imponendovi sopra il vincolo della sovrintendenza alle opere artistiche, prima della loro definitiva demolizione.

FINE

mercoledì 28 novembre 2012

Batte il temburo lentamente pt 2



Nelle festività del paese i bambini andavano dietro al tamburo accompagnato dalla grancassa come davanti alla banda, che veniva da Seminara o da Stilo; con i loro passi indicavano al gruppo musicale il percorso da compiere nei loro giri per le vie dell’abitato.
Michele non ha cominciato col suonare il tamburo, dapprima accompagnava con la grancassa Gianni “u tamburinaru”.
Credo che quando la mamma di Gianni lo concepì pensò già da allora di farne un suonatore di tamburo, così venne su massiccio, e, dono della natura, con il braccio sinistro più corto, cosa che lo aiutò molto a divenire un esperto dello strumento. E’ stato l’ultimo ad aver gridato il bando per le vie,  annunziando le ordinanze del municipio, come le offerte mercantili sempre con la stessa cadenza di voce, preceduta  dai rulli del suo tamburo.
A quel tempo gli strumenti, tamburo e grancassa, venivano realizzati artigianalmente con legno, pelle di capra o pecora e corda. Ricordo che Gianni aveva un tamburo con una cassa di risonanza larga circa 30 cm. dipinta di nero, mentre la grancassa di Michele era verde.
I motivi che suonavano nei giri erano due: un adagio molto marziale e una tarantella, a cui si aggiungeva un lento intonato solo fuori dalla chiesa al momento della consacrazione dell’ostia e del vino. Se il comitato che organizzava le feste raccoglieva soldi sufficienti al tamburo e alla grancassa si aggiungevano i giganti: il re, la regina e l’asino, questi la tarantella la ballavano lungo il percorso e talvolta sostando davanti a quei generosi che offrivano denari o rinfreschi.

continua ...

martedì 27 novembre 2012

Batte il tamburo lentamente (reg. John D. Hanckok - 1973)

Batte il tamburo lentamente, quasi un musical

OK! Mettetevi comodi e sgomberate la mente dalle insidie quotidiane perché andrò avanti per un po’ e, onde evitare la noia che mi è stata rimproverata in altre occasioni, tratterrò la vostra attenzione per qualche giorno su quanto voglio raccontarvi accompagnandovi-mi con le note di Lucio Battisti

ATTO PPRIMO



1

Un oriundo poco distratto che arriva a Platì e percorre le sue vie si accorge subito che non vi è traccia delle sue, non intendo parlare di storia, epoche passate: eppure le origini risalgono all’anno della scoperta dell’America;  scoperta che col passare del tempo causò il genocidio dei nativi e così lo spopolamento della Calabria con l’emigrazione verso quelle terre conquistate  con il ferro e con il fuoco .
E’ rimasto qualche casalino dei nobili, un pugno di vie che portano nomi di caduti nella Grande Guerra e c’è qualche rione con un cognome, Marando, Palumbo, Galatti, ma chi li ricorda per quello che sono stati questi cognomi!
 
2


Recentemente si è tentato di fare qualche cosa: gli zelanti commissari prefettizi venuti da fuori – il paese ha avuto più commissari prefettizi che sindaci nominati dalla popolazione – hanno contribuito, per ridare,  dicono,“ossigeno e dignità a tutta la comunità Platiese”  facendo installare un monolito nella fiumara per ricordare i morti dell’alluvione del 1951 e un cippo ai caduti delle due guerre mondiali lungo la via XXIV maggio,  copiando Antonio Presti e la sua Fiumara d’Arte di Santo Stefano Camastra in provincia di Messina.  Guarda caso l’artista autore di quei lavori proviene da quelle zone e, recentemente,  in una occasione mondana, nella città dello Stretto, si meravigliava come mai ancora le sue creazioni non siano state fatte bersaglio di anonimi proiettili calibro 45 che le avrebbero abbellite. Ancora, è stato restaurato palazzo Furore in piazza mercato e si è voluto ricordare Mimmo De Maio sindaco negli anni ottanta : lui sì è stato fatto bersaglio dei proiettili. Per il rimanente dei suoi figli nati ed ivi scomparsi il buio del Buco Nero galattico.



3


Vedete, la mia la potete considerare  una critica come una presa di posizione, Platì lo amo troppo, tanto che vorrei che con un colpo di bacchetta magica venissero cancellate le ingiurie che lo marchiano, vero piombo anche questo!
Il paese non è per niente diverso da qualsivoglia altro centro posto  in qualsiasi latitudine del globo. Lo si è voluto bollare e così servirlo dai media, per distogliere l’attenzione dai fatti gravissimi che stavano portando al fallimento della Democrazia e dello Stato Sociale, col risultato di abbandonarlo a se stesso.




4


Dopo questa ampia premessa sarete stupiti se io vi parlerò di uno dei suoi figli più umili: Michele Trimboli detto U Giamba classe  1923 e morto nel  2006, il  più grande suonatore di tamburo che ha avuto il paese.
Le storie narrate su di lui lo hanno sempre abbozzato come un miserabile o un barbone. Mi dispiace per questi narratori ma io non ho avuto questi occhi verso di lui.
Sono bambino quando comincio a ricordarlo e da bambino ve lo descrivo anche se occorrerebbe la penna di un Tolstoj o di un Dostoevskij per dipingerlo,  come  a lui si addice il tratto del grande Ligabue, non il cantante rockettaro.



continua ...




lunedì 26 novembre 2012

Sacre vette (reg. Eduardo Bencivegna 1913)


Giacomo Tassoni Oliva

Dagli agri … 1929

Carissimo Ernesto

Dal momento che la prefazione sarà fatta da chi porterà lustro al volumetto, mando a te la prefazione che avevo abbozzato io. Contentati  e tienilo – manoscritto s’intende – tra le tue carte se ti pare che meriti tanta ospitalità! Dato che non vedrà la luce non mi curo neppure di limarlo e te lo mando così come è balzato fuori, tutto d’un fiato.
“Sacre Vette”

Il titolo è davvero suggestivo e i quadri so dipinti finemente, han sfumature lievi, con un vivo discernimento d’arte che è sovente – per non dir sempre – un chiaro e fresco rivo di virtù immaginifiche, e consente al poeta-pittore, - alquanto schivo di laudi sonanti – veramente di ascendere al Parnaso, dove in coro, plaudenti l’attendono le Muse che – soddisfatte- apprestangli l’alloro che di dare a’ son aduse.
Non t’arrestar, poeta, avanti, avanti donaci – ché lo puoi – tuo’ nuovi canti: sarebbe amato? A’ posteri anzi ai critici, l’ardua sentenza!
Abbracci
                                                                                                                 Giacomo Tassoni Oliva

Bisogna  mi decida un giorno di scrivervi su Giacomo Tassoni Oliva, ormai anch’egli dimenticato.

giovedì 22 novembre 2012

Cortesie per gli ospiti (reg Paul Schrader - 1990)



Alla Gentile Signorina
Caterina Gliozzi e sorelle
( Reg. Cal. )   Platì

S. Ninfa 6 – 11- 45

  Carissima Cata, con un po’ di ritardo veramente vengo a ringraziarti del pacchetto che gentilmente hai voluto mandarmi a mezzo del Sagrista.
L’ho molto gradito e te ne sono grata. Ho ricevuto la postale di Iola. Godo per le buone notizie di S. Gemma e per il congedo di tuo fratello. Per tuo zio, mi è molto dispiaciuto, ormai è guarito e ringrazio Iddio.
Io sto bene, anche le suore. Proprio oggi siamo in festa per l’onomastico di S. Nicolina, una bravissima suora, buona quanto mai. Grazie del pensiero che conservi nelle tue preghiere ti prego a voler continuare, mentre ti assicuro che anch’io ti ricordo e sempre. Ricordo anche le gentilezze di D. Ernesto e D. Ciccillo, come la rozzezza e villania di altri. Per voi ho un ricordo continuo, affettuoso e grato. Solo per voi e per Galatti: spesso parlo di voi con l’arciprete che anch’egli è buono e gentile. Dalla cartolina di Iola ho appreso la rabbia di S. Anna per il trasferimento di M. Ilda. Poverina cosa vuole, è stato volere di Dio e lei anche con M. Ilda si è mostrata ingrata ed ha agito per come sa, negando le robe personali di M. Ilda. Proprio ora M. Ilda si è convinta di ciò che S. Anna è. La suora che è venuta è proprio quella che meritavano. È la sola

Sup. Orfanatrofio G. li Causi
( Trapani)  S. Ninfa