NUMERO UNICO
Per cura degli amici
Di Giacomo Tassoni Oliva
cognato dell’estinta
LACRIME
SU LA TOMBA DI MATTIA MIGLIACCIO IN FURORE
Platì XXIII febbraio 1910
VERSO LA CATASTOFE!..
Innanzi all’inevitabile la Scienza avea gia piegato la fronte! La moritura lesse sul volto dei medici la sua sentenza e si apparecchiò al passo supremo –
E distaccatasi dai terreni affetti, si rivolse a Quel che tutto muove.
Al D. Riccio suo cugino e che amorosamente le apprestava le estreme risorse del’’arte confidò il bisogno dell’animo suo, che per quanto innocente, volle ancora sottoposto al perdono del ministro di Dio. – Il prete giunse appena in tempo a raccogliere negli ultimi gemiti l’ultima voce dell’anima cristiana, che attraverso la Grande Ombra entrava radiosa nell’Immensa Luce! …
Ne la camera ardente
Nella penombra lugubre della camera ardente; in mezzo alle innumerevoli corone funebri dalle dediche dorate sfolgoranti sinistramente sui nastri serici, in mezzo alle fiamme tremolanti delle gialle torce; la nobile donna dormiva immobile il sonno della morte. Così l’ho vista e un nodo di pianto mi stringe la gola!
Era bella ancora! Pur avendo scolpito sul pallido volto le traccie delle sofferenze sofferte con rassegnazione più che rara unica!
Aveva l’abito nuziale, quell’abito che le ho visto addosso la sera dalle fauste nozze e i capelli morbidi e neri cadevano leggiadramente sulla fredda e cerea fronte!
Il corpo esanime era ricoperto da un magnifico lenzuolo su cui si leggeva il motto. Toujours Unis – strana inesplicabile antitesi con l’inesorabile verdetto del fato!
La derelitta mamma impietrita dal dolore, parlava al cadavere della figlia, con la calma con cui le parlava poche ore avanti quando ancora, la buona e virtuosa Mattia, dal letto ove giaceva da non molti giorni conversava lieta inconscia della immane catastrofe che Ohimé! Dopo poche ore avrebbe dovuto riversarsi su di Lei e sulla estesa ed illustre prosapia!
Scena supremamente triste!
Grida di estremo dolore risuonavano nella notte alta e tranquilla, grida che rompevano il cuore, che straziavano l’anima, ma che non riuscivano a svegliare dall’eterno rorpore quell’immagine cadaverica che dormiva sul letto di morte, vicino all’infelice neonata ricoperta dalle fascie e dalle cuffiette che la povera madre avea lavorato con cento speranze nel cuore, con cento sogni nell’anima
Rompevano il tetro silenzio dell’infausto momento i singhiozzi degli astanti che devotamente, e religiosamente vegliavano la cara salma.
Anch’io ho pianto ed a lungo!
Poi non ne potetti più!
E mi allontanai con l’ambascia nel cuore con lo strazio nell’anima, e lontano da quel luogo di dolore pensavo in me come gli sventurati congiunti della giovane morta, potean darsi conforto!
continua...
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