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lunedì 18 aprile 2016

Italoamericani (reg. Martin Scorsese - 1974)

Per non lasciare senza un'immagine l'autore della lettera di ieri, 
https://iloveplati.blogspot.com/2016/04/per-una-manciata-di-soldi-reg-stuart.html
oggi lo porto alla luce con queste due immagini in mio possesso.
Per la precisione,
Paolino Sergio era figlio di Antonio e Vilardi Anna. Era nato in Platì il 29 marzo 1900, toh, 55 anni prima di me. Era sposato con Zappia Domenica, classe 1922, di Giuseppe e Zappia Giuseppa. Si sposarono il primo maggio del 1924. Il loro primo figlio, Antonio, nacque in paese l'1 agosto 1928. Subito dopo, l'emigrazione in America, destinazione South Bend, IND.
Paolino, come potete leggere nella dedica in calce alla foto, era compare con il nonno Rosario.


Nella prima foto, porta la data del 16/6/1921,  Paolino e Micuccia erano ancora italiani. Nella seconda, insieme al padre Antonio (Platì 1874 - Mishawaka IN 1945) e ai cinque figli, americans.
A voler essere pedante, il padre del compare Paolino, Antonio, di cognome, inutile dirlo, andava Sergi.
La famiglia Sergi è anche qui:



domenica 17 aprile 2016

Per una manciata di soldi (reg. Stuart Rosemberg, 1972)




                                                             South Bend, Indiana 16 Ottobre 1969
              Egregio Reverendo
Non rispose prima alla vostra gradita lettera perché assieme al cugino Antonio Marando cercammo incaricarci e raccogliere qualche cosa per il restauro della Chiesa del SS. Rosario. Certo voi qui avete vostra sorella e cognato e loro potranno benissimo spiegarvi il comportamento della nostra colonia Platiese, dopo il contributo che noi mandammo per l’erezione della Chiesa Madre, i nostri paesani astengono contribuire magari di una lira, e perciò usando in parte la nostra modesta influenza siamo riusciti raccogliere quanto segue. Il cugino Marando fece appello alla Società quale vostro cognato ed io rafforzammo la sua richiesta e si decise lasciar volontà libera ai soci di contribuire, onde poiché risposero, così accumolando quel poco che io personalmente raccolse fra i miei amici e che vi accludo i nomi, quello che raccolse vostro cognato e quello che offrirono i pochi socii, cioè l’ufficiale della società pensarono aggiungere un poco dal fondo di cassa e spedirvi la somma di dollari $ 235. Questo certamente non era il nostro posto fra le file dei contributori, noi speravamo in molto di più, ma secondo il modo di pensare dei nostri paesani vi assicuro che non possiamo lagnarci. Il nostro beneamato Mons. Minniti ha rovinato la nostra piazza di oboli caritatevoli ed umani. Perciò carissimo Reverendo accettate semplicemente non la somma ma il nostro sacrificio e l’umiliazioni ricevute nel chiedere donazioni giacché i protagonisti delle passate siamo stati proprio noi e perciò oggi ci rimproverano e forse hanno pienamente ragione.
Sperando che la Vergine SS. del Rosario accetterà il nostro umilissimo contributo, ed a voi ringraziandovi per averci accorato del vostro appello e della vostra considerazione vi ossequiamo assieme le nostre famiglie
       Devotissimi Amici
            Paolino Sergio ed Antonio Marando

La lettera era indirizzata allo zio Ciccillo, allora reggente la chiesa del Rosario. La foto in apertura risale alla metà degli anni novanta del secolo passato, quando si intervenne per sistemare il tetto della stessa chiesa, per interesse dello zio Ernesto il giovane, il quale mi chiese di documentare fotograficamente lo stato dei lavori.


giovedì 14 aprile 2016

Ricorda il mio nome

Cutrì Domenico (22.5.1865) di Sav.-vir Catanz. Maria Antonia saccujaru
Sergi Caterina (19.1.1865) di Saverio, ved. di Ielasi Domenico dormi
Carbone Francesco (16.9.1866) smeraglia- di Rocco
Carbone Maria (1.8.1866) di Francesco gorgia
Catanzariti Saverio (7.12.1866) di Andrea longo
Fera mfGiuseppe (2.12.1866) di Francesco ficara e Lentini Anna
Trimboli Saverio (7.8.1866) nacìa - di Rosario parlino
Chirico Anna (21.4.1867) di Gius, uxor Marando Antonio pistola
Musolino Elisabetta (27.7.1867) corsia
Trimboli Domenico (1.12.-1867) di Antonio- cucchiara
Trimboli Francesco (26.7.1867) di Gius. polveraro
Garreffa Anna (30.6.1868) di Giuseppe-piantuna
Lucà Vincenzo (9.7.1868) cirino
Oliva Francesco (15.2.1868) di Domenico sepio
Sergi Domenico (28.8.1868) di Giuseppe prodeo
Zappia Antonio (6.12.1868) di Francesco pittineja
Iermanò Paolo(3.9.1869/  ) di Rosario, rizzola.
Mantegna Francesco (15.7.!869/  ) di Antonio, introibo.
Georgi Rosa(14.7.1870/  ) carlotta.
Schimizzi Caterina (22.11.1870) vedova di Treccasi Pasquale gancio.
Catanzariti Domenico (27.9.1871) di Giuseppe guerra.
Catanzariti Rosario (12.8.1871) di Francesco paja.
Garreffa Giuseppe (30.10.1871) di Domenico bottaro.
Sergi Saverio (12.9.1871) di Carlo careja.
Carbone Antonia (19.5.1872/16) di Francesco sorica.
Romeo Saverio (9.3.1872)di Giuseppe pappanice.
Sergi Francesco (9.3.1872/15) di Carlo e di Romeo Caterina, careja
Staltari Domenico (31.7.1872/34) di Francesco cancejanti (o caccianti?)
Carbone Rosario (28.12.1873/100) cucinata . di Domen. e Greco Francesca..
Staltari Domenica (29.5.1873/32) di Domenico carijìa.
Zappia Rosario (10.5.1873/30) di Domen.- marito di Riganò Saveria sorvara.
Carbone Maria (20.11.1874/40) di Dom. e Greco Fr.sca-ved.Carb.Fr.cirindola
Catanzariti Francesco(15.1.1874/3) di Domenico bomba.
Catanzariti Francesco(21.3.1874/6) di Pasq. Giomo -mar. di Catanz.Maria.
Catanzariti Giuseppe(29.7.1874/19) di Rosario e Catanz. Maria celestino
Papalia Giuseppe(27.12.1874/44) di Rosario e Morabito Rosa pipi.
Perre Domenica(24.10.1874/35)diAnt. e Zappia Anna, ved. Cusenza G.arena.
Velardi Teresa(4.5.1874/10) catalano-vedova di (Velardi?) Giuseppe.
Sergi Rosario(18.11.1876/76) di Gius. e Cusenza Domenica prodeo.
Trimboli Giuseppe(16.3.1878/16)di Nunziato, marito di Staltari Rosa malocco
Bartone Rosario(29.5.1878/31) di Antonio, sacrista, brigante..
Sergi Francesco(25.10.1878/50) di Saverio, vir Mittiga Marianna lirò.
Sergi Pasquale(20.11.1878/52)di Domenico-vir Morabito Domenica,babbeo
Carbone Pasquale(13.5.1880/29)di Dom..mar.Romeo Francesca,camillo
Perre Francesco(12.4.1880/18) di Domenico e Musolino Caterina,malavita
Romeo Francesco (20.6.1880/40)di Giuseppant. e Cufari Bernard.,mburcanu

mercoledì 13 aprile 2016

Delitto imperfetto (reg. John Landis - 1999)

                                               Da Platì
Tentato avvelenamento
                                                                                                                  Platì 29
(Iris). - Un certo V. F. di A., manovale, doveva sposare la ragazza M. F. di D.; ma, per motivi che ignoriamo, il matrimonio è andato a monte, ed il V., qualche mese fa, ha impalmato una certa I. M. Se non che pare che fra i due coniugi non regnasse il più perfetto accordo, e che il marito non disdegnasse di frequentare la baracca della prima fidanzata, che in cuor suo sperava di potersi un giorno, unire al suo F.! Fatto sta, intanto, che giorni dietro R. C., madre della M., ha pensato di preparare tre focacce e di affidarle ad un ragazzo, certo Pignataro, con l’incarico di andare a deporle sul tavolo della I., che sapeva essere uscita dalla baracca, e nel caso questa fosse chiusa, d’introdurvele attraverso una fessura sottostante all’uscio, non senza mancare di avvertirlo di guardarsi bene dal saggiarle, altrimenti sarebbe morto.
Sperava ella che la vittima designata, ritirandosi e trovando in casa quel ben di Dio, si sarebbe affrettata a cibarsene, visto e considerato che il grano costa caro, e che tre focacce ben arrosolate non capitano mica tutti i giorni! Il ragazzo ha eseguito l’incarico, ma è corso subito a riferire ogni cosa alla guardia forestale Panuccio che, entrato in sospetto, si è avviato col Pignataro alla baracca della I., facendo asportare le focacce, che ancora si trovavano dove erano state messe, e consegnandole al maresciallo dei carabinieri. Questi, saputo di che si trattava, ha proceduto subito all’arresto della R. la quale, messa alle strette dall’intelligente funzionario, ha finito col confessare che alle focacce aveva mescolato delle capocchie di fiammiferi, allo scopo di mandare all’altro mondo la I., e così permettere a sua figlia di sposare il V. Il quale, avendo fornita la farina occorsa per confezionare il cibo borgiano, è stato anch’egli messo in gattabuia come complice.
Merita una parola di sincera lode il bravo maresciallo Cioni, per il brillante servizio compiuto.

Sigmund, il mio analista, tempo indietro, mi aveva prescritto tutta la filmografia di Alfred Hitchcock per sfuggire ai complessi di colpa e a tutti i disturbi mentali connaturati a chi ha l’esistenza sgretolata come me. Ora che me li sono sparati tutti vi posso dire che il buon, grande, Alfredo, mai raggiunse in semplicità e concisione questo fatto di cronaca inviato alla Gazzetta di Messina e delle Calabrie, ed ivi  pubblicato il 2 aprile 1915, da parte di Don Giacomino Tassoni Oliva. Ho oscurato nomi e cognomi per rispetto a quanti ancora hanno parentela con i protagonisti della vicenda. Per quanto riguarda Cioni Attilio, Maresciallo dei R. R. Carabinieri vi ricordo che era apparso di già in una pubblicazione dell’8 gennaio 2016.

lunedì 11 aprile 2016

Uomini e filo spinato (reg. Lamont Johnson - 1970)


Nel tentativo di fare capire che se è vero che la storia di Platì si fonda su diversi eccessi, attraverso questo lavoro e queste pubblicazioni si vuole ricordare che la comunità di Platì non può essere legata, per nessuna ragione al mondo, solo ai fenomeni negativi, ma bisogna andare oltre, e facendo prevalere ed eccellere la bellezza e la forza soprattutto della cultura, guardare al vecchio paese di Platì come a un paese e una comunità dove il bello e il bene superano di gran lunga il brutto e il male, e per questo meritano le prime pagine. E non viceversa.

Perdono, in verità si tratta i un plagio, non sono parole mie. Sostituite Platì con San Luca ed avrete uno stralcio dell’articolo di Antonio Strangio, Ricostruire le pagine di storia, apparso su in Aspromonte marzo 2016. Spesso è  nelle parole degli altri che si trova un senso mal esplicato con parole proprie.

domenica 10 aprile 2016

La corrispondenza

Infine, il primo atto di vendita dei terreni dove andranno a sorgere l'asilo e la scuola media. Risale al 17 maggio 1954, giusto sessantadue anni.


Comune di  PLATI’
Rep. N. 3                                                        - REPUBBLICA ITALIANA –
IN NOME DEL POPOLO ITLIANO
CONTRATTO DI ACQUISTO DA PARTE DEL COMUNE DI PLATI’, DALLA DITTA MITTIGA ROSARIO FU FRANCESCO, DI MQ. 600 DI TERRENO EDIFICATORIO, PER COSTRUZIONE CASERMA FORESTALE
L’anno milllenovecentocinquantaquattro il giorno diciassette del mese maggio
In Platì e nella residenza Municipale.
Davanti a me Murdaca Domenico, Segretario del Comune, si sono personalmente costituiti i signori:
1° - Zappia Giuseppe fu Filippo, Sindaco del Comune di Platì il quale dichiara di agire in nome, per conto e nell’interesse del Comune che rappresenta;
2° - Mittiga Rosario fu Francesco, proprietario, nato e residente in Platì.
Le parti come sopra costituite, sapendo leggere e scrivere dichiarano, anche con mio consenso, di rinunziare all’assistenza di testimoni.
Si premette:
che il Comune di Platì, con deliberazione Consiliare N. 7 del 3 aprile 1953 approvata dalla Giunta Provinciale Amministrativa il 20 aprile 1954 al N. 14859-Div.2 ha deciso di mettere a disposizione gratuitamente l’area edificatoria per la costruzione della Caserma Forestale in questo Centro abitato, area della estensione di metri quadrati seicento pagabile mediante erogazione da parte del Ripartimento Forestale di Reggio Calabria sul fondo accantonato per migliorie forestali;
Che il citato ripartimento del Corpo Forestale di Reggio Calabria ha già versato alla Tesoreria Comunale di Platì, in data 15 aprile 1954 la somma di Lire duecentoventottomila (L. 228.000) giusta bolletta N. 43;
Che la ditta Mittiga Rosario fu Francesco, residente in questo Comune è proprietaria di un suolo edificatorio sito in contrada Calvario di questo territorio, riportato alla partita N. 1230 del vigente Catasto terreni del Comune di Platì – foglio4 – seminativo, libero da iscrizioni e trascrizioni ipotecarie come risulta dall’allegato certificato rilasciato dalla Conservatoria delle Ipoteche di Reggio Calabria 1l 29 aprile 1954;
Ciò premesso, le parti come sopra costituite, mi hanno richiesto di stipulare il seguente contratto:
1° - La premessa forma parte integrale del presente contratto;
2° - La Ditta Mittiga Rosario fu Francesco vende al Sig. Zappia Giuseppe fu Filippo che accetta, nella sua qualità di Sindaco del Comune di Platì, metri quadrati seicento di terreno edificatorio sito in agro di Platì, alla contrada Calvario, al prezzo di comune accordo pattuito ed accettato di lire trecentottanta al metro quadrato, per un ammontare complessivo di lire duecentoventottomila (228.000);
3° - Tale appezzamento di terreno edificatorio, destinato alla costruzione della Caserma Forestale, è così delimitato: per tre lati dalla proprietà dello stesso Mittiga Rosario e per l’altro lato nord-ovest dal Vallone denominato Pirare;
4° - Il venditore si impegna di cedere, senza pretesa alcuna, il terreno necessario alla strada di accesso alla costruenda caserma Forestale;
5° - Il venditore stesso, Sig. Mittiga Rosario fu Francesco espressamente dichiara, sotto la propria personale responsabilità, la piena libertà del terreno venduto da qualsiasi vincolo e cede il possesso immediato all’acquirente.
6° - Il prezzo concordato e accettato a saldo di ogni e qualsiasi avere da parte del venditore Sig. Mittiga Rosario, viene pagato contestualmente alla firma del presente contratto mediante emissione di regolare mandato di pagamento per lire duecentoventottomila, tratto sul Tit. 3° del bilancio per l’esercizio 1954.
Richiesto io Segretario Comunale, ho stipulato il presente contratto scritto in numero tre facciate e righe quattro della presente quarta facciata, che letto alle parti come sopra costituite le quali,lo trovano conforme alle loro volontà, come me lo sottoscrivono.
Il Venditore
Il Sindaco Acquirente
Il Segretario Comunale

Prefettura di Reggio Calabria N.° 20772 – Div. 2° - Visto si rende esecutorio - Reggio Cal. Lì 8 giugno 1954
p. Il Prefetto – f.to Samo
Registrato in Arore addì 22 giugno – n. 439 – vol. 73 - 

giovedì 7 aprile 2016

La corrispondenza



Ieri, nel post ho spinto qualche riserva sul convegno Alvaro, Perri e l'Aspromonte, da subito mi sono sentito tormentato per riguardo agli amici pulinarisi che erano fautori, assieme alla scuola media, del convegno. Purtroppo constatavo l'occasione persa di far conoscere - ad un pubblico di infanti, adolescenti, giovani, adulti, paesani, forestieri, professori, scrittori e infine giornalisti, ma soprattutto alla dirigente scolastica ed al commissario prefettizio - un humus che si sta sgretolando, il passato fertile di un paese fertile. Ora, a seguito dell'espansione del popolo webbiano, l'approssimazione è il prodotto costante e i pulinarisi se ne devono allontanare facendo rinascere il vigore dell'humus platiota.
Oggi, la replica a Francesco Perri dello zio Ernesto il giovane il quale si rammarica di non aver ereditato l'intelligenza ed il talento poetico e letterario dello zio, il vecchio. Ma io so che non è così. Il rammarico dello zio e anche verso lo scrittore, a cui ricorda una non felice polemica avuta con lui nella decade precedente.

                    Careri, 30 maggio 1968

      Chiarissimo Professore,
godo dell'onore che mi fa di indirizzarmi un Suo scritto e spero vorrà concedermelo anche in seguito.
Sono proprio il nipote del Suo ex compagno di scuola, il defunto Arc. Ernesto Gliozzi, sono di Platì e porto il suo stesso nome, benché non ne abbia ereditato l'intelligenza ed il talento poetico e letterario. La famiglia Gliozzi di Ardore è un ramo della mia stessa famiglia.
Ebbi la sorte di entrare in polemica con Lei in occasione del trasferimento della sede Vescovile da Gerace a Locri, verso il 1952, con un articolo pubblicato su un giornale di Reggio, che voleva rispondere ai Suoi ben apprezzati argomenti in pro di Gerace; Lei scriveva per nostalgia del luogo in cui aveva trascorso buona parte della Sua giovinezza io rispondevo guardando alla realtà dei fatti che imponevano la soluzione di quel problema per cui si batterono Mons. Giuseppe Piccolo da Mammola ed altri, fin dal primi lustri del nostro secolo. Lei credette allora di polemizzare con il Suo ex compagno di scuola e non con il nipote, per cui chiuse la replica con un generoso atto di comprensione.
Ora, in seguito al trasferimento del caro Arciprete Pollifroni da Careri  a Cirella, sono stato incaricato provvisoriamente dal nostro Vescovo del governo della Parrocchia di Careri e vi lavoro dal 1° luglio dello scorso anno.
Con le generose offerte dei fedeli ho fatto nella Chiesa diverse innovazioni ed altre mi riprometto di fare, se gli aiuti non verranno meno.
Fra l'altro, ho pensato di rifare le due corone del quadro della Madonna delle Grazie, a cui i Careresi hanno tanta devozione. Allo scopo, ho costituito un comitato largamente rappresentativo a cui è stato Preposto il Sig. Rosario Ceravolo, fratello dell'ex Sindaco Prof. Giuseppe.
La lettera circolare è stata inviate a tutti i Careresi lontani e già arrivano, generose, le offerte.
In quanto all'atto sacrilego per cui la Madonna e il Bambino furono derubati della loro corona, certamente di molto valore, non si è riusciti ad individuare i ladri che, penetrati in Chiesa attraverso il campanile, avevano tentato addirittura di portar via il quadro (come Lei sa, attualmente son presi di mire tele e quadri delle Chiese), ma poiché era pesante e in legno, non poterono attuare tutto il piano e si contentarono delle corone.  Attorno a questo fatto ci furono altre vicende che sarebbe lungo descrivere qui per lettera. Se in questa estate vorrà fare una visita alla casa natia, La informerò di tutto e avrò l'onore di conoscerLa di persona.
Intanto La ringrazio dell'offerta che vorrà mandare per ridare lustro alla nostra cara e venerato Icone; e Le porgo i migliori auguri e i più distinti ossequi.
                                                                                (Arc. Can. Frnesto Gliozzi)


mercoledì 6 aprile 2016

La corrispondenza (reg. Giuseppe Tornatore - 2016)

A margine di un convegno tenutosi a Platì il 22 marzo 2016 presso la scuola media, sul rapporto tra l'Aspromonte e gli scrittori Corrado Alvaro e Francesco Perri, pubblico una breve corrispondenza tra lo zio Ernesto il giovane e quest'ultimo. Nel convegno non è venuto alla luce invece ,grave pecca incolmabile, quello che poteva essere stato il rapporto tra questi scrittori ed il nostro paese che per quanto lo riguarda , a parte qualche citazione, è riscontrabile, contradditemi se sbaglio, solo nei legami che ebbero gli zii Ernesto, il vecchio ed il giovane, con i citati numi della letteratura calabrese. Come apprenderete, il vecchio, con la sua figura minuscola, arguta, vivacissima, fu compagno in seminario con Francesco Perri, mentre il giovane ebbe come compagno, sempre in quel luogo, don Massimo, il fratello minore di Corrado Alvaro. Don Massimo, fresco dei voti e dell'ordinazione, fu anche, col giovane Ernesto, aiuto del vecchio. E come dice Ghezzi: buona visione, scusate, buona lettura.
 Pavia 1O maggio 1968
Molto Reverendo Signor Parroco,
Ricevo da Careri una lettera circolare che mi comunica un atto sacrilego: degli ignoti ladri avrebbero rubata la corona della veneranda Madonna di Pandore. Se avessero rubato in casa mia, non avrei provato più dolore.
La Lettera circolare è firmata da Rosario Ceravolo, che io non conosco, e che non è certamente lo ex sindaco Prof. Ceravolo, mio ottimo amico.
Perciò mi rivolgo a Lei, ora diventato Padre spirituale del mio caro paese natale, anche perché porta nome e cognome di un mio compagno di scuola al seminario di Gerace: Ernesto Gliozzi. Quello era di Platì, ma Ella credo sia ai Ardore, altro paese che ha una famiglia Gliozzi.
Voglia avere la bontà di darmi più diffuse notizia di questo atto sacrilego, ed io manderò senza dubbio il mio obolo per il ripristino della corona del più sacro e amato cimelio della nostra chiesetta protopapale.
Le bacio rispettosamente la mano in attesa di una sua chiarificazione.
                                       Dv.
                                Francesco Perri

 


lunedì 4 aprile 2016

Inizio di primavera, 早春, Sōshun (reg. Yasujiro Ozu - 1956)


Perri Pasquale
Educatore
N. 1 - 4 - 1934   M. 19 - 9 - 2000
Amò tanto il suo paese
che volle tornarci per sempre

Questo marmo, questa lapide, questa commemorazione non devono stare confinati nel cimitero. Il suo posto cari commissari, cari paesani, cari "pulinarisi", è alla cresiola, per ricordarlo a quanti verranno dopo di noi. Pasqualino deve tornare per sempre!

domenica 3 aprile 2016

Lettera aperta ad un giornale della sera (reg. Francesco Maselli - 1970)




                                                                              A " La Repubblica" Roma
                                                                                  - " Il Messaggero" Roma.
                                                                                  - " Il Tempo" Roma
                                                                                  - " Gazzetta del Sud" Messina.
                                                                                  - " Famiglia Cristiana." Roma.
                                                                                  - " L'Espresso" Roma
                                                                                  - " Corriere della Sera"Milano
                                                                                  -" Il Giornale di Calabria"

                                                          LETTERA APERTA AI PLATIOTI
             Cari PLATIOTI,

non sono San Paolo o Cicerone, quindi, nè apostolo nè giurista.
Questa lettera non ha alcuna pretesa se non quella di comunicare con voi. Tutti, oggi, scrivono su Platì. Perché un platiota non può scrivere, pubblicamente, ai suoi concittadini, da platiota a platiota?
Ormai di privato su Platì non c'è più niente: dal 3 agosto, u.s., è sempre sulle prime pagine di tutti i quotidiani con titoli cubitali dove la frase più innocua è la seguente: " Tutte le strade portano lassù, a Platì".
Ormai dai mass-media viene citato come una grande capitale: "qui Platì", come dire "qui Roma", "qui New York". Gli inviati speciali della grande stampa nazionale parlano di Platì come della capitale dei rilasci di persone sequestrate, con 150 diffidati, 8O sorvegliati speciali, 4OO pregiudicati, 18 latitanti, dove "la gente detesta i giornalisti, le forze dell'ordine, i magistrati, tutti responsabili, a loro dire, di calunnie che piovano sullo stesso paese e sui suoi abitanti." `
Ormai Platì significa per tutti " tornare indietro nel tempo, nella storia, nella civiltà. Segna uno spaccato: fuori Platì la civiltà, dentro Platì la barbarie.
Ormai ci siamo dentro tutti: chi è rimasto e chi è andato via; chi riposa in pace e chi vive; chi è scappato con qualche foglio di carta in tasca o con le sole braccia e chi è rimasto; tutti ormai abbiamo un marchio impresso a fuoco sulla carne: il sequestro di persona.
La strada del più turpe dei reati, affermano tutti, passa per Platì.
Se è vero, è una nuova strada di sangue tracciata da mano sacrilega tra le tante croci del Sud. E' un marchio impresso a fuoco su carne da macello, in guerra; su carne d'esportazione, in pace, su carne, da sempre pressata e surgelata, per i banchetti elettorali.
E' un'infamia che deturpa l'anima e ridesta il pianto delle Coefore.
Ormai " U 'NCASATU", il mostro dalle cento braccia e dalle mille teste, che si nutriva delle carni tenere dei bambini, non è più una leggenda popolare, si identifica con tutti i platioti in qualunque latitudine si trovino. Tutti siamo indicati come i torturatori di Marco Fiora.
Ma è vero? E' possibile?
Dov'è Plati di don Giacomo Tassone, dell'avocato Fera, del maestro Gelonesi, del generale Gelonesi, luminare della medicina tropicale, dei Peroni, degli Zappia, degli Spadaro, dei Mittiga, del colonnello Fera, di massaru Peppe Delfino, di Ciccillo Prestia, della saggezza di massaru Cicco di Furnari, di massaru Jelasi, di massaru Cicco Barbaro, di Pasquale Agresta e degli artigiani (Sarti,barbieri, calzolai, falegnami, carpentieri, fabbri, tornitori, le cui botteghe erano per i giovani scuola di vita)?
Dov'è Platì di mastro Micuzzo di donna Grazia, l'anarchico gentiluomo, maestro di alfabetizzazione per centinaia e centinaia di pastori e braccianti?
Dov'è Platì dei centinaia di morti sul Carso e dei quali le innumerevoli strade del paese ci ricordano il loro sacrificio per la Patria?
Dov'è Platì della camera del lavoro di Michele Crea, dove nell'immediato secondo dopoguerra i giovani apprendevano le prime lezioni di democrazia?
Dov'è Platì delle civili battaglie elettorali tra " Spiga" e "Croce" e delle serenate consolatrici dei vincitori ai perdenti?
Dov'è il progetto per il quale Platì doveva diventare un paese pilota per l'agricoltura, la pastorizia e il turismo?
E' possibile che sia scomparso? E' possibile che l'alluvione del 1951, oltre a portare via i giardini più belli dell'Aspromonte, ha portato vi i valori di intere generazioni?
Forse l'alluvione vera è quella verificatasi negli anni cinquanta con la rovinosa e totale emigrazione dei giovani artigiani verso l'Australia, l'America e il Canada; seguita, poi, negli anni '60 da quella dei giovani intellettuali verso il Nord.
Quelle alluvioni non sono apparse sulle prime pagina dei quotidiani.
Sono rimaste nel silenzio di chi l'ha subite e di chi non ha fatto niente per evitarle. Chi è partito si è sentito forte e coraggioso, perché consapevole di affrontare l'ignoto. Chi è rimasto, oggi, rimprovera, con severa coscienza:"La colpa è vostra perché siete scappati e non siete rimasti a dare il vostro contributo!"
Qualcuno rileva che a Platì negli ultimi quindici anni è avvenuta una rivoluzione economico sociale, realizzata da una cultura della morte e del carcere e ciò ha determinato l'attuale degrado umano dell'intera comunità. E' possibile?
Morte e carcere non sono valori e, quindi, non possono originare una civiltà, né possono dare continuità storica; rifiuto categoricamente questa analisi mostruosa.
Rifiuto, altresì, che lo stato repubblicano, nato dalla Resistenza, voglia risolvere il problema Platì Aspromonte con l'esercito e con i blitz di polizia, come un secolo fa; tale provvedimento è la denuncia amara dello Stato di essere stato latitante, per decenni: in quelle zone, con le sue istituzioni democratiche.
Sono stato tra voi nel periodo più " caldo" dell'anno e ho assistito all'accerchiamento di Platì da parte delle forze dell'ordine. Mi sembrava di essere in Libano o in qualunque località di frontiera.'
Per la prima volta non mi sono sentito sicuro nel mio paese e ho cercato, rientrando in Abruzzo, di chiedermi il perché.
La lettura dei quotidiani e dei loro bollettini di guerra mi hanno " coinvolto" in prima persona, come del resto tutti i platioti alla diaspora, e, nello stesso tempo, mi hanno fatto sentire responsabile di tutta la "querelle" Platì.
Mi auguro che la magistratura possa fare luce e, nel contempo, possa ridare a Platì la sua reale dimensione umana e culturale.
Se, eventualmente, tutte le strade portano a Platì, sotto processo dobbiamo andare tutti perché le colpe sono di tutti noi, sia chi è rimasto, sia di chi è scappato, contribuendo, così, a determinare squilibri sociali, politici, etici.
Non vogliamo rispondere all'attuale situazione come vittime. Le colpe nostre sono nostre.
Lasciamo a chi ha colpe maggiori, perché maggiori responsabilità politiche, di analizzare lo sfascio, l'alluvione umana e il degrado sociale denunciati dalla stampa.
Ci sia permesso, però, ribellarci, con alto senso di civiltà, e denunciare all'opinione pubblica che Platì, Aspromonte e Calabria assurgono a cronaca cubitale nazionale solo per terremoti, alluvioni, sequestri di persona, 'ndrangheta, ma mai si affrontano con serietà e serenità le condizioni che hanno determinato l'attuale degrado fisico, sociale e umano.
La situazione attuale non è certo la risultante di un processo a breve termine né la risultante di un processo a lungo termine determinato dalla non volontà politica di indicare ipotesi di soluzione allorquando agli antichi mali, aggravandosi per l'incuria della classe dirigente, non si è risposto con provvedimenti ordinari capaci di reciderli alla base e, cioè, capaci di dare soluzioni definitive alle ataviche aspettative del profondo Sud.
Non è sufficiente gettare il mostro in prima pagina e mettere sotto accusa un'intera comunità e additarla all'opinione pubblica.
Sarebbe utile e necessario rispondere, con civile senso di responsabilità umana e culturale, alle domande di occupazione e di tranquillità sociale dei giovani, costruendo non caserme per "incrementare la presenza permanente dello Stato in Calabria", ma scuole, servizi sociali, strutture sanitarie e turistiche e tutto ciò che può contribuire a mettere Platì e la Calabria nel grande circuito nazionale ed europeo.
E' questo il modo primario per segnare la presenza dello Stato nella regione che ha il più alto tasso di disoccupazione giovanile, il più alto tasso di disservizi sanitari, il più alto tasso di isolamento sociale, economico e culturale, il più alto tasso di degrado geofisico.
Vengano pure le forze armate ma con esse vengano anche tutte quelle scelte politiche e tutti quei provvedimenti ordinari capaci di rimuovere le condizioni ataviche di abbandono e di sfiducia.
Per infondere maggior fiducia e per rompere lo stato di rassegnazione non sono solo necessari duemila soldati, ma posti di lavoro per i giovani che vivono da sempre senza prospettiva storica.
Per garantire la Costituzione e per instaurare un corretto rapporto tra cittadini ed istituzioni, è necessario rimuovere tutte quelle condizioni interne alle istituzioni che da sempre contribuiscono ad allontanare il cittadino: clientelismo, lotte intestine tra le varie correnti dei partiti, giochi di potere, assistenzialismo, spartizione e lottizzazione di cariche e di finanziamenti pubblici.
Già nel 1971, nelle pagine di "Scuola e Mezzogiorno", premio "Libro dell'Anno 1971", sezione saggistica meridionalistica, avvertivo che l'istituto regionale rischiava di essere defraudato dai principi che l'avevano motivato, perché gli interessi dei gruppi di potere economico e politico avrebbero avuto il sopravento su gli interessi della collettività.
La crescita della popolazione urbana nelle città della regione e nei centri della riviera ionica e tirrenica, avvenuta senza un reale sviluppo economico, ha creato uno stato di rapporto abnorme tra i diversi strati sociali sui quali ha facilmente esercitato la propria influenza il blocco di potere dominante. Per capire ciò è sufficiente prendere in esame, per tutte, la città di Reggio Calabria, dove drammatiche conseguenze hanno messo a nudo scottanti realtà che si sono venute a creare per gli errori d'impostazione della politica meridionalistica, la quale ha ignorato, tra l'altro, totalmente il rapporto culturale-economico tra agricoltura e industria, favorendo l'esodo dalle campagne verso una disordinata ed eccessiva urbanizzazione determinata da speculazione edilizia, sottogoverno, gonfiamento del settore commerciale ,eccessivo processo di terziarizzazione improduttivo, accrescimento caotico delle strutture burocratiche, notevole disoccupazione intellettuale, fallimento di piccole e medie imprese, cancellazione dell'artigianato.
In questo stato di cose la caccia al posto pubblico ha alimentato pericolosamente il clientelismo politico che, sfruttando la situazione, ha lavorato non per formare coscienze politiche e classe dirigente ma agenzie e agenti elettorali.
Su questi binari si è avviata l'azione politica con le conseguenze che ci stanno di fronte e dalle quali ognuno cerca di prenderne le distanze riversando, oggi, le colpe su Platì, Ciminà, San Luca: forse gli anelli più deboli di una catena sui quali tutti, a torto o a ragione, si sentono autorizzati a fare analisi sociologiche, storiche,
antropologiche, seduti o alla poltrona di una potente istituzione pubblica,o su una poltrona di un potente mezzo di comunicazione,o su una poltrona della loro residenza estiva.
Il mio augurio è che Platì e quest'ultima alluvione che si è riversata sul suo tessuto umano e sociale possano servire una buona volta per risolvere i gravosi problemi di sempre che hanno pesato e pesano sull'attuale stato della terra di nessuno.
Mi auguro, altresì, che tutto ciò contribuisca a porre fine ad analisi, inchieste, leggi speciali, provvedimenti eccezionali pro-Calabria e si passi ad operare nella nostra regione come si opera in Lombardia,in Alto Adige,nel Veneto,in Umbria,nelle Marche e in Abruzzo: la questione Calabria è una questione nazionale e, perciò,è una questione di tutta la comunità politica,culturale e umana,a meno che non si continui a considerare il profondo Sud come colonia del più sofisticato colonialismo moderno, l'industrialismo pirata e le sue leggi di mercato.
E' vero che noi calabresi siamo ancora legati alla tradizione greca del pianto dei defunti, ma chi, con dovizia di particolari, oggi addita i mali e le nefandezze di Platì e dei platioti dovrebbe sentirsi coinvolto, se non altro perché Platì e l'Aspromonte, non si trovano sulla luna, ma appartengono a questa dimensione culturale e storica che si chiama Italia.

                                                                                                                                       Pasquale Perri

                                                                                                                 autore di "Scuola e Mezzogiorno"
                                                                                                                vincitore de "Libro dell'Anno 1971"
                                                                                                                sezione saggistica meridionalistica.


Questa lunga accorata lettera del 1988, mai pubblicata, era custodita dallo zio Ernesto il giovane. Commentatela per voi, da soli. Io vi posso dire che Pasqualino Perri aveva una penna che va dritta al cuore e come una freccia lo trafigge. Allora: al lungo elenco che parte da U ncasatu e arriva a Micuzzu di donna Grazia e Michele Crea bisogna aggiungere Pasqualino Perri figlio di Peppantoni e Rosina Miceli.