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sabato 13 marzo 2021

È permesso maresciallo? - Blood Brotherhoods

(…) non si può non ricordare che la memoria popolare ci ha tramandato come figura simbolo della repressione fascista contro la malavita calabrese quella del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Delfino. Complici lo zelo del figlio Antonio497 e un veloce accenno in un racconto di Corrado Alvaro498, si è costruita di lui un’immagine leggendaria e singolare: profondo conoscitore dei paesi aspromontani, sembra, infatti, battesse la campagna travestito da pastore per mimetizzarsi e scovare i latitanti, guadagnandosi il soprannome di “Massaru Peppi”. Giuseppe Delfino non era iscritto al PNF e, dal modo in cui se n’è tramandata la memoria, i suoi arresti sembrano più iniziative individuali che misure repressive inserite in un più ampio contesto di lotta contro la criminalità. Ciò ha creato nell’immaginario collettivo l’idea di una figura eroica, ma anche controversa, come traspare, per esempio, dal famoso episodio secondo il quale “Massaru Peppi”, nel 1940, avrebbe preso accordi con il boss della Locride, Antonio Macrì, affinché non si verificassero incidenti durante i festeggiamenti della Madonna di Polsi, tradizionale momento di riunione dell’intera Famiglia Montalbano e di esecuzione delle sentenze del tribunale di Omertà. Giuseppe Delfino, dunque, sembrava più uno sceriffo che coordinava e gestiva la pubblica sicurezza con iniziative individuali e contingenti che un uomo delle istituzioni. Lasciando da parte la leggenda e i racconti popolari, e basandoci sui pochi documenti a disposizione, viene fuori che Giuseppe Delfino fu sicuramente attivo nelle indagini che portarono alla scoperta delle associazioni a delinquere della Locride e della zona di Platì, ma altre figure, come e più di “massaru Peppi”, sono state protagoniste dell’azione repressiva del periodo fascista, senza, però, sviluppare alcun profilo pubblico.

(…)

il maresciallo Giuseppe Delfino, “massaru Peppi”, nel 1940 prese accordi con la picciotteria per evitare spargimento di sangue nei giorni della festa della Madonna di Polsi; il referente criminale di questo accordo fu proprio il boss di Siderno, che in cambio ottenne la certezza di una certa impunità. Fu in quegli anni che Antonio Macrì si arricchì notevolmente, gestendo il racket delle protezioni e il mercato nero nella locride.

PER SAPERNE DI PIU’

 - Antonio Delfino, Gente di Calabria, presentazione di Saverio Strati, Editoriale progetto 2000, Cosenza 1987, pp. 13-17.
- Corrado Alvaro, Il canto di Cosima, in Id. L’amata alla finestra, Bompiani, Milano 1958.
- Cfr. Giovanni Melardi, Massaru Peppe sequestra il codice della “ndrangheta”, in «Parallelo 38. Settimanale politico d’attualità», n. 3, a. XII, Reggio Calabria, 27 gennaio 1973, pp. 16-17. Enzo Ciconte, Ndrangheta dall’unità a oggi, cit. pp. 231-236.
- Corrado Stajano, Africo. Una cronaca italiana di governanti e governati, di mafia, di potere e di lotta, Einaudi, Torino 1979, pp. 37-38. Cfr. anche John Dickie, Blood Brotherhoods, pp. 346-349.
- Vasta associazione a delinquere, «Cronaca di Calabria», 08 dicembre 1927. Da Platì. Un maresciallo dei carabinieri che si fa onore, «Gazzetta di Messina e delle Calabrie», 03 aprile 1927.  
- Il profilo criminale di Antonio Macrì è ricostruito nella sentenza del Tribunale di Locri emessa contro gli affiliati tratti in arresto in occasione del summit di Montalto del 1969, interrotto dall’irruzione della polizia.La mafia a Montalto. Sentenza 2 ottobre 1970 del Tribunale di Locri, Reggio Calabria. 1971. Su Antonio Macrì si veda anche John Dickie, Blood brotherhoods, cit. pp. 356-358 e sulla sua attività nel secondo dopoguerra cfr. i vari riferimenti in Id. Mafia Republic..   

Fabio Truzzolillo, Fascismo e criminalità organizzata in Calabria, Scuola di Dottorato in Storia, Orientalistica e Storia delle Arti, Università di Pisa, seduta d’esame 23/10/2014.

http://www.icsaicstoria.it/wp-content/uploads/2019/02/Truzzolillo-TESI-Fascismo-criminalit%C3%A0-organizzata-Calabria.pdf

 

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