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giovedì 16 gennaio 2020

Quando volano le cicogne [di Michail Kalatozov, 1957]


LA NASCITA 24 giugno 1956

Nel tempo rimangono nella mente ricordi o lampi che sono lì e non li puoi datare perché fanno parte della tua coscienza.
Ricordo la ruvidezza di un costume da bagno di lana di colore verde bottiglia che mi pizzicava da asciutto e mi pesava come un macigno da bagnato; ricordo a Platì, seduta tra l’armadio e la cascia, la mamma che mi infila un pagliaccetto rosa di una stoffa così fresca che non ne ho più trovate uguali (avrò avuto 2 anni??!!)
E ricordo ancora l’odore di nafta della corriera al ritorno dal mare da Bovalino e quando questa si fermava davanti al panificio e la mamma scendeva e ci comperava i panini al burro e noi li mangiavamo piano perché non finissero mai... e altre cose che affiorano d’estate col caldo, non so perché.
Ed era l'estate dei miei quattroanniemezzo ed era caldo quel pomeriggio e la mamma, con una pancia enorme per me che la guardavo dal basso, forse si lamentava: tu volevi uscire.
Eravamo a Platì sulle scale di casa: ricordo la penombra e le correnti d’aria poi la mamma che scompare e la nonna Mariuzza che invita zia Pina a preparare me e Saro, ci vestono e nel sole cocente del pomeriggio veniamo portati a casa dello zio Giuseppino (il medico) perché a casa nostra doveva arrivare la cicogna.
Papà diceva ”sbrigatevi” ma nel tragitto Saro ed io scrutavamo il cielo per veder arrivare questa cicogna.
Papà ci lascia in quella enorme casa; i cugini erano già più grandi e noi ci sentivamo spaesati, ma la raccomandazione era che dovevamo fare i bravi: siamo stati seduti e zitti nell’atrio fresco e ventilato nell’attesa che ci riportassero a casa.
Anche se ci avevano detto che non era quella la rotta del volatile verso casa noi scrutavamo il cielo dalle tende svolazzanti leccando senza voglia un gelato.
Ogni tanto Saro mi guardava e io chiedevo "quando torniamo a casa?".
Era quasi l’imbrunire e l’aria si era fatta più fresca quando papà è venuto a riprenderci, felice ci raccontava che era arrivato un maschietto.
Forse correvamo per l’impazienza.
Ora le immagini mi diventano più nitide: facciamo di corsa le scale, mamma è a letto, tra lenzuola bianche pulite, sorride, Saro ed io saliamo sul letto e lei ci bacia, in quella entra la nonna: in braccio un fagottino avvolto in una copertina celeste, si avvicina a noi seduti al bordo del letto e ci porge il bambino.
”Guardate, ecco Gianni”.
Abbiamo gli occhi e il cuore pieni di gioia, guardo la pancia della mamma, ma non mi faccio domande, ti faccio una piccola carezza, ti ho subito voluto bene. Gianni.
Maria

mercoledì 15 gennaio 2020

The Mule [di Clint Eastwood, 2019]


BOZZETTO CALABRESE 
I racconti del mulattiere

Platì, 22 febbraio 
Eravamo seduti accanto al vecchio focolare, poiché fuori c'era un metro di neve che impediva persino di mettere il naso fuori dall'uscio. Il più vecchio della compagnia, l’ex mulattiere Mico X, tra una boccata e l'altra,tirata dalla sua, assurda pipa di terracotta si mise a narrare. Era una vecchia abitudine di Mico X, quella di narrare le sue avventure ogni volta che se ne presentava l’occasione; e spesso si trattava di avventure sconclusionate, che deludevano l’uditorio: entravano, come si suol dire, da noi, «con la tocca», e uscivano «con la campana».
Comunque, ci accomodammo bene sugli sgabelli, per prestare ai suoi discorsi la massima attenzione possibile. Il vecchio si mise a rievocare. 
Ai tempi d'oro della mia giovinezza, quando la gente non pagava i contributi unificati, ero alle dipendenze del conte Don Vincenzo di carbonìa; ma un giorno venni a diverbio con lo stesso, e me andai via. Ora dovevo vivere con i miei mezzi, esclusivamente, perciò, la prima cosa che mi toccò di fare, fu quella di scendere in paese e procurarmi un magnifico coltello a serramanico. Me lo ricordo ancora: aveva una lama di circa venti centimetri e uno scatto magnifico.  «Questo coltello» - pensai - «sarà la mia fortuna».  Il giorno dopo me ne andai nella vigna di un tale e mi misi, a staccare grappoli e a mangiare; stacca e mangia, stacca e mangia, a un certo punto comparve il padrone. «Hei, là!» -- esclamò - «Qua il mondo è liberato?»
Io lo guardai bieco e risposi: «E' liberato, e tu che vuoi?»
In così dire estrassi il coltello.
Quando vide il coltello, invece di scappare, come mi aspettavo, divenne una bestia, Che lo avessero ammazzato dieci anni prima!!
Era uno solo, e fece quanto avrebbe potuto fare un battaglione di soldati, mi si lanciò addosso con un bastone, mi fece volare via il coltello dalle mani, e cominciò a picchiare come Briareo quando volle suonarle a padre Giove.
Alla digressione mitologica, Mico X sorrise sotto i baffi soddisfatto.
Io cercavo di vincolarmi, ma quel maiale mi tempestava di geffole e di calci che avrebbero stordito un cervello elettronico. (Anche stavolta Mico sorrise di soddisfazione).
A questo punto il racconto ebbe una pausa. Mico si caricò la pipa nel focolare. Vedendo che continuava a tacere, lo stimolammo a seguitare la narrazione. Ci guardò meravigliato e ci disse: «ma è finita da un pezzo». Ci guardammo stupiti. Ma dovevamo essercelo aspettato. Non era la prima volta che i racconti
di Mico X serbavano di queste sorprese. Non avemmo tempo di rammaricarcene, che
Ciccio Domarom con un urlo di gioia scopri che le patate sotto la cenere del focolaio erano cotte, sebbene noi, al principio del racconto non ce le avessimo messe.
Intanto la vecchia moglie di Mico aveva tratto da uno stipo una bottiglia di vino vecchio, e presi alcuni bicchieri, brindammo allegramente. Ognuno disse la sua. Infine, nel silenzio generale si alzò il vecchio ex mulattiere e declamò: «Eu mi lu jettu arretu a chista lamera - brindisi fazzu a chista cumpagnèra».
Quando si trattava della rima, Mico X non transigeva, doveva arrivare in fondo a tutti i costi. Il brindisi, tuttavia, non era finito. Con la voce malferma, Mico continuò: «E ora guardu stu calici vacanti - e dicu bona notti a tutti quanti».
Poscia si mosse soddisfatto, per andare a coricarsi. 
MICHELE FERA GAZZETTA DEL SUD 23 febbraio 1956


Per chi è interessato alle cose eastwoodiane ricordo che anche il rapporto Clint Eastwood-mulattieri trasi ca tocca e nesci ca campana: risale al Francis mulo parlante 1955, passa per il pugno di dollari 1964 , gli affamati avvoltoi 1968 e arriva a The Mule 2019.
E ora guardu stu calici vacanti e dicu bona notti a tutti quanti

lunedì 13 gennaio 2020

Il miracolo delle campane [di Irving Pichel, 1948]




Vita religiosa a Platì
(M. F.) - Sono stati ultimati e collaudati, nella Chiesa del Rosario di questo centro i nuovi moderni impianti di amplificazione. Il potente megafono ha diffuso nel cielo di Platì il suono armonioso o delle campane della Basilica di San Pietro e di Santa, Maria Maggiore, riproducendolo da alcuni dischi.  
L’audizione è stata perfetta, anche nelle campagne.
Al Reverendo Don Gliozzi autore della bellissima. iniziativa, esprimiamo i sensi della nostra ammirazione.
(Michele Fera) GAZZETTA DEL SUD, 18 aprile 1956

Inizia oggi una nuova etichetta creata per ricordare l'intensa attività giornalistica di Michele Fera. Essa ebbe inizio con l'apparire dell'edizione reggina della Gazzetta del Sud nel 1955 e protrattasi per alcuni anni. Ben prima di Antonio Delfino, con le sue corrispondenze da Platì egli si occupò di cronaca, storia del costume, tradizioni, racconti originali, che periodicamente apparivano sulla testata messinese. Con questo si tenta ancora una volta ricordare i figli più dotti della Platì che a partire dagli anni settanta del secolo della bomba atomica andavano ad essere più rari se non a scomparire del tutto. Mi è sembrato opportuno varare la nuova etichetta con qualcosa di personale, quindi la chiesa del Rosario e lo zio Ciccillo sono i protagonisti più adatti e per ricordarli meglio non potevano essere che Rossini e la sua Gazza ladra qui riproposta con il fruscio del 78 giri e Toscanini a condurla. Assieme alla mozartiana Marcia alla turca richiamava i fedeli alla messa domenicale, affollatissima per via della velocità rossiniana e toscaniniana con cui lo zio Ciccillo la portava a termine.
Nella foto  mastru Domenico Ielasi (1932- 2014) e suo nipote Mimmo sul tetto della chiesa negli anni novanta del secolo citato.


domenica 12 gennaio 2020

Racconti dalla tomba - pt. 2


Torno oggi su una pubblicazione sotto il titolo Racconti dalla tomba. E precisamente sulla figura che in quella pubblicazione Vincenzo istorosofo Papalia vi celebrava, il dottor Domenico Zappia. Quello che segue è l’atto di morte registrato presso il Comune di Platì del dott. Domenico Zappia

L’anno mille ottocento novanta quattro, addì sei di Marzo
a ore pomeridiane due e minuti trenta, nella Casa Comunale,
Avanti di me Oliva Cav. Francesco fu Don Arcangelo
Sindaco ed
Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Platì sono comparsi
Antonio Agresta, di anni cinquanta, bracciale domiciliato
in Platì, e Pasquale Bartone di anni quaranta
sarto, i quali mi hanno dichiarato che a ore
ante meridiane cinque e minuti trenta di jeri nella casa posta in
Corso San Nicola, è morto il Sig. D. Domenico Zappia di anni ottantasei, medico, residente in Platì,
nato in Varapodio da fu Rosario, medico, domiciliato in Platì vivendo, e da fu Donna Rosa Lenzi, gentildonna domiciliata in Platì vivendo, vedovo di Fasano Giovanna.
A questo atto sono stati presenti quali testimoni Antonio Barbaro di anni trenta, bracciale e Giuseppe Mittiga di anni trentuno calzolajo, ambi residenti in questo Comune. Letto il presente atto a tutti gli intervenuti, viene da me sottoscritto, avendo eglino asserito di non saper firmare.
L’ufficiale dello Satato Civile
Francesco Oliva fu Arcangelo

Il dottor Domenico Zappia nacque in Varapodio da Rosario anch’esso medico e dalla signora Rosa Lenzi, originaria di quel comune aspromontano.  Al momento del decesso aveva ottantasei anni. Stando ad altri atti di nascita, il dottor Rosario, figlio di Pasquale e Michia Francesca, al momento del parto di Domenico aveva trent’anni essendo nato il 18 agosto 1778, mentre la sua signora ne aveva diciannove di anni. Domenico sposò in un primo tempo la signora Rachele Brancatisano con la quale ebbe, tra il 1835 e il 1849, sette figli. Rimasto vedovo a cinquantadue anni si unì a Giovanna Fasano, nata in Oppido il 30 marzo 1839 e morta a Platì il 5 agosto 1873 a trentaquattro anni. I due si erano sposati in Oppido il 9 novembre 1859, lei ventenne, e da essi nacquero Francesco, Filippo, Carmelo e Pompeo.

Nelle immagini l'atto di matrimonio tra Domenico Zappia, medico e Donna Giovanna Fasano nello Stato civile della restaurazione di Oppido.

giovedì 9 gennaio 2020

God Bless America [di Bobcat Goldthwait, 2018]


Il 7 gennaio è venuto a mancare in Ross Twp PA all'onorevole età di  92 anni Giuseppe Antonio (Joseph Anthony) Gliozzi. Era nato a Platì il 16 gennaio del 1924 da Giuseppe e Teresa Mittiga. A Platì il 10 settembre del 1949 sposò Michelina Perre nata il 30 settembre del 1926 da Domenico e da Maria Antonia Scarfò. I due coniugi emigrarono in America nel 1951 e precisamente a New Castle PA dove vissero fino al 1962 quando si trasferirono a Ross, dove Michelina visse fino al 29 marzo 2005. Come molti platiesi emigrati anche Giuseppe Antonio con il fratello Ferdinando svolse l'attività di sarto. Joe e Michelina erano i genitori di Frank, Doninic, Joseph jr, Maria e Mario nonché amorevoli nonni e bisnonni.
Nella foto Giuseppe Antonio e Michelina.

Il tutto con il contributo di Francesco di Raimondo.


mercoledì 8 gennaio 2020

Racconto calabrese [di Renato Pagliuso 2016]


Schegge (direbbe Enrico Ghezzi) rubate a Mimmo Gangemi e alla sua Signora di Ellis Island


"Pochi i meridionali: qualche campano, un paio di abruzzesi, un siciliano, uno del Vibonese una bestia di fatica e di forza che tirava dal cottimo quasi quanto due di loro. E Mico, con cui erano bordanti assieme. Era di Platì, un paese vicino al suo, sulla fascia ionica però. Tra le due comunità si erano sempre intrecciati matrimoni, comparati, amicizie, anche guerre, non di rado con il morto. Li collegava una pista, poco più d'una mulattiera, che s'inerpicava fino allo Zillastro - là dove s'incrociavano i venti che salivano dai due mari - e discendeva ripida, cangiandosi con un taglio netto dal verde lussureggiante del lato tirrenico a una terra secca e riarsa, appena ravvivata da radi arbusti che la facevano più desolata, e con massi franati sulla pista o in equilibrio precario sui costoni. Tranne che con Mico, con cui stimavano l'amicizia nata fuori da lì e la fratellanza del vivere assieme, Giuseppe confidenza non ne prese, né gli altri tra di loro".

"Giuseppe a sera gli raccontava dell'Italia. Degli ulivi maestosi, dei boschi di faggio che in autunno si tingevano d'irreale, in pieno splendore nelle foglie con i vividi colori della morte, delle fiumare gonfiate a dismisura dalle piogge, dei bagni che i ragazzi prendevano nella pozza grande, della pesca alle trote e alle anguille - sezionando la poca acqua estiva e stordendole con la calce buttata dentro - delle verdi cime dell'Aspromonte, della curva lungo la pista per Platì da cui si abbracciavano con un unico colpo d'occhio i due mari, della ripida costiera ricoperta di fichi d'India i cui frutti nessuno raccoglieva per il veto del padrone, non disposto a digerire che altri godessero di ciò che per lui, vecchio, era, impossibile".

NOTA. L'interesse per il film citato sta nella presenza di Robert Woods, saltato da protagonista di Spaghetti Western a  vecchio incompreso tornato nel suo paese d'origine, in Calabria.

lunedì 6 gennaio 2020

The Celebration ... The Lizard



II° PREMIO GIORNALISTICO-LETTERARIO ANTONIO DELFINO
Platì 28 dicembre 2019

Motivazione Sezione Saggistica

Lettere meridiane. Cento libri per conoscere la Calabria” è l’opera di raccordo più notevole degli ultimi anni.
La sensibilità di Francesco Bevilacqua ha saputo cogliere l’essenza del nostro essere senza stereotipare la “regione più a sud del sud”, anzi, focalizzando l’attenzione sulle bugie storiche che hanno vestito la Calabria di pregiudizi ai quali a nessuno è facile sottrarsi. La fatica dell’astrazione ed imparzialità è
valsa questo capolavoro che definire di taglio socio-antropologico sarebbe riduttivo. L’itinerario tracciato da Bevilacqua per raggiungere la conoscenza/coscienza dei nostri luoghi, fisici e metafisici, attraversa anche le opere più incisive di importanti scrittori non solo locali che l’autore ha saputo magistralmente rileggere nel suo meta-racconto. Finalmente la ricerca dell’identità attraverso la memoria non è più pretesto di immobilità ma volano di apertura e crescita.


Motivazione Sezione Narrativa



"Un acre odore di aglio": 
è l'Odissea del popolo aspromontano, vinto ma non domo, epopea familiare come pretesto per una impalcatura di nobile letteratura: romanzo di intreccio, azione e non groviglio di narrazione fine a se stessa, lirismo calibrato che non necessita di eccessivi formalismi, accompagnato da un'analisi psicologica che muove fino all'ultima pagina, da cornice un mondo femminile pulsante come il paesaggio descritto, quindi la terra protagonista e antagonista, l'archè a cui l'uomo ritorna, tramestio di vita e di morte: perché ogni uomo, ogni scrittore, è la cifra del luogo in cui nasce e vive.

domenica 5 gennaio 2020

Quei loro incontri [di Danièle Huillet e Jean-Marie Straub, 2006]


Vuoi per la scelta azzeccata dei premiati, vuoi per la loro presenza, insieme a quella di altri non meno importanti intellettuali e personaggi accorsi dalle località della provincia, la serata del 28 dicembre 2019 è stata una ulteriore dimostrazione delle capacità organizzative dei soci della platiota Associazione Santa Pulinara che per il secondo anno consecutivo indice il premio Giornalistico-Letterario ANTONIO DELFINO. Ma non era tutto oro quello che luccicava negli occhi di quei temerari, avendo bene in testa le reali difficoltà che l’organizzazione di un evento così importante richiedeva e la scarsa locale manodopera.
A chi era assente comunichiamo che la serata è stata presentata da Lucia giarruneiu Catanzariti e coordinata da Maria Teresa D’Agostino.
Se per l’avvocato Francesco Bevilacqua, vincitore per la saggistica con il suo lungimirante Lettere meridiane. Cento libri per conoscere la Calabria”, il Premio è solo un pretesto, la scusa per stare insieme e fare comunità, bisogno sempre più impellente nell'era dell'apparire social. Ma la condivisone delle comuni radici deve essere reale non virtuale. La sua opera è destinata a indicare la testimonianza della vitalità della letteratura calabrese, e degli autori più significativi, per le future generazioni. In quella sede si è scoperto che Francesco Bevilacqua è un camminatore alla Henry David Thoreau e un amante degli alberi alla Jean Giono!
Mimmo Gangemi, premiato per la narrativa con il suo acuto “Un acre odore di aglio”. Allo scrittore gli si riconosce un modo originale di narrare, mettere in discussione, se non altro la gente d’Aspromonte, gente di non facile trattazione.  Egli ci offre il suo tributo ad Antonio Delfino, guardato a volte con invidia. Gangemi, un fedelissimo delle iniziative pulinarote, ancora una volta ci ricorda i legami di parentela intessuti tra Santa Cristina d’Aspromonte e Platì e precisamente con la famiglia di don Gustinu Mittiga, quando le carreggiate erano un legame per lo sviluppo dei rapporti tra i territori che sconfinavano sino alla Piana; ripresa di rapporti auspicata anche dal presidente del Parco dell’Aspromonte dottor Domenico Creazzo presente alla serata, finendo col  renderla preziosa.



lunedì 30 dicembre 2019

The Celebration of the Lizard - The Doors

I am the lizard king I can do anything
Jim Morrison




La zafrata e il suo creatore Domenico Carteri al Premio Delfino, Platì 28 dicembre 2019. Premio doppio andato a Francesco Bevilacqua per la saggistica e a Mimmo Gangemi per la narrativa. In calce l'artistica entrata della residenza dell'autore presso Ferruzzano a mare.

giovedì 19 dicembre 2019

Il latitante [di Raffaele Cosentino,1916]


In nome di Sua Maestà
Umberto Primo
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione
Re d’Italia
La Regia Pretura del Mandamento di Ardore
Ha emesso la presente Sentenza.
In nome di Sua Maestà
Umberto Primo
Per grazia di Dio e per volontà della Nazione
Re d’Italia

All’udienza del dì diciassette Aprile mille ottocento settantanove il Signor Michele Agostini Pretore del Mandamento di Ardore ha emesso la seguente sentenza
Nella Causa Civile tra
Pasquale Zappia fu Filippo commerciante domiciliato in Platì, attore comparente di persona =
Contro
Filippo Fera di Giuseppe possidente domiciliato in Lubrichi sotto Comune di S. Cristina d’Aspromonte ed elettivamente in Ardore in casa del Signor Caracciolo Carlo, convenuto, due volte citato contumace =
L’attore si è rimesso agli atti della causa dodici e quindici andante registrati a Marca, coi quali conveniva in questa Pretura Filippo Fera di Lubrichi citandolo nel suo domicilio elettivo qui in Ardore, per essere condannato in linea di commercio alla consegna di una botte e mezzo di olio d’oliva chiaro, lampante, equivalente a quintali sei e chilogrammi sessanta che consegnar doveva all’istante a tutto Marzo ultimo al che non adempì, rimanendo debitore di una botte ed un sesto pari a quintali cinque e chilogrammi dieci = In mancanza del genere chiedeva  l’importo in Lire quattrocento venticinque; unitamente agl’interessi pattuiti del dodici per cento da far capo dal trentuno Marzo al finale sodisfo e le spese del giudizio colla indennità di trasferta e per scritturazione , nonché alla penale anche pattuita in altre Lire duecento, per danni ed interessi liquidati e transatti; producendo in appoggio della sua domanda  due biglietti ad ordine, datati entrambi il ventinove ottobre mille ottocento settantotto =
Il Convenuto citato non è comparso né altri per lui =
In fatto consta della domanda dell’attore nel modo come sopra concepito, e della contumacia del convenuto due volte citato nel suo domicilio eletto in Ardore =
Considerando che i due biglietti all’ordine, alla cui base l’attore poggia la sua domanda, non essendo stati protestati alla scadenza con atto legale com’era di dovere, hanno perduto la qualità di documenti commerciali, e si riducono semplicemente a titoli privati di natura civili = Per ciò in forza dei medesimi non può ammettersi l’azione commerciale che l’attore vorrebbe istituire =
Considerando per tanto e due scritture anzitutto non possono mai perdere il valore di scritture private, le quali non essendo state in verun modo impugnate dal Convenuto atteso la sua contumacia debbono ritenersi come legalmente riconosciute e quindi attribuirsi loro la stessa fede giuridica e l’efficacia degli atti pubblici, ed in conseguenza capaci a rendere pienamente giustificata la domanda dell’attore e come tale aggiudicarsi in tutto il suo tenore tanto per debito principale  che per l’interesse pattuito e per la penale reclamata per l’inadempienza dell’assunta obbligazione = art. 1232 – 1312 – 1313 e seguenti – 131 e seguenti – 1320 e seguenti Codice Civile
Considerando che le spese del giudizio sono sempre a carico del soccumbente art. 370 Procedura Civile. E che poggiando la domanda sopra documenti può ordinarsi l’esecuzione della Sentenza.
- Per quali motivi
Il Pretore diffinitivamente pronunziando in contumacia del Convenuto Filippo Fera di Giuseppe di Lubrichi due volte citato, senza però le funzioni di Giudice di Commercio, condanna il medesimo di consegnare all’attore Pasquale Zappia fu Filippo da Platì una botte ed un sesto di olio di oliva di buona qualità, chiaro, lampante, eguale a quintali cinque e chilogrammi dieci, dovuti giusta i due biglietti all’ordine ventinove ottobre mille ottocento settantotto = Per mancanza del genere lo condanna all’importo in Lire Quattrocento Venticinque = Agl’interessi convenzionali su tal somma, al dodici per cento a far tempo dal trentuno Marzo prossimo passato fino al totale sodisfo, ed oltre Lire duecento per danni interessi liquidati e transatti, alle spese del giudizio liquidate fino a giusta sentenza e registro per Lire 24:50 e Lire Cinque per indennità di comparsa e scritturazione = Ordina L’esecuzione provvisoria di questa sentenza, la quale sarà notificata al Convenuto Contumace Fera nel suo domicilio reale da uno usciere della Pretura di Oppido che verrà da quel Pretore destinato.
Così giudicato in Ardore all’udienza diciassette Aprile mille ottocento settantanove = Il Pretore firmato M. Agostini =
Pubblicata alla detta udienza diciassette Aprile mille ottocento settantanove in assenza del Convenuto.
Il Cancelliere firmato G. Fragomeni.

NOTA. La lotta Zappia vs Fera si protrasse fino all’anno 1884 e forse non ebbe mai fine. Quel che interessa oggi è un mondo scomparso, legato ai cicli della Terra, ancora feconda; agli scambi tra paesi limitrofi e le strade carrabili in intenso impiego per il transito di muli e mulattieri come anche di lavoratori stagionali; dove l’olio era alla base di rapporti che sconfinavano in scontri a colpi di carte bollate per il beneficio dell’erario, funzionari governativi nonché Notai e avvocati che, allora, avevano cospicui guadagni in pecunia ed in natura.
Il regista di oggi non era Cosentino bensì Katanese!