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mercoledì 1 maggio 2019

Il vizio della speranza - ...un problema non il problema

Termina oggi il lungo testo dell’onorevole Francesco Catanzariti. Volutamente oggi, 1° maggio, giorno assai caro all’unico parlamentare platiotu e ancor prima ancora battagliero sindacalista, quando da patrocinare erano i braccianti agricoli, le raccoglitrici di olive e manovali di ogni genere. Dubito che all’epoca della pubblicazione dell’articolo qualche platiese l’abbia letto se non lo zio Ernesto il giovane che lo custodiva nel suo archivio. Della raffigurazione sofferta dell’onorevole oggi solo il panorama è mutato: un viadotto sospeso nell’aria, un accesso alla montagna negato e il Bonamico coperto di cellofan riflettente l’infinito. Il vizio della speranza sempre più rarefatto è devoluto solo a chi è nell’infanzia della vita, smarrito  – per usare un termine di Corrado Stajano – agli altri, nel tempo.

Il caso di Platì richiede altre soluzioni e tutti devono essere chiamati a fare fino in fondo la propria parte.
Il partito politico, il sindacato, lo Stato nelle sue diverse articolazioni (Comune, Regione, Provincia, Ministeri, dell'Interno, della Giustizia, ma anche, per non dire soprattutto, economici, dei LL.PP., delle PP.SS., dell'Agricoltura. . .).
E da tutti deve partire una vera autocritica e un profonda esame di coscienza, senza sicumera, ma con onestà ed umiltà.
Per fare qualche esempio:
- La Regione Calabria non avrebbe nulla da dire in merito al modo come ha operato ed ha raccordato la sua iniziativa e gestione a questa realtà? Non c'entra nulla con il clientelismo?
- Il Ministero dei Lavori Pubblici e la direzione dell'ANAS, non avrebbero da dare qualche spiegazione (faccio qualche riferimento specifico) per la strada 112 che collega o meglio dovrebbe collegare lo Jonio ed il Tirreno, unica arteria che attraversa Platì e che, distrutta dall’alluvione del 1951, a tutt'oggi (a quaranta anni esatti!) non è ripristinata?
- Il Ministero dell'Agricoltura è l’assessorato regionale non avrebbero nulla da rimproverarsi circa il modo di raccordarsi ai sistemi economici calabresi delle “zone interne”?
- Il Ministero dell'Industria, o che so io della Partecipazioni Statali o la Regione non avrebbero nulla da raccontarci sul fatto che l'unica fabbrica di lavorazione del legno, la ex Primerano, a pochi km, boccheggia da tempo, quasi chiusa, e che nessuna fabbrica, neanche una fabbrica di bulloni, o di ceramiche o di altro genere, nell'Italia, grande potenza industriale, è stata da queste parti costruita?
Il cahier de dolèances potrebbe continuare...
Voglio dire che se si ha una visione d’assieme della situazione è possibile affrontare positivamente e seriamente i problemi, compreso quello delle elezioni del Consiglio Comunale. ln questi termini credo che la gente di Platì saluterebbe con compiacimento le disponibilità di candidatura, anche quelle provenienti dalla lontana Teramo.
In questa logica avanzo una proposta concreta al vice presidente Rhodio: nel mese prossimo di ottobre ricorre il 40° anniversario dell'alluvione che ha colpito, con la Calabria, questa zona. Per citare un dato drammatico e triste, ricordo che a Platì ci sono stati 17 morti! Ed altrettanti morti nella vicina Natile di Careri. Cogliamo l’occasione per organizzare a Platì, con la presenza di tutto il governo regionale, una delegazione di quello nazionale, i Partiti, i Sindacati per un esame approfondito. Potrebbe essere una occasione di grande rilevanza per esaminare, vedere, propone, ascoltare la gente, spesso etichettata, di Platì e tentare assieme la vita per uscire dal tunnel del degrado, dell’imbarbarimento, della criminalità. Non riguarderebbe un caso particolare, isolato. Potrebbe servire per tanti casi Platì: S. Luca, Africo, Careri, Benestare, Canolo, S. Ilario, Bruzzano...
O si capisce, secondo me, che all'interno della questione meridionale, c'è una questione calabrese, ed all'interno di questa un caso Platì, S. Luca... “zone interne”, caratterizzate da un impressionante degrado, che investe tutti i settori e provoca sciagure sconvolgenti o non si esce dal vicolo cieco in cui si è cacciati; non si arresta il rischio di precipitare nel baratro di non ritorno. Capire per operare non a livello di facciata, con le facili criminalizzazioni, con la spettacolarizzazione, con i processi sommari e polveroni, con i teoremi di maniera astrusi ed inconcludenti, che non servono neanche alla carriera degli artefici.
Affrontare la situazione con gli slogan dell'antimafia, significa portare avanti una strategia perdente, come i fatti dimostrano. Significa non capire che, per dirla con un grande storico siciliano, Francesco Renda “la mafia è un problema, non il problema del Mezzogiorno” e quindi Platì. “Un partito che riduce la realtà meridionale - dice Renda - alla sola questione criminale commette un doppio errore. Un errore di analisi, e un errore politico. E questo ammonimento lo volge al suo Ex PCI su “L’Unità”.
Su questa proposta d’incontro si è già cercati di avviare un certo lavoro. Si è sollecitato l’apporto prezioso di una alta istituzione, come quella della chiesa; ed abbiamo già intravisto la disponibilità e la sensibilità spiccata del vescovo di Locri, mons. Ciliberti. Non sarebbe questo e non vorrebbe essere un incontro per una ammucchiata elettorale, né per un accordo di gestione della miseria, di un meschino potere locale.
Credo si contribuirebbe seriamente a rendere un servizio alle istituzioni, alla democrazia, alle popolazioni, alla stessa unità politica del Paese, alla sua concordia e comprensione, arrestando separatismo, di chiusura nel gretto localismo, nel barbaro egoismo.
Altre soluzioni saranno pannicelli caldi e Platì potrebbe avere seguito e conseguenze disastrose per le istituzioni democratiche, in tanti comuni, non solo occupati dalla mafia, ma dalla sfiducia, dalla disperazione, dal sottosviluppo, dal degrado.
E chissà che con l’incontro non potrebbero venire fuori idee, indicazioni, fatti, speranze e scrivere, così, una nuova, bella pagina per la storia, la giustizia, la democrazia, lo sviluppo.
FRANCESCO CATANZARITI
Foto e testo
IL GIORNALE DI CALABRIA  QUOTIDIANO REGIONALE D’INFORMAZIONE  -Anno XXIX – N. 208 Sabato 28 settembre 1991



martedì 30 aprile 2019

Il vizio della speranza - una contro storia


Platì, fino alla seconda guerra mondiale, aveva un suo sistema economico, autarchico e quasi autosufficiente, sia pure con bassi redditi, a livello spesso della sussistenza. Ma veniva garantito un certo equilibrio, una vasta occupazione anche se non con elevata remunerazioni. Era rivelante la produzione agricola (specie quella granaria, olivicola, zootecnica...). Platì era il granaio di una vasta zona. Al primario si affiancava una industria- artigianato, sia pure di basso livello tecnologico, (mulini, frantoi, falegnamerie...).
Oggi questo sistema, travolto dalla competizione-concorrenza, ed in assenza di investimenti adeguati di ammodernamento e rafforzamento, non esiste più. L’equilibrio è stato rotto. L’eliminazione, eccezionalmente imponente, ha anche privato il sistema di valide e preziose energie.
Il sistema autarchico- autosufficiente, per il quale non abbiamo nostalgie, è stato sostituito (questo è il rammarico) dal “nulla”, almeno a livello economico-produttivo.
Progresso-benessere (discutibile), senza sviluppo.
Non una fabbrica non un’azienda agricola moderna, nessuna riconversione produttiva, nessuna intrapresa sul piano turistico.
Qualche tentativo d'imprenditorialità locale, se non scoraggiato, non è stato certo incentivato, anche dalla logica aberrante della criminalizzazione generalizzata, di facili etichettature.
Infrastrutture e servizi al di sotto del terzo mondo. Un reddito fatto di trasferimenti (spesso artatamente gonfiati a fini strumentali), di qualche centinaio di retribuzioni mensili nella forestale, di poche decine di stipendi nella pubblica amministrazione, di una-due rivendite di tabacchi, qualche bottega commerciale. La disoccupazione è massiccia, specie dei giovani e delle ragazze, al di sopra della stessa grave media regionale. Ecco lo stato di un comune con circa quattromila abitanti!
In questa situazione aggrovigliata e degradata si acuiscono e si aggravano processi di degrado, d'imbarbarimento, nell’ assenza di una opera di repressione rigorosa e giusta, non di facciata e di polverone (come spesso avviene: la storia della giustizia è ricca di errori giudiziari, di fumosi indizi, di generiche accuse, significativo il caso del sequestro Casella, allorché dopo aver dato in pasto al Paese l’operazione-blitz-trasporto aereo di alcuni platiesi, si riconosce di aver sbagliato (ma per intanto si dà linfa all'immagine di Capitale dei sequestri). Mi pare superfluo parlare dell’assenza totale di prevenzione socio-economico-culturale in grado di rimuovere le cause, di svolgere azione di recupero e di ribaltare le condizioni di fertilità di una sotto-cultura dominante, di un ambiente socio-economico criminogeno
Si esce da questa situazione dando solamente un Consiglio Comunale a Platì, che finirebbe di gestire solo degrado, disgregazione, disperazione, sottosviluppo? (CONTINUA)
FRANCESCO CATANZARITI
foto e testo:
IL GIORNALE DI CALABRIA  QUOTIDIANO REGIONALE D’INFORMAZIONE  -Anno XXIX – N. 208 Sabato 28 settembre 1991

giovedì 25 aprile 2019

Il vizio della speranza - il degrado



Se è vero che oggi la vita politica a Platì è stata distrutta, che i partiti, strumenti e pilastri insostituibili dalla democrazia, non esistono più, è pur vero che tutto ciò non si è verificato per una maledizione divina. Ci sono responsabilità ben precise e che ricadono, in dimensioni diverse, su tutti o su molti. Responsabilità che vanno ricercate non solo in sede locale. Il processo di degrado, che ha investito i partiti, nella logica del voto di scambio, clientelare, della lottizzazione ed occupazione selvaggia del potere, la gestione a livello di clan, la sostituzione della tensione e della passione politica con l’affarismo, in una parola il male della cosiddetta partitocrazia, hanno avuto qui, a Platì, come in tanti altri comuni, manifestazioni acute e drammatiche da mettere in moto processi di sfascio di non ritorno.
E’ vero che non esistono i partiti, ma è anche vero che il loro posto è stato occupato da una miriadi di piccoli clan, di ricercatori e distributori di voti e di tessere, che agiscono sotto la protezione di personaggi che dominano la scena politica calabrese, appartenenti a tutte le aree. Sarebbe lungo e forse inutile fare l’elenco.
E pure Platì ha alle spalle una ricca tradizionale di vita e di lotte politiche e sociali caratterizzata da grande respiro morale e politico.
Lo stesso movimento spontaneo di “protesta delle donne vestite a nero”*, a parte limiti e contraddizioni, non nasce dal nulla, ma si colloca e si raccorda a questo patrimonio di combattività. Perché si è caduti così in basso, oggi? È la domanda, piena di angoscia e di preoccupazione, che non solo io mi pongo. Certo il non aver dato risposte adeguate alla lotta, alle aspirazioni, alle speranze e sete di giustizia, di progresso e di sviluppo ha contribuito ad aggrovigliare ed a far degenerare la situazione. E la responsabilità, rapportata al peso ed al ruolo, è di tutte le forze politiche.
Su Platì, come “sulle zone interne' ', si è soltanto blaterato. Di fatto si è continuato con processi di emarginazione, essendo l’attenzione e l’impegno rivolti a rafforzare ed agevolare le zone ed i soggetti forti e garantiti. Quello che io chiamo, forse impropriamente, corporativismo categoriale e territoriale. Si è così mandato allo sbaraglio, a volte alla distruzione, preziose risorse, vasti territori, diverse comunità, molti sistemi economici. (continua)
FRANCESCO CATANZARITI
IL GIORNALE DI CALABRIA  QUOTIDIANO REGIONALE D’INFORMAZIONE  -Anno XXIX – N. 208 Sabato 28 settembre 1991

mercoledì 24 aprile 2019

Il vizio della speranza - sotto l'ombra d' "a spica"


Essendo nato in questo tormentato centro aspromontano, di cui, per tanti anni, sono stato Sindaco, credo, di essere interprete fedele se dichiaro che la disponibilità di Rhodio ad essere consigliere comunale è motivo di onore e di forte compiacimento per la gente della mia Platì.
La disponibilità di Rhodio trova largo consenso non solo per l'umiltà che la caratterizza, ma anche per la motivazione che rientra nella linea dell'opera di servizio.
Il tumore non si cura con l'aspirina.
Il problema di Platì, e di tanta altra parte della Calabria, più che dare, comunque e solamente, un consiglio comunale, è bensì più arduo e complesso. Non è un problema di paura o di mafia, secondo me, la causa della mancata presentazione delle liste di candidati al Consiglio Comunale o comunque non è solo questo e non sta in questo tutta la verità. Sarebbe contradittorio, se così fosse, con quanto si sostiene, non solo negli ambienti della Liga dei Lumbard circa il fatto che la criminalità mafiosa ed organizzata è fortemente interessata ad entrare direttamente, o con personaggi di comodo, nelle istituzioni per una gestione finalizzata agli affari. Non si capirebbe - in una realtà di assoluto dominio monopolistico, come si sostiene e come si evincerebbe dalla diserzione quasi compatta dal voto - questa eccezione e deroga.
D'altronde, non essendo nata nel 1991, la mafia o la 'ndrangheta, non si capirebbe perché nel passato non ha impedito, né condizionato in maniera determinante la vita e le decisioni delle forze politiche.
Vorrei a questo proposito ricordare, perché ritengo sia molto significativo, la grande e sofferta vittoria amministrativa di una larga ed unitaria concentrazione popolare (comunisti, socialisti, e forze progressiste...), sotto il simbolo della Spiga, nell’immediata dopoguerra. Alla testa di questa formazione, troviamo due illustri personaggi: U Massaru Peppi (il maresciallo dei carabinieri, Giuseppe Delfino, che si era tanto distinto nella lotta contro la criminalità e che realizzò il primo blitz in occasione del Summit di Polsi) ed il giovane, allora, Francesco Prestia (trucidato assieme alla moglie, alcuni anni or sono, certamente, e contrariamente a quanto a volte si cerca di far trasparire a sostegno, di assurdi e sinistri teoremi, non per motivi di mafia, né tanto meno per motivi attinenti a questioni politiche o amministrative). Il primo è stato eletto Sindaco ed il secondo vicesindaco e successivamente, e per lungo tempo, è stato Primo cittadino. (continua)
Francesco Catanzariti
Foto e testo:
IL GIORNALE DI CALABRIA  QUOTIDIANO REGIONALE D’INFORMAZIONE - Anno XXIX – N. 208 Sabato 28 settembre 1991


lunedì 22 aprile 2019

Il vizio della speranza [di Edoardo De Angelis 2018]



La mia Platì
“Una proposta: facciamo il punto quarant’anni dopo l’alluvione”

di FRANCESCO CATANZARITI

Il caso Platì tiene ancora banco. La ragione, fondata e legittima, del particolare interesse della stampa questa volta va ricercata nella mancata presentazione di liste di candidati per il rinnovo del Consiglio Comunale. Le spiegazioni di questo fatto eccezionale e preoccupante, ma non nuovo in Calabria, sono state diverse. Si è parlato di degrado, di protesta, ma fondamentalmente di mafia. Sarà stato per colpa del caldo opprimente e pesante di questa torrida estate, sarà stato per la solita pigrizia politico-culturale, ma bisogna constatare, con amarezza e tormento, che non è stata fatta un analisi approfondita, seria e rigorosa della cosa. Eppure questo sarebbe stato opportuno e doveroso da parte particolarmente dei politici, tutti. Il caso Platì è un pericoloso campanello d' allarme per la democrazia, per le istituzioni democratiche e politiche. Può essere il sintomo grave di processi in marcia verso fenomeni di degrado politico, d'imbarbarimento, di insanabili lacerazioni del tessuto democratico e politico italiano. E indiscutibile per intanto che si è in presenza di una grave sconfitta dei partiti politici tutti, della sinistra e delle forze progressiste in primo luogo. Da questo pasticciaccio, confuso e contorto, non si esce manovrando, coscientemente o meno, gli strumenti della spettacolarizzazione e della strumentalizzazione. Ma neanche vestendo panni donchisciotteschi.
Ecco perché in questo contesto non mi convincono alcune uscite estemporanee. Sono venuto a conoscenza della disponibilità annunciata da Vito Rubini, segretario provinciale del PRI di Teramo, a presentarsi candidato alle selezioni amministrative di Platì. Non conosco le motivazioni specifiche che stanno alla base di questa decisione.
Le immagino e le deduco dall'influenza emotiva che avranno potuto esercitare certe rappresentazioni date dai mass-media. Apprezzo per le nobili intenzioni, ma non condivido una decisione, che non mi pare, al di là della emotività, sia sostenuta da giusti e seri intenti, tali da contribuire a dare un adeguato contributo a far uscire questo piccolo paese dalla grave e drammatica situazione in cui è venuto a trovarsi. E’ fuori strada il signor Rubini se crede che il problema di Platì e di tanti altri comuni dell’ Aspromonte e della Calabria, sia da ricercare nella rinascita di ruoli dei grandi giustizieri. Per evitare equivoci chiarisco che non penso siano questi i proposti che sono alla base dei proponimenti della sua disponibilità. Non sarei sincero se non dicessi che questa componente in parte ci può essere; e se fosse vera globalmente l’idea che Rubini si sarà potuta fare della Calabria e di Platì, particolarmente, attraverso l'immagine deformata che dà l’informazione spettacolo, non ci scandalizzeremo più di tanto e non la disapproveremo per amor di patria e gelosie di campanile. Anzi saluteremo con grande entusiasmo e compiacimento un contributo da un cittadino proveniente da una città che ha grande esperienza in materia, essendo stata in epoca sveva, come i libri ci ricordano, residenza del gran giustiziere d’Abruzzo.
Ma non è, quello di Platì, problema di giustiziere; né tanto meno di occupazione militare, come, con una disinvoltura ai limiti della serietà e della responsabilità, qualche volta si sostiene. Non è il tempo dell'audace “occupazione di Fiume”, come nel '18 tentò con coraggio e sprezzo del pericolo il Grande ed illustre D'Annunzio, spirito inquieto, figlio, anche Egli, come il nostro, di quella Terra, “forte e gentile d'Abruzzo.
L'aspirante candidato a consigliere comunale di Platì ha già registrato una risposta dal Vice-presidente della Giunta Regionale della Calabria, ed assessore regionale agli Enti Locali, Guido Rhodio, della DC. Anche Rhodio dichiara la sua disponibilità a partecipare, o a capeggiare, una lista civica “di persone meritevoli di ogni fede politica non solo per dimostrare che la società civile calabrese è in grado di colmare inammissibili vuoti istituzionali, politici e democratici, ma per dare forza e coraggio a tanta gente onesta e pulita che a Platì e in Calabria si oppone e resiste, in varie forme, ai disegni criminali e malavitosi”. (continua)

 Testo e foto:
IL GIORNALE DI CALABRIA  QUOTIDIANO REGIONALE D’INFORMAZIONE  -Anno XXIX – N. 208 Sabato 28 settembre 1991

continua qui:


giovedì 18 aprile 2019

Terra bruciata [di Fred F. Sears,1953 ]



Calabria terra bruciata

Santo Stefano, Palizzi, Condofuri
rocce sassi greti.
Sabbie inumidite dal sudore dei nudi piedi
di donne gravide affamate
fiumare assetate
prati
ove la morte dal sole arroventata
ogni filo d’erba strappò
dal vostro cielo il paradiso vi guarda.
In questa terra
dalla fiamma di ogni dolore  
di ogni amare bruciata,
anima mia
negli occhi di un fanciullo affoga.

Isa Miranda (1909 – 1982), Una formica in ginocchio, Bologna, 1957. p. 23
ripresa in ISA MIRANDA di Orio Caldiron e Matilde Hochkofler, Gremese  Editore, 1978.

La foto riporta un’immagine tratta da Patto col diavolo di Luigi Chiarini del 1949 su soggetto di Corrado Alvaro.

mercoledì 17 aprile 2019

Ring The Bells - James

Ring, ring the bells Wake the town
Everyone is sleeping 
Shout at the crowd 
Wake them up 
This anger's deeper than sleep.


"La Resurrezione di Piero della Francesca, con il suo dio campagnolo che riemerge rosa come l'aurora nella luce grigia del mattino mentre gli esseri umani dormono ancora, è un dio che " è stato adorato fin da quando l'uomo ha appreso che il seme non è morto nel terreno invernale, ma salirà a forza aprendosi una strada nella crosta di ferro".
Kenneth Clark citato da Attilio Brilli nella introduzione a "From Ritual to Romance" di Jessie Weston del 1920


Campane di Pasqua

Lanciano le campane il peana trionfale del meriggio di purezza e di pace sul mondo. E' il canto sonoro delle speranze che muoiono per risorgere -- scrive il gentile prosatore G. A  Quirico -- dei sogni che s’infrangono-per rinascere, delle fiamme che si spengono per risplendere ancora; è il poema candido e perfetto di tutte le cose forti, di tutte le cose buona, di tutte le cose pure; è la luce dello spirito invincibile che si irradia ancora, sempre sulla Ianda fangosa delle miserie umane. E questa luce vivida e abbagliante avvolge tutte le cose, incendia l’orizzonte, illumina tutte le anime.  
Sia la Pasqua apportatrice di bene per tutti; per lo stanco operaio e per chi vegliò le notti sul forte lavoro spirituale, che fu sempre tutto il suo sogno, tutta la sua vita, che scaturì superbamente dai meandri più ignorati della sua anima, che vive, gioisce piange, spera in qualcosa di più alto, di più puro di questa miserrima vita quotidiana.
La Pasqua è vita che si rinnova che si perpetua trionfante e orgogliosa. Noi che abbiamo nel cuor la fucina di mille canzoni, - continua il Quirico -- noi che trasciniamo per tutte le vie, sopra tutti i dolori, sotto tutte le umiliazioni, sempre intatte e fiere le nostre fedi; noi che agitammo sempre arditamente al sole i brandelli delle nostre bandiere lacerate dal vulgo briaco o invidioso, noi che soffrimmo tutto il dolore pur di mantenere alta l’Idea che ci cantava nel cuore il suo malioso invito; noi oggi, in questa novissima Pasqua che viene col sorriso della primavera, noi dobbiamo alzar la fronte, schiudere il cuore a questo soffio daria pura, perché vi porti il saluto augurale di una rinnovazione.
E l'augurio sia anche per tutti voi o lettori di questo quotidiano su cui scriviamo diuturnamente, forse anche con le lacrime, la parola che incita, che migliora; che conforta. Il nostro apostolato è denso di bene, come acqua limpidissima che fluisce invisibile nelle anime, e le lava e le abbellisce e le risana. Su quanti cuori la nostre parola, portò un sorriso, a quanti occhi terse una lacrima, a quante anime ridonò la fede.
Se questa festa non fosse una pia illusione d'un giorno solo; ma restasse indelebile in tutti i cuori come una data santa che s'incide nel bronzo perché sia intangibile nel tempo, se veramente l’uomo, negli allegri ghirigori sonori delle campane, ritrovasse le scaturigini perfette della sua gioia e tutto potesse lanciare nel cielo, inebriato di sole e di profumo della natura che si ridesta, questa sarebbe la vera Pasqua del risveglio e del lavacro che ci farà schiudere le labbra a un nuovo sorriso e ci spingerà tutti a un nuovo patto di santa fratellanza.
Ogni cuore, abbia la sua fiorita alba di risurrezioni e il peana trionfale delle campane benedette squillano nel gran cielo d’oro, sia il cantico di giubilo eterno, com’è eterno Dio risorto!

Nota.Testo risalente alla prima/seconda decade del secolo scorso di autore ignoto, non rintracciabili testata e data di pubblicazione, incluso nell’archivio documenti di E. Gliozzi senior. A rileggerlo sembra scritto proprio per una riscossa della Valle del Ciancio e del Bonamico dove ancora i semi stentano ad aprirsi una strada nella crosta di ferro.

martedì 16 aprile 2019

La luce che torna [di Benito Perojo, 1940 ]




R.mo Signor Parroco
Sac. .Ernesto Gliozzi
Platì
(RC)

Carissimo D. Ernesto
Mi accingevo a scriverle un biglietto di auguri e saluti, quando ho appreso l’agghiacciante notizia dell’assassinio del Sindaco De Maio, che mi ha tanto addolorato, avendo ancora vivo il ricordo della sua testimonianza nella recente missione.
Purtroppo, la violenza, frutto di vigliaccheria e di prepotenza, continua a riempire le pagine della cronaca nera. Ma io credo che nonostante ciò, abbiamo il dovere, di adoperarci perché la luce disperda tanto buio, ma anche di far nostre le parole del Cristo morente: “Padre, perdona loro …”
Penso alla povera ragazza, nel cui animo risuonerà sempre quel beffardo “ciao”, ma vorrei anche per Antonella risuonino parole di speranza e che la luce della Pasqua, anche se offuscata da così terrificante ricordo, penetri nella sua anima e senta viva la presenza del Risorto che ancora sussurra: “Sono io, non temete”.
La prego di farsi interprete di questi sentimenti presso la famiglia e presso la Comunità parrocchiale che ricordo con tanto affetto, avendo notato in essa delle qualità umane e cristiane non indifferenti; anche se, purtroppo è costretta ad assistere a degli episodi che non servono certo a creare un giudizio tanto favorevole.
Ringrazio Lei e le sorelle per le fraterne attenzioni avute durante la S. missione, di cui auguro che, nonostante tutto, anche se lentamente, qualche frutto maturi. A tutti faccio i migliori auguri per la S. Pasqua, assicurando il mio ricordo nella preghiera perché il Risorto sia presente con la sua benedizione e il suo annunzio di pace.
Affettuosamente …
P Mosè Simonetta

P. Mosè Simonetta (1933-2015) è stato un missionario redentorista molto attivo nel sociale.

giovedì 11 aprile 2019

Journey Through the Past - Neil Young



UN VIAGGIO NEL PASSATO                                                                            

La mente mia mi porta
indietro agli anni verdi
il cuore si commuove
con tutti quei ricordi.
Un piccolo paese
la chiesa il cimitero
I monti le colline
coperti di mistero.
Il sarto il falegname
l'osteria col vino
la piazza la fontana
la posta il tabacchino.
Le favole e le fiabe
intorno al focolare
al lume di lumiera
ci facevan trasognare
Che gioia i di di festa
coi gridi dei bambini
il suon delle campane
zampogne e tamburini.
lo era ancor piccina
da scuola ritornavo
coi libri sotto il braccio
mentre in cuor sognavo
Tanti anni son passati
ancora io sto a sognare
la cara mia casetta
col vecchio focolare.

A journey in the past.

My mind goes back
to the green years
stirred is my heart
by the memories.
A small town
a church, a graveyard
mountains and hills
wrapped in mystery.
A tailor, a carpenter,
a tavern and its wine
a square and a fountain
a post office and a tobacco shop.
Stories and fairy-tales
that around a fireplace
mesmerized us.
How joyful the festivities
with the kids shouting
the bells ringing
bagpipers and drummers.
Oh, little me
coming back from school
books under my arm
day-dreaming in my heart.
Many years have gone by
and still I am yearning for
the old hearth in
my dearest little home.

Caterina Portolesi
1996

Nota di Rosalba che ha provveduto anche alla traduzione in inglese: "Caterina Portolesi è nata a Platì nel '42 da Rosario Mittiga alias "forgiaru", e Maria De Marco sorella del prof. De Marco. Arrivò in Australia insieme alla madre, alla sorella ed al fratello nel 1957 con la nave Australia (Fonte: National Archives of Australia) mentre il padre li aveva preceduti nel 1949. Caterina si è poi sposata con Francesco Portolesi e, come in uso nei paesi anglosassoni, ha adottato il cognome del marito.  Dopo aver lavorato per molti anni in una grande sartoria di Adelaide (Colin Smith) Caterina ha anche assistito per 17 anni il marito vittima di un invalidante ictus. Molto religiosa, amante dei cani, Caterina trova il modo di esprimere nostalgie e affetti profondi con la poesia. Nella foto Caterina è la quarta da destra nell'ultima fila. Il primo da destra con il pullover a V è Benito Caruso, fratello di Attilio. La seconda da sinistra sempre nell'ultima fila, è Elisabetta Perri (Scarpareja) mentre sua sorella Cata è la seconda da sin della fila in mezzo (si tocca un occhio). Sono figlie del mio prozio Francesco (Cicciu u muzzuni)".


mercoledì 10 aprile 2019

La ricetta perfetta [di Jon Favreau, 2014 ]




Ricetta guti di Platì a cura di Rosalba

Dosi:
1 kg di farina: 500 gr 00 e 500 manitoba
8 uova intere più uno per spennellarli prima di metterli in forno,
1 bicchiere di olio di oliva (80-90 gr) oppure 2 bicchieri, no latte
1 bicchiere di latte (80-90 gr)
un cubetto di lievito di birra (o 300 gr lievito madre),300 gr di zucchero
 la buccia grattugiata di un limone
1 cucchiaino da caffè di miele

1 – primo impasto:
                500 gr di farina (metà 00, metà manitoba)
                300 gr di lievito madre o 1 cubetto di lievito di birra
                4 uova
                150 gr di zucchero
                40-45 gr di olio
                40-45 gr di latte
Sbattere uova con zucchero, aggiungere olio e sbattere bene, aggiungere lievito sciolto nel latte tiepido, impastare, mettere a lievitare in contenitore chiuso e al caldo (io avvolgo il contenitore in una copertina di pail) fino al raddoppio della pasta (con il lievito di birra in 2-4 ore, con il lievito madre lo sa solo DIO)

2 – secondo impasto
500 gr di farina (metà 00, metà manitoba)
                4 uova
                150 gr di zucchero
                40-45 gr di olio
                40-45 gr di latte
                la buccia grattugiata di un limone
                ½ cubetto di lievito di birra o 150 gr di lievito madre

impastare e re-impastare insieme alla pasta già lievitata. Quanto tutto è ben amalgamato e la pasta è soffice, formare le gute. Se si vuol mettere l’uovo, bisogna prima cuocerli e poi fissarli con dei bastoncini di pasta.
Coprire con un canovaccio pulito e rimettere a lievitare sempre al caldo fino al raddoppio.
Spennellare con un tuorlo sciolto in latte (con più latte che uovo viene meno scura)
Infornare a 180 gradi per circa 20 minuti.

Per formare la pecorella qui sotto, prendere un po’ di pasta alla volta e formare dei bastoncini dello spessore di un dito con cui formare i riccioli e sistemarli sulla teglia coperta da carta da forno come da foto.