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lunedì 7 gennaio 2013

Lacrime d'amore pt. 3


Sacrifizi Differenti

  Quasi tutti i sacerdoti del paese quelli accorsi dei paesi circonvicini, da Gerace, Ardore, San Luca, Natile, Cirella e Polsi, si fecero un dovere di applicare il S. Sacrifizio per l’anima benedetta della defunta.
  Quale compunzione non era quella di quei buoni ministri del Santuario – preganti requiem – e sotto gli occhi di quella madre che vegliava e piangeva sul cadavere della figlia!
  La donna forte era li, impietrita, accarezzante il volume dei capelli sparsi della morta e baciando la cerea fronte su cui una pace arcana si rifletteva.
  Il sacrificio di quella donna non era meno sublime! …
Ed il popolo buono e riconoscente, affollatesi nelle scale e nelle stanze attigue, piangeva e pregava come si piange e si prega nelle più gravi sventure.
  Un’altra figura mestissima, che aggiungeva alla mistica cerimonia la nota più tenera, era quella del fratello Ettore, il quale seguiva e ripeteva le parole arcane della messa con quella fede ardente che si trova nei momenti più terribili o che sa dettare il dolore!
  Di tanto in tanto grida che straziavano l’anima e scendevano nel cuore come punte acuminate, rompevano la terribile solennità. Erano la sorella Carolina, il marito inconsolabile o la cognata affettuosa che chiamavano ad altissima voce colei che più non ritornava.
 Ne lo sfondo della camera ardente, fra i ceri pallidi e le nere cortine, si leggevano a carattere d’oro, le seguenti parole:
LA SUA VITA
TUTTA AFFETTO PEI SUOI CARI
S’ESTINZE
TRAMUTANDO IN PIANTO
L’ANSIA
CHE CIASCUNO AVEA DI VEDERLA MADRE
DIA IL CIELO
PACE A LEI! CONFORTO AI SUOI!
                                                                              Giacinto


Tra i mestissimi

  Era una fiumana di gente! Quanta gente che stazionava fuori, aspettando di salire e confortare la famiglia! …
  Ne ho visti di tutte le classi: dalle popolane scarmigliate e scalze alle signore altolocate, dalle seriche gramaglie, dai contadini piangenti con bambini, ai signori che soffocavano il pianto nei fazzoletti: tutti compresi dal più profondo cordoglio da un’amarezza infinita …
  Che sciagura immensa non doveva essere quella!
  Ho notato tra i presenti il pio Arciprete Oliva, cugino della morta, il quale piangeva come una vite; Giacomino Tassoni che non si dava pace e, più di tutti, il marito sventurato che faceva pietà e la sorella desolata che si dibatteva amaramente.
  Altri parenti di Gerace, fra i quali il dottor Riccio, Enrico e Mimì Scaglione, Marulli, il Ca. Tesoriere Felice Spanò cugini dell’Estinta, Mons. Furfaro Vicario Generale venuto a rappresentare Monsignor Vescovo, oltreché come amico di famiglia ed altri di cui mi sfugge il nome, completavano il quadro doloroso mentre i rintocchi funebri delle campane si facevano sentire  e inondavano l’anime di una soave voluttà di pianto.
                                                                                                                                                                            Cipresso

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