Affluenza
di platiesi al
Santuario di Polsi
Platì,
2 settembre(M.
F.) — Si è verificata in questi giorni la solita grande affluenza di devoti
platiesi al Santuario della Madonna di Polsi.A
differenza dalle abitudini di altri centri vicini al nostro, le comitive che si
recano al santuario partono a piedi si trattengono in preghiera per almeno una
settimana.MICHELE FERA
ANTICHE TRADIZIONI DI FEDE
IL PELLEGRINAGGIO
al Santuario di Polsi
Chi non conosce
il sito noi può comprendere la poesia che da queste balze trae vita, voci,
canti
Polsi, 2 settembreAnche quest'anno, una infinità di fedeli, si è spinta fra le forre
d'Aspromonte, per rinnovare il tributo d'amore filiale alla Vergine, per
deporre ai suoi piedi di Madre, le umane miserie ed averne in compenso, un
particolare conforto.Lunghe teorie di uomini,
donne, fanciulli, s'inerpicano difatti, da giorni, per le balze malfide, lungo
aerei viottoli che sconfinano in sottostanti burroni paurosi; fra pendii che
sanno di fuoco, di balsami e dei sospiri
degli umili. Ma la fatica non conta,
quando si ha da sciogliere un voto, invocare una ennesima grazia, per sé, pel
congiunto lontano, per l'amico morente. In ogni angolo, qui, e per miglia e
miglia all'intorno, insieme con le preghiere più calde, perché commiste di
pianto, vi aleggia la leggenda, dolce, cara leggenda, che si perpetua nei
secoli e che ha sentore di mistero:«Conti
Ruggeru, cacciandu iva, — cacciandu
dassau gran nominata. — E
mentri appuntu la caccia faciva, sintiù di lu divreru la chiamata. — Subitu curriu a vidiri ch'aviva: — vitti la santa Cruci scupirchiata, —
nc'era lu toru chi la riviriva, —
cu li dinocchia l'aviva schiavata».«II conte
Ruggero (dei Normanni), andava cacciando e nel cacciare, lasciò gran rinomanza,
e mentre appunto batteva la caccia, avvertiva il latrare del cane. Subito
accorso a veder cosa vi fosse, vedeva la santa Croce dissotterrata e il
torello, che l'aveva con lo aiuto delle ginocchia, portato alla luce, in
preghiera».Questa leggenda,
che sa tomistico e di misterioso insieme, corre più o meno falsata, più o meno
abbellita, per le bocche dei
vegliardi, di questa ferace Calabria, di questa buona gente dei monti, che
veste ancora d'orbace, come qualcosa che interessi più direttamente questo
popolo, la sua sentita religiosità, lo attaccamento alla miracolosa Madonna
della Montagna, come meglio preferiscono chiamarla.E' questa, la festa che
registra una maggiore affluenza di pellegrini, e che più di ogni altra,
presenta delle attrattive difficilmente raggiungibili. Ma più ancora è un mistico appuntamento dei pastori, dei cosiddetti massari,
di tutta la gente più vicina alla Vergine.Alla vista di tanti
pastori, portanti i più una candida agnella, e dei pifferai in ciocie,
modulanti agresti note all'ombra di secolari elci; delle madri, delle spose in
preghiera, ci sembra di rivivere visioni d'altre epoche, ore di accentuato
misticismo. La Montagna. Si, la Vergine che il popolo tutto proclama a gran voce
regina e che ad Essa confida i riposti segreti del cuore. La Madonnina, sul cui
altare i montanari formulano, sovente nel grigiore di una serata invernale, una
promessa e dove si realizzano molto spesso i sogni più belli d'un amore talora
contrastato, fra la rustica gente.E' il crepuscolo.
Nell'aria algente e fortemente ossigenata è un acuto odore di resine. Intorno,
e giù da noi, all'ombra di annosi timi è tutta una tendopoli, un esercito di
gente, d'ogni età e condizione e dai dialetti più vari ed impensati. Poco
discoste da queste intere mandrie di pecore, guidate da una centuria di cani, ed
infine i pastori, sorridenti, pacifici, quasi antichi patriarchi.Chi non conosce questi
siti, non può pienamente avvertirne il fascino che da essi
si sprigiona, né comprendere sia pure «grosso modo» la poesia che
da queste balze trae vita, voci, canti.V.
VERDUCIGAZZETTA DEL SUD 3 settembre 1956
A
differenza dalle abitudini di altri centri vicini al nostro, le comitive che si
recano al santuario partono a piedi si trattengono in preghiera per almeno una
settimana.
MICHELE FERA
Lunghe teorie di uomini,
donne, fanciulli, s'inerpicano difatti, da giorni, per le balze malfide, lungo
aerei viottoli che sconfinano in sottostanti burroni paurosi; fra pendii che
sanno di fuoco, di balsami e dei sospiri
degli umili.
GAZZETTA DEL SUD 3 settembre 1956
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